29 febbraio 2012

Indipendenza con la i minuscola

CiVIT. Con una i minuscola. CiVIT ovvero Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche. Tanto indipendente che la commissione, creata da Brunetta, è composta da suoi fedelissimi, a cominciare da Antonio Martone, magistrato e docente di diritto, ma anche padre di Michel Martone, sottosegretario al Lavoro, famoso per aver definito sfigati quelli che non si laureano prima dei 28 anni.


Pietro Ichino, senatore del PD e esperto in materia di lavoro, scopre che Martone figlio ha un contratto di consulenza con la CiVIT e presenta un'interrogazione parlamentare (sul blog di Ichino si riporta l'interrogazione e le risposte). Le cose strane sono due. Che la CiVIT paghi una consulenza al figlio del presidente e che si affidi una consulenza sull'informatizzazione della pubblica amministrazione a un esperto di diritto del lavoro.

L'intervista di Repubblica a Antonio Martone spiega la vicenda che riguarda il figlio e non solo. La consulenza è un premio di Brunetta a Martone figlio, che era stato premiato per un libro sul diritto del lavoro, per il quale non aveva ricevuto un centesimo. 

Non solo: la relazione sull'attività della CiVIT è stata affidata a un signore senza titoli, che nel suo passato può vantare soltanto di essere stato consigliere comunale. Chi ha deciso di affidargli il delicato incarico? Il ministro Brunetta, su richiesta della commissione, in teoria indipendente


Ricapitoliamo: c'è una commissione indipendente incaricata di valutare il lavoro della pubblica amministrazione, formata da persone legate al ministro e con incarichi nella pubblica amminstrazione, e uno scambio di favori tra la commissione indipendente e il ministro.


Sarà per questo che nel loro di CiVIT la i di indipendente è scritta in minuscolo?

Diamo i numeri...

Ieri sera mi collego a facebook e leggo una tabella, postata da un sostenitore del PD di Torino che spiega che di fronte ai preoccupanti livelli del PM10 in città, è bene costruire una seconda linea di metropolitana. La tabella arriva da un esponente dell'IBL (di cui avevo scritto qui), centro del pensiero ultraconservatore.

Protesto e spiego a chi ha postato la tabella che non mi fiderei: sono pronto a scommettere che se citano il PM10 è per dimostrare che non si può fare nulla per diminuirlo o, se si può fare qualcosa, sarà tanto costoso che è meglio desistere. Il mio interlocutore non è convinto, ma dopo qualche minuto spunta l'autore della tabella che spiega quel che io avevo ipotizzato qualche minuto prima.

Insomma i dati si possono manipolare o si può pescare il dato che ti fa comodo.

Nei giorni scorsi i giornali hanno spiegato che i redditi degli italiani sono bassi, anzi sono i più bassi d'Europa. Titoloni sui giornali, grande spazio in tv.

Oggi però è arrivata la nota tecnica dell'Istat, ripresa dal governo (tecnico) spiega che nella tabella c'è una nota, che nessuno ha letto, che spiega che i dati italiani riguardano il 2006 e non il 2009, come spiega (vedi qui) il Messaggero.

E così il reddito italiano risupera quelli di Grecia, Spagna, Portogallo. Non siamo più il paese con i lavoratori, in media, meno pagati.

L'aspetto incredibile della vicenda è l'impatto mediatico della bufala. Passi che la noticina può essere stata ignorata da moltissimi, magari non esperti della materia o da qualche giornalista che nella fretta di riportare la notizia (e che notizia!) non ha verificato la fonte. Ma è possibile che anche super-esperti come il ministro Fornero non abbiano fatto un salto sulla sedia chiedendosi se non ci fosse qualche errore?

27 febbraio 2012

Il signoraggio e i grandi giornali

Pensate che i grandi giornali non si occupino di signoraggio perchè non sanno cosa sia o perché qualcuno glielo vieta?

Ebbene, i giornalisti famosi, come Vittorio Zucconi, sanno bene cos'è il signoraggio e ne parlano, per prendere in giro chi cerca un pò di popolarità con il signoraggio, come Scilipoti che sfrutta la "signoraggia" Sara Tommasi, come si può leggere qui.


25 febbraio 2012

Il destino di Fiat e gli operai di Melfi

Massimo Mucchetti, giornalista economico del Corriere, ha intervistato Marchionne lo stesso giorno in cui il tribunale di Potenza ha reintegrato i tre operai di Melfi licenziati per aver ostacolato l'attività produttiva, a dire dell'azienda, ovvero per aver fatto attività sindacale, secondo gli operai e il sindacato.

Chi ha ragione tra la Fiat, che, preso atto della sentenza, ha annunciato di voler ricorrere in Cassazione e ha annunciato agli operai che non torneranno a lavorare, e gli operai che tirano in ballo anche i diritti costituzionali per sottolineare le loro ragioni?

La risposta arriverà dai giudici, dalla Cassazione e poi da altri giudici di merito, se la Cassazione troverà errori nella sentenza oggetto d'appello.

L'intervista di Marchionne, che ha descritto le problematiche del gruppo Fiat-Chrysler, può servire a inquadrare nella giusta prospettiva la questione dei tre operai, dei diritti garantiti (o forse no) dallo Statuto dei lavoratori e dalla Costituzione.

Marchionne descrive un gruppo che gode di una discreta salute. Fa pochi profitti, e quelli che fa non arrivano dall'Italia, ma anche qualche problema.

C'è un problema finanziario. Fiat ha 20 miliardi di liquidità, tenuta ferma, nonostante costi centinaia di milioni, perchè Marchionne non si fida dei mercati finanziari ed è consapevole che, se Fiat avesse difficoltà a reperire finanziamenti, non potrebbe ricorrere alle banche italiane, come successo in passato.

C'è poi un problema europeo. In Europa si producono troppe auto e la domanda è modesta. Chi investe in nuovi modelli finisce per rimetterci, anche se conquista una quota di mercato. Marchionne pensa che prima o poi le altre case automobilistiche europee, tedesche escluse, saranno costrette fare i conti con una capacità produttiva eccessiva. Dovranno chiudere qualche impianto. Fiat si potrà salvare, forse, esportando all'estero parte della produzione italiana, complice la debolezza dell'euro (come avevo scritto qui) e l'interesse di Chrysler a non riaprire gli impianti chiusi nel 2009.

Tuttavia serve, dice Marchionne, che i costi siano competitivi. Non si parla di pagare di meno il personale, ma di sfruttare di più gli impianti, costruendo in Italia auto destinate al mercato americano. Se non succederà, due stabilimenti italiani rischiano di chiudere.

La sorte dei tre operai di Melfi si intreccia dunque con quella di molti altri loro colleghi, che rischiano il posto se non si troverà il modo di sfruttare di più gli impianti produttivi. La politica, che decide le regole, dovrà fare delle scelte o, meglio, trovare un equilibrio tra i diritti dei singoli e le esigenze di un'impresa che compete in un mercato competitivo e in un contesto economico-finanziario complicato.



23 febbraio 2012

La premiata ditta A&G colpisce ancora. Sull'articolo 18

Tre giorni fa sul Corriere Alesina e Giavazzi (che ormai scrivono in coppia, forse per rendersi più credibili?) hanno spiegato che in Spagna "Vincoli simili a quelli imposti dall'articolo 18 del nostro Statuto dei lavoratori erano stati eliminati in Spagna già nel 1997. Nei dieci anni successivi la disoccupazione scese di circa dieci punti: dal 17,8% all'8,3".

Una frase da far rizzare i capelli. Leggendola si potrebbe pensare che una buona legge sul lavoro è in grado, da sola, di dimezzare la disoccupazione.

Possibile? Ovviamente no, e infatti l'articolo del duo inizia con l'osservazione che  "In Spagna la disoccupazione totale è molto più alta che in Italia (23% rispetto a 9%)".

Dunque la legge sul lavoro non c'entra, anche se Alesina e Giavazzi ne parlano con entusiasmo. Se la disoccupazione scende dal 17,8% all'8,3% in dieci anni per poi risalire al 23%, la ragione del sali-scendi deve essere un'altra. Magari il crollo della domanda (di case e non solo), come suggerirebbe Keynes.

Ma contro l'articolo 18, feticcio nella lotta politica, ormai ogni argomento è buono. Quale sarà la prossima castroneria che ci toccherà leggere?

21 febbraio 2012

Avevamo ragione noi: Rai e Formigli condannati a pagare


E' stata fatta "informazione non veritiera e denigratoria". Il tribunale di Torino ha, così, condannato la Rai ed il giornalista Corrado Formigli a pagare 5 milioni di euro in forma di risarcimento, per un servizio trasmesso più di 1 anno fa durante una puntata di Annozero.

Forse risultava già evidente a molti, ma noi lo abbiamo fatto notare. Formigli aveva presentato un servizio in cui venivano paragonate tre auto, la Mini Cooper S, l'Alfa Romeo MiTo e la Citroen DS3. Ma il test invocato nel servizio ha mostrato dei risultati assolutamente parziali e non ha fornito nessun dettaglio sulle motorizzazioni prese in esame, le condizioni e la metodologia del test svolto. Ci si è limitati ad estrapolare alcuni dati e a metterli in croce. Sono cose che capitano, quando al giornalismo si antepone una patina ideologica, tesa solo a screditare ciò che si ritiene meritevole di discredito, senza prove, senza fatti.

Tra le altre cose, una piccola riflessione: sul quel segmento di auto preso in esame dal servizio, davvero ci è difficile notare delle differenze grossolane tra un modello straniero (tedesco o francese) e quello italiano. Nel senso: allo stesso prezzo non troveremo mai un'automobile in grado di avere una coppia motore il doppio di un'altra, oppure dei consumi molto più bassi a parità di volume motore, tipologia, cilindrata, e via discorrendo. Vale davvero la pena, quindi, impegnarsi ad ogni modo, per screditare l'azienda italiana? Se non c'è modo di farlo, tanto vale che il giornalista si fermi e cambi registro, o provi a criticare le scelte di managment dell'azienda, semmai.
Si calcola che quel servizio trasmesso in onda, possa aver influito quasi sul 1,2% degli osservatori, come stabilito da una perizia tecnica del tribunale, nella scelta di un prodotto. Oltre che sbagliare totalmente un lavoro, si è fatto un brutto servizio, anche se in minima parte, verso la produzione italiana.

Aggiornamento (22 Febbraio): Il Corriere intervista Formigli "E' una sentenza scioccante, e tanti saluti al diritto di critica".

19 febbraio 2012

Ricordo di Tangentopoli

20 anni fa iniziava tangentopoli. Ricordo l'arresto di Chiesa e le rassicurazioni di Craxi che lo considerava un mariuolo.Quando lessi sul giornale chi era Chiesa pensai è: magari parlasse... finirebbe la tua arroganza.

Chiesa parlò, ma prima i magistrati convinsero l'ex moglie, che non riceveva l'assegno di mantenimento per lei e il figlio, a raccontare cosa sapeva sull'ex marito tirchio. Quando i magistrati iniziarono a sequestrargli i beni, dopo aver chiesto a tutti i notai del milanese di indicare tutto ciò che sapevano su presidente del Pio Albergo Triulzio, Chiesa crollò, sperando di salvare parte del suo patrimonio occulto.

A incastrare Chiesa era stato Antonio Di Pietro, un tipo strano, con un passato da emigrante in Germania prima e da poliziotto poi. Un simbolo, il magistrato figlio di contadini che scardina una elite, dell'Italia in cui l'ascensore sociale funziona(va).

Ragioni economiche, dunque, alla base della valanga che ha travolto la classe politica di allora. Ma anche all'origine delle reazioni. C'è stato chi ha difeso l'esistente, raccontando la frottola secondo cui DC e PSI sono state distrutte dai magistrati e non, come invece accadde, perchè erano finiti i soldi (delle tangenti) e chi s'è illuso che l'Italia senza corruzione sarebbe diventata il paese del bengodi.

Me ne resi conto durante un viaggio in treno, quando assistetti a una surreale discussione di persone convinte che senza tangenti non si sarebbero più pagate imposte. Solo una parte degli italiani era davvero disposta a fare i conti con la realtà. La maggior parte continuava a illudersi e restò delusa perchè Tangentopoli non portava i risultati sperati.


Illusioni e delusioni su cui ha fatto leva Berlusconi, in difesa del passato ma soprattutto dei suoi interessi personali di tipo giudiziario ed economico. Gli illusi da Tangentopoli volevano "meno tasse per tutti" e lui gli è corso incontro.

Ma forse la vera lezione di tangentopoli è un'altra: non si può sperare che un colpo di spugna una tantum elimini per sempre lo sporco. Occorre un lavoro costante e continuo. Un paese migliore si può costruire giorno per giorno, proprio come fa un'impresa che ogni giorno crea, inventa e modifica quel che ha fatto il giorno prima. Questo ci insegna l'economia e anche Tangentopoli.

17 febbraio 2012

La destra e la giustizia sociale

José Ignacio Wert (1), è il ministro spagnolo della pubblica istruzione, e si è appena esibito in uno show personale per spiegarci il concetto di destra di giustizia sociale.

Si lamenta infatti che la sinistra nel 2005 e nel 2007 abbia introdotto misure che regalano borse di studio a studenti con reddito basso senza tenere conto del loro andamento, limitandosi a richiedere la sufficienza per l'assegnazione della prestazione statale. Affermando che si tratterebbe di una ingiustizia sociale.
In realtà si tratta di qualcosa che per il PSOE rappresentava un vanto, visto che aveva più che raddoppiato la percentuale di PIL destinata a tali scopi rispetto ai passati governi di destra, e che la quantità di studenti universitari con reddito basso che hanno potuto studiare grazie agli aiuti statali era aumentata di ben il 20%, vedi qui.

Vi posso dire per esperienza personale che per avere diritto alla borsa di studio per reddito basso, (che comunque negli ultimi anni s'era ridotta a causa della crisi), richiedono che lo studente abbia superato l'80% degli esami di un'anno.
Non mi sembra così regalata...Mi sembra un sistema abbastanza ragionevole...
Nella mia facoltà per esempio si fanno 11-12 esami in anno (di solito 6  nel primo quadrimestre e 5 nel secondo), e che tante volte sono anche difficili, per esempio l'esame di statistica dell'anno scorso l'ho passato solo io, ma solamente per un miracolo incredibile, per qualche angelo custode che mi sarò portato dall'Italia, perchè in realtà avrei dovuto ripeterlo anche io che non sapevo affatto più degli altri.
O altri esami anche sono stati abbastanza difficili, come è giusto che sia.
Ed infatti quest'anno diversa gente, magari pur avendo situazioni oggettivamente difficili, non ha ricevuto la borsa di studio.
Perchè superare l'80% può benissimo non riuscire anche a un bravo studente.

Quindi hanno assolutamente ragione tutti i dirigenti delle università e le associazioni studentesche che dicono che il rendimento è già tenuto in conto, forse a volte anche troppo.

Quindi cos'è la giustizia sociale secondo la destra? Che quel 20% in più di studenti che entrarono nell'università grazie alle borse di studio del governo precedente, non dovrebbero aver avuto il diritto di farlo. Avrebbero dovuto essere condannati a lavorare controvoglia.
Quei soldi vanno usati, per una maggior giustizia sociale secondo il ministro, per  aumentare le borse di studio come premio solo per gli studenti con i voti più alti. In pratica se sei povero devi essere uno studente eccezionale, altrimenti perdi il diritto all'università e ai redditi bassi non può essere concesso essere uno studente medio. Questo propone Wert.

Questa per la destra è la giustizia sociale: "ognuno al proprio posto"...il figlio del ricco all'università, il figlio del povero in cantiere (che non ci sarebbe niente di male se uno lo fa per vocazione come per tutti i lavori, ma non se uno vorrebbe studiare). Senza scelta.

Quello che per il PSOE era sempre stato un vanto, per il PP è uno spreco, e poi dicono che tutti i partiti sono uguali...
E gli hanno dato la maggioranza assoluta a questa gente, io mi domando perchè il popolo a volte è tanto masochista...


Tra l'alto ricordo che quando scoppiarono le proteste degli studenti contro Zapatero, gian me lo disse "vediamo invece che cosa farà per quei ragazzi la destra" (ironicamente è chiaro)...Ecco cosa.

Qui la notizia in spagnolo, più approfondita: http://www.publico.es/espana/422059/wert-prefiere-dar-becas-a-excelentes-que-a-clases-bajas

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(1)  (que si legge Ig-nacio, separando i suoni della G e la N, come pure indignados, non si legge con il suono della gn italiana come ho sentito che fanno alcune radio italiane, altrimenti in spagnolo si userebbe questa lettera: ñ)

La Corte dei Conti

Ieri, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, il presidente della Corte dei Conti, Giampaolino, ha parlato di corruzione e evasione. Ho sentito il passaggio su RaiNews: detto che presumibilmente la corruzione ha dimensioni maggiori di quanto emerge dalle inchieste.

L'avverbio, presumibilmente, è sparito dai titoli dei giornali che danno per certo l'aumento della corruzione e non spiegano mai quale sia la credibilità delle affermazioni della Corte dei Conti.

E' capitato a qualche mio famigliare di avere a che fare con la Corte e forse ci si può fare un'idea della credibilità di Giampaolino e dei suoi colleghi.

Il mio bisnonno lavorava, prima della guerra, nel Corpo Forestale dello Stato. Una delle figlie aveva un piccolo handicap motorio. Ottenne, in base alle regole di allora, la pensione di reversibilità del padre. Le regole stabilivano che avrebbe perso il diritto alla pensione se avesse lavorato. Ma divenne maestra a Torino, dove è morta ottantenne, senza essersi mai sposata. Decise di lasciare i suoi beni, il principale dei quali era un appartamento, a una vicina di casa che si era occupata di lei negli ultimi anni di vita.

Un paio d'anni prima di morire si vede chiedere decine di migliaia di euro dall'INPS che aveva scoperto, con qualche decennio di ritardo, che aveva goduto della reversibilità pur lavorando. Si rivolge a un avvocato che si appella, ma prima di una decisione definitiva, muore.

Passano 5 anni e un giorno mia zia si vede recapitare una richiesta dell'INPS: gli deve molte migliaia di euro.

Era successo che alla Corte dei Conti era arrivata la richiesta di trovare gli eredi, ai quali girare la richiesta dell'INPS. Invece di cercare se per caso c'erano beni lasciati in eredità e chi li avesse ottenuti, la Corte ha ricostruito i cambi di residenza (il bisnonno ha lavorato in molte città) e poi s'era rivolta ai comuni, uno dei quali ha fornito un paio di nomi di parenti, scoperti, pensate un pò, perchè proprietari di una tomba...

Per avere un paio di nomi (due dei numerosi nipoti) ci sono voluti 5 anni. Quando mi zia ha telefonato al funzionario della Corte dei Conti di Torino per spiegargli come stavano le cose, lui le ha fornito pure la soluzione: convochi tutti i suoi parenti, andate da un notaio e fate un atto di rinuncia all'eredità, così nessuno vi potrà più chiedere nulla.

Così s'è fatto e due anni dopo la Corte s'è riunita per prendere atto della rinuncia e concludere che non si poteva chiedere più nulla ai parenti.

Se questa è la Corte dei Conti, possiamo davvero credere nei dati che Giampaolino offre, pur mediati da un presumibilmente che i giornali omettono?

16 febbraio 2012

Parliamo di noi


Confesso che non l'avrei mai pensato: econoliberal negli ultimi 30 giorni ha superato le 10 mila pagine visitate, oltre 300 al giorno, con visitatori da tutto il mondo. Non solo Italia, ma anche Francia, Germania (Merkel e Sarkò vorranno imparare qualcosa...), USA, Brasile, Spagna, Brasile, GB, ma anche Russia e Ucraina.

Quasi l'80% degli utenti usa Windows, il 10% un Mac, ma ci sono anche collegamenti con iPad, iPhone, Blackberry. Explorer, Firefox e Chrome si dividono equamente i primi posti nella classifica dei browser rilevati, ma ci sono anche browser di cui non conoscevo neppure l'esistenza come Instapaper, Qt e Maxthon.

La gran parte dei contatti arrivano dopo una ricerca su Google, mentre una percentuale decisamente più bassa si collega a Econoliberal dopo aver visitato altri siti, come frottolesignoraggio.info, il blog di complottismo o il sito di Beppe Scienza.

Insomma dati che fanno piacere e incoraggiano a continuare a parlare a otto mani di economia. Grazie a tutti!

14 febbraio 2012

Olimpiadi a Roma? No, grazie

Tra qualche ora si saprà se Monti e il suo governo intendono candidare Roma per le Olimpiadi del 2020. Le indiscrezioni dicono di no, perchè è forte il rischio di spendere troppo.


Un anno fa avevo affrontato il tema. Ecco quanto scritto il 26 gennaio 2011.




Il sindaco di Roma Gianni Alemanno è davvero un bel tipo.

Figlio di un militare, genero di un esponente della destra più estrema, è finito due volte in carcere (in un caso per 8 mesi) prima di diventare sindaco della capitale.

Da sindaco, non ha dimenticato i vecchi camerati, molti assunti in aziende municipali romane, a dispetto dei problemi finanziari di Roma e delle sue aziende municipalizzate.

I 500 milioni ricevuti dal governo perchè la città era troppo indebitata, a dire di Alemanno, sembrano non aver sortito alcun effetto: dopo quasi 2 anni Fitch (vedi qui) esprime giudizi negativi sul debito romano e la popolarità (vedi qui) del sindaco è decisamente in calo.

Così, dopo aver incassato il no di Bernie Ecclestone per un gran premio di Formula 1 all'EUR, Alemanno ha rilanciato il progetto per le Olimpiadi del 2020, ricevendo l'appoggio del governatore lombardo Formigoni.

Ma a cosa serve un'Olimpiade in una città come Roma?

Le ragioni che possono spingere una città a candidarsi per ospitare un'Olimpiade sono tre.

La prima ragione è di tipo sportivo: si approfitta delle Olimpiadi per dotarsi di strutture sportive all'avanguardia. Ma servono a Roma? A mio avviso no, a meno che lo sport nazionale decida di concentrare per molti anni in una sola città i campionati italiani di atletica o di nuoto, le finali di basket o di volley, le gare della nazionale di calcio o rugby, ecc . rinunciando a svolgere tali competizioni in altre città.

Gli impianti romani sarebbero ripagati da risparmi nel resto d'Italia.
Ma si può pensare che Torino, Milano, Bari, Genova, Napoli, Palermo ecc. rinuncino a lungo ad ospitare manifestazioni sportive di interesse nazionale a favore della capitale?

Nell'Italia dei 100 comuni ciò è molto improbabile. L'Olimpiade doterebbe Roma di strutture destinate a essere sfruttate poco. Uno spreco evidente.

Una seconda ragione per volere l'Olimpiade è di tipo promozionale: è un'occasione unica per far conoscere una città e uno stato. Per questo Roma ha ospitato le Olimpiadi nel 1960: era una vetrina importante per una città e uno stato che crescevano e volevano far vedere di essere diventati moderni.

Oggi lo scenario è differente. Roma è una delle mete turistiche più importanti al mondo, ma anche una città caotica. Serve davvero aggiungere altro caos e altri cantieri in una città visitata ogni anno da milioni di persone? I benefici supererebbero i disagi destinati a durare anni?

La terza ragione riguarda le strutture di contorno, cioè strade, aeroporti, treni, metropolitane, reti di comunicazione, villaggi olimpici, alberghi. Roma ha bisogno di ammodernamenti e investimenti per restare una meta attraente per turisti, imprese e uomini d'affari?
Forse il vero obiettivo di Alemanno è proprio questo: far arrivare a Roma milioni di euro con cui ammodernare la capitale.

Ma se questo è l'obiettivo perchè non dirlo esplicitamente? Perchè non dire: se vogliamo restare competitivi abbiamo bisogno di...? Perchè sprecare risorse per puntare ad ospitare un'Olimpiade e rischiare un'altra brutta figura, dopo quella di un progetto per la Formula 1 che non porta da nessuna parte? O forse c'è altro?

13 febbraio 2012

La Grecia e il baratro


La Grecia è sull'orlo del baratro e come testimoniano le ultime, recentissime, violenze e gli scontri di piazza, le tensioni sociali sono altissime.

I siti e i blog ultimamente sono pieni di commenti sull'esaurimento delle forze della popolazione greca, di accuse alle banche, alla Troika (che rappresentando l'Europa rappresenta infine anche me!), alla Germania, al FMI, alla Banca mondiale e chi più ne ha più ne metta.
Io voglio invece fare un discorso diverso, a costo di essere impopolare e passare anche un po' per egoista.

Negli ultimi 5 anni in Europa abbiamo avuto 3 cicale: Grecia, Irlanda e Portogallo. Oddio, noi italiani saremmo la quarta e la Spagna la quinta, ma si sa: noi siamo abituati da sempre a cantare, gli altri invece no. Per quel che riguarda la Spagna invece non mi pronuncio.
Questi tre paesi erano da più parti additati come esempio e virtù, ma in effetti qualcosa non è andato proprio dritto.
Il caso della Grecia è stato forse il peggiore perché a differenza degli altri paesi in Grecia i benefici della crescita non si sono distribuiti a tutta la popolazione.

I greci hanno ragione ad essere arrabbiati, perché probabilmente lo sarei anche io al posto loro, però devono ricordarsi di alcune cose:

1. E' vero, la colpa principale è della classe politica, ma chi l'ha eletta e mandata al potere? E chi rappresenta la classe politica? La Grecia stessa. Non mi risultano colpi di stato o dittature negli ultimi 10 anni. Né più né meno di Berlusconi: noi l'abbiamo eletto e noi rappresenta. Quindi forse dovevano scegliere meglio la loro classe politica.

2. Chi ha falsificato i bilanci? Non io di sicuro. Anche qui la colpa andrebbe condivisa tra classe politica greca, banche e agenzie di rating. Non dimentichiamo che nel 2009 ai titoli greci era assegnata una tripla A

3. Chi è già stata aiutata con soldi nostri? Non dimentichiamo che nel 2010 abbiamo approvato in Italia un Decreto Legge con 14,8 Miliardi di Euro di aiuti alla Grecia, in 3 anni. Quei soldi (nostri) sono già stati spesi, quindi se la Grecia fallisce da prestito diverranno regalo!

4. Di chi sono i soldi che le banche hanno prestato alla Grecia comprando i suoi titoli? E' vero, molti sono di fantomatici fondi di investimento, ma ci sono anche i nostri! L'Italia è esposta poco, ma voi come vi sentireste se fallisse l'Unicredit a causa della crisi greca e il governo per salvarla fosse costretto magari ad aumentare le tasse?

5. Chi tirerà fuori i soldi per salvare la Grecia con il fondo salva stati? Noi, e siccome sono circa 130 miliardi (si mormora, ma la cifra cambia), soldi con cui saranno pagati stipendi e pensioni di dipendenti greci, forse ce la dovremmo prendere MOLTO a cuore: sono soldi nostri!

Quindi prima di lanciare strali sulla Troika (che in fondo siamo noi), forse sarebbe bene pensare che la Troika difende i nostri interessi (inderettamente, di più quelli della Germania e Francia, ma anche i nostri). Infine ricordiamoci che se fossimo noi nelle condizioni della Grecia, nessuno ci aiuterebbe, perché saremmo troppo grandi per poter essere aiutati!

12 febbraio 2012

Gli strani calcoli di Oscar Giannino

Su Youtube (vedi qui) c'è un curioso video in cui Oscar Giannino parla del debito pubblico italiano. La tesi di Giannino è che non è vero che il debito pubblico dipende in gran parte dai politici della cosiddetta prima Repubblica che (se mai è esistita) è andata dalla fine della guerra al 1992.

Le colpe principali sono, secondo Giannino, della cosiddetta seconda Repubblica, vale a dire dai vari governi che si sono succeduti dal 1992 in poi.

Per dimostrare la propria tesi, Giannino calcola l'apporto al debito pubblico di ciascun governo, spiegando ad esempio che il primo governo Berlusconi ha creato debito per oltre 300 milioni di euro al giorno, o che con il primo governo Prodi il debito è stato di 96 milioni al giorno e di 76 durante il governo D'Alema.

Si tratta però di una tesi debole, per diversi motivi.

Gli economisti sanno bene che i dati assoluti (milioni di euro al giorno) sono poco significativi perchè il debito non è allarmante o meno in sè ma rispetto alla capacità di produrre reddito con cui ripagarlo.
Nessun economista serio farebbe dunque i calcoli di una media giornaliera in termini assoluti, come fa Giannino, ma calcolerebbe sempre il rapporto debito/PIL.

Inoltre la creazione del debito pubblico trova un limite nella disponibilità di risorse sui mercati finanziari: se nel 1950 De Gasperi avesse voluto aumentare il debito pubblico a ritmi sostenuti avrebbe avuto difficoltà a reperire i soldi sui mercati finanziari di allora.

Un altro motivo che spinge a diffidare dell'analisi di Giannino è che riduce tutto a pochi dati. Calcola il debito medio giornaliero durante la c.d. prima repubblica senza distinguere tra i vari periodi e governi che si sono succeduti. Eppure quasi mezzo secolo di governi non si possono trattare come se fossero una sola cosa.

Analizzando il più credibile rapporto debito/PIL e il rapporto deficit/PIL emergerebbe il disastro del governo Craxi, che ha fatto salire il debito a ritmi elevatissimi, con un rapporto deficit/PIL anche superiore al 10%. Stranamente però Giannino se ne dimentica, limitandosi a considerare il dato medio del governi della prima Repubblica, vake a dire inserendo un disastro in un calderone dove c'è di tutto, dal virtuoso Einaudi all'inflazione a due cifre dei primi anni '80.

Se poi considerassimo la composizione della spesa pubblica, scopriremmo che la lamentela dei governi circa il debito pregresso deriva dalla spesa per interessi, che vincola la spesa dei singoli governi e che, come tutte le voci, varia nel tempo.

Infine un'ulteriore ragione per diffidare del metodo di analisi di Oscar Giannino riguarda il periodo considerato: Giannino analizza l'esatto periodo in cui un governo è stato in carica, dimenticandosi che la spesa di ciascun governo risente almeno in parte delle decisioni del governo precedente.

Detto tutto questo, dagli strani calcoli di Oscar Giannino emerge un dato interessante: i governi Prodi e D'Alema hanno fatto molto meglio di Berlusconi.

10 febbraio 2012

Stranezze automobilistiche. O forse bufale?


Il fatto quotidiano (vedi qui) ha riportato la notizia di un signore che avrebbe inventato un sistema molto efficace per risparmiare carburante.

Il signor Grieco, varesotto, possiede una Skoda diesel con cui percorre, a suo dire, 500 km con un pieno. Poi si inventa un sistema elettronico chiamato Kds che, agendo sulla frizione, non fa scendere i giri del motore e per questo risparmia carburante, arrivando a superare i 1000 km con un litro.

Dopo aver tentato inutilmente di trovare qualcuno interessato alla sua invenzione, Grieco ha varcato la frontiera e ha attenuto dalle autorità svizzere l'autorizzazione a montare il Kds sulla sua auto.

Un'occasione persa da parte delle case automobilistiche per produrre auto che consumano di meno?

Anche senza possedere conoscenze tecniche capaci di dirimere la questione, si possono dire alcune cose.

Primo, 500 km con un pieno paiono davvero molto pochi e semmai segnalano un'auto che consuma troppo, magari per un cattivo funzionamento di qualche componente.

Secondo, le case automobilistiche cercano di ottenere lo setsso risultato (motori che non scendono di giri per risparmiare) con altri metodi come il cambio TCT montato sulla Giulietta dell'Alfa Romeo. Dunque nulla di nuovo.

Terzo, l'autorizzazione della motorizzazione svizzera non garantisce che il Kds sia efficace o efficiente. Gli sivizzeri hanno autorizzato un signore a montare una stufa con camino sulla sua Volvo, come racconta il Corriere (vedi qui). Dunque l'autorizzazione della motorizzazione svizzera suggerisce al massimo che il Kds non fa danno a persone e cose. Che poi funzioni davvero o sia meglio di altri meccanismi adottati dalle case automobilistiche, è tutto da stabilire.

09 febbraio 2012

Cartelli bancari


Un mercato nel mercato. E' quello che emerge da un'indagine della commissione della concorrenza svizzera, la Comco, che sta indagando su un cartello di 12 banche (i colossi del credito a livello mondiale) che, secondo l'accusa, si scambiavano denaro a tassi migliori di quelli del mercato.

Lo scopo era di guadagnare: un tasso minore significava uno spread maggiore (spread in questo caso significa differenza tra il tasso attivo per la banca, ovvero il tasso fatto pagare al cliente, e il tasso passivo, pagato dalla banca a chi gli fornisce capitali).

La notizia (vedi qui), di qualche giorno fa, non è isolata. A ottobre l'Unione Europea ha indagato su un accordo di 40 banche per manipolare l'euribor (vedi qui) e qualche mese prima erano state le autorità bancarie di USA, Giappone e Regno Unito hanno indagato su accordi per fissare il Libor.

Dobbiamo stupirci?

Non si stupirà chi pensa che le banche siano piene di delinquenti, ma forse neanche un economista dovrebbe stupirsi.

I mercati infatti non sempre funzionano come dovrebbero e i mercati interbancari sono in crisi ormai da anni. Prima qualunque banca avesse soldi da prestare li offriva a un'altra banca, disposta a pagare il tasso di interesse stabilito dal mercato.

Poi questo sistema è crollato. Le banche hanno iniziato a dubitare della solvibilità di altre banche, compromesse con investimenti troppo rischiosi. I tassi interbancari inizialmente sono saliti alle stelle, per poi scendere ai minimi termini quando le banche centrali e i governi sono intervenuti per evitare una crisi bancaria generalizzata.

Ma se una banca ha molti capitali a disposizione e non si fida a prestarli ad alcune banche, considerate a rischio insolvenza, sarà disposta invece a prestarli ad altre banche, degne di fiducia, a tassi anche più bassi di quelli di mercato.

L'eccessiva rischiosità di alcune banche si risolve nel razionamento del credito concesso a tali banche, mentre l'abbondanza di capitali offerti e la scarsità di banche poco rischiose che domandano capitali.

Di fatto esistono due mercati: all'interno del mercato interbancario, che funziona male e produce razionamento del credito a carico delle banche poco credibili esiste un mercato a parte, dove operano le poche banche che si fidano l'una dell'altra e per questo sono disposte a prestarsi denaro a tassi più bassi.

Un'ulteriore prova che i mercati non funzionano come vorrebbe chi crede nel mercato.

07 febbraio 2012

Se gli hedge funds fregano (due) Berlusconi


Tre mesi fa Silvio Berlusconi ha lasciato la presidenza del Consiglio, cacciato dallo spread alle stelle. Un peso rilevante nella scelta di abbandonare l'avrebbe avuto Ennio Doris, socio di Berlusconi in Mediolanum, che ha spiegato al cavaliere che il valore delle sue aziende stava crollando e rischiava di trovarsi in mano un pugno di mosche.

La finanza internazionale, spregiudicatamente, da qualche mese aveva puntato sul fallimento dei tentativi del governo di rimettere in sesto i conti pubblici. I BTP erano stati messi in vendita e lo spread era salito alle stelle, mentre il governo decideva di non affrontare la crisi del debito pubblico.

Non sappiamo se Berlusconi, che non ha mai amato la finanza e ha quotato le sue aziende solo perchè costretto da un mare di debiti, se la sia presa con banchieri e finanzieri spregiudicati, ma di certo da qualche giorno ha un motivo in più per diffidare di banche e fondi spregiudicati.

Infatti il peso di Mediaset in Endemol, la società olandese che produce programmi come Il Grande Fratello, Che tempo che fa, Le invasioni barbariche è da poco sceso al 6% e rischia di diminuire ancora.

Mediaset acquistò Endemol nel 2007, insieme a Goldman Sachs e a un fondo di investimento guidato da De Mol, uno dei fondatori di Endemol. Complessivamente i tre soci hanno speso 2,63 miliardi di euro.

La scorsa estate è scoppiata la grana dei debiti di Endemol: 2,2 miliardi, in mano a banche come Barclays e Royal Bank of Scotland e ad alcuni hedge funds, che hanno comprato parte del debito di Endemol facendosi fare lo sconto dai venditori, cioè le banche.

Negli scorsi mesi i creditori di Endemol hanno chiesto a Mediaset e agli altri due soci di ridurre il debito. Potevano scegliere: o tirar fuori soldi e far diminuire i debiti o far entrare nuovi soci, che avrebbero trasformato i loro crediti in azioni.

Piersilvio Berlusconi ha scelto questa seconda strada, e la partecipazione di Mediaset in Endemol è scesa dal 33 al 6%. Mediaset rischia di contare sempre di meno in Endemol, che è comunque una società che produce utili, perché gli hedge funds e Goldman Sachs pensano a vendere.

"Oggi è il primo giorno di una nuova fase di Mediaset, una fase di respiro più internazionale e più orientata allo sviluppo dei contenuti su tutte le piattaforme" disse 5 anni fa Piersilvio Berlusconi, che oggi incassa una perdita di 500 milioni e cerca di evitare l'entrata in Endemol di soci scomodi per Mediaset minacciando di revocare i contratti tra Mediaset e Endemol.

06 febbraio 2012

Il grande freddo

Quello che scrivo non ha molta attinenza direttamente con l'economia, ma colgo l'occasione per qualche riflessione.

Innanzi tutto nella foto che vedete (presa vicino Ancona) è quella che è la normalità in Ancona, nella maggioranza delle strade, dove nessuno spazzaneve è passato, né sale né altro.
Quello che si vede in televisione nei TG nazionali è nulla rispetto alla realtà. La realtà è purtroppo la descrizione di un disastro annunciato, a tutti i livelli.

Considerate che non passa quasi nessun treno locale, autobus, le strade ad eccezione di autostrade e statali sono piene di neve. Inoltre dove passano gli spazzaneve si formano cumuli enormi e lì la neve rimane, perché non si sa più dove metterla. La raccolta differenziata ce la stiamo facendo in casa perché ovviamente nessuno passa a ritirarla.
Peggio ancora nel Montefeltro, intorno Urbino, dove sono caduti quasi 2 metri di neve!

Ora, qualcuno si chiederà: si poteva fare qualcosa?

Dunque, nessuno pretende che gli spazzaneve passino 2 volte al giorno in tutte le strade, anche perché la neve così qui c'era stata l'ultima volta nel 1985 (e mi ricordo... rimasi a casa 2 settimane: scuole chiuse). Così tanti mezzi rimarrebbero inutilizzati ad arruginirsi per decenni, quindi nessuno chiede tanto.

Però dal 1985 a oggi ci sono almeno un paio di importanti differenze:

1. oggi tutto si sapeva delle previsioni e della neve che sarebbe arrivata. Tutto era scritto nei siti per noi comuni mortali. E' stato di una trascuratezza criminale per gli enti locali sottovalutare la situazione e non prepararsi per tempo. Non ci si può accorgere in piena emergenza che non c'è il sale, né le catene per i mezzi, né riserve di gasolio!

2. Nel 1985 il comune non aveva altro modo di comunicare con i cittadini che mandare in giro dei furgoni con montati su dei megafoni a dire che le scuole sarebbero rimaste chiuse, perché le antenne dei televisori erano coperte di neve e non funzionava nemmeno la tv (ma la radio si...). Oggi, con Internet diffusa ovunque, dove erano i siti dei comuni? Perché non fare un semplicissimo sistema di all'erta meteo basato su una newsletter e degli sms? Funzionano per le banche.... Passeranno i treni? Boh... e i bus? Mah...


3. Non è vero che tutto non ha funzionato. La rete telefonica ha retto benissimo, la rete elettrica pure, a parte qualche problema durato circa 36 ore. Fa molto efffetto dire 160.000 famiglie al buio, molto meno dire che i problemi sono stati risolti in poco tempo. Il gas, nonostante la Gazprom, c'è. Quelli che sono mancati clamorosamente sono stati gli enti locali, impreparati e ingessati in una rete di responsabilità e mansioni: chi comanda? Il sindaco? Il prefetto? La protezione civile? La provincia? La regione? E chi ha e può usare i mezzi? Troppi livelli, troppi enti, troppe competenze e responsabilità polverizzate!

03 febbraio 2012

Come far fuori (legalmente) il piccolo azionista


C'è un articolo del codice civile che in tempo di crisi rischia di diventare molto pericoloso per i piccoli azionisti. E' l'articolo 2447 che stabilisce, in soldoni, che quando un'impresa subisce una perdita che riduce il capitale sotto il minimo previsto dalla legge, la società deve "deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo o la trasformazione della società".

In pratica se una società subisce una perdita tale che il capitale netto scende sotto il minimo legale, si riduce il capitale, vale a dire si spiega agli azionisti che le loro azioni non valgono più nulla o valgono molto poco e che devono sottoscrivere un aumento di capitale, pena la messa in liquidazione della società.

Immaginate un imprenditore che abbia quotato in borsa la sua società, cedendo il 70% delle azioni in un momento in cui il mercato azionario era favorevole. S'è messo in tasca un bel pò di soldi e ne ha usati una parte per comprare un'altra società oppure per costruire un nuovo impianto.

Passa il tempo, le condizioni di mercato cambiano e si scopre che l'investimento di qualche anno prima è avvenuto a costi esagerati. L'imprenditore allora convoca il consiglio di amministrazione che decide di svalutare l'impianto o la società acquisita con i soldi della quotazione in borsa (ovvero, per essere precisi, dell'aumento di capitale realizzato in occasione della quotazione).

La svalutazione provoca perdite che fanno scattare la mannaia dell'articolo 2447 del codice civile: occorre ridurre il capitale (usato per coprire la perdita) e poi aumentarlo. E qui scatta la beffa per il piccolo azionista: le sue azioni non valgono più nulla o molto poco e se non mette altri soldi nell'impresa si trova in mano un pugno di mosche.

Anche l'imprenditore deve sottoscrivere l'aumento di capitale, ma ha il vantaggio di poter usare i soldi che ha guadagnato nel tempo cedendo il 70% della società. Se i piccoli azionisti non aderiscono all'aumento di capitale, lui potrà ricomprarsi una percentuale più elevata dell'impresa con bilanci più in ordine.

Questo meccanismo può spingere qualche imprenditore a sfruttare il codice civile per rimettere a posto i conti e riprendersi l'impresa. E' successo con la Cogeme Set e poteva succedere con la Juventus.

La CONSOB se n'è accorta e ha invitato la Juventus a escogitare un aumento di capitale che non facesse scattare la trappola dell'articolo 2447. Da parte sua il governo ha inserito nel disegno di legge sulla giustizia una norma che capovolge la procedura prevista dall'art. 2447: invece di aumentare il capitale dopo averlo ridotto, si farà il contrario: prima si aumenterà il capitale e poi si diminuirà tenendo conto delle perdite, tutelando i piccoli azionisti.

Qualche buona notizia



Mentre il dato sulla disoccupazione è tutt'altro che rassicurante (vedi qui) e nel governo quasi ogni giorno c'è chi come Monti o Martone, sparandola grossa, punta a farci rimpiangere il capocomico ex presidente del consiglio, ci sono anche buone notizie da segnalare.

La prima è una curiosità: a Milano s'è rotto l'orologio che campeggiava sulla parete della sala del consiglio comunale. Il presidente del consiglio comunale ha fatto fare diversi preventivi e, di fronte alle cifre (minimo 600 euro), ha consultato maggioranza e opposizione e poi ha deciso: meglio rimpiazzare l'orologio rotto con un orologio da acquistare all'Ikea.

Non è dato sapere se sceglieranno il modello Bravur da 70,48 euro o uno dei tanti che costano 10 euro e 7 centesimi o addirittura quello da 2 euro e 1 centesimo, ma almeno qualcuno che punta a non sprecare i soldi pubblici sappiamo che esiste.

La seconda notizia è che lo spread scende. Arriverà a 100 punti come prevedeva qualcuno a Davos nei giorni scorsi? Chi lo sa... ma di sicuro il peggio sembra passato e c'è da sperare che Moody's abbia ragione quando prevede un calo del PIL dell'1% nel 2012 e una disoccupazione all'8,8%.

La terza buona notizia riguarda Chrysler: per la prima volta dal 1997 c'è un utile, quasi 200 milioni di dollari (che sarebbero circa 350 milioni se Chrysler non avesse dovuto rimborsare il megaprestito concesso dai governi di Usa e Canada). La cura Marchionne funziona e per il 2012 le aspettative sono ancora più ottimiste.

La quarta, infine, riguarda le imposte: il governo ha deciso che se ci sarà un buon recupero dell'evasione, diminuirà l'IRPEF (ora si chiama IRE). L'aliquota più bassa passerà, forse già a fine anno, dal 23% al 20%, facendo dunque pagare 200 euro circa in meno a lavoratori e pensionati (con almeno 15.000 euro di reddito). Meno tasse per tutti, avrebbe detto il capocomico di Arcore.

01 febbraio 2012

Dietro le quinte: gli autotrasporti


Perchè gli autotrasportatori sono così arrabbiati?

E' molto semplice: non ci entrano più con i costi. Perché? Ecco due conti (veri)

Quanti Km. fa con 1 litro di gasolio un TIR?
3 se vuoto e nuovo, 2 se vecchio e a pieno carico. In media 2,6 Km/l

Quanto costa un autotrasportatore dipendente?
3000 Euro al mese in Italia, 4000 se gira all'estero

Facciamo ora 2 conti. In un mese ci sono 22 giorni lavorativi (il sabato e la domenica i TIR non viaggiano) e poniamo che il nostro TIR porti la merce da Milano a Bari, trascurando che dopo un certo numero di ore si dovrebbe fermare. Diciamo che fa tutta una tirata, per semplicità.

Sono 880 Km, ci vuole una giornata.
Quindi:

880/2,6 = 338 litri di gasolio
338 x 1,70 € = 575 Euro di gasolio

3000 Euro al mese di prezzo dell'autotrasportatore diviso 22 giorni = 136 Euro

Costo autostrada per camion a 5 assi: 138 Euro

Quindi siamo a 575 + 136 + 138 = 849 Euro

Considerate che vista la concorrenza dei paesi dell'est e della criminalità organizzata già è difficile prendere trasporti a 1,10 Euro al Km.

Quindi 880 Km. x 1,10 = 968 Euro

968 - 849 = 119 Euro

Cosa manca?

Mancano:

Il trattore stradale (il carico si agganci e si sgancia, ma non è detto che sia di proprietà): 90.000 Euro circa
La manutenzione ordinaria, pari a circa il 5% del costo del mezzo all'anno.

Quindi, considerato che un trattore dura circa 10 anni e lavora per 22x12 = 264 giorni l'anno (ovviamente se riesco a farlo andare sempre avanti e indietro CARICO, e non è scontato...): 90.000 / 10 / 264 = 34 Euro al giorno di ammortamento

Poi la manutenzione ordinaria (se vado a sbattere è finita...) 5% di 90.000 = 4.500 €
4.500 / 264 giorni = 17 Euro.

Quindi: 849 + 34 + 17 = 900 Euro.

Beh, niente male.... 968 - 900 = 68 Euro di guadagno al giorno....

Ops, dimenticavo.... gli autisti mangiano e dormono fuori a MIE spese e poi devo anche pagarci le tasse..... c'è qualcosa che non torna....

Link Interni

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