C'è una teoria economica che può aiutare a capire i veri motivi. Si chiama teoria dei salari di efficienza, nata per spiegare la disoccupazione involontaria.
La teoria economica suggerisce che se si vuol vendere qualcosa e non si trova un acquirente disposto a pagare il prezzo richiesto, si deve abbassare il prezzo. Vale anche per il lavoro?
Il lavoro ha una caratteristica particolare: mentre in una normale compravendita quando le parti si accordano sul prezzo, l'affare è (solitamente) concluso, nel caso del lavoro l'accordo sullo stipendio segna l'inizio di un rapporto di scambio (lavoro in cambio di uno stipendio) nel quale il lavoratore può risultare meno efficiente del previsto. Per scoprire l'efficienza del lavoratore e sostituirlo, l'impresa deve sopportare dei costi.
Per questo motivo, l'impresa ha interesse a pagare stipendi superiori al livello che garantirebbe un equilibrio tra la domanda e l'offerta di lavoro, incentivando il lavoratore a impegnarsi di più e evitando i costi per monitorare i lavoratori e eventualmente sostituire quelli inefficienti.
La conseguenza è l'esistenza della disoccupazione involontaria. Dato un certo stipendio, ci sono più persone disposte a lavorare dei posti di lavoro disponibili. Ci sono persone che vorrebbero lavorare, ma non trovano un impiego.
Se adattiamo questa teoria a una economia in cui le imprese puntano a abbassare gli stipendi cosa otteniamo?
Che gli stipendi bassi spiegano la carenza di lavoratori, insieme a altri fattori, ma anche una bassa produttività, perchè i lavoratori poco motivati lavorano male, cosa che secondo qualche economista e qualche imprenditore, impedirebbe di fare aumentare gli stipendi.