Come se la cavano gli inglesi a quasi 4 mesi dal voto che sancì l'uscita dall'Unione Europea?
Gli effetti evidenti finora della Brexit sono pochi. Il turismo ne ha tratto beneficio. Grazie alla sterlina debole in estate sono aumentati i turisti stranieri che hanno deciso di visitare il Regno Unito e di acquistare prodotti meno cari grazie alla svalutazione.
Sembra esserci invece un rallentamento della produzione industriale, anche se è presto per dirlo. La maggiore minaccia invece arriva dai prezzi che rischiano di impennarsi.
Tesco, la prima catena di supermercati del paese ha annunciato che Unilever ha intenzione di aumentare, a causa della svalutazione della sterlina, molti prodotti importati in GB. L'inflazione potrebbe dunque subire una vera e propria impennata, visto che la sterlina ha perso oltre il 15% del proprio valore.
Ma l'aspetto forse peggiore è il timore che la Brexit provochi un calo del PIL quasi del 10%. La Gran Bretagna, Londra in particolare, ospita il più grande mercato finanziario europeo. Londra raccoglie capitali da tutto il mondo e li presta al mondo, a cominciare dall'Europa.
Se l'UE vietasse alle banche e alle altre istituzioni finanziarie britanniche di operare nell'Unione come se fossero comunitarie, queste dovrebbero aprire filiali nell'Unione, costringendo migliaia di persone con ottimi stipendi e benefits a trasferirsi nell'Unione. La perdita di redditi e imposte soprattutto per Londra sarebbe notevole. Di qui l'ipotesi di una perdita considerarevole di prodotto interno lordo.
Un perdita che insieme alla probabile inflazione e alla svalutazione della sterlina sarebbe sufficiente a convincere chiunque abbia un pò di buon senso a respingere qualunque progetto di uscita dall'UE o dall'euro.
Ed ancora la Brexit non c'è stata, vedremo cosa accadrà dopo la notifica ex art. 50 del Trattato.
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