22 dicembre 2016

Mediaset, scenari possibili

Stiamo assistendo da qualche giorno al massiccio acquisto di azioni Mediaset da parte della francese Vivendi, che ormai possiede oltre il 28% delle azioni del gruppo creato da Silvio Berlusconi, che a sua volta possiede circa il 39% delle azioni. Cosa potrà succedere nei prossimi mesi?

Qualche mese fa Vivendi e Mediaset hanno siglato un accordo che prevedeva la vendita di Mediaset Premium (tv a pagamento) e uno scambio di azioni: Mediaset avrebbe ottenuto un discreto pacchetto di azioni Vivendi in cambio di un pacchetto di azioni Mediaset. Qualche tempo dopo Vivendi ha regettato l'accordo, sostenendo che Mediaset ha tentato di ingannarla su Premium, fancendo apparire una situazione migliore di quella reale, e spiegando di avere comunque intenzione di acquistare una buona percentuale delle azioni di Mediaset, cosa successa nelle scorse settimane.

Vivendi è dunque arrivata in poco tempo a possedere oltre il 28% delle azioni. Se superasse la soglia del 30% scatterebbe l'obbligo di OPA (offerta pubblica di acquisto), ovvero dovrebbe dichiararsi pronta a acquistare tutte le azioni non in suo possesso a un prezzo calcolato dalla legge. Analogo obbligo di OPA ricadrebbe su Berlusconi (tramite Fininvest) se in un anno comprasse più del 5% di azioni Mediaset. Ciò perchè la quota di azioni Mediaset posseduta dalla famiglia Berlusconi non è mai scesa sotto il 30%.

E' più probabile che una eventuale OPA sia lanciata da Vivendi, che ha più capitali a disposizione e può offrire anche proprie azioni in pagamento.

L'acquisto di tutte le azioni da parte di uno dei due gruppi comporterebbe tuttavia uno spreco e due rischi. Lo spreco di comprare molte più azioni di quelle necessarie a controllare il gruppo, il rischio che l'altra parte decida di fare una contro-opa, ovvero un'offerta più vantaggiosa, e il rischio che una delle parti decida di vendere la sua quota, rendendo alla fine ancora più costoso un eventuale acquisto di Mediaset.

E' dunque più probabile che la strategia di Vivendi non sia quella di lanciare un'OPA. A questo punto le strade sono due.

La prima prevede che Vivendi cerchi un accordo con Mediaset per influenzarne le strategie e portare la tv e altri servizi offerti da Mediaset in TIM (nuovo nome di Telecom Italia), di cui Vivendi possiede circa il 25% delle azioni, al fine di rendere più redditizie TIM e Mediaset.

La seconda consiste nella conquista della maggioranza in Mediaset da parte di Vivendi con l'aiuto di altri soci. Una parte delle azioni di Mediaset sono in mano a fondi di investimento che, schierandosi con Vivendi, potrebbero cambiare la dirigenza dell'azienda.



16 dicembre 2016

Lo strano caso delle merendine

Qualche giorno fa appare la notizia di uno studente di un istituto tecnico di Moncalieri (TO) premiato dalla Fondazione Einaudi per aver venduto merendine a scuola, subendo per questo una sospensione.

Faccio un salto sulla sedia: la Fondazione Einaudi di Torino ha la fama di essere una istituzione seria. Perchè dovrebbe premiare uno studente sospeso due volte in due anni?

Basta qualche controllo per capire che il premio (500 euro) arriva dall'omonima fondazione con sede a Roma, che non ha un comitato scientifico composto da seri economisti ma è formata per lo più da politici e giornalisti uniti da una comune passione contro le imposte e lo Stato.

Cosa faceva di grave lo studente? Comprava merendine uguali a quelle del distributore automatico e le vendeva a scuola a un prezzo inferiore a quello del distributore automatico, ottenendo guadagni non irrilevanti (pare 15 mila euro in alcuni anni), naturalmene esentasse.

E' stato sospeso due volte in due anni e tutto sarebbe finito lì se non fosse che la Fondazione Einaudi di Roma ha deciso di premiarlo con una borsa di studio e qualche intervista, nella quale si dice pronto a andare a vivere in Portogallo perchè le imposte sono basse.

Battaglia ideologica che rischia di costargli cara: dopo il premio sono arrivate le proteste dei compagni di scuola, e qualche minaccia. Così il Tribunale di Torino si sta chiedendo quale sia stato il ruolo del padre del ragazzo (che rischia di subire qualche provvedimento del Tribunale dei Minori) mentre il fisco è interessato a indagare sui guadagni del piccolo commercio.

08 dicembre 2016

Il programma delle bufale a 5 stelle

Ve la ricordate la bufala dei 60 miliardi di ruberie? Qualcuno, anni fa, ha preso per buona una stima sulla corruzione e l'ha trasformata un dato vero. Per fortuna altri sono andati a controllare le fonti scoprendo la verità: non c'è nessuno studio serio a supporto dei 60 miliardi di presunta corruzione.

Sappiamo che le bufale son dure a morire. E infatti Di Battista ne fa il punto centrale del programma di governo del Movimento 5 Stelle dichiarando su Repubblica:

Come finanziare tutto questo tenendo conto del debito pubblico?
"Con una seria lotta alla corruzione, che secondo le stime della Corte dei conti costa allo Stato 60 miliardi di euro l'anno. Variando i termini di prescrizione, che interrompono migliaia di processi. Ai politici corrotti va impedito di ricandidarsi. Tutto questo porta denaro nelle casse dello Stato: la corruzione triplica i costi delle opere pubbliche".


02 dicembre 2016

Lo sciopero di Lufthansa

Come si sciopera in Germania?
Nei giorni scorsi i piloti di Lufthansa hanno incrociato le braccia. L'hanno fatto tutti insieme coordinati da un solo sindacato, lasciando a terra oltre mezzo milione di passeggeri e fermando oltre 4000 voli.


Dopo qualche giorno di sciopero, l'azienda ha ceduto, concendendo una cifra una tantum subito e incrementi degli stipendi del 4,4% in due anni.

Il ragionamento dell'azienda è stato semplice: siamo un'azienda seria e viviamo dei soldi che i clienti versano quando comprano i biglietti. Se scioperano ci fanno un danno, quindi cediamo prima che il danno sia troppo grande.

26 novembre 2016

Le Pen presidente?

Domani la destra gollista francese sceglierà il proprio candidato alle elezioni presidenziali del prossimo anno.

Al primo turno è stato eliminato l'ultimo presidente gollista, Sarkozy, che ha saggiamente deciso di ritirarsi dalla vita politica e son rimasti in corsa Fillon e Juppè. I sondaggi danno favorito il primo, che tuttavia ha un programma fortemente conservatore che prevede (come riporta il Sole 24 Ore) oltre a una serie di punti per la lotta e la prevenzione al terrorismo e per il controllo dell'immigrazione, un programma economico molto conservatore.

Tra i punti più importanti c'è un forte taglio della spesa pubblico, ma anche delle imposte e importanti decisioni su lavoro e pensioni: niente più 35 ore, con la possibilità che i contratti arrivino anche a 48 ore settimanali, allungamento dell'orario dei dipendenti pubblici, pensione a 65 anni, minori indennità di disoccupazione e meno diritti pensionistici per i dipendenti pubblici.

Se Fillon sfiderà la Le Pen, c'è da chiedersi cosa faranno gli elettori della sinistra e in generale tutti quei francesi che hanno protestato ogni qual volta un governo è intervenuto su pensioni e lavoro. Voteranno Fillon per fermare la Le Pen o contro per difendere i propri diritti?

E' probabile che la Le Pen domani faccia il tifo per Fillon, che le garantisce maggiori probabilità di diventare presidente.

20 novembre 2016

La settimana decisiva di MPS

La settimana che sta per iniziare sarà determinante per il futuro di Monte dei Paschi di Siena. Sappiamo che la banca ha un'enorme quantità di crediti inesigibili. L'aumento di capitale serve a ridurli (si veda http://www.econoliberal.it/2016/08/perche-mps-serve-un-aumento-di-capitale.html ) ma non li elimina: resteranno comunque miliardi di crediti inesigibili che saranno ridotti sacrificando i profitti dei prossimi anni.

L'aumento di capitale perciò è a rischio. I massimi dirigenti di MPS hanno fatto di tutto per trovare chi fosse disposto a sottoscrivere il nuovo aumento di capitale, ma pochi sono ansiosi di rischiare i propri soldi. Così hanno deciso che una parte dell'aumento arriverà da nuovi capitali e una parte dagli obbligazionisti.

Le regole del bail-in stabiliscono che in caso di default di una banca, chi ha obbligazioni della banca perde tutto. MPS cerca quindi di spingere i possessori di obbligazioni a convertirle in azioni e li avverte che, se non accetteranno, i potenziali sottoscrittori dell'aumento di capitale potrebbero non sottoscrivere l'intero aumento di capitale e la banca potrebbe incontrare grosse difficoltà a continuare a funzionare regolarmente.

In altre parole i pochi disponibili a sottoscrivere l'aumento di capitale vogliono che una parte del rischio ricada sugli obbligazionisti, minacciando in caso contrario di far saltare l'aumento.

Aumento che comunque deve essere approvato dall'assemblea straordinaria. E questo è il secondo problema: l'assemblea straordinaria degli azionisti è prevista per giovedì 24. Sarà valida solo se si supererà il quorum del 20% delle azioni.

In pochi giorni MPS rischia tre volte: che gli obbligazionisti non accettino lo scambio con azioni, che i potenziali azionisti di conseguenza si tirino indietro e non sottoscrivano l'aumento di capitale nella misura prevista e che all'assemblea straordinaria non ci sia il quorum indispensabile per deliberare l'aumento di capitale.

Come finirà?

10 novembre 2016

Tra Reagan e Bush

Se c'è una lezione economica nell'elezione di Trump alla Casa Bianca, è che abbiamo un gigantesco problema e si chiama globalizzazione.

Se metti nello stesso mercato lavoratori pagati poco (come i messicani) e lavoratori ben pagati (come gli americani) non puoi solo aspettarti benefici, ovvero che i salari più bassi aumentino. Succederà anche che i lavoratori pagati poco proveranno a andare dove la paga è migliore, che le imprese spostino le produzioni dove il costo del lavoro è minore e abbassino i salari dei lavorati ben pagati, facendoli arrabbiare.

Le scelte di globalizzare i mercati e le produzioni sono ispirate all'idea che conta il consumatore, che comprerà il prodotto più conveniente. Si dimentica che il consumatore è anche un lavoratore e che se vogliamo prezzi dei prodotti più bassi dobbiamo accettare salari e stipendi più bassi e non è detto che alla fine il gioco sia a somma zero, qualcuno ci rimette.

Trump ha incassato il voto dei lavoratori americani che subiscono la globalizzazione e forse virerà verso un maggiore protezionismo, sperando che questo spinga le imprese americane a riportare in patria le fabbriche (cosa non facile nè immediata).

Il protezionsimo non basta tuttavia a soddisfare gli elettori facendo crescere, se possibile, gli USA a ritmi più elevati. Per cui Trump promette due cose.

Da un lato investimenti e tagli alle imposte, ovvero un deficit che probabilmente esploderà, con conseguenze imprevedibili sul piano della politica monetaria della Fed, che a sua volta potrebbe influenzare le scelte di governi europei e della BCE.

Dall'altro cercherà di stimolare l'economia permettendo alle imprese di inquinare di più, riaprendo le miniere di carbone, riducendo i vincoli ambientali. Anche qui si tratta di un salto indietro: nel 2000 Bush divenne presidente promettendo di stimolare la "old economy".

Riuscirà a ridare lavoro e salari migliori alla massa di americani che l'hanno votato arrabbiati per una crisi infinita che ha cambiato il loro mondo o riuscirà soltanto a tenere in vita per un pò un mondo destinato al declino?

13 ottobre 2016

Effetti (pesanti) della Brexit

Come se la cavano gli inglesi a quasi 4 mesi dal voto che sancì l'uscita dall'Unione Europea?

Gli effetti evidenti finora della Brexit sono pochi. Il turismo ne ha tratto beneficio. Grazie alla sterlina debole in estate sono aumentati i turisti stranieri che hanno deciso di visitare il Regno Unito e di acquistare prodotti meno cari grazie alla svalutazione.

Sembra esserci invece un rallentamento della produzione industriale, anche se è presto per dirlo. La maggiore minaccia invece arriva dai prezzi che rischiano di impennarsi.

Tesco, la prima catena di supermercati del paese ha annunciato che Unilever ha intenzione di aumentare, a causa della svalutazione della sterlina, molti prodotti importati in GB. L'inflazione potrebbe dunque subire una vera e propria impennata, visto che la sterlina ha perso oltre il 15% del proprio valore.

Ma l'aspetto forse peggiore è il timore che la Brexit provochi un calo del PIL quasi del 10%. La Gran Bretagna, Londra in particolare, ospita il più grande mercato finanziario europeo. Londra raccoglie capitali da tutto il mondo e li presta al mondo, a cominciare dall'Europa.

Se l'UE vietasse alle banche e alle altre istituzioni finanziarie britanniche di operare nell'Unione come se fossero comunitarie, queste dovrebbero aprire filiali nell'Unione, costringendo migliaia di persone con ottimi stipendi e benefits a trasferirsi nell'Unione. La perdita di redditi e imposte soprattutto per Londra sarebbe notevole. Di qui l'ipotesi di una perdita considerarevole di prodotto interno lordo.

Un perdita che insieme alla probabile inflazione e alla svalutazione della sterlina sarebbe sufficiente a convincere chiunque abbia un pò di buon senso a respingere qualunque progetto di uscita dall'UE o dall'euro.





07 ottobre 2016

Pavia calcio

Fallisce il Pavia calcio, lasciando un buco di alcuni milioni di euro. La notizia non sarebbe interessante se non fosse per il fatto che per un paio d'anni la squadra è stata comprata da un fondo cinese interessato a compiere alcuni investimenti immobiliari nella zona di Milano.

I cinesi sono arrivati, hanno investito nel calcio, si sono mostrati generosi, hanno promesso uno stadio nuovo, aperto un negozio per vendere magliette della squadra salvo poi non fare nulla, oltre agli investimenti extra calcistici che possono generare un utile.

Probabile che volessero farsi pubblicità, che desiderassero qualche aiutino per affrontare la burocrazia, insomma per entrare in qualche business redditizio in Lombardia. Ottenuto questo risultato, hanno abbandonato il calcio, lasciando una scia di debiti.

Il calcio difficilmente è redditizio e chi butta i suoi soldi per pagare giocatori e allenatori, spesso ha un secondo fine. È un imprenditore che usa il calcio per fare buoni affari (Ferlaino ha usato il Napoli per ottenere lavori per la sua società di costruzioni) o vuol passare alla storia come un benefattore capace di far felici milioni di tifosi.

Ai cinesi ma anche a altri stranieri che arrivano nei campionati italiani interessa guadagnarci. E quando una squadra non gli serve più la scaricano: perder soldi non piace a nessuno, neppure a chi è molto ricco.

02 ottobre 2016

Deutsche Bank

Cosa succede a Deutsche Bank?

E' chiaro da tempo che Deutsche s'è specializzata in derivati che alzano alle stelle il rischio di subire perdite anche rilevanti.

A questo rischio si aggiunge l'incertezza sulla multa (14 miliardi che saranno oggetto di trattativa, con la possibilità che si scenda a 5 miliardi) che le autorità americane hanno inflitto per i mutui subprime. 14 miliardi sono davvero tanti, per una società che in borsa vale 16 miliardi.

C'è quindi la possibilità che Deutsche Bank abbia bisogno di un aumento di capitale che potrebbe essere solo il primo di una lunga serie perchè siamo in presenza di conti "opachi", ovvero di perdite potenziali difficili da valutare che potrebbero manifestarsi nel corso di anni.

Tutto ciò è sufficiente a spiegare il calo del titolo in borsa:: Deutsche Bank ha perso oltre il 50% dall'inizio dell'anno. Non spiega però quello che è successo nei giorni scorsi.

Alla paura degli azionisti di subire perdite, s'è aggiunto il timore di alcuni fondi che operano attraverso Deutsche Bank. I fondi hanno depositato presso la banca somme enormi e usano i servizi della banca per comprare e vendere azioni, obbligazioni, derivati.

Se la banca va male, aumenta il rischio di perdite anche per i clienti della banca. In caso di fallimento i fondi potrebbero recuperare solo in parte i soldi depositati sui loro conti presso Deutsche Bank oppure potrebbero recuperarli ma dopo molto tempo.

Entrambi gli scenari, molto negativi per chi compra e vende quotidianamente titoli per somme enormi, hanno suggerito ai fondi di ritirare un pò di soldi dai loro conti presso la banca tedesca.

S'è  così delineato lo scenario peggiore: clienti che ritirano i soldi dalla banca, inducendo altri a fare altrettanto. Successe nel 2008 con Lehman, la banca centrale di New York e il governo americano rimasero a guardare e fu il disastro che ben conosciamo.

Imparata la lezione, la BCE non dovrebbe commettere l'errore di lasciare Deutsche Bank senza liquidità, per cui c'è da aspettarsi che Draghi offra, se necessario, tutta la liquidità di cui ha bisogno.

Resta aperta la questione di un probabile aumento di capitali: chi lo sottoscriverà? Si pensa al goveno tedesco che però deve fare i conti con un'opinione pubblica ostile ai salvataggi.

E salvare Deutsche Bank è importantissimo per l'economia europea oltre che per quella tedesca. Deutsche è una banca così grande e intrecciata con altre banche europee che un eventuale fallimento avrebbe conseguenze gravissime per tutto il sistema bancario europeo. I danni di un eventuale improbabile fallimento si diffonderebbero in tutta Europa con effetti gravi per tutta l'economia continentale.

24 settembre 2016

La recessone è finita un anno prima

Mentre il 2016 sta entrando nel suo ultimo trimestre, l'ISTAT offre nuovi dati sul PIL del 2014. Avete capito bene, il 2014.

Per calcolare il PIL servirebbero i dati (veri) dei conti di milioni di imprese, oltre che della pubblica amministrazione. Si sa che le imprese non sempre dichiarano il vero e quindi si combinano diversi tipi di informazioni, prevenienti dalle imprese ma anche da altre banche dati come ad esempio l'INPS, allo scopo di fare una stima il più possibile corretta.

Per fare i conti in tempi ragionevoli, poi, l'ISTAT usa i dati di un campione di imprese come base su cui calcolare il PIL e la relativa variazione nel tempo.

Dal 2014 però s'è deciso di affiancare al metodo del campione integrato con altri dati disponibili, un metodo che prende in considerazione i dati di bilancio di quasi 4 milioni e mezzo di imprese oltre ai dati usati in precedenza.

C'è voluto tempo per raccoglierli e elaborarli, ed è saltata fuori la sorpresa. Il PIL 2014 non è sceso dello 0,3% ma è salito dello 0,1%. Significa che la recessione iniziata con la fine del governo Berlusconi è finita nel 2014 invece che nel 2015, come credevamo. La differenza non è piccola, sono 8-9 miliardi di euro in più. Cala il rapporto tra il debito e il PIL, perchè sale il PIL.

Una buona notizia per l'Italia, ma forse non tanto per l'ISTAT. E' normale che i dati economici siano corretti. S'è vista tante volte una crescita dello 0,5% diventa 0,4 oppure 0,6%, ma mai un -0,3% che si trasforma in un +0,1, cambiando il significato del dato.

Sarà interessante capire il significato di questa sorpresa statistica. E' casuale? Il campione usato era poco rappresentativo? Perchè i dati ottenuti usando oltre 4 milioni di imprese differiscono così tanto da quelli ottenuti tramite il campione? E soprattutto: possiamo fidarci dei dati economici ottenuti studiando campioni di imprese?


23 settembre 2016

Una modesta proposta sui giochi mancati di Roma

Virginia Raggi ha detto no ai giochi olimpici del 2024, affermando che non è intenzione del suo partito fare altri debiti. Una tesi modesta che ha suscitato molte polemiche da parte di chi sperava di poter vedere le Olimpiadi nella capitale, forse sopravvalutando la probabilità che venissero assegnate a una città che non è proprio un modello.

Sul piano economico qualcuno ha sottolineato la perdita di potenziali posti di lavoro, PIL e occasioni per portare turisti nella città eterna.

Ma se anche l'occasione è persa -e io sono tra quelli non dispiaciuti della scelta della sindaca- ci sono altri modi per produrre effetti economici simili a quelli che avrebbe potuto generare l'improbabile Olimpiade.

La ragione è che molti dei soldi spesi per un'Olimpiade non finiscono sui campi di gara. L'Olimpiade invernale di Torino per esempio è stata l'occasione per finanziare il rinnovo di diversi impianti di risalita obsoleti, per completare l'autostrada Torino-Bardonecchia e la Torino-Pinerolo, per costruire strade in val Chisone (la valle che sale al Sestriere) per rendere più veloce il percorso evitando il passaggio nei centri abitati (con benefici pure per la sicurezza e la tranquillità degli abitanti), per ammodernare l'aeroporto, per costruire residenze per gli studenti delle università torinese, per costruire un palazzetto dello sport (l'attuale PalaAlpitur) capace di ospitare grandi eventi musicali, ecc.

In altre parole si sono messe tra le opere olimpiche molti interventi che si sarebbero dovuti fare in ogni caso e che hanno dato nel tempo i loro frutti in termini di maggiore afflusso di persone a Torino.

A questo punto l'idea è chiara: riprendiamo in mano il dossier olimpico, e dall'elenco delle opere togliamo tutto quello che non serve a fare un'Olimpiade ormai sfumata e concentriamoci sul resto. Era prevista una strada? Bene, valutiamone l'utilità senza giochi. Se serve la facciamo. Eviteremo sprechi, opere inutili e Roma migliorerà, almeno si spera.

17 settembre 2016

Carlo Azeglio Ciampi

In cosa è consistita la grandezza di Carlo Azeglio Ciampi, ex Presidente della Repubblica ed ex governatore della Banca d'Italia, morto ieri a 95 anni?

Per giustificare la fama potrebbe bastare l'elenco dei compiti affidatigli: oltre che Presidente e Governatore è stato anche ministro e Presidente del Consiglio, segno inequivocabile di qualità notevoli, ma in realtà non basta.

Ciampi ha assunto gli incarichi quasi sempre in momenti molto difficili per l'Italia. Quando divenne Governatore, la Banca d'Italia era alle prese con uno scandalo senza precedenti. Il direttore generale Sarcinelli era in carcere e il governatore Baffi agli arresti domiciliari con accuse false, vendetta di una pessima politica contro chi si era opposto al salvataggio di Sindona a opera dello Stato.

Ciampi risollevò la Banca d'Italia in un clima pesantissimo, gestì crisi complicate, come il fallimento del Banco Ambrosiano al centro di uno scandalo che tirava in ballo il Vaticano, la Mafia e la P2.

Ma anche risolvendo quei casi, c'era un'economia in difficoltà, dominata da un'inflazione che negli 80 superò il 20% annuo. Ciampi riuscì a portare l'inflazione a livelli europei, prima come Governatore e poi da Palazzo Chigi, dove entrò mentre l'Italia era in piena tangentopoli, subentrando a un governo, quello di Giuliano Amato, costretto a dimettersi perchè metà dei ministri erano stati travolti dalle inchieste giudiziarie.

Ogni volta Ciampi ha fatto bene e s'è reso sempre più credibile, usando poi la credibilità per affrontare altri problemi con l'aiuto di chi, come l'Europa, era invece scettico sulla capacità dell'Italia di affrontare i momenti difficili.

Insomma ha lavorato in momenti straordinariamente complicati e l'ha fatto come meglio non si poteva. Per questo sarà ricordato da tanti e detestato da chi trae benefici da un'Italia peggiore.

08 settembre 2016

Hanjin

Il commercio internazionale è in subbuglio a seguito del fallimento della settima azienda di navi porta container al mondo, la coreana Hanjin. Le 85 navi coreane hanno difficoltà a rifornirsi di cibo, acqua e carburante, e merci per 15 miliardi di dollari sono bloccate sulle navi o porti in attesa di una nave che potrebbe non arrivare mai.

Basta dare un'occhiata al Baltic Dry Index, per capire che il settore dei trasporti via nave non se la passa bene. L'indice misura i costi dei trasporti marittimi di merci non liquide (dry, ovvero è escluso il petrolio e i prodotti chimici, mentre sono comprese merci come il carbone, alcune materie prime o il grano) e negli ultimi tempi è piuttosto basso.

Colpa della crisi naturalmente, che fa scendere la domanda di materie prime e di beni finiti, e quindi di trasporti, ma anche -secondo quanto scrive Repubblica- di un aumento delle navi provocato dai bassi tassi di interesse.

La disponibilità di denaro a basso costo facilita l'investimento tramite il debito. Se hanno ragionato così quelli di Hanjim -forse su suggerimento di qualcuno che crede che i tassi influenzino l'investimento- hanno purtroppo sbagliato. Si dovrebbe investire, come insegna l'economia, solo per soddisfare una domanda futura maggiore.

29 agosto 2016

Perchè a MPS serve un aumento di capitale

Lo scorso 29 luglio la BCE ha spiegato che la situazione del Monte dei Paschi di Siena è molto complicata e serve un aumento di capitale. Non è il primo,  MPS ha registrato in passato forti perdite causate dalla svalutazione di una banca, Antonveneta, pagata troppo.

Questa volta la causa dell'aumento di capitale è legato ai crediti inesigibili, vale a dire soldi prestati a clienti che non riescono a restituire tutti i soldi ricevuti. In questo caso le banche si rifanno sulle garanzie offerte dal cliente: vendono la garanzia, che spesso è un immobile.

Non è detto che la banca ottenga i soldi prestati, specie se il valore dell'immobile, di cui ha ricevuto l'ipoteca, è diminuito per effetto di una crisi che ha fatto salire il numero di immobili venduti mentre crollava la domanda degli stessi.

In questi caso e nel caso in cui le garanzie richieste siano molto deboli, la banca subisce perdite, che copre, di solito, sacrificando altri guadagni ovvero accantonando fondi che, nel momento in cui si vende l'immobile o qualunque altra garanzia ottenuta, copriranno la perdita.

Più tempo passa più è probabile che il valore dell'immobile possa aumentare e più si possono accumulare fondi con cui coprire le perdite sui crediti inesigibili.

E' una strategia del rinvio che piace alla banca ma non alla BCE.


Rinviando il più possibile la questione, cedendo gli immobili a anni di distanza dal momento in cui si è manifestata l'insolvenza del cliente, la banca può accantonare soldi sufficienti a coprire le perdite e può sperare in un aumento del valore degli immobili tale da ridurre la perdita.

Perchè la BCE non gradisce questo rinvio?

La ragione è che le banche interagiscono tra loro, si prestano soldi, si forniscono reciprocamente garanzie. Il loro lavoro si basa sulla fiducia che le altre banche rispetteranno gli impegni. E questo richiede bilanci in ordine.

Nel caso Monte dei Paschi è evidente che esistono crediti inesigibili che comportano perdite superiori di molti miliardi ai futuri profitti generati dall'attività della banca. Di fronte a perdite potenziali elevate e a un teorico rischio che MPS fallisca, le banche (soprattutto straniere) che lavorano con MPS e con le banche italiane esposte verso MPS non possono che essere molto prudenti, temendo perdite future che minano la fiducia attuale.

La cessione dei crediti inesigibili e un aumento di capitale non sono la soluzione ottimale, ma è necessaria per ricostruire quella fiducia verso MPS e le banche italiane che non può che far bene all'economia italiana.

14 agosto 2016

Se il PIL non cresce..

In questa estate di spiagge affollate oltre il normale, arrivano segnali contrastanti dall'economia. Il tutto esaurito nelle località di mare pare contrastare con un prodotto interno lordo che non è cresciuto nel secondo trimestre.

In realtà era tutto abbastanza prevedibile. I segnali della produzione industriale sono stati negativi negli ultimi mesi, soprattutto per colpa dei timori per l'uscita della Gran Bretagna e per effetto delle numerose tensioni che si registrano in altri paesi per il terrorismo (non a caso anche la Francia non cresce) e per incertezze politiche legate alla gestione dei profughi (l'altro paese a crescita zero è l'Austria).

Incertezze e paure che se da un lato hanno ridotto la domanda estera di prodotti italiani e quindi la produzione industriale che non risente, come l'anno scorso, dell'entrata in produzione di nuovi modelli Fiat, dall'altro stanno riempendo le spiagge italiane di quei turisti che fino a poco tempo fa avrebbero preferito mete più esotiche.

Sarà interessante dare un peso a questo fenomeno ovvero capire se il maggior contributo al PIL di spiagge e città d'arte piene sia in grado di compensare l'effetto negativo provocato da una debole produzione industriale.

Non è tuttavia solo una curiosità statistica. Per alimentare la domanda interna, il governo sta provando a trovare le risorse per dare qualche soldo in più a pensionati e dipendenti pubblici, perchè spendano con maggiore fiducia, ma le risorse disponibili dipendono in buona misura dall'andamento del PIL, e quindi delle entrate fiscali.

05 agosto 2016

Milan cinese

Da oggi il Milan è cinese, forse. Per ora è stato firmato un preaccordo che parla di un contratto da firmare entro fine anno (non a caso: il bilancio del Milan copre l'anno solare e non quello calcistico), con contestuale versamento di 15 milioni e altri 85 entro 35 giorni.

Poi si prevede l'impegno degli acquirenti "a compiere importanti interventi di ricapitalizzazione e rafforzamento patrimoniale e finanziario di AC Milan, per un ammontare complessivo di 350 milioni di euro nell’arco di un triennio (di cui 100 milioni da versare al momento del “closing”)" vale a dire 250 milioni per tre anni.

Cosa significa tutto questo?

Nel 2015 il Milan ha chiuso il bilancio con circa 90 milioni di perdita. E' probabile che il 2016 si chiuda con una perdita simile, che presumibilmente verrà coperta dai nuovi proprietari, chiamati a versare 100 milioni nelle prime settimane.

Ma anche i conti del 2017 saranno presumbilmente in rosso di una somma simile, visto che il Milan almeno fino all'autunno 2017 non parteciperà alle coppe europee, che garantiscono ricavi aggiuntivi.

Per arrivare a tale traguardo inoltre il Milan dovrà acquistare nuovi calciatori, con conseguente aumento dei costi di cui risentiranno i bilanci dei prossimi anni.

Di qui la necessità di immettere altri soldi (almeno 250 milioni in tre anni "per interventi di ricapitalizzazione") nella società a copertura delle probabili perdite e per garantire eventuali nuovi debiti ("rafforzamento patrimoniale").

Qualche mezzo d'informazione s'era sbilanciato nelle settimane scorse, annunciando centinaia di milioni dalla Cina per il mercato (ad esempio la Gazzetta: http://video.gazzetta.it/milan-cinesi-400-milioni-due-anni-il-mercato/737565ea-42bf-11e6-bc51-f24ef5b63382). Non sono arrivati e difficilmente arriveranno.

I tifosi sperano di tornare ai risultati sportivi del passato e Berlusconi pare aver garantito che i cinesi per altri tre anni e mezzo continueranno a spendere più di quanto incassano. Ma cosa succederà dopo? Il coinvolgimento tra i nuovi azionisti di diversi gruppi industriali e finanziari cinesi, uno dei quali appartenente al governo lascia pensare che non ci saranno molti azionisti disponibili a perdere soldi in una squadra di calcio italiana. L'obbligo di ricapitalizzare voluto da Berlusconi pare confermare questa tesi e forse uccide sul nascere i sogni di gloria dei tifosi.


17 luglio 2016

RCS a Cairo

La gara per il gruppo Rizzoli - Corriere della Sera è finita, decretando la vittoria di Cairo, che ha raccolto quasi il 49% delle azioni contro meno del 38% della cordata capeggiata da Bonomi.

Quest'ultima offriva un euro per azione, Cairo invece un misto di azioni di Cairo Communications e di contanti. Cosa ha spinto gli azionisti a puntare su Cairo?

Bonomi metteva insieme le azioni di alcuni finanzieri (tra cui Mediobanca, Unipol e Della Valle) e liquidava gli altri con un euro ad azione, puntando a un lento risanamento, iniziato da anni, che per ora non ha portato in utile la società. Per capire il senso dell'offerta bisogna forse rileggere la lettera aperta scritta da uno dei soci, Diego Della Valle, al presidente Napolitano nel 2013. Dopo aver scoperto che Fiat (FCA) ha comprato molte azioni e si propone come primo azionista, Della Valle compra una pagina per spiegare che la libertà dei giornalisti del gruppo RCS sarebbe in pericolo e invoca una sorta di passo indietro da parte degli azionisti che dovrebbero mettere il gruppo nelle mani non si sa bene di chi per risanarlo.

Un progetto confuso che sollevava alcune domande: perchè gli azionisti avrebbero dovuto rinunciare ai loro diritti, rendendo la società RCS non scalabile? Quale sarebbe stato l'interesse generale di avere un editore sia pure importante non gestita da manager scelti da chi aveva più azioni?

Sconfitto 3 anni fa, Della Valle esce sconfitto pure oggi. Il primo azionista è Urbano Cairo che promette di integrare le attività di RCS, fatte di giornali, riviste ma anche di eventi sportivi (in primis il Giro d'Italia) con le attività delle sue società che lavorano nel settore dell'editoria e nella tv (La7).

E promette implicitamente agli azionisti di RCS di partecipare ai futuri eventuali utili della società. L'opzione Bonomi prevedeva il pagamento di 1 euro ad azione. Chi ha comprato le azioni a una cifra superiore si sarebbe dovuto accontentare di limitare le perdite.

Invece scegliendo Cairo gli azionisti possono sperare di recuperare i soldi investiti in RCS attraverso la scelta di scambiare le proprie azioni RCS con azioni di Cairo Communication, incassando subito un conguaglio di 25 centesimi per azioni. Una soluzione più allettante di quella offerta da Bonomi e dai suoi soci.

09 luglio 2016

Brexit e MPS

Sono trascorse un paio di settimane da quando i britannici hanno deciso di voler uscire dall'Unione Europea. Che bilancio si può fare?

Il primo dato che salta all'occhio è il crollo della sterlina, con relative arrabbiature di chi aveva investito i propri soldi (spesso cifre enormi) in titoli denominati in sterline contando sulla stabilità della moneta con l'effigie della Regina Elisabetta.

Colpevole numero uno è David Cameron che qualche anno fa Paul Krugman indicava come responsabile di un altro disastro: una svolta economica in Gran Bretagna sotto il segno dell'austerità, non necessaria, che, nata per creare maggiore fiducia nella sterlina e nell'economia britannica, ha ottenuto il risultato opposto, facendo crollare la fiducia e provocando anche i disordini dell'estate del 2011.

Come allora Cameron ha fatto crollare la fiducia nella sterlina e provocato incertezze che faranno scendere il PIL di alcuni punti percentuali. Si stima un potenziale calo superiore al 4%.

I mercati finanziari s'erano fidati di sondaggi che prevedevano una vittoria risicata del "Remain" e nella settimana precedente il voto hanno comprato a piene mani titoli che, dopo il voto, son crollati, per la gioia degli speculatori che invece stanno prendendo di mira le banche italiane.

C'è infatti la questione MPS. Il Monte dei Paschi di Siena ha ricevuto una lettera della BCE che la invita nei prossimi due anni a tagliare i crediti inesigibili per 10 miliardi oltre il previsto. MPS rischia di passare alla storia come la banca (quasi) fallita due volte.

La prima quando ha svalutato la partecipazione nella Banca Antonveneta, comprata per cifre esagerate e la seconda per effetto di crediti inesigibili. In entrambi i casi le perdite della banca sono consistenti, tanto da richiedere aumenti di capitale.

Il piano industriale di MPS prevede che i prestiti in sofferenza diminuiscano ma lentamente. La BCE impone un'accelerazione che richiederà un aumento di capitale. Di fatto oggi MPS vale poco o nulla perchè la svalutazione dei crediti inesigibili assorbirà molto più degli utili futuri, e questo stimola gli speculatori, non più interessati a operare sfruttando le incertezze britanniche.

25 giugno 2016

Svalutare dopo la Brexit?

Se uno dei primi effetti della Brexit è la svalutazione della sterlina, scesa ai minimi degli ultimi 31 anni, c'è da scommettere che qualche politico proporrà il ritorno alla lira e una svalutazione competitiva. E ciò accadrà soprattutto se, come è possibile, nei prossimi mesi le esportazioni britanniche saliranno per effetto di una sterlina svalutata che rende meno conveniente importare prodotti stranieri in Gran Bretagna.

Ora, a parte il fatto che la svalutazione penalizza il settore finanziario, perchè minaccia gli investimenti in sterline, l'idea di una svalutazione competitiva è illusoria.

La prima ragione è che, a differenza della Gran Bretagna, l'Italia non possiede una propria moneta e non sarebbe facile tornare alla lira.

La seconda e più importante ragione è che se anche esistesse la lira, non sarebbe una moneta forte, capace di attrarre capitali. S'è visto ieri. Mentre i mercati crollavano lo spread italiano, cioè la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato italiani a 10 anni e i titoli tedeschi di pari durata è aumentata fiorando i 200 punti. Nel frattempo il rendimento dei bund decennali tedeschi è diventato negativo e nonostante la sterlina stesse crollando il rendimento dei titoli decennali inglesi non è salito.

Il significato di tutto ciò è chiaro: se le cose vanno male, gli investitori scelgono i titoli di stato inglesi e tedeschi e fuggono da quelli italiani. Un eventuale e complicato ritorno alla lira se anche garantisse i vantaggi della svalutazione, metterebbe il debito pubblico in balia della speculazione, difficile da affrontare senza il supporto della BCE.

La svalutazione di una improbabile lira sarebbe decisa dalla speculazione e non dal governo italiano, che invece dovrebbe fare i conti con titoli di stato molto costosi, effetto di una scarsa fiducia nella lira.

24 giugno 2016

Brexit, l'ultima vittoria della Thatcher

I britannici hanno fatto la loro scelta, uscire dall'UE, e i mercati hanno reagito come previsto: giù la sterlina e le borse.

Il voto favorevole all'uscita è arrivato soprattutto da persone con più di 50 anni e in particolare da chi ha più di 65 anni e da chi vive in Inghilterra ma non a Londra. I giovani e i londinesi hanno invece votato per restare nell'UE.

A me pare che questa sia l'ultima vittoria di Margaret Thatcher, della sua visione di una Gran Bretagna diversa dal resto d'Europa, fatta di individui pronti a agire sulla base solo di interessi individuali e di una economia britannica che sotto il suo governo ha liquidato anche brutalmente i vecchi mestieri industriali creando non poche difficoltà a chi vive lontano da Londra e ampliando le disuguaglianze non solo tra classi sociali ma anche tra territori.

Oggi la Gran Bretagna che ha subito la radicale trasformazione thatcheriana vede negli immigrati un pericolo e decide di chiudersi in se stessa, mentre i giovani che non hanno conosciuto la Lady di Ferro e i londinesi diventati più ricchi grazie alla finanza, ai servizi, all'apertura di Londra ai capitali del resto del mondo hanno votato Remain per paura di un futuro meno roseo.

L'eredità (negativa) della signora Thatcher non si ferma qui. L'occasione per un voto clamoroso l'ha fornita un altro conservatore, David Cameron, e l'ha fatto per banali ragioni politiche interne al suo partito. Il referendum doveva essere uno strumento di lotta politica interna al Partito Conservatore. Il voto avrebbe dovuto affossare i suoi avversari anti europeisti.

Uno scenario che ricorda un altro politico conservatore europeo, Angela Merkel, che, per ottenere qualche voto in più in una elezione regionale, ha rinviato il salvataggio della Grecia, facendo preò precipitare la crisi ellenica.


21 giugno 2016

John Law

Lunedì sera Rai5 ha trasmesso l'interessante documentario Money Art (lo trovate qui:
http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html?day=2016-06-20&ch=31&v=682898&vd=2016-06-20&vc=31#day=2016-06-20&ch=31&v=682898&vd=2016-06-20&vc=31) dedicato a storie che uniscono arte e finanza.

La puntata era dedicata alle vicende di uno scozzese, John Law, che lasciò un grande collezione d'arte, in gran parte andata perduta, dopo una vita avventurosa che lo portò a una grande innovazione finanziaria. Law si accorse che chi portava in banca l'oro poi usava banconote o scritture contabili per pagare e neppure chi riceveva il pagamento ritirava l'oro depositato.

Si poteva quindi emettere moneta con valore superiore all'oro depositato. Con quale scopo?

Il Regno di Francia era sovraindebitata e rischiava il fallimento. Law propose di dare ai debitori banconote, appositamente emesse da una banca con il monopolio dell'emissione, ma c'era un problema: l'oro nei forzieri era troppo poco per garantire le banconote. Si trovò una soluzione: creare una società - sull'esempio di analoghe imprese olandesi e britanniche- per sfruttare i territori americani della Francia (una grande parte degli attuali USA) e i loro commerci con l'Europa.

I profitti avrebbero convinto i risparmiatori a comprare azioni della società, che poteva in questo modo acquisire l'intero debito pubblico francese, risolvendo i problemi della monarchia.

Le cose in realtà andarono male, la banca di Law emise troppa moneta, promettendo guadagni impossibili, perchè gli affari negli USA erano solo e molto teorici. Le azioni della banca salirono prima alle stelle, garantendo grandi emissioni di moneta per poi crollare quando la bolla speculativa scoppiò.

Law alla fine fuggì a Venezia dove visse gli ultimi anni della sua vita come giocatore d'azzardo e collezionista d'arte (il gioco rendeva bene).

Viene ricordato per un clamoroso fallimento (del suo progetto e della Francia) ma anche come l'inventore della banconota.

Banconote che, tuttavia, oggi chiameremmo obbligazioni con un rendimento fisso.

18 giugno 2016

Possibili effetti della Brexit

Cosa succederà se la prossima settimana i britannici decideranno di uscire dall'Unione Europea?

Lo scenario più probabile è che l'uscita possa provocare un calo della sterlina rispetto alle altre monete come dollaro e euro. A Londra c'è il più grande mercato finanziario dell'Europa e uno dei più importanti al mondo, capace di intertmediare somme enormi. Una parte dei capitali che passano per Londra cambierebbe strada, per paura che sia più complicato -se la Gran Bretagna esce dall'UE- investire capitali. Di qui il probabile calo, che in parte sta già avvenendo, della sterlina.

Se il calo della sterlina spaventa il mondo della finanza britannico, perchè rende meno conveniente investire in una moneta che si svaluta, il mondo dell'impresa non finanziaria guarda alla svalutazione con una certa simpatia. La svalutazione rende meno convenienti le importazioni del Regno Unito e favorisce gli esportatori.

Così si spiega il favore della piccola e media impresa britannica per la Brexit, che tuttavia dovrebbe fare i conti con le possibili reazioni europee. In caso di Brexit l'Unione Europea accetterà di tenere la Gran Bretagna nel mercato unico?

Le imprese britanniche puntano sulla svalutazione e su regole nazionali più semplici di quelle di Bruxelles, ma questo potrebbe provocare una reazione da parte europea. Le imprese britanniche potrebbero trovare la porta europea chiusa, o aperta solo in cambio del rispetto di regole e vincoli oggi inesistenti. Se ciò accadesse sarebbe inevitabile oltre alla svalutazione anche una recessione, provocata anche dal possibile spostamento di molti uffici di banche londinesi nel vecchio continente, dove potrebbero continuare a svolgere il proprio lavoro liberamente.

10 giugno 2016

Brexit?

La possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea spaventa i mercati finanziari.

La City di Londra, vale a dire il più importante mercato finanziario europeo spera vinca il no e si può facilmente capire il perché: almeno 65 miliardi di sterline sarebbero usciti dal paese o convertiti in altre valute, nel timore delle conseguenze della Brexit, e molte banche stanno pensando di spostare altrove, nell'Unione Europea, visto che restare a Londra significa fare i conti con maggiori vincoli legislativi e fiscali.

La fuga di capitali rischia di colpire duramente le banche. Lo scoppio della crisi del 2008 ha insegnato che gli effetti possono essere potenzialmente esplosivi: la fuga dei capitali crea le condizioni perc ulteriori fughe. Gli investitori si spaventano, temono perdite e insolvenze e ritirano i capitali.

La Banca d'Inghilterra ha imparato la lezione e sta predisponendo un fondo per aiutare le banche garantendo loro capitali che rimpiazzeranno quelli fuoriusciti. Un buon modo di limitare i danni, in attesa del voto o, in caso di Brexit, di trovare un modo per far funzionare di nuovo a pieno regime il mercato finanziario londinese.

27 maggio 2016

Attenzione al turismo

Nell'infinita serie di idee per rilanciare l'Italia, molte prendono in considerazione il turismo. Non è raro sentir dire che un migliore sfruttassimo le nostre ricchezze artistiche farebbe dell'Italia un paese in grado di vivere sul turismo.

A leggere alcune notizie di stampa c'è da pensare che siamo di fronte a un'illusione. Il sindaco di Capri, ad esempio, nei giorni scorsi ha deciso di imporre limiti all'attracco dei traghetti, perchè l'isola è sovraffollata di turisti "mordi e fuggi", ovvero di persone che visitano l'isola e ritornano a Napoli dopo qualche ora.

Analoghi i provvedimenti sono stati presi alle Cinque Terre, prese d'assalto nel week end del 25 aprile.

Sono solo due esempi di un'Italia turistica che va a gonfie vele, con code ai musei, treni sovraffollati, code di decine di km in autostrada.

Ma è anche il segnale che il turismo di massa in molte località e musei famosi ha raggiunto limiti difficilmente superabili, con effetti che potrebbero farsi sentire sul PIL.

Se non posso far entrare anno dopo anno più turisti in un museo già oggi sovraffollato come si fa a far crescere il PIL generato dal turismo?

Una risposta banale è che non si può: prima o poi raggiungeremo il limite di visitatori al Colosseo o alla Reggia di Caserta, capiremo che la crescita dell'economia legata al turismo ha limiti invalicabili e quindi che per crescere si devono seguire altre strade.

Un'altra risposta è che il turismo deve cambiare, almeno là dove i limiti sono stati raggiunti ad esempio con l'introduzione di ticket o limitando l'ingresso, almeno nei giorni di maggiore affollamento, a chi ha prenotato una stanza d'albergo o un pranzo al ristorante.

Difficile dire cosa succederà, ma una cosa è certa: si iniziano a vedere i limiti di crescita del settore turistico e non si può pensare che questo settore porti a una crescita dell'economia come spesso si favoleggia.

Una soluzione potrebbe essere rendere più cari i luoghi più visitati con ticket d'ingresso

19 maggio 2016

600 milioni di risparmio

Ci sono voluti anni (se n'era parlato nel 2010 http://www.econoliberal.it/2010/12/il-federalismo-elettrico-che-costa-caro.html) ma alla fine pare sia la volta buona: tra qualche settimana la rete elettrica dell'Italia peninsulare sarà collegata con quella della Sicilia, con indubbi vantaggi per le bollette: 600 milioni l'anno.

Il prezzo dell'energia risente negativamente della mancanza di un collegamento tra la Sicilia e il resto d'Italia perchè quando la domanda di energia in Sicilia aumenta, per soddisfarla non si può attingere all'energia del resto d'Italia. ma si devono attivare impianti poco efficienti e costosi.

17 maggio 2016

RCS

Il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera (RCS) o meglio quel che ne resta dopo la vendita dei libri a Mondadori è oggetto di una interessante battaglia per l'acquisizione, scatenata dopo la decisione di Fiat di cedere una quota rilevante di azioni, a seguito della scelta di fondere il gruppo formato dai quotidiani La Stampa e Secolo XIX con l'editoriale L'Espresso.

Da una parte c'è Cairo, proprietario de La7 e di un piccolo impero editoriale quotato in borsa. Cairo offre uno scambio: azioni di Cairo in cambio di azioni RCS.

Dall'altra parte ci sono molti degli azionisti di RCS, tra cui Mediobanca, Della Valle, Pirelli e Unipol. Capeggiati da Bonomi hanno conferito le loro azioni in un società che è disposta a comprare RCS pagando 70 centesimi per azione.

Chi è Bonomi? Arriva da una famosa famiglia di immobiliaristi lombardi ed è nipote di Anna Bonomi Bolchini, considerata per decenni la signora della finanza, a Milano: a partire dagli anni 50 è protagonista dell'opera di diversificazione del patrimonio di famiglia, crea imprese, compra aziende, fonde la finanziaria Invest con la società Beni Immobiliari Italia, creando la Bi-Invest, dove finiscono molte partecipazioni in importanti imprese dell'epoca.

Finchè nel 1985 la Bi-Invest passa di mano, sottratta da Mario Schimberni, altissimo dirigente Montedison. Il nome Bonomi scompare dalle cronache finanziarie e Montedison passa di mano, libera dal controllo di Cuccia e di Mediobanca.

Oggi Andrea Bonomi, tramite Investindustrial, finanziaria con marchi famosi come Aston Martin, si candida a essere il primo azionista di un gruppo che aspira a controllare il Corriere e il gruppo Rizzoli, in compagnia di Mediobanca.

Dunque da una parte c'è Cairo Communication sostenuto da Banca Intesa, probabilmente convinta della bontà di un'acquisizione di RCS da parte di un gruppo multimediale.

Dall'altra un'offerta di acquisto dal sapore antico, fatta da azionisti da anni presenti in RCS ma senza apparente vantaggio industriale. Chi vincerà e, soprattutto, come farà uscire RCS da una crisi che da diversi anni a questa parte brucia milioni di euro?

13 maggio 2016

L'importanza dell'inflazione (e un file da scaricare)

Perchè l'inflazione è importante nei conti pubblici italiani?

La questione merita interesse perchè, come ricordano i giornali, uno degli obiettivi -per ora non raggiunti- dei massicci interventi della banca centrale europea è proprio quello di stimolare l'inflazione portandola al 2%.

Facciamo qualche calcolo. Il debito pubblico vale oggi circa 2200 miliardi di euro ed è circa il 132% del PIL che pertanto stimiamo a 1650 miliardi.

Immaginiamo che il deficit sia pari al 2% del PIL, ovvero 33 miliardi, che andandosi ad aggiungere ai 2200 miliardi di debito esistente portano il debito pubblico nel 2017 a 2233 miliardi.

Il PIL aumenta dell'1% e con una inflazione pari a zero, il rapporto debito/PIL aumenta perchè il debito è salito di oltre l'1,5% (33 miliardi su 2200) mentre il PIL aumenta solo dell'1%.

Con una inflazione del 2%, il PIL passa da 1650 a 1700 miliardi ovvero sale di un 3%. E il rapporto debito PIL diminuisce rispetto all'anno precedente perchè il PIL nominale cresce più velocemente del debito pubblico.

L'inflazione in altri termini fa crescere più velocemente il PIL nominale del debito e per questo si spera che risalga.

Per chi volesse divertirsi a fare simulazioni c'è questo mio file (per OpenOffice o LibreOffice): http://www.fotogian.com/debito.ods

Cambiate i valori nelle tre righe in rosso e potrete vedere gli effetti sul rapporto debito/PIL.


02 maggio 2016

Popolare di Vicenza

La Consob ha deciso: la Banca Popolare di Vicenza non sarà quotata in borsa.

Troppo poche le azioni scambiabili in borsa, se si fosse quotata, e questo perchè meno del 10% degli azionisti hanno sottoscritto l'aumento di capitale.

La banca ha tuttavia bisogno di capitali freschi perchè la situazione è molto difficile, come testimoniano le 953 pagine del prospetto informativo presentato alla Consob per la quotazione, di cui 150 dedicate a illustrare tutti i possibili rischi, con -inoltre- 8 delle prime 10 pagine contenenti 23 avvertenze che dicono in sostanza che la banca è in serie difficoltà e chi sottoscrive tale aumento rischia di perdere tutto.

Nei prossimi giorni i soldi dell'aumento  di capitale arriveranno dal Fondo Atlante, finanziato da alcune banche e da capitali privati e pubblici. Salveranno la Popolare, sfrutteranno la mancata sottoscrizione a opera di migliaia di piccoli azionisti destinati a perdere quasi tutti i soldi investiti.

Se qualcuno aveva i soldi e il desiderio di sottoscrivere l'aumento di capitale, c'è da chiedersi cosa avrà pensato leggendo l'avvertenza 19 che dice più o meno che, visto che pochi sono interessati a comprare le azioni, non si sa che prezzo dargli, quindi si indica un intervallo di prezzo non vincolante compreso tra 10 centesimi e 3 euro.

Immaginate un azionista che ha comprato le azioni a decine di euro l'una, credendo -perchè glielo diceva la banca di cui era cliente da sempre- di aver fatto un investimento sicuro. Costui si trova a perdere quasi tutti i suoi soldi e si rende conto di aver sbagliato tutto.

E' inevitabile che se anche può permettersi l'aumento di capitale abbia mille dubbi. Se a questo aggiungiamo le incertezze sul prezzo dell'avvertenza 19 non c'è da stupirsi che i piccoli azionisti non comprino le nuove azioni, lasciando la porta aperta al fondo Atlante, che nei prossimi giorni avrà in mano poco meno del 100% delle azioni della banca.

29 aprile 2016

Utili della Banca d'Italia

La Banca d'Italia anticipa il bilancio, che contiene alcune interessanti novità.

La Banca versa allo Stato oltre un miliardo di imposte e oltre 2,5 miliardi di utili, mentre i partecipanti al capitale della Banca d'Italia incassano solo 340 milioni di utile, come lo scorso anno.

La normativa ha posto un limite alle partecipazioni al capitale della Banca: nessuno può possedere oltre il 3%, pena il congelamento della quota che dev'essere venduta entro la fine del 2016.

Così è stato trasferito il 16% del capitale. I primi tre hanno ceduto complessivamente il 12% del capitale e sono entrati nel capitale della Banca 50 nuovi soggetti: 4 fondazioni hanno lo 0,5%, 7 enti di assistenza e previdenza, 38 banche, tutte con quote modeste.

Insomma le grandi banche oggi pesano di meno nel capitale della Banca d'Italia e, come sempre, incassano solo una piccola parte dell'utile, che finisce in gran parte a un non azionista: lo Stato.

23 aprile 2016

La Germania contro i tassi negativi

Perchè la Germania non ci sta ai tassi di interesse negativi della BCE, con i massimi dirigenti della Bundesbank si schierano contro le mosse della BCE guidata da Draghi e col governo tedesco che prova, senza successo, a porre un limite ai titoli di Stato posseduti dalle banche?

I tassi di interesse prossimi o inferiori allo zero non possono piacere a chi ha fondi da investire, come ad esempio i fondi pensione. Questi fondi raccolgono i contributi dei lavoratori per anni per poi erogare una pensione.

Se i tassi sono pari a zero, il fondo deve investire i soldi raccolti in modo più rischioso, oppure rinunciare a offrire un rendimento. In questo secondo caso il lavoratore si riprende i soldi versati e tanto vale tenerli sul conto corrente senza pagare un commissione al fondo pensione.

Così la Germania prova in tutti i modi a cambiare le cose, chiedendo di modificare le scelte della BCE che hanno fatto scendere i tassi grazie al rifinanziamento delle banche che, con i soldi della BCE, acquistano grandi quantità di titoli di stato.

Se le richieste tedesche fossero accolte, le banche dovrebbero vendere parte dei titoli di stato posseduti, con conseguente aumento dei tassi e dello spread. Sarebbe una boccata d'ossigeno per i fondi tedeschi ma vorrebbe anche dire maggiori costi per quei paesi che, come l'Italia, traggono beneficio dai tassi vicini allo zero.

11 aprile 2016

Report sulle popolari veneti

Report ha dedicato la puntata del 10 aprile alle due banche popolari venete in crisi, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, mostrando aspetti inquietanti del rapporto tra gli italiani e gli investimenti.

Mi hanno colpito un paio di testimonianze. Una era di un azionista che diceva: abbiamo comprato azioni, la banca non era quotata in borsa quindi non era a rischio. Aggiungeva poi che la banca certificava un valore delle azioni, valore poi ridotto del 90%.

Ingenuità, banalità, falsità: come definire altrimenti queste argomentazioni? E' ingenuo pensare che una banca possa andare in crisi perchè quotata e ancora di più ritenere che sia sufficiente che una banca certifichi un valore delle azioni perchè il valore sia quello. E' come chiedere a chi vende il prosciutto se è buono: pensate che dica di no e consigli altro?

Le due banche venete hanno spinto i risparmiatori a comprare le azioni facendo leva su una argomentazione semplice ed efficace: finanziamo da sempre il territorio, le aziende per cui lavorano i veneti. L'orgoglio ha chiuso gli occhi di molti impedendo di vedere una crisi terribile, aziende che chiudevano e quindi crediti destinati a non essere rimborsati.

Eppure non mancavano i segnali e non parlo solo della crisi. Bruno Vespa compra nel tempo azioni di Veneto Banca e decide nel 2010 di venderle, a suo dire perchè un giornale ha pubblicato dati sul suo patrimonio ottenendoli proprio dalla banca. Ma impiega oltre due anni e mezzo per liberarsene, nonostante mille insistenze.

E non le vende neppure tutte: una parte delle azioni viene scambiata con obbligazioni convertibili in azioni. Lui non se ne rende conto e così si trova altre azioni, che perdono quasi per intero il loro valore.

Insomma da anni era difficile vendere le azioni della banca. Nessuno s'è chiesto il perchè? 

Se Bruno Vespa si fa prendere in giro, come pensare che il cittadino normale possa capire cosa sta facendo quando la banca gli offre un prodotto e ha molti interessi a venderglielo perchè ne va della sopravvivenza della banca stessa?

Se truffe e inganni funzionano con chi - come Vespa- può ricorrere a qualche amico esperto figuriamoci cosa può succedere a chi non ha cultura economica sufficiente a capire cos'ha davanti.

02 aprile 2016

Consiglio di lettura per i neoborbonici

Chi usa la storia e l'economia distorcendole a fini politici, come ad esempio i neoborbonici, sostiene che un certo territorio è stato privato di qualcosa, penalizzato per motivi spesso oscuri.

Per cui vale la pena leggere qualche riga di un vecchio studio di Stefano Fenoaltea intiolato La crescita industriale delle regioni d'Italia dall'Unità alla Grande Guerra: una prima stima per gli anni censuari, facilmente rintracciabile sul sito della Banca d'Italia.

Cosa dice lo storico dell'economia?

Per esempio che la produzione industriale in tutte le regioni italiane è aumentata tra il 1871 e il 1911, ma in alcune è aumentata più che in altre. La parte del leone l'hanno fatto le regioni del nord ovest  dove l'industrializzazione lombarda si estende a Liguria e Piemonte.

Il prodotto ligure si moltiplica per 4,7, di oltre 3 volte quelli di Piemonte e Lombardia, mentre in Campania e Veneto sale di 2,5 volte.

Fanalini di coda la Calabria, dove il prodotto raddoppia come in Abruzzo, e la Basilicata dove comunque aumenta di 1,4 volte.

Non si nota nessun "effetto unificazione" -scrive Fenoaltea- dopo il 1871. Se c'è stato s'era già esaurito.

Insomma nessun complotto pare giustificabile: alcuni parti d'Italia sono cresciute più velocemente, proprio come succede oggi.

19 marzo 2016

I numeri del lotto e la Popolare di Vicenza

Qualche settimana fa si è riunita una parte dei soci della Banca Popolare di Vicenza. Erano chiamati a decidere di trasformare la banca in una spa, dopo aver preso atto che il valore delle azioni è sceso del 90%.

La banca calcolava il valore teorico delle azioni in base ai dati di bilancio, ma il bilancio sottostimava le perdite per crediti inesigibili. Una volta che la Popolare è stata costretta a svalutare i propri crediti il valore delle azioni è crollato da circa 60 a circa 6 euro.

Il fatto che il prezzo delle azioni di una banca sia fissato dalla banca stessa una volta l'anno dovrebbe spingere i potenziali azionisti a essere estremamente prudenti, e solo chi vuol rischiare i propri soldi dovrebbe acquistare le azioni, perchè il rischio di subire perdite è elevato.

Invece accadeva che la banca provasse in ogni modo a vendere le azioni, arrivando addirittura a finanziare gli acquirenti, rassicurati con argomentazioni varie: le azioni della banca dovevano servire come garanzia di prestiti oppure si sosteneva che la banca, da sempre presente in un certo territorio, fosse solida perchè finanziava gli impreditori locali.

Ora, a me una banca che ti presta i soldi perchè tu possa acquistare le azioni della banca fa pensare a quei truffatori che vendono i numeri del lotto. Se fossero vincenti, li giocherebbero, guadagnando più di quanto incassano vendendo i numeri.

Se le azioni della banca rendono bene, attraverso la distribuzione di utili o tramite un aumento di valore delle azioni, perchè la banca dovrebbe fare di tutto per venderle a piccoli azionisti?

La risposta ha lasciato con l'amaro in bocca chi s'è fidato dei consigli della Popolare: la situazione della banca non era affatto positiva, qualcuno che magari lo sapeva ne ha approfittato per vendere le sue azioni e per questo servivano dei compratori. Altrimenti il capitale della banca sarebbe diminuito e la BCE avrebbe suonato l'allarme.

15 marzo 2016

Leicester

Il Leicester è una poco nota squadra di calcio della serie A inglese con allenatore italiano che a 8 giornate dalla fine guida la classifica della Premier League.

Pochi avrebbero scommesso su una vittoria del campionato, ma qualcuno l'ha fatto. E tra un paio di mesi potrebbe incassare molti soldi perchè la vittoria del Leicester era quotata 5000 a 1. Chi avesse puntato 100 sterline, potrebbe vincerne 500 mila.

Una società di scommesse rischiando di subire un salasso adesso propone ai pochi coraggiosi scommettitori di rinunciare alla possibile vittoria in cambio di una somma certa da incassare subito.

Gli scommettitori che hanno puntato sul Leicester si trovano oggi a scegliere tra due scenari: il primo è mantenere la scommessa, con una certa probabilità di non vincere e un'altra, non piccola, di vincere molti soldi. L'altro è ottenere subito una somma consistente ma inferiore.

Meglio una somma certa subito o una incerta ma più grande tra qualche settimana?

Pare che la maggior parte abbia deciso di rischiare e solo uno scommettitore abbia preferito incassare subito i soldi.

E' logico: chi sommette sulla vittoria di una squadra che si pensava puntasse a non retrocedere, ha un'alta propensione al rischio e magari si gode il piacere della speranza di ottenere una clamorosa vincita, mente aveva messo in conto un'elevata probabilità di perdere la somma puntata.

E' pure comprensibile il tentativo della società di scommesse di limitare le perdite offrendo una somma certa da incassare subito.

10 marzo 2016

La schizofrenia del mercato e Draghi

Guardate il grafico. E' l'andamento dell'indice dei principali titoli italiani a cavallo delle decisioni della BCE. Alle 13.45 arriva la decisione della Banca Centrale Europea: i tassi di sconto scendono e la BCE decide di acquistare aumentare le quantità di titoli di stato acquistati e di comprare anche obbligazioni di imprese non bancarie.

La notizia fa impennare la borsa che in pochi minuti raggiunge un +4,3%. Diversi titoli bancari sono sospesi per eccesso di rialzo.

Poi iniziano le vendite. In parte è logico: chi ha guadagnato molto in pochi minuti, vende. Quindi inizia un calo piuttosto vistoso e a fine giornata l'indice è negativo.

In poche ore, riassumendo, il mercato azionario ha guadagnato oltre il 4% per poi perdere altrettanto. Un mercato schizofrenico che festeggia perchè le scelte della BCE potrebbero migliorare i conti delle banche ma poi segue l'andamento di Wall Street dove inizialmente prevale il pessimismo: le scelte della BCE indicano che l'economia ha bisogno di ulteriori stimoli monetari, e non solo di quelli.




09 marzo 2016

Le critiche all'austerità secondo Monti

Qualche sera fa Bruno Vespa ha intervistato Mario Monti e ha chiesto lumi sull'austerità che "strozza il debitore impedendogli di pagare".

Monti poteva spiegare che quando lui è diventato presidente del Consiglio non c'erano alternative e si doveva fare ciò che chiedevano gli alleati europei, in particolare i tedeschi, le cui banche stavano liberandosi dei titoli italiani con la conseguenza di far salire lo spread alle stelle.

E invece ha scelto un'altra strada. Ha criticato l'austerità, sostenendo che da commissario europeo ha provato a spiegare che gli investimenti pubblici dovrebbero essere esclusi dal patto di stabilità.

Tradotto in parole semplici, Monti non s'è affatto pentito di una politica economica che ha provocato un calo del PIL del 5% in tre anni. Non ha compreso che i provvedimenti del suo governo hanno fatto diminuire e non di poco i consumi e di conseguenza hanno fatto crollare gli investimenti.

Degli italiani in difficoltà pare non importargli molto e nemmeno dei consumi. Vede solo il lato dell'offerta dell'economia, ignorando il ruolo della domanda, oltre ai problemi delle persone.

Aveva l'occasione per denunciare l'austerità che ha prodotto risultati disastrosi e ancora una volta l'ha sprecata.

03 marzo 2016

Repubblica-La Stampa- Secolo XIX

E' di ieri la notizia del matrimonio tra il gruppo Espresso e la società che da un anno e mezzo gestisce La Stampa e il Secolo XIX. Si tratta di fatto di una acquisizione del quotidiano torinese e di quello genovese da parte del gruppo guidato da De Benedetti, che gestisce oltre al settimanale L'Espresso anche Repubblica e molti quotidiani locali.

In cambio Exor finanziaria della famiglia Agnelli e i Perrone, proprietari fino a metà 2014 del Secolo XIX riceveranno una quota dell'Espresso, la cui maggioranza relativa resta nelle mani della famiglia De Benedetti. Inoltre Fiat Chrysler ha annunciato l'uscita dall'azionariato del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera.

La ragione più probabile di questo cambiamento epocale, visto che La Stampa è da molti decenni in mano agli Agnelli, pare economico: La Stampa ha fatto registrare non poche perdite e vendite in calo. E' un limite di tutte le testate giornalistiche, che risentono non solo della crisi ma anche della concorrenza di tv e soprattutto internet.

Così il proprietario del Secolo XIX dopo aver coperto per diversi esercizi le perdite della società, ha di fatto ceduto il quotidiano ad Exor che adesso cede Secolo XIX e La Stampa all'Espresso, uno dei pochi gruppi a fare utili.

Obiettivo della fusione è creare un gruppo che, mettendo insieme notizie, agenzie pubblicitarie, servizi internet, tipografie ecc. ottenga risparmi consistenti nei costi senza far diminuire le notizie e le pagine dei giornali.

Lo stesso motivo economico può spiegare la scelta di Fiat Chrysler di uscire dal Corriere. Il gruppo RCS vive una crisi senza fine, fatta di periodici in perdita e di cessioni (il settore libri venduto a Mondadori) per ridurre l'indebitamento.

27 febbraio 2016

Il cucchiaio di legno

Italia-Scozia, partita del Sei Nazioni di Rugby, la prestigiosa competizione europea di rugby, s'è conclusa con una sofferta vittoria scozzese. All'Italia restano gli applausi, l'orgoglio e .. il cucchiaio di legno che befardamente premia l'ultima arriva.

Spesso l'ultima nel torneo è l'Italia: da quano è stata ammessa, nel 2000, 10 volte il cucchiaio di legno è finito in Italia, segno che gli azzurri se fortunati, vincono una partita, ma spesso neanche quella.

Dunque è legittimo chiedersi: perchè la nazionale italiana di rugby gioca in un torneo prestigioso nonostante la qualità del suo gioco sia palesemente inferiore a quella degli avversari?

Basta guardare gli spalti dell'Olimpico per capirlo: uno stadio che fatica a riempirsi anche in occasione del derby Roma-Lazio, fa il tutto esaurito quando è di scena il rugby. Appassionati, curiosi, francesi o scozzesi in trasferta riempono le tribune come non succede con il calcio.

Il tifoso che spera nella vittoria lascia spazio a chi celebra uno sport meno seguito, ma pieno di appassionati, almeno quando gioca la nazionale.

Lo stadio pieno, giornali, tv e siti che si occupano delle gare sono un'ottima ragione per far partecipare l'Italia a un torneo nato nel 1883: la domanda di un servizio giustifica l'investimento, le imprese sponsorizzano squadre e atleti perchè il pubblico guarda le partite. E poco importa se si porta a casa il premio destinato ai peggiori.

21 febbraio 2016

Eianudi e i Promessi Sposi

Qualche settimana fa la Stampa ha pubblicato un curioso articolo su Luigi Einaudi e i Promessi Sposi, a firma Alberto Mingardi, giornalista con una sfrenata passione per tesi economiche conservatrici.

Mingardi spiega che l'Einaudi economista vide nel romanzo di Manzoni un'interessante lezione di economia.

Ora, prima di chiedersi in cosa consista la lezione, bisogna spiegare che Einaudi è stato un economista più di un secolo fa, quando l'economia era una disciplina molto poco evoluta. E' difficile trovare nei libri di economia qualche sua idea. E le poche citate da chi scrive oggi i manuali di economia sono le meno gradite dai suoi ammiratori.

Invece è diventato famoso come divulgatore, pronto a bacchettare la spesa pubblica in generale e soprattutto quelli che considerava sprechi. Per questo i liberisti lo amano mentre dimenticano che Einaudi voleva imposte sulle eredità per garantire il principio a lui caro dell'uguaglianza dei punti di partenza dei cittadini.

Piace invece a Mingardi l'Einaudi che ha considerava le "pagine stupende" del Manzoni sui tumulti di San Martino perchè raccontano i "pregiudizi popolari intorno alla scarsità ed alla abbondanza del frumento e della farina".

Vien da chiedersi: e questa sarebbe economia?

Io credo proprio di no, Einaudi è vissuto in un'epoca in cui l'economia era molto grossolana e lui non ha offerto molto all disciplina, o almeno non ha offerto contributi che oggi possano apparire come interessanti perchè superati da idee successive.

Piace invece a chi si ritiene superiore e ama leggere di un popolo credulone a cui dispensare consigli.

16 febbraio 2016

Contro il bail-in

Dall'inizio del 2016 sono entrate in vigore le regole dette bail-in: in caso di fallimento di una banca gli azionisti perderebbero i loro soldi così come gli obbligazionisti della banca. Quanto ai correntisti, anch'essi perderebbero i loro soldi, almeno per la parte che supera la somma (100 mila euro) garantita.

In questo modo si cerca di sgravare i bilanci pubblici da onerosi piani di salvataggio delle banche e di spingere i risparmiatori a investire in titoli di stato, per evitare il rischio di perdere i propri soldi in caso di fallimento.

Se una banca subisce perdite consistenti, diventa necessario ricapitalizzare la società o cederla a un'altra banca.

Il timore che possa succedere ha due conseguenze potenzialmente molto gravi.

In primo luogo può spingere gli azionisti a cedere le azioni, provocando un panico simile a quello visto nelle scorse settimane, con azioni (bancarie) che scendono oltre il 10% in una sola seduta. L'effetto bail in sulle borse è dunque l'aumento delle oscillazioni dei valori di borsa.

L'altro effetto è peggiore: di fronte al rischio di fallimento, i capitali fuggono. I correntisti chiudono i conti. Non serve fare la coda allo sportello per prelevare contanti. Basta fare un bonifico su un altro conto o versare su un altro conto un assegno. Gli obbligazionisti spaventati possono decidere di sottoscrivere le obbligazioni bancarie.

Il caso della Banca Etruria ha insegnato che succede proprio questo. La Banca d'Italia ha spiegato di aver deciso di intervenire su Banca Etruria, costruendo una bad bank in cui sono confluiti i crediti inesigibili e una nuova banca che rileva la parte "buona" della vecchia Etruria, perchè dopo il commissariamento nella primavera del 2015 c'è stato un deflusso di capitali e la banca rischiava il fallimento.

Con le regole del bail in le fughe di capitali potrebbero diventare molto più rapide e forti: miliardi di euro potrebbero fuoriuscire da una banca in pochi giorni anche solo come conseguenza di un sospetto.

Per questa ragione il bail in non convince. Nato sotto le migliori buone intenzioni potrebbe accelerare le crisi bancarie e con esse l'instabilità dell'economia.


12 febbraio 2016

Soci cinesi per l'Inter ?

Sono passati poco più di due anni da quando Massimo Moratti ha ceduto la maggioranza dell'Inter all'indonesiano Thohir e si ricomincia a parlare di operazioni di compravendita di quote azionarie.

Nell'autunno 2013, dopo mesi di trattativa, Moratti ha venduto il 70% dell'Inter in cambio di qualche decina di milioni di euro e dell'assunzione, da parte di Thohir, della parte dei debiti garantiti personalmente dall'ex presidente.

Qualche tifoso sognò un'Inter in testa alla classifica grazie ai soldi indonesiani e Thohir non si fece pregare: promise grandi risultati (l'obiettivo era la finale di Champions del 2016 che si disputerà a Milano) e fece intendere che i soldi per vincere sarebbero arrivati da un forte incremento dei ricavi in Asia e in particolare in Indonesia, il suo paese.

Al di là delle speranze, invece, tutto lasciava intendere che l'Inter avrebbe imboccato la via del pareggio dei conti, come scrissi allora (http://www.econoliberal.it/2013/10/moratti.html), perchè non aveva senso pensare che un indonesiano, per quanto ricco, potesse buttare via i suoi soldi per divertirsi con una squadra di calcio italiana.

La realtà è stata forse peggiore della previsione meno ottimistica: l'Inter non è riuscita a combinare molto sul piano sportivo e su quello economico. L'ultimo bilancio in forte perdita (http://www.econoliberal.it/2015/10/le-strane-notizie-sullinter.html) ha fatto aumentare i debiti, visto che il proprietario, Thohir, pare non sia intenzionato a comprire le perdite con capitali freschi.

Oltre 400 milioni di debiti pesano sull'Inter come un macinio e fanno fare un salto indietro di tre anni, quando alla porta dell'Inter bussavano le banche per chiedere a Moratti di ripianare almeno in parte i debiti o cedere la società.

Allora Moratti scelse Thohir, che oggi fa sapere di aver incaricato Goldman Sachs di cercare nuovi soci in Cina, dove ci sarebbe un mercato potenziale di oltre 100 milioni di persone pronte a pagare per vedere l'Inter.

Due anni fa i giornali dicevano lo stesso dell'Indonesia: grandi prospettive di crescita dei ricavi in quel mercato. Adesso si apre la prospettiva della Cina, dove ad agosto Juventus e Lazio hanno giocato la Supercoppa portando a casa meno soldi di quelli stabiliti dal contratto.

03 febbraio 2016

Speculazioni al ribasso sulle banche

Dall'inizio dell'anno le borse fanno segnare molti cali, spesso molto forti. Protagoniste in negativo, in Italia, le azioni delle banche. Come spiegare calo anche del 10% in una sola seduta di banche come Monte dei Paschi e Cassa di Risparmio di Genova?

Il motivo sono le sofferenze bancarie, spesso superiori al valore della banca. Vuol dire che molte banche dovranno, nei prossimi anni, contabilizzare perdite di ammontare superiore al valore attuale della banca, offrendo tre scenari.

Il primo: la banca mette a bilancio le svalutazioni dei crediti e poi è costretta a aumentare il capitale.

Il secondo: la banca usa gli utili per coprire le svalutazioni dei crediti, rinunciando per molto tempo a realizzare utili e a distribuirli.

Il terzo: la banca si svende a un'altra banca, più sana.

In tutti e tre i casi la banca con forti sofferenze vale poco o nulla. Se una azione ha un valore nominale di 1 euro, il vero valore di un'azione potrebbe essere di pochi centesimi.

Il mercato azionario però valuta la banca molto più di quei pochi centesimi, e questo perchè le soluzioni possibili per affrontare la svalutazione delle sofferenze non sono tutte uguali. Si può prevedere una soluzione drastica, cioè forte svalutazione delle sofferenze, forte perdita per la banca e necessità di un aumento di capitale, ma anche una soluzione "soft" con svalutazioni distribuite nel tempo, senza aumenti di capitale. 

Chi punta sulle soluzioni drastiche, pensa che il valore delle banche sia vicino allo zero. Chi invece pensa che le banche affronteranno la questione nel corso di diversi anni, ritiene che le banche con forte necessità di svalutare i crediti abbiano un valore, sia pure modesto.

Di qui il saliscendi del valore delle azioni e le speculazioni che si vedono in questi giorni.

28 gennaio 2016

Psicosi o realtà?

La preoccupazione per quanto successo ai clienti di Banca Etruria e altre banche, ha spinto un mio conoscente ad andare presso la filiale di una importante e grande banca italiana per chiedere informazioni a proposito di obbligazioni emesse da un'altra banca, che la banca grande e importante di cui è correntista ha collocato alcuni anni fa.

Il mio conoscente è persona con una bassa conoscenza dell'argomento. Ha comprato le obbligazioni perchè avevano un buon rendimento, compreso tra il 4 e il 6%. Nessun rischio all'apparenza, salvo quello che la banca emittente fallisca.

L'impiegato della grande banca spiega che il rendimento nei prossimi due anni sarà pari a zero, o almeno così capisce il mio conoscente, che si preoccupa e consulta altre persone. La sensazione è che lo vogliano indurre a vendere il titolo. Perchè?

La prima ipotesi è che il mio conoscente non abbia capito molto. Potrebbe aver confuso l'informazione sul rendimento, compreso tra il 4 e il 6% in funzione dell'euribor, e l'euribor, destinato in futuro a restare vicino allo zero.

La seconda è che per fargli sottoscrivere i titoli, la banca abbia truccato le carte, attribuendo un profilo di rischio al cliente diverso dal vero. Così se si presenta l'occasione si cerca di spingerlo a vendere i titoli. Nessuna perdita, nessun rischio di rivalsa e pubblicità negativa.

La terza, più complessa, è che la banca emittente preferisca ritirare le obbligazioni perchè hanno un costo, per la banca, molto alto rispetto ai tassi oggi in vigore.

Le notizie preoccupanti sulle banche e la nuova normativa sul fallimento bancario possono aiutarle paradossalmente a ricomprarsi obbligazioni emesse tempo fa e costose rispetto ai tassi attuali.



21 gennaio 2016

Saliscendi delle azioni: facciamo qualche conto.

In questi giorni, parlando delle azioni del Monte dei Paschi di Siena che era sceso per diverse sedute consecutive, mi è stato detto: ha perso il 100%! Se fosse vero, il valore sarebbe sceso a zero. Ovviamente non è così, ma vediamo di fare qualche conto anche per capire come è andato il titolo MPS nei primi 4 giorni della settimana.

Nei primi tre giorni, il titolo MPS ha perso rispettivamente il 15%, il 14% e il 22%. Oggi è risalito del 43%.

Vien voglia di fare una banale somma: 15+14+22 uguale 51, ma sarebbe sbagliato. Vediamo perchè.

Supponiamo che un'azione valesse 100 euro. Il primo giorno perde il 15%, cioè 15 euro, passando da 100 a 85 euro. Il secondo giorno perde il 14% ... di 85 euro. Che fa (arrotondando) 12 euro.

Quindi l'azione passa da 85 a 73 euro. E a questo punto perde un altro 22% di 73 euro, ovvero 16 euro. L'azione dunque alla fine del terzo giorno scende da 73 a 57 euro.

Infine il quarto giorno recupera il 43% di 57, ovvero 24,50 euro circa, passando d 57 a 81.50 euro.

Se sommassimo le percentuali di diminuzione e quello di aumento dovremmo dire che il titolo ha perso in 4 giorni l'8%, risultante di 3 perdite (15, 14 e 22%) e un guadagno del 43: 51-43 fa 8% in questo caso di perdita.

Ma c'è un errore. Ogni giorno la base su cui si calcola la percentuale di guadagno o perdita cambia. Per cui alla fine scopriamo che si è passati da 100 a 81.5 euro, con una perdita del 18.5%, ben superiore all'apparente 8% ottenuto sommando guadagni e perdite in percentuale.

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