30 giugno 2012

Il punto sugli immobili


Stavo riflettendo con un mio amico avvocato sugli effetti della riforma dell'IMU sulla tassazione degli immobili, abbinata alla cedolare secca e più ragionavamo, più ci prendevano dubbi sulla costituzionalità dell'intero impianto.

Il governo Monti ha introdotto l'IMU sia sulla prima casa che sugli altri immobili, rimpiazzando l'ICI. Il governo Berlusconi ha introdotto invece la cedolare secca per favorire l'emersione degli affitti in nero. Ecco allo stato attuale come stanno le cose.

1. L'IMU sulla prima casa è una tassa patrimoniale, quindi va pagata per il semplice fatto di essere proprietari di un immobile (o averlo in usufrutto, ecc. ecc.). Produce reddito, ma questo è detassato (eccetto che per gl immobili di lusso) in quanto prima casa. Mi sfugge la logica: non lo tasso perché è prima casa, quindi perché non produce reddito perché ci abito, ma lo tasso in quanto patrimonio? Ma allora, da logica, dovrebbe essere l'ultimo dei patrimoni tassati: prima dovrei tassare tutti i patrimoni voluttuari, come opere d'arte, beni mobili registrati (su cui il governo Monti ha fatto parziale marcia indietro)...

2. Imu sulla seconda casa. Gli affitti sono tassati in dichiarazione dei redditi (come IRE o cedolare secca), quindi di nuovo si tratta di un'imposta patrimoniale ed in buona sostanza, si tassa due volte lo stesso bene: per il fatto di esistere e per il reddito che produce se affittato. Quindi, attenzione, il concetto che passa è che posso tassare più volte la stessa cosa per fini diversi.

3. IMU sugli immobili strumentali. Qui la discussione è un po' più complessa, in quanto l'immobile rientra in genere nel reddito d'impresa e l'IMU è indeducibile. Il ché è un assurdo e si rischia di ripercorrere la stessa manfrina dell'IRAP. Tra l'altro si rischiano delle distorsioni: L'IMU su case costruite da imprese e in attesa di vendita, l'IMU su immobili di aziende fallite (l'eventuale attivo evapora tutto in tasse e gli immobili diventano invendibili per il carico fiscale pregresso).

4. Infine la cedolare secca. E' stata un fallimento e favorisce solo le persone fisiche proprietarie di molti immobili, cioé i ricchi. Gli evasori sono rimasti evasori e gli onesti onesti, come al solito

Obamacare e gli ultraconservatori

La Corte Suprema americana ha dichiarato costituzionale la riforma sanitaria di Obama, contro cui si erano schierati 26 dei 50 stati dell'Unione.

Il punto controverso riguardava la multa prevista per chi non rispetta l'obbligo di assicurarsi. Se fosse stata considerata incostituzionale, la legge sarebbe diventata inattuabile, per la gioia dei conservatori che non vogliono un sistema sanitario nazionale come quelli europei per non compromettere gli interessi di medici, ospedali e assicurazioni e per paura di pagare le spese sanitarie di neri, ispanici, poveri.

Obama invece ha voluto una legge che non discrimina, obbliga tutti a assicurarsi, prevede fondi pubblici per i meno abbienti e vieta alle assicurazioni la possibilità di negare le cure a chi, malato, costa troppo.


I conservatori, contrari alla riforma, non potendo far leva sulle ragioni meno nobili contro la legge voluta dal Presidente USA, hanno così fatto leva sulla presunta violazione delle libertà individuali.

Antonin Scalia, giudice ultraconservatore della Corte Suprema, ha paragonato l'obbligo di assicurarsi a un piatto di pasta. "Di questo passo la prossima volta il governo ci obbligherà a comprare pasta e broccoli" ha detto Scalia durante le udienze della Corte.

Un'affermazine grave, indice di disprezzo verso chi non può pagare i costi della sanità. Non è la prima volta che il giudice Scalia, un ultraconservatore nominato da Ronald Reagan nel 1986, si distingue per aver rappresentato tutti i peggiori sentimenti conservatori all'interno della Corte Suprema.

In passato, di fronte alla richiesta di considerare incostituzionale perchè crudele la pena di morte per mezzo di un'iniezione letale, Scalia ha notato che "la costituzione non richiede l'assenza di dolore" e che la stessa Costituzione non prevede che si scelga il metodo meno doloroso per eseguire una condanna a morte. Sempre favorevole alla pena di morte, Scalia, anche per minorati mentali e minori, benché la Costituzione impedisca punizioni "crudeli e inusuali" per i condannati.

Ma la posizione ultraconservatrice di Scalia alla fine ha avuto la peggio, grazie al voto favorevole alla legge di un altro conservatore, Roberts, che, scrivendo le motivazioni, ha deciso che la multa può essere considerata una tassa, costituzionale perché il governo e il parlamento hanno il diritto di imporre tasse.

Tra due anni, nel 2014, gli USA avranno finalmente un sistema sanitario che, pure imperfetto, non discriminerà in base alla ricchezza e cercherà di curare tutti. Sempre che nel frattempo il razzismo di parte dello schieramento conservatore e gli interessi di medici e assicurazioni non prevalga sul buon senso di Obama.

28 giugno 2012

L'intelligente proposta di Monti

Domani si apre a Bruxelles il Consiglio UE dei capi di stato e di governo che prenderà - si spera- decisioni importanti per l'economia dell'eurozona.

Da un anno siamo alle prese con la questione spread, il differenziale tra il rendimento dei titoli italiani a 10 anni e i titoli tedeschi di uguale durata. Fino a novembre lo spread è salito, poi è sceso con il cambio di governo ma solo temporaneamente.

Quando sono emerse le debolezze economiche spagnole e s'è aggravata la situazione greca, lo spread verso i bund tedeschi è tornato su livelli preoccupanti, anche se i nostri titoli hanno un rendimento (e quindi uno spread) inferiore a quello spagnolo, mentre qualche mese fa gli spagnoli godevano di uno spread migliore del nostro.

Un miglioramento relativo che dipende dai sacrifici imposti all'economia italiana nel tentativo di raggiungere il pareggio di bilancio nei prossimi anni. Ma anche una magra consolazione: se lo scopo della riforma delle pensioni e del lavoro, e delle maggiori imposte era far scendere a livelli ragionevoli il rendimento dei titoli, allora la ricetta non funziona: il rendimento dei nostri titoli decennali resta alto, trascinato dai problemi spagnoli.

Come affrontare il problema di un paese che ha fatto i "compiti a casa" voluti dai tedeschi, dalla BCE e dall'UE e non riesce a trarne vantaggio, se non in piccola misura?

Mario Monti ha elaborato una proposta intelligente: usare i fondi Efsm-Esm per comprare i titoli dei paesi virtuosi e abbassarne lo spread.

Lo spread infatti sale quando le banche e i fondi stranieri vendono i titoli italiani. Per effetto delle vendite il loro prezzo scende e il rendimento sale, con la possibilità, inoltre, di una speculazione al ribasso: si vende con la speranza che altri facciano altrettanto e di acquistare a prezzi più bassi.

Per invertire la rotta servono ingenti acquisti di titoli, tali da convincere gli speculatori che il prezzi sono destinati a salire e gli spread a scendere. In tal caso gli speculatori smetterebbero di vendere i titoli e inizierebbero a comprarli, contribuendo a fare salire i prezzi e a scendere i rendimenti.

L'acquisto dei titoli assicurerebbe in ogni caso un guadagno all'acquirente, che comprerebbe a -supponiamo- 75 centesimi un titolo che al momento della scadenza dà diritto a incassare 1 euro. Se poi il prezzo del titolo salisse (da 75 centesimi a 85), si potrebbe venderlo, una volta che lo spread è sceso, garantendo un guadagno ai fondi Efsf-Esm.

Infine, concentrando gli acquisti solo sui titoli di paesi virtuosi, ovvero dei paesi che hanno fatto i "compiti a casa", gli altri paesi sarebbero incentivati a raggiungere gli obiettivi di bilancio voluti dall'UE, perché in caso contrario non otterrebbero aiuti e il loro spread peggiorerebbe.


26 giugno 2012

Una domanda per giuristi (e non solo)

Il tribunale di Roma ha condannato la Fiat per aver discriminato gli operai Fiom. Su oltre 2000 assunti dalla nuova società, che gestisce gli stabilimenti di Pomigliano, nessuno è iscritto alla Fiom. Era evidente da tempo che Fiat aveva deciso di riassumere solo gli operai non iscritti alla Fiom, e il tribunale ha sancito la discriminazione.

Ma può un tribinale condannare un'azienda a assumere qualcuno?

25 giugno 2012

Gli sconti di ENI

Per il secondo week end, Eni ha abbassato i prezzi dei carburanti. 20 centesimi in meno al litro rispetto al prezzo del resto della settimana, 10 circa rispetto al prezzo di alcune pompe più convenienti.


Eni vende benzina e diesel sottocosto e Assopetroli, che riunisce aziende che operano nel commercio dei derivati del petrolio, s'è rivolta all'autorità garante della concorrenza a difesa deidistributori indipendenti, che rappresenterebbero circa il 50% del mercato.

Perchè Eni abbassa i prezzi? 

In un anno, tra il maggio 2011 e il maggio 2012, il prezzo dei carburanti è salito di oltre il 21% mentre i consumi sono diminuiti di un 9-10%.

Un problema per chi vende carburanti, ma soprattutto per chi, come Eni, li produce e li raffina. Perchè se diminuiscono i consumi, è difficile ridurre i costi per produrre, raffinare, distribuire e vendere benzina e gasolio. Una raffineria o una nave per trasportare petrolio hanno costi elevati, gran parte dei quali sostenuti anche quando sono fermi. E la crisi ha già spinto Eni a ridurre la produzione a Gela, mandando 400 operai in cassa integrazione a rotazione.

Dunque è preferibile far lavorare gli impianti e concedere uno sconto molto conveniente per spingere gli automobilisti a usare l'auto invece del treno, contrastare la riduzione dei consumi e cercare di sottrarre clienti alla concorrenza, come dimostra l'esposto di Assopetroli.

Eni dichiara che lo sconto comporterà perdite per 180 milioni, ma naturalmente non rivela tutti gli effetti sui conti degli sconti.

E' certo invece che lo Stato trae vantaggio dall'aumento delle accise, nonostante la diminuzione delle quantità vendute: le entrate fiscali sono aumentate in un anno di oltre il 17%.

23 giugno 2012

Abbonamenti Juventus

Un anno fa la Juventus ha inaugurato il nuovo stadio, sorto al posto del vecchio e contestatissimo stadio Delle Alpi. Uno stadio moderno che ha avuto molto successo perché all'inglese, con le tribune vicine al pubblico, e perché la Juventus ha ottenuto buoni risultati, conquistando lo scudetto.

In occasione di  Juve-Roma i biglietti in vendita (esclusi quindi gli abbonamenti) sono andati esauriti in 40 minuti (vedi qui), un record che testimonia l'enorme richiesta dei tifosi juventini.


Tra pochi giorni si aprirà la nuova campagna abbonamenti. Con una sorpresa non proprio positiva per i tifosi: il prezzo degli abbonamenti è salito di circa un 25-30%. Da 275 a 350 euro per i posti più convenienti, dietro le porte (un confronto tra i prezzi si può fare guardando i vecchi prezzi e i nuovi prezzi).

I tifosi più fedeli non gradiscono. Lo stadio è piccolo e è sbagliato aumentare i prezzi in questo momento difficile per l'economia.

Però dimenticano alcune considerazioni economiche che possono essere utili a capire perché da i prezzi aumentano.

La Juventus è un monopolista. Offre uno spettacolo ai propri tifosi che non possono scegliere tra due stadi o tra due squadre. E il monopolista preferisce diminuire la quantità dei prodotti o servizi offerti e alzare il prezzo, perché in questo modo guadagna di più. Per questo i posti a disposizione nel nuovo stadio sono solo 40.000 (circa).

I successi di pubblico spiegano l'aumento del prezzo degli abbonamenti, ma non basta: la prossima stagione sportiva offre ai tifosi alcune partite di Champions League (minimo 3, massimo 6 partite interne, alcune in più se la Juventus dovesse passare in Europa League).

Gli abbonati godranno del diritto di prelazione per le partite di Champions che presumibilmente faranno registrare il tutto esaurito. L'aumento degli abbonamenti si può quindi considerare il prezzo da pagare per avere il diritto di prelazione sui biglietti della Champions. Qualcuno magari comprerà il biglietto e poi lo rivenderà a un prezzo maggiore, anche se è vietato, compensando il maggior prezzo pagato in estate per rinnovare l'abbonamento.


21 giugno 2012

Qualcuno potrebbe spiegare a Berlusconi che....

Qualche settimana fa Silvio Berlusconi spiegò che si potrebbe uscire dall'euro. Disse che si doveva convincere la BCE a stampare moneta e che, se si fosse rifiutata di farlo, l'Italia avrebbe potuto mettere in azione la propria zecca.

Non sapeva che la moneta si crea solo in piccola parte stampando banconote. La maggior parte degli euro nasce (ed eventualmente muore) senza che si azionino le rotative.

Adesso (qui il video) torna sull'argomento dicendo che la Germania potrebbe uscire dall'euro o magari potrebbero farlo gli altri paesi. E spiega che gli effetti sulla ricchezza, che non sa valutare con esattezza, non sarebbero poi drammatici: le case sono sempre lì, anche se si tornasse alla lira, ha spiegato l'ex presidente del consiglio.

Qualcuno potrebbe spiegargli che la ricchezza di una famiglia non è composta solo da immobili ma anche da titoli, che, in caso di ritorno alla lira, finirebbero per perdere valore? Saprà che se i capitali fuggono all'estero spaventati dal ritorno a una moneta debole, le banche poi presteranno meno soldi a consumatori e imprese?

20 giugno 2012

Le strane decisioni della Margherita

La Margherita, partito confluito quasi 4 anni fa nel PD, è da mesi nella bufera per la vicenda Lusi, l'ex tesoriere indagato per aver sottratto decine di milioni di euro dalle casse del partito.

Qualche giorno fa la Margherita ha riunito i propri vertici e ha deciso di sciogliersi per "l'impossibilità di raggiungere lo scopo sociale" e di devolvere i soldi rimasti e quelli che recupererà facendo causa a Lusi allo Stato.

Questo è ciò che ha affermato Rutelli in tv, nell'evidente tentativo di salvare la faccia.

La realtà è un pò diversa e la si può scoprire leggendo il documento online dell'ex partito (vedi qui). Il partito di Rutelli ha deciso di destinare 5 milioni allo Stato ma anche di destinare 3 milioni al quotidiano Europa, in crisi, nella speranza che possa sopravvivere, di destinare 5 milioni al fondo rischi "per fronteggiare evenienze ...a tutela del patrimonio dell’associazione e dell’attività svolta dagli organi sociali in relazione a qualsiasi evento futuro che possa in qualsiasi modo o a qualsiasi titolo coinvolgere gli esponenti dell’associazione che hanno ricoperto cariche sociali" vale a dire per pagare gli avvocati che lavoreranno per recuperare i soldi sottratti da Lusi e per difendere i dirigenti chiamati in ballo, dando così per scontata la loro innocenza.

Altri 2 milioni poi finiscono sempre al quotidiano Europa perchè "promuova l’attività delle donne in politica", 900 mila euro finiscono ad attività varie e infine si vuole un accordo con il Partito Democratico per fargli assorbire il quotidiano Europa, il personale e far subentrare il PD in altri contratti in essere.

Insomma, la decisione di devolvere tutto allo Stato pare la solita presa in giro di un partito e di un leader altrettanto inesistenti.


18 giugno 2012

Oscar Farinetti

Oscar Farinetti è un imprenditore che ha trasformato un negozio in una catena di negozi di elettronica (Unieuro) e poi l'ha venduta.

Dal 2004 ha creato Eataly. Da un primo negozio a Torino, nell'edificio che un tempo ospitava una fabbrica di liquori, a negozi in tutta Italia ma anche a New York e Tokio. Un bell'esempio di imprenditoria, di imprese che crescono anche in periodi difficili.

Farinetti è un'ottimo venditore, e in questo, ma solo in questo, ricorda un altro ottimo venditore, diventato ricco e famoso già prima di entrare in politica e diventare Presidente del Consiglio. Per il resto è del tutto diverso, l'esatto contrario di Berlusconi, come dimostra l'intervista (clicca qui) su La7 della scorsa settimana.

Un'intervista che consiglio di sentire per i tanti contenuti anche economici di un imprenditore insolito per il panorama italiano, non egoista, diverso dall'imprenditore solito che invoca meno tasse o soluzioni semplicistiche come quella meritocratica.

16 giugno 2012

Karl Marx

Dio è morto, Marx è morto e anch'io non mi sento molto bene, diceva Woody Allen in un film.

Ma che dire della carta di credito della Sparkasse Chemnitz, una banca della ex Germania est? In un sondaggio online l'immagine di Marx ha sbaragliato la concorrenza ed è finita sulla carta di credito insieme al nome della banca e al logo di Mastercard.

Marx torna popolare dopo i disastri del capitalismo degli ultimi anni?

Forse no, Chemnitz un tempo si chiamava Karl Marx Stadt e la sola cosa interessante da quelle parti pare sia la statua del barbuto filosofo tedesco, finita su un simbolo del capitalismo finanziario. Come spiegava Michael Moore (vedi qui), il capitalista fa soldi anche sfruttando il proprio avversario...

14 giugno 2012

Controlli-corruzione & sviluppo (secondo Gino)

Dall'amico Gino riceviamo queste considerazioni:


Monti è riuscito ad aumentare le tasse, ma non a ridurre i costi della politica e della burocrazia. Quindi soldi per lo sviluppo non ce ne sono e pare improbabile che l'Europa voglia stamparne (come invece fanno gli anglo-americani).
Grillo parla di democrazia diretta e dice di voler andare in Parlamento. Benissimo, ma chiunque può essere corrotto dal potere, perciò  la prima cosa che dovrebbe proporre è un meccanismo che difenda i cittadini dalle caste e dalle cricche. Purtroppo anche nel programma di Grillo non è previsto un meccanismo che consenta "controlli sicuri" e che consenta pure di mandare subito a casa il politico che avesse perduto la fiducia della gente (via referendum e senza giudici di mezzo). 

Ogni tanto qualcuno parla di “nuovo modello di sviluppo”, un’ottima idea, anche quando  proviene da gente assai strana e assai poco di mio gusto. Però nessuno entra  nei dettagli e non si discute mai di come finanziarlo. Come detto si è condizionati dal dogma della “quadratura di bilancio” e non disposti a reperire fondi tagliando i costi della politica. Naturalmente tutti parlano di ridurre l'evasione, ma in ogni caso servirà tempo mentre i soldi servirebbero subito.
Proviamo allora a vedere il problema da un’ottica diversa. 
Supponiamo che un “viaggiatore del tempo” ritorni nel passato e che combini dei casini tali da far sparire il gioco del pallone dalle nostre attuali abitudini. Sparirebbe una “casta” di straricchi giovinastri, ma è fuor di dubbio che il Pil d’oggidì sarebbe più basso e che i disoccupati sarebbero più numerosi. Supponiamo ora che Monti faccia un viaggio in un “universo parallelo” dove il casino non sia successo e che venga perciò a saper che il “calcio” potrebbe venir buono per “rilanciare lo sviluppo”. Non credete che chiederebbe un po’ di soldi all’amico Draghi per poter mettere in moto il meccanismo calcistico? Stampar soldi per mettere al lavoro chi si sta grattando la pancia è un po’ diverso dallo stampar soldi affinché i soliti noti se ne riempiano le tasche!

Convince anche voi la storia fantascientifica? Beh, ma allora perché non stampar soldi per pulire  boschi e fiumi e, per giunta, risparmiare i danni delle  alluvioni? E mettere in sicurezza il territorio da frane e terremoti? E che dire dell’assistenza agli anziani? E la ricerca? E la medicina? E l'istruzione? E il turismo? E restaurare le vecchie opere d'arte? O meglio, farne delle nuove? Eccetera eccetera? Così facendo si potrebbe assicurare tutti dalla disoccupazione perchè le occasioni di lavoro sarebbero così abbondanti da rendere la disoccupazione un caso raro! Mica siamo in crisi per mancanza di "roba". Di "roba" ne abbiamo tanta (o potremmo fabbricarne tanta) da non sapere dove metterla: siamo in crisi di sovrapproduzione, cioè siamo in crisi per imbecillità (energia a parte, ma questo richiede un discorso specifico). Naturalmente non possiamo mica riconquistare i mercati che ci sono stati sottratti dai cinesi grazie ai loro bassi salari, dobbiamo spostarci in altri settori (così come fecero gli altri europei quando eravamo noi italiani a fare i cinesi). E' però vero che dipendere totalmente dall'estero è assai pericoloso perciò qualche "dfazietto" non guasterebbe.
Forse qualcuno dirà che per il gioco del pallone si può essere sicuri visto che oggi lo si gioca. Beh, sicuri-sicuri non direi, perché il gioco del pallone si inserì pian piano nel nostro tessuto economico e non è detto che sempre si possa fare in anni ciò che richiese decenni. Si può però dire che il problema è solo “organizzativo” ma, attenzione, questo vale anche per tutte le altre buone cose che potrebbero costituire “un nuovo modello di sviluppo”: perché allora non provarci?.

Certo si tratterebbe di far debiti, ma sarebbero debiti che dovrebbero rendere più di quel che costano. Se così fosse non sarebbero pesi che si aggiungono a quelli che già gravano  sulle spalle dei nostri figli, anzi, se ci fosse un “margine”, questo compenserebbe almeno in parte i vecchi pesi dovuti alle nostre ruberie e stupidaggini. Si ricordi poi che ciò che oggi consumiamo non proviene dal futuro, è oggi che viene prodotto. Non è che godendo oggi del nostro lavoro, sempre si danneggino i nostri figli. E’ vero che i nostri figli dovranno pagare gli interessi dei nostri debiti, ma alcuni  erediteranno pure il credito che non fosse finito in mani forestiere mentre tutti godranno degli eventuali benefici dei nostri investimenti. 
 
Invece i nostri figli saranno “tutti” e "certamente" danneggiati se li istruiremo male, se consegneremo loro uno Stato inefficiente e costoso, se consumeremo i beni irriproducibili della Terra, se inquineremo la medesima, se manterremo rapporti internazionali perversi, insomma, se continueremo a comportarci come delinquenti.



Se poi la Merkel avesse paura dell'inflazione le si dovrebbe far presente che, come si possono "stampare", i soldi in eventuale eccesso possono essere anche "bruciati" prelevandoli dalle entrate delle tasse. 

Arriverà Monti a capire una simile banalità? Non vorrei abbia pensato invece di ridurre le nostre paghe a livello cinese per consentire ai vari Marchionne di competere coi medesimi cinesi!
Monti o non Monti, non credete voi che se in 50 sostenessimo una cosa del genere non troveremmo chi ci darebbe spazio?

L'autore può essere contattato a questo indirizzo: giselmi@alice.it

13 giugno 2012

Calcio metafora dell'Europa?

Tempo di Europei e di campagna acquisti, nel mondo del calcio, ma anche di problemi infiniti. Il calcio offre in piccolo un'immagine dell'Europa. Vediamo perché.

La Germania è il paese dei compiti a casa, delle imprese virtuose, forti sui mercati e con bilanci soliti. Volkswagen ad esempio punta a diventare il primo produttore mondiale di auto e una sua squadra, il Bayern di Monaco vince senza debiti, bilanci in rosso e puntando sul proprio vivaio. I dirigenti del calcio tedesco bacchettano gli altri club europei spreconi, sperando che quanto prima decidano di mettere in sesto i conti e giochino alla pari, spendendo solo i soldi incassati da sponsor, tv e allo stadio.

Ma quest'anno il Bayern è uscito sconfitto dalla finale di Champions, battuto dal Chelsea, simbolo di una città, Londra, che attira capitali ed è restia alle regole sulla finanza. I soldi del russo Abramovich sono il silmbolo del capitalismo selvaggio ex sovietico, degli oligarchi che hanno saccheggiato le risorse russe e le hanno portato i soldi lontano dalle insicurezze moscovite, alla ricerca di occasioni di investimento più attraenti e magari esentasse.

Bayern e Chelsea in semifinale hanno superato le squadre spagnole, un tempo simbolo della Spagna arrembante, in gioiosa crescita e oggi travolta dai debiti. Senza un azionista di riferimento, Real e Barça sono guidate da presidenti che si impegnano periodicamente in dure campagne elettorali promettendo ai soci campioni del calibro di Ronaldo, pagati facendo debiti.

Le banche finanziavano le squadre di calcio, stimolate dai politici che controllavano di fatto le casse di risparmio, nella speranza di ricevere i voti dei tifosi. Una mix esplosivo che ha portato le squadre della Liga a accumulare 5 miliardi di debiti, quasi il triplo del fatturato. In Spagna la festa è finita, nel calcio come nell'economia.

E infine c'è l'Italia, come al solito alle prese con la corruzione diffusa e l'individualismo. Presidenti che sono padri-padroni delle loro squadre, incapaci, con qualche eccezione, di programmare il lavoro e tenere i bilanci sotto controllo, alla ricerca di facile consenso quando hanno i soldi e possono comprare qualunque giocatore, costantemente alla ricerca di soluzioni facili, ovvero del calciatore che da solo risolve la partita, come del politico che promette un futuro felice senza sacrifici.


12 giugno 2012

Islanda uscita dall'euro. O forse no?

Loretta Napoleoni aspira a insegnare economia. Si dice esperta di economia del terrorismo (cosa sarà? forse la disciplina che studia i prezzi dell'esplosivo e le motivazioni economiche dei suicide bombers?) ma poi scrive di economia monetaria. Dicendo inesattezze.

Ecco un pezzo di un'intervista a Tiscali Economia (vedi qui) in occasione dell'uscita di un suo libro:
Cosa succederebbe all'Italia se optasse per il default volontario?
"Se facesse quello che ha fatto l'Islanda, un'uscita pilotata dall'euro, succederebbe che l'Italia dovrebbe ..."

L'Islanda è uscita dall'euro? E quando mai è entrata nell'euro??

C'è da chiedersi: visto che racconta di aver provato, senza successo, di diventare economista a Roma, come ha fatto a trovare un posto in Inghilterra? Forse le università italiane non sono malaccio...

10 giugno 2012

Spagna: arriva la svolta?

Qualche mese fa guadavamo con invidia alla Spagna: aveva uno spread più basso del nostro nonostante dati economici non proprio confortanti: alta disoccupazione, un'economia più debole e, soprattutto, un'infinità di palazzi vuoti o mai finiti.

L'economia spagnola è cresciuta molto, negli anni scorsi, grazie all'edilizia. I prezzi degli immobili salivano e i costruttori si facevano finanziare dalle banche. Poi la bolla immobiliare spagnola è scoppiata, gli operai hanno lasciato molti edifici costruiti a metà, e le banche si sono trovate piene di crediti inesigibili e di appartamenti che nessuno vuole.


Da qualche mese la Spagna è presa di mira dalla speculazione. Lo spread è salito alle stelle, superando in negativo quello italiano ed è iniziata la fuga dei capitali: chi ha prestato soldi alle banche spagnoli non rinnova i prestiti, altri portano via i capitali, le banche non prestano più soldi alle banche spagnole, e anche i cittadini spagnoli, temendo per i loro risparmi, li spostano su altre banche o li ritirano.

La sfiducia verso le banche spagnole è aumentata, spingendo i capitali a fuggire. Non sono servite le operazioni di rifinanziamento della BCE: in pochi mesi il deflusso di capitali dalle banche spagnole ha superato i soldi entrati nelle stesse banche, soldi peraltro usati in buona parte per acquistare titoli di stato e tentare di contenere l'aumento dello spread.

La situazione si stava facendo difficile soprattutto perché tra una settimana si vota in Grecia e non è il caso di correre il doppio rischio di banche, stati e euro attaccati su due fronti. Per questo si mettono a disposizione fino a 100 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche spagnole. Una soluzione che ricorda quanto successo dopo il fallimento di Lehman Brothers: governo e banca centrale obbligarono le principali banche a accettare decine di miliardi di dollari: non ci dovevano più essere dubbi sulla solvibilità delle banche americane.

Con la Spagna si fa altrettanto: montagne di soldi sono disponibili per le banche spagnole, sperando che questo intervento sia sufficiente a far finire l'emoraggia di capitali e a innescare il processo inverso: far tornare i capitali verso le banche spagnole.


Basteranno i 100 miliardi messi a disposizione sabato? C'è da sperarlo, perchè in caso contrario la somma richiesta sarà molto maggiore. Ma chi convincerà la Merkel a intervenire senza condizioni per prestare non più 100 ma 200-300 miliardi agli spagnoli e chissà quanti all'Italia?


09 giugno 2012

Ancora la premiata ditta A&G

Ieri Mario Monti ha spiegato che il governo ha perso l'appoggio dei poteri forti. Si riferiva forse alle posizioni di Confindustria e alle critiche arrivate giusto ieri dal Corriere, che ha pubblicato un editoriale intitolato La direzione è sbagliata a firma Alesina e Giavazzi.

La tesi di A&G è che l'Italia non ha bisogno di infrastrutture nuove, ma di riforme nel campo della giustizia, dell'università e della pubblica amministrazione per far funzionare meglio l'Italia.

All'obiezione banale che una cosa (le infrastrutture) non esclude le altre (riforme in altri campi) visto che la prima richiede un aumento della spesa pubblica mentre le altre, che invece necessitano leggi diverse e manager capaci di applicarle, rispondono gli stessi A&G"più strade non impediscono di riformare la giustizia, l’amministrazione pubblica o il mercato del lavoro".

Allora perchè porre la questione come se si dovesse scegliere tra una strada in più e una riforma della giustizia o dell'università? La stranezza delle considerazioni di A&G riguarda poi il tema della giustizia: si renderanno conto che il governo Monti deve fare i conti con un partito, il Pdl, guidato da Berlusconi, da sempre ostile a qualsiasi riforma della giustizia utile a migliorare davvero le cose?

L'aspetto che più preoccupa delle tesi di A&G però è un altro e riguarda la confusione dei metodi suggeriti per affrontare la crisi e far crescere l'Italia.

La proposta di riformare il mercato del lavoro
, la pubblica amministrazione, l'università, preferita dal duo A&G, tocca più il lato dell'offerta di beni e servizi, mentre gli interventi sulle infrastrutture fisiche come strade e ferrovie, concerne il lato opposto, quello della domanda: se si costruisce una strada si acquistano numerosi beni e servizi.

Ora, se in un'economia cala la domanda, ovvero i consumi pubblici e privati e gli investimenti,  è più importante stimolare la domanda o l'offerta di beni e servizi? Se, in altri termini, constatiamo che i cittadini e lo stato stanno comprando meno auto, meno case, meno mobili e meno elettrodomestici, è più importante stimolare la domanda di tali beni o sperare che la riforma del lavoro, dell'università e della giustizia, rendendo le imprese più competitive, porti un aumento del PIL anche se i cittadini e lo stato acquistano di meno?

Possibile che A&G non comprendano che è necessario stimolare la domanda, e che alcune delle loro proposte avrebbero effetto in tempi medio-lunghi, rendendo le imprese più competitive tra qualche anno, quando magari avranno chiuso i battenti per mancanza di entrate sufficienti a coprire i costi?

Temo che ancora una volta cheA&G siano vittime di una visione ideologica, che prevale sul buon senso, impedendo loro di capire che se un operaio edile ha perso il lavoro perchè è crollata la domanda di case, è più probabile che ne trovi un altro se si progetta la costruzione di una ferrovia, mentre la probabilità che trovi un lavoro grazie a una riforma della giustizia sono pari a zero o quasi.

06 giugno 2012

La paura dell'Est



In questi giorni il mio studio oltre che essere affollato di clienti in cerca di conforto per le imminenti tasse da pagare, è anche sede di amare riflessioni. Quello che per i tedeschi era "l'idraulico polacco" per noi sembra essere "il muratore dell'est".

Mi sono seduto con un mio cliente, artigiano edile, che dopo un anno di lavoro mi ha detto: "Ok, quest'anno sono stato regolare al 100%, ho pagato i dipendenti tenuti in regola, l'INPS, l'INAIL e la cassa edile, ho fatturato tutto e adesso devo pagare le tasse. Pagate quest'ultime in 12 mesi ho guadagnato 14.400 Euro netti, cioé 1.200 Euro al mese per 12 mesi. Cosa lavoro a fare? Lo stipendio di un mio dipendente netto è pari al mio e non ha rischi, se non di essere licenziato".

Al ché io gli ho chiesto a quanto lavorava all'ora ne mi ha risposto che attualmente riusciva a stento a lavorare a 18 Euro l'ora.

Bene, io da esperienza so che per avere un guadagno "decente", un artigiano deve stare almeno sui 22-23 Euro l'ora (la differenza sembra poca, ma moltiplicata per le ore di un anno fa MOLTA differenza).

Bene, sapete cosa mi ha risposto?

Che è impossibile perché c'è chi sul mercato lavora a 14 Euro l'ora.

Per chi non lo sapesse, 14 Euro l'ora sono ampiamente sottocosto. Questo è possibile perché si stanno diffondendo sul mercato edile ditte e società di diritto estero, cioé, detta in parole povere: un operaio romeno (ma è solo un esempio) costituisce una ditta in Romania e assume dei suoi connazionali li, poi lavora qui in Italia. Tasse e contributi li paga in Romania, che è un paese comunitario.

Ovviamente il confronto con un'azienda italiana è impossibile e queste aziende a 14 Euro l'ora ci rientrano ampiamente!

Quale sarà il futuro dei nostri artigiani?

Stretta sul credito: colpa della prima guerra mondiale

Da quasi un anno l'economia europea è alle prese con diktat tedeschi in materia di conti pubblici. Niente eurobond e niente interventi della BCE, tollerati solo quando tale posizione è diventata insostenibile.

Perchè la Germania è tanto ostile a una politica monetaria più espansiva? 

Per capirlo occorre tornare indietro di quasi un secolo, alla prima guerra mondiale. Un disastro per la Prussia (ora Germania) condannata a pagare un pesantissimo risarcimento ai vincitori. Per anni i tedeschi sono stati costretti a fare enormi sacrifici per pagare il debito verso i vincitori. Le imposte venivano usate in gran parte per ripagare il debito di guerra e quel che restava non era sufficiente a pagare la spesa pubblica.

Non restava che finanziare la spesa pubblica con l'emissione di moneta. Durante la repubblica di Weimar questa scelta obbligata ha generato inflazione e incertezza, aprendo la porta al nazismo e lasciando un'eredità pesante: nel secondo dopoguerra la banca centrale tedesca, la Bundesbank, ha preferito combattere il rischio inflazionistico anche a costo di sacrificare la crescita.

Lo sforzo per ripagare il debito di guerra e le politiche monetarie della Bundesbank hanno spinto i tedeschi a rendere più efficiente l'industria, che quando c'era il marco non poteva fare affidamento sulle svalutazioni.


Si spiega così la politica economica della cancelliera Merkel e le resistenze della Bundesbank a lasciare che la BCE realizzi una politica monetaria più espansiva: la Germania resta legata ai suoi valori, alla lotta all'inflazione come obiettivo primario della politica economica e al duro lavoro per rimettere in sesto i conti pubblici, proprio come hanno fatto dopo le due guerre.

La prima guerra mondiale ha prodotto un mostro che pesa ancora oggi sull'Europa: Hitler fece leva sulla voglia di rivalsa dei tedeschi sconfitti, la Merkel e la Bundesbank restano fedeli alle scelte economiche imposte dall'inflazione di Weimar.


05 giugno 2012

Fiat e la benzina a 1 euro

Quando le case automobilistiche non vendono abbastanza auto di solito si lanciano in sconti e supervalutazioni dell'usato, sperando di convincere qualche automobilista in più ad acquistare un nuovo modello.

Questa voltà Fiat s'è inventata qualcosa di nuovo: la possibilità per chi compra una nuova auto di avere benzina e diesel a 1 euro presso i distributori del gruppo Api (marchi Api e IP). Iniziativa che merita qualche osservazione.

Il benefit del carburante a 1 euro vale, anzitutto, solo per le auto non bifuel e solo per le auto vendute entro il 31 luglio. Lo sconto è variabile: si va dai 1200 litri per una Panda ai 2500 per una Freemont passando per i 1700 di una Punto. Considerato che attualmente il prezzo è di 1,75-1,80 euro per la benzina e qualcosa in meno per il diesel, lo sconto non pare eccezionale: meno di 1000 euro per una Panda, poco più di 1300 euro per un Punto.

Somma che potrebbe aumentare se il prezzo della benzina aumentasse. Un rischio calcolato per Fiat, che intanto pagherà Api nel corso del tempo, man mano che i clienti compreranno il carburante, mentre incassa subito i soldi derivanti dalla vendita di auto. Se il mercato dell'auto si riprenderà, forse salirà anche il prezzo della benzina, ma il maggiore costo sarà pagato dalla vendita di un maggior numero di automobili. In caso contrario, è probabile che il prezzo della benzina scenda per effetto di una domanda debole, che inoltre potrebbe spingere i governi a diminuire le accise sui carburanti. Secondo i benzinai, infatti, c'è il rischio concreto che anche le entrate del fisco scendano per effetto dell'eccessivo peso del fisco sui carburanti.

E' poi possibile che Api, grazie alla maggiore domanda dei clienti Fiat, pratichi uno sconto e si assicuri contro il rischio di aumento del prezzo del petrolio, offrendo di conseguenza un contratto vantaggioso a Fiat.

Insomma l'idea di Fiat sembra una trovata intelligente per differenziare i prodotti della casa automobilistica italiana. Forse uno sconto vecchia maniera sarebbe stato più conveniente per l'automobilista che potrebbe ricevere uno sconto inferiore al previsto se il prezzo dei carburanti dovesse diminuire.

E forse lo scenario di una diminuzione del prezzo è quello che ha spinto Fiat a scegliere questa promozione insolita. Non sarebbe la prima volta: avevo segnalato qui che la scelta di produrre un SUV in Italia si doveva al probabile indebolimento dell'euro rispetto al dollaro. Chissà che anche questa volta le scelte di Fiat non dipendano da scommesse sull'andamento futuro di un prezzo.

03 giugno 2012

Profumo e l'Italia

Corrado Passera ha spiegato oggi che in Italia la crisi colpisce 28 milioni di persone, considerati disoccupati, che è sottooccupato e chi è in cassa integrazione o mobilità, e i loro famigliari. 28 milioni ovvero un italiano su due. Occorre perciò creare lavoro, dice Passera.

Una delle ricette in questi casi è potenziare l'istruzione. Sappiamo che in Italia si studia di meno che altrove, c'è un maggior abbandono scolastico, non mancano le eccellenze e molti laureati vanno all'estero alla ricerca di migliori occasioni di lavoro e carriera.


Se questo è lo scenario, pare sbagliata la riforma della scuola che sta per essere presentata dal ministro Francesco Profumo. La riforma, ispirata al criterio del merito, vuole premiare i migliori con sconti sulle tasse universitarie e incentivi alle imprese che intendono assumerli e alle scuole che li formano. E gli altri?


Premiare uno o pochi studenti, una o poche scuole, non serve a migliorare i risultati medi, se non in modo impercettibile. Ci sono mole controindicazioni alla ricerca spasmodica del risultato: la competizione può essere falsata da insegnanti che puntano ad avere gli studenti migliori e per questo danno loro un aiuto. Chi non può competere per diventare lo studente migliore può essere trascurato dagli insegnanti o perdere motivazioni, mentre la competizione può disincentivare i comportamenti critici e favorire il conservatorismo: se lo studente è impegnato in una competizione, trascurerà tutto ciò che non serve a raggiungere l'obiettivo.

E infine perché incentivare la competizione se gli studenti migliori non hanno difficoltà a trovare  lavoro, magari all'estero?

L'idea di dare più soldi alle scuole migliori, agli insegnanti migliori o premiare lo studente migliore ricorda certi tagli delle imposte ai ricchi, che avrebbero dovuto garantire benefici per tutta l'economia. Un'idea fallimentare che ha fatto l'interesse di pochi privilegiati, che non avevano bisogno di pagare di meno, mentre i tagli ai servizi e gli aumenti delle imposte hanno penalizzato tutti gli altri, i redditi medio-bassi.

Così accadrebbe se venisse approvata la riforma di Profumo: nessun beneficio per i tanti studenti che dovrebbero ricevere un'istruzione migliore e pochi forse illusori vantaggi per pochi che presumibilmente non ne hanno bisogno.


La scuola di Profumo sarà elitaria, pronta a sostenere i migliori e a dimenticarsi di chi, disponendo di un'istruzione media fa fatica. Che strano paese, l'Italia.










01 giugno 2012

Silvio Berlusconi

"Ho un'idea pazza, ma non la dico", ha spiegato Silvio Berlusconi in una riunione per cercare di far resuscitare il suo partito. Ma poi l'ha detta: «Dobbiamo andare in Europa a dire con forza che la Bce deve iniziare a stampare moneta». Altrimenti: «Cominciamo a stampare euro noi con la nostra Zecca».

Oh mamma, viene da dire. Capisco l'idea, non proprio originale, di stampar moneta per risolvere i problemi. L'avevano avuta in tanti, compreso mr. P che nel suo sito sul signoraggio da almeno due anni spiega, inascoltato, che si potrebbe ricostruire L'Aquila stampando banconote.

Passi dunque l'idea, che rende il Pdl assai simile al Primit. Ma qualcuno ha spiegato che non si crea moneta stampando materialmente banconote e che, magari, alla Zecca se la ridono?

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