31 marzo 2014

Documento della Banca d'Inghilterra - 1

Qualche giorno fa le fou (qui i suoi video) mi ha segnalato un documento della Banca d'Inghilterra che sta circolando in rete e che qualcuno usa per elaborare strane teorie sulla moneta.

Ho letto il documento, che trovate qui e l'ho trovato un pò particolare. Perchè suona strano che alcuni studiosi di una banca centrale si mettano a scrivere un documento per spiegare che alcune idee sulla moneta offerte da alcuni libri di testo sono sbagliate. Ve lo immaginate il governatore della Banca d'Italia che partecipa a un convegno e dice che quello che si spiega in alcune università è sbagliato?

Comunque sia, certi che avranno avuto le loro buone ragioni (d'altronde anche qui abbiamo parlato molto spesso delle bufale sul signoraggio), i punti interessanti nel documento degli studiosi della Bank of England sono due. Entrambi ruotano attorno al cosiddetto moltiplicatore monetario. Ma prima di spiegare cosa dicono gli studiosi britannici, parliamo un pò del moltiplicatore monetario.

I libri di testo di solito spiegano gli effetti della creazione di 100 euro aggiuntivi di base monetaria, nota come M0. E l'effetto è che questi soldi fanno aumentare la raccolta bancaria. La banca che riceve 100 euro in più, vendendo titoli, ne presta una parte. Diciamo 80 euro, che sono depositati da chi li riceve sul proprio conto corrente, diventando 80 euro raccolti da un'altra banca. Che si comporta come la precedente: ne presta una parte... e così via.

Alla fine 100 euro si trasformano in -supponiamo- 500 euro di nuova moneta bancaria, vale a dire depositi, che entrano a far parte degli aggregati M1, di M2 e M3, che comprendono oltre alla base monetaria anche gli altri tipi di moneta (depositi bancari, postali ecc.).

Perchè i libri di testo raccontano le cose in questo modo?

Per capirlo pensate al famoso telefilm dr. House:  i medici elencano i sintomi dei pazienti per capire la malattia da curare. Si chiama analisi differenziale: un sintomo in più produce una diagnosi diversa, proprio come nei libri di testo 100 euro in più creati dalla banca centrale producono taluni effetti. Utili per capire come funziona la banca centrale. In economia si chiamano esercizi di statica comparata: si prende un certo scenario, si cambia qualcosa e si vede come cambia lo scenario per capire qual è l'effetto del cambiamento di una variabile.

In realtà l'economia è un pò più complicata: le forze in gioco interagiscono tra loro in modo più complesso, creano interazioni con effetti spesso contrastanti. Il libro di testo deve per forza offrire un modello più semplice, pena il rischio di risultare incomprensibile per chi è alle prime armi. Gli esercizi di statica comparata sono utili per spiegare l'economia e verificare la comprensione degli studenti.

Forse per questo gli studiosi della Banca d'Inghilterra hanno sentito il bisogno di dare qualche spiegazione. Nel prossimo post vedremo quali.

30 marzo 2014

Quanti credono davvero nel signor P.

Il signor P. è una nostra vecchia conoscenza. Non ha, per sua stessa ammissione, una preparazione per parlare di economia, ma crede fermamente nel signoraggio, illuminato sulla strada di Guardiagrele da un vecchio professore di diritto con simpatie fasciste che pensava di aver scoperto nel signoraggio il santo Graal.

Dopo aver invaso ogni forum esistente in Italia con un'infinità di sciocchezze sul complotto del signoraggio, ricavandone in cambio anche una voce su Nonciclopedia, il signor P. ha anche fondato un partito, chiamato Programma per la riforma monetaria italiana, PRIMIT per i pigri.

E, come accade per partiti e associazioni, anche il partito del signor P. chiede ai sostenitori di versare il 5 per mille.

732 euro e 94 centesimi con le dichiarazioni relative al 2011.

38 persone, compreso il signor P., hanno firmato per dare il 5 per mille al Primit, che pare -stando al sito http://www.primit.it non aver mai rendicontato ai fans l'uso dell'ingente somma.

Non male per anni di duro lavoro in giro per l'Italia e online....

27 marzo 2014

Taglio delle province

Quali gli effetti del taglio che pare ormai destinato a realizzarsi, delle province?

Ignorerò gli aspetti politici, vale a dire gli effetti sulla democrazia, sulla rappresentanza di territori, sulle questioni costituzionali, e tutto quello che non è economico.

Secondo Cottarelli, l'incaricato del governo per la spending review, il primo risparmio consiste nella mancata elezione di migliaia di politici a cui non si pagheranno più indennità, spese ecc. La somma non più spesa sarà di 100 milioni nel 2014. Somma che salirà gradualmente a 500 milioni nel 2016.

Un miliardo scarso poi si potrebbe risparmiare riordinando e accorpando le sedi di prefetture, vigili del fuoco, capitanerie di porto e poi di commissioni tributarie, ragionerie territoriali, archivi vari, soprintendenze artistiche, ecc., oggi presenti a livello locale non in base a criteri di efficienza ma sulla base della suddivisione territoriale.

Poi ci saranno risparmi difficili da misurare: molti politici una volta eletti puntano a far approvare spese magari inutili ma gradite ai propri elettori. Venendo meno l'elezione di migliaia di consiglieri provinciali potrebbero diminuire tali spese.

Sull'altro lato della medaglia ci sono possibili maggiori spese per effetto della fine delle province: se taluni servizi passassero ai comuni si rischierebbe di moltiplicare i centri di spesa, con conseguente aumento della spesa.

Sarebbe stato più logico, da questo punto di vista, l'accorpamento delle province, creando entità più grandi e più efficienti, permettendo la riorganizzazione che ha in mente Cottarelli ma senza perdere i vantaggi connessi alla presenza delle province.

26 marzo 2014

Bitcoin, moneta virtuale signoraggista

Secondo i signoraggisti, le banche creano moneta un pò come il pasticcere crea una torta. Poi la vendono e incassano un ricco guadagno, pari alla differenza tra il valore della moneta creata e il costo per crearla.

Questa interpretazione, vera solo per le monete metalliche (quelle che vanno da 1 centesimo a 2 euro), è sbagliata quando si parla di moneta vera, quella che usiamo per fare la spesa o pagare il mutuo. Ma funziona nel caso delle monete virtuali, come il bitcoin.

Cos'è il bitcoin? E' una moneta virtuale, creata con complessi sistemi matematici, una specie di caccia al tesoro in cui non si trova un forziere pieno di monete d'oro ma un metodo per creare i bitcoin.

Bitcoin hanno una caratteristica: sono disponibili in quantità limitata e, come mi ha spiegato lefou (qui trovate i suoi mitici video), il loro numero è destinato a crescere sempre più lentamente nel tempo, per via del metodo (che comporta l'uso di numeri primi) usato per crearli.

Ora, chi crea o ha creato bitcoin li può scambiare con altre monete e li può usare per effettuare pagamenti (ovviamente a favore di chi ha deciso di accettarli). Si comportano un pò come francobolli rari, il cui valore sale o scende in funzione della domanda da parte dei collezionisti: il valore aumenta se qualcuno vuol comprarsi il bitcoin o il francobollo. E la domanda dipende in parte dalle aspettative di futuri aumenti del valore.

E proprio come se fossero francobolli rari, vale a dire oggetti di scarso valore intrinseco pagati però una fortuna dai collezionisti che li comprano per investire capitali e guadagnarci, il fisco chiede la sua parte.

L'IRS, l'internal revenue system, cioè il fisco americano, vuole la sua parte e spiega che il bitcoin non è una moneta ma equivale a un bene di proprietà, la cui compravendita può comportare guadagni per i proprietari, che devono denunciarli e pagare le imposte.


24 marzo 2014

Gli stipendi dei manager

L'esternazione di Moretti delle ferrovie dello stato ha sollevato un vespaio di polemiche, ma andrebbe analizzata con attenzione perché posa il dito su una piaga aperta e oltremodo dolorante.

Da una parte è vero che uno stipendio di 850.000 € è nella norma per l'amministratore delegato di un'azienda che fattura 10 miliardi di Euro, amministratore che, ricordiamo il caso di Livorno, risponde praticamente di tutto ciò che succede sui treni.

Dall'altra parte è parimenti vero che non stiamo parlando di aziende private, ma pubbliche e quindi non solo al manager non è chiesto alcun risultato in termini di utile, ma di solito è lo stato stesso a contribuire al settore. E' anche vero che molti manager di società pubbliche operano in ambiti molto particolari, dove la concorrenza è nulla o impossibile, come la cassa depositi e prestiti o la Consap o la zecca dello stato. Tutti gli amministratori e i dirigenti hanno stipendi altissimi a fronte di basse responsabilità e nessuna aspettativa di produrre utili o gestire in maniera assennata.

E' vero che probabilmente a fronte di una forte diminuzione dei compensi alcuni manager deciderebbero di andarsene, ma forse non tutti, considerato che in Francia o negli Stati Uniti gli stipendi sono mediamente molto più bassi.

Mettere un tetto e legare magari la retribuzione ai risultati sarebbe una buona idea, se solo la politica e le parti sociali non ci mettessero bocca: voi gestireste una società dove non potete in pratica licenziare?

Forse la soluzione sarebbe quella di uscire dalla gestione di società pubbliche, piccole o grandi, e concentrarsi solo su quelle poche aziende strategiche per lo stato e per la sicurezza nazionale, senza che politica o sindacati interferiscano più di tanto.

23 marzo 2014

Le furbate di Lupi

C'era una volta la DC, un partito di cattolici conservatori pronti a inventarsi di tutto pur di accontentare l'elettore e convincerlo a fare una X sul simbolo dello scudo crociato dimenticandosi delle conseguenze, come un eccesso di debito pubblico, la criminalità organizzata mai combattuta e un paese incapace di essere all'avanguardia in qualche campo.

Il metodo era semplice: se la mafia la faceva da padrona in certi luoghi non la si combatteva, o almeno non troppo, per non perdere i voti dei mafiosi e dei tanti influenzati dalla mafia. Gli italiani non volevano pagare le tasse? Si inventava il modo di fargliene pagare il meno possibile, dimenticando le conseguenze future di un paese troppo indebitato.


C'era la DC con i suoi vizi. E c'è ancora. Nel governo assume la forma di Maurizio Lupi, ministro dei trasporti, che prima concede un aumento esagerato delle tariffe autostradali e poi propone lo sconto per i pendolari (vedi http://www.econoliberal.it/2014/01/lupi-e-automobilisti.html).

Secondo il ministero dei trasporti se un automobilista lascia l'auto nei parcheggi a pagamento (strisce blu) e paga, supponiamo, 1 ora di parcheggio ma resta un'ora e mezza, non può essere multato. L'automobilista deve pagare solo la mezz'ora fruita e non pagata.

Sembra una scelta corretta, ma se pensiamo alle conseguenze possiamo capire che è un grande aiuto a i furbi. Facciamo due esempi per capire gli effetti della decisione.

1. Fino a oggi, un automobilista che si ferma per poco tempo, per svolgere una breve commissione, paga -supponiamo- un'ora di parcheggio, certo che sia sufficiente. Con la decisione del ministero, pagherà solo mezz'ora. Se lascia l'auto in sosta per più di mezz'ora, ci sono due conseguenze: o la fa franca oppure il controllore gli lascia la "multa" pari alla somma non pagata.

Quanto vale mezz'ora di parcheggio non pagato? Diciamo al massimo 1 euro, 1 euro e mezzo. A quel punto l'automobilista dovrebbe pagare una multa di 1/1,50 e se non paga il comune dovrebbe mettere in moto la macchina burocratica per recuperare questa modestissima somma. Ne vale la pena?

2. Supponiamo un automobilista che lascia l'auto nelle strisce blu per tutto il giorno, dalle 8 alle 17.
Con le vecchie regole doveva pagare 9 ore di parcheggio, o rischiava la multa. Adesso potrebbe dire: pago solo 3 ore, dalle 8 alle 11. Se mi va bene, i controllori passano in quelle tre ore. Se mi va male passano dalle 11 alle 17 ma solo se passano alle 17 pagherò per intero. Se passano alle 14 mi chiederanno di pagare solo 3 ore e in ogni caso niente multa.

E' facile capire che i comuni ci rimetteranno e i furbi festeggeranno. Nella migliore, anzi peggiore, tradizione dei democristiani.


22 marzo 2014

Acquisti di pezzi d'Italia

Tra qualche settimana inizierà una campagna elettorale per le europee che, come al solito, sarà dura e ricca di attacchi all'Europa. I tanti partiti e partitini all'opposizione attaccheranno a testa bassa argomentando che l'Italia è in crisi, la disoccupazione è alta e non si sa cosa succederà in futuro.

Ma c'è chi ha le idee ben chiare a proposito dell'Italia o quantomeno delle banche: è il fondo di gestione dei risparmi americano BlackRock, che ha acquistato il 5% circa delle tre principali banche italiane: Intesa San Paolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena.

Dopo anni di difficoltà, le banche si trovano forse a un punto di svolta: hanno svalutato montagne di crediti e la situazione potrebbe migliorare se l'economia si riprenderà, le prospettive di utili diventano interessanti, i prezzi delle azioni sono bassi rispetto a quelli di qualche anno fa.

Quindi investono, comprano azioni con la (quasi) certezza che l'investimento offrirà un ottimo rendimento negli anni a venire.

Insomma, mentre qualche politico canterà il de profundis dell'economia e invocherà soluzioni draconiante, qualche astuto gestore di patrimoni investe sulle banche italiane nella (quasi ) certezza di guadagnare molti soldi.

20 marzo 2014

A volte la tecnologia perde

Tempo fa mi capita di scoprire davanti all'entrata di una scuola, non lontano da casa, che due lampioni erano spenti. Ho faticato un pò a scoprire come avvertire l'azeinda elettrica per avvertirli del guasto (quasi certamente le lampadine si erano bruciate) e la sera dopo tutto era tornato a posto, le luci erano accese regilarmente.

Ogni tanto succede che le luci siano accese in pieno giorno. I cittadini si lamentano e scrivono ai giornali che, interpellata l'azienda elettrica, scrivono che è il solo modo di scoprire certi guasti è accendere le luci e cercare i lampioni che non funzionano.

Sembra ridicolo in un'epoca in cui l'elettronica gestisce moltissimi strumenti, ma è così che funziona. Non è colpa del comune o dell'azienda elettrica, ma è una decisione ponderata: il telecontrollo dei lampioni costa molto più che usare le persone e chi l'ha adottato pare stia facendo marcia indietro.

Così appena cala la sera alcune persone girano la città e controllano i lampioni. Cercano i guasti e verificano che quelli noti siano stati riparati.

Ogni notte si dedicano a una delle sette zone in cui è divisa la città, usando metodi semplici e antichi: un'auto che percorre tutte le vie e qualcuno che guarda i lampioni.

Le banche centrali comprano...

Chi sostiene le strane tesi sul signoraggio tende a semplificare la realtà (altrimenti i conti non tornerebbero).

L'idea è questa: la banca centrale emette moneta comprando titoli di stato e poi incassa gli interessi. Quindi - argomentano costoro- l'emissione di moneta causa il debito pubblico. Di qui la delirante idea di moneta-debito e conseguente ricetta che consiste in una diversa modalità di emissione della moneta, nella convizione che ciò non causi l'aumento del debito.

Naturalmente si tratta di una invenzione, figlia di una errata interpretazione dei fatti. La banca centrale, questa è la verità, emette moneta non per finanziare uno stato ma per regolare la quantità di moneta che circola nell'economia e, di conseguenza l'offerta di moneta e con essa i tassi.

Per far questo di solito la banca centrale ricorre all'acquisto di titoli di stato, ma solo perchè sono più sicuri di altri titoli.

Nulla vieta che ricorrano ad altri titoli, come fa la banca centrale americana, la FED. Come spiega il Corriere di ieri la FED ridurrà l'acquisto di titoli: da 65 a 55 miliardi mensili, 25 dei quali di titoli garantiti da mutui ipotecari.

Quindi non solo titoli di stato, a conferma del fatto che chi parla di moneta-debito e altre cose simili sta prendendo un abbaglio.

18 marzo 2014

Farinetti dà i numeri (ma non tutti)


Farinetti dà i numeri in questa intervista-spot al Corriere:

http://video.corriere.it/farinetti-mania-numeri-sono-forza-eataly/2bfff390-adf4-11e3-a415-108350ae7b5e

Ne mancano due: lo stipendio medio di un dipendente di Eataly (chissà perchè manca...) e 120, i milioni che qualche giorno fa ha incassato vedendo il 20% della società che tra 2-3 anni, quando avraà raggiunto i 600-700 milioni di fatturato, verrà quotata in borsa.

 I due numeri naturalmente sono collegati: gli stipendi bassi aiutano a valorizzare la società.

17 marzo 2014

Prodi (e altri) sul taglio dell'IRPEF

In un'intervista all'Unità, Romano Prodi ha spiegato di condividere la riduzione dell'irpef promessa da Matteo Renzi. La ragione della scelta è molto semplice: occorre alimentare la domanda, e quindi cosa c'è di meglio che mettere più soldi in tasca a i redditi più bassi?

Romano Prodi ha spiegato di essere rimasto scioccato, nel 2006-7, quando vide la reazione al suo provvedimento per ridurre il cuneo fiscale. Molti, troppi erano contrari, nonostante quel provvedimento abbia dato fiato alle imprese, contribuendo a risollevare un'economia che a fine 2005 era ferma, con un PIL cresciuto dello 0,1% nell'anno.

Prodi spiega che adesso l'Italia è pronta più di allora a accettare i cambiamenti. Vien da chiedersi: davvero?

Emanuele Ferragina, ricercatore a Oxford con una fama di studioso di sinistra, critica (vedi qui dopo 1 ora e 37 minuti) la riduzione dell'IRPEF, con la motivazione classifca: servirebbe altro.

Altro economista, stesso risultato: Mario Deaglio su La Stampa domenica scorsa s'è lamentato perchè la riduzione dell'IRPEF finirà per beneficiare i prodotti cinesi, acquistati da chi ha un reddito basso.

Da sinistra a destra: Brunetta che nel 2008-9 avrebbe voluto rilanciare l'economia con immissioni molto rilevanti di soldi pubblici, oggi critica Renzi perchè mancano, a suo dire, le coperture.

Grillo paragona Renzi a Achille Lauro, che comprava il voto dei napoletani con regalie varie.


Infine Squinzi che preferirebbe un taglio delle imposte alle imprese piuttosto che una manciata di euro in più in busta paga.

A leggere queste dichiarazioni, solo in parte giustificate e giustificabili con ragioni politiche, sembra che dell'Italia che fa fatica, quella che non arriva alla fine del mese, importi davvero a pochi e che molti siano così spregiudicati da anteporre i propri interessi a quelli di tanti italiani per i quali 80 euro in più al mese non sono pochi soldi.


14 marzo 2014

Cassa Integrazione

La recessione dovrebbe essere finita. L'ultimo trimestre del 2013 ha fatto registrare un'inversione di tendenza: il PIL del trimestre è salito, sia pur di poco.

Un +0,1% che offre qualche speranza. Come alcune notizie provenienti dal mondo industriale. Fiat ad esempio ha annunciato che a marzo 2500 lavoratori (su 5000) dello stabilimento di Torino Mirafiori lavoreranno molto più che nei mesi scorsi.10 giorni invece di 3 degli ultimi mesi.

Lo stabilimento sta per cambiare faccia. Non più utilitarie ma auto di lusso, Maserati e forse altro. L'aumento della produzione non si deve quindi a una scelta produttiva, non è il frutto di investimenti che ci saranno e porteranno in futuro nuovi modelli.

E' la domanda che si sta riprendendo e fa aumentare la domanda di un'auto.

La cassa integrazione ordinaria diminuisce a Mirafiori e probabilmente nei prossimi mesi diminuirà in molte imprese. Ma sta aumentando la cassa integrazione straordinaria, quella concessa ai lavoratori dopo che è scaduta la cassa ordinaria.

Ciò significa che esiste una miriade di imprese che hanno ridotto la produzione da molto, troppo tempo, o, più probabilmente, sono state di fatto chiuse. I lavoratori hanno ottenuto la cassa integrazione ordinaria e poi, scaduta questa, la cassa straordinaria.

L'aumento della cassa segnala che la crisi è iniziata da troppo tempo e che serve una soluzione per imprese decotte, una soluzione che vada oltre misure tampone per dare un reddito a operai e impiegati rimasti senza lavoro.

13 marzo 2014

Buona la prima, Matteo

Sono molte le buone notizie arrivate ieri con la conferenza stampa di Matteo Renzi.

1 - gli sconti fiscali annunciati a favore dei redditi più bassi. E' una vera rivoluzione di cui beneficieranno milioni di persone che negli ultimi anni sono state trattate come un salvadanaio da rompere per trovare i soldi tramite imposte e tagli alla spesa soprattutto quella sociale.

2 - i tagli paiono concentrati su sprechi e privilegi. La ministra Pinotti in Parlamento ha lasciato intendere che si potrebbe rinunciare ai famosi e costosi F35. La vendita delle auto blu su ebay sembra una divertente invenzione ma è il solo modo per eliminare davvero lo spreco e resistere alla tentazione futura di tirar fuori le auto dai garage e ricominciare a assegnarle a chi, invece, può spostarsi come un comune mortale.

3 - c'è un aumento non auspicabile ma necessario dell'imposta sulle rendite finanziarie che insieme a provvedimenti sulla casa e la scuola aiutano l'economia e lasciano intendere che il governo sta facendo scelte importanti, salvaguardando i titoli di stato che non sono tassati. Si spingono così i risparmi verso i BOT, con effetti positivi in futuro sulla spesa per interessi pagati dallo Stato per finanziarsi.

4 - c'è attenzione anche al mondo delle imprese. Non è quel che voleva Confindustria, che tramite il suo presidente Squinzi, ha mostrato scarsa attenzione ai milioni di italiani con redditi bassi, ma un calo delle imposte delle imprese era indispensabile.

Non perchè questa fosse la strada per rilanciare l'economia, ma perchè è un modo per dar fiato alle imprese in difficoltà.

Insomma Renzi mi pare abbia fatto scelte di sinistra come non accadeva da molti anni. Ha promesso una rivoluzione assai interessante. Viene voglia di dirgli: provaci ancora, Matteo, tra qualche mese.

12 marzo 2014

Mutui

Mi è capitato negli ultimi giorni di vedere qualche pubblicità di banche che offrono mutui. Mi pare una buona notizia per l'economia.

La crisi è nata dai mutui e con settore immobiliare in difficoltà s'è ampliata, coinvolgendo l'economia reale. Se le banche ricominciano a erogare mutui, vuol dire che forse la situazione migliora.

Incuriosito ho cercato uno di queste offerte di mutui per capirla meglio.

L'offerta era di un mutuo fino al 50% del valore dell'immobile a un tasso calcolato aumentando l'euribor a tre mesi del 2,10%.

L'euribor a 3 mesi è circa lo 0,3%, quindi il mutuo viene a costare il 2,4%, 8 volte quel che paga la banca.

In pratica il rischio per la banca è zero, visto che finanziano il 50% del valore dell'immobile. Se il cliente non paga, la banca vende l'immobile e facilmente ottiene almeno il 50% del valore dell'immobile.

Per erogare un mutuo senza rischi, la banca si fa pagare il 2,10%, vale a dire incassa quasi tutto l'interesse pagato dal cliente, che oggi è avvantaggiato dai bassi tassi di interesse.

Perchè mai far pagare così tanto? 

Il sospetto è che in questo modo le banche rimettano in sesto i propri bilanci, sfruttando i tassi bassi che allettano i clienti.


10 marzo 2014

E se Renzi scommettesse?

Mercoledì scopriremo i dettagli della proposta di Renzi per un taglio significativo delle imposte. Nel frattempo facciamo un'ipotesi un pò azzardata (o forse no).

Fassina -e non solo lui- che lamenta la mancanza di copertura mi ricorda Mario Montiche la manovra decisa alla fine del 2011 avrebbe migliorato i conti pubblici. Invece la manovra con i forti sacrifici ha causato un calo di fiducia e del PIL e quindi anche dei conti pubblici. Sarebbe stato meglio non fare nulla, come avevo scritto qui: se le previsioni del governo si fossero realizzate, il PIL e il deficit senza alcuna manovra sarebbero stati migliori.

Se l'austerità ha cambiato gli scenari economici, facendo peggiorare il PIL e crollare le entrate fiscali, spazzando via le previsioni di Monti, perchè il calo delle imposte voluto da Renzi non potrebbe produrre l'effetto opposto?

Diminuire l'IRPEFdi 10 miliardi beneficiando i redditi bassi (si spera soprattutto quelli che di solito non evadono le imposte, vale a dire i lavoratori dipendenti e i pensionati) vuol dire dare un'ottantina di euro in più a chi ne guadagna meno di 1500, che significa un minimo del 5-6% di aumento del reddito.

Una percentuale interessante. Il rischio infatti è che mettere più soldi in tasca ai contribuenti non produca maggiore spesa. Una parte dei soldi viene risparmiata e questo è vero soprattutto in un periodo di sofferenza per l'economia e di incertezza: le persone evitano di spendere se sono incerte circa la propria situazione economica futura.

Con un +5-6% in tasca, si spera che una parte dei soldi sia effettivamente spesa. Se accadrà e se altre misure avranno effetto, si assisterà a un aumento del PIL che potrà finanziare, tramite un aumento delle entrate fiscali, parte dei tagli programmati dal governo.

Dunque una parte dei 10 miliardi di minore IRPEF tornerà allo Stato sotto forma di imposte su un PIL aumentato per effetto di un aumento della spesa delle famiglie. Ciò potrebbe poi avere altre due conseguenze positive: le imprese potrebbero aumentare gli investimenti, crollati dal 2011 per effetto della forte diminuzione della domanda, e potrebbe rendere più solvibili le imprese, allentando la morsa del credit crunch.

Insomma se l'aumento delle imposte nel 2011 ha fatto calare PIL e investimenti e quindi ha depresso i conti pubblici che le maggiori imposte dovevano migliorare, oggi un taglio delle imposte potrebbe scatenare lo stesso meccanismo ma al contrario.

E ciò potrebbe finanziare gran parte dello sconto fiscale: il governo spende 10 miliardi che non sa bene dove trovare, ma li potrebbe trovare proprio come effetto collarale del taglio dell'IRPEF.

Forse Renzi sta facendo una scommessa. Visto com'è andata nel 2011, forse fa bene a scommettere.


09 marzo 2014

Quiz: scopri l'evasore

Invece di scrivere un articolo sull'evsaore-tipo secondo Bankitalia, il Sole 24 Ore preferisce fare un quiz: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2014-03-09/scopri-chi-e-evasore-tipo-quiz-161355.shtml?sondaggi

Viene il sospetto che in un paese con molti evasori, creare un pò di suspense sia il solo modo per non far sentire in colpa il lettore.

08 marzo 2014

Della Valle (atapirato)

Mi è capitato di sentire alcune volte Diego Della Valle parlare di Fiat, in particolar modo nel programma tv di Michele Santoro. La tesi dell'imprenditore marchigiano è stata, negli scorsi anni, quella di una famiglia Agnelli/Elkann che si impegna poco in Fiat, decidendo di andarsene dall'Italia e, soprattutto, evitando di investire in nuovi modelli.

Tesi non condivisibile perchè un grande gruppo industriale non investe i soldi dell'azionista di riferimento, anche se si tratta di una famiglia ricca e influente. Investe casomai i soldi di tutti gli azionisti, e difficilmente lo farà se la domanda è debole e non ci sono buone possibilità che l'investimento generi utili.

Per cui personalizzare le vicende di Fiat, quasi che dipendessero dai soldi e dall'impegno personale di un paio di imprenditori, non ha senso: Fiat non è una piccola impresa in cui l'imprenditore opera come un dipendente e investe i suoi soldi.

Non succede neanche in un'azienda di cui Della Valle è azionista: NTV, la società che gestisce Italo, il treno a alta velocità che fa concorrenza al Frecciarossa di Trenitalia.

Italo non va benissimo, la concorrenza di Trenitalia è spietata e per attrarre i clienti Italo abbassa i prezzi. E alla fine perde soldi e mette in programma tagli al personale e agli stipendi.

Decisioni che ricordano le scelte criticate da Della Valle che per questo motivo s'è meritato il tapito di Striscia (vedi http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?19293 ): NTV infatti ha lasciato a casa un gruppo di giovani che hanno seguito un corso con la promessa di lavorare su Italo.

Intervistato, Della Valle spiega che si informerà, che ci sono problemi di concorrenza e ridimensiona il suo ruolo in NTV: insomma spiega che gli altri dovrebbero comportarsi diversamente. Appunto, gli altri...


07 marzo 2014

Autocritica di Ben Bernanke

Ben Bernanke, che da qualche settimana non è più il numero uno della FED, ha iniziato una nuova carriera di conferenziere.

Primo incontro a Abu Dhabi, dove Bernanke è volato e ha tenuto una conferenza pagata la "modica" cifra di 250 mila dollari spiegando alcune cose interessanti.

La prima è che si sarebbe potuto fare meglio. Che dire? Lo sapevamo già: solo dopo il fallimento di Lehman le grandi banche americane sono state obbligate a accettare prestiti dal sistema delle banche centrali americano, vale a dire il cosiddetto TARP.

La seconda è che Bernanke dice di aver sottovalutato i subprime e previsto un "moderato rallentamento" dell'economia. E questo è un errore grave, perchè Bernanke è uno dei massimi esperti di crisi, avendo studiato a lungo la crisi del 1929.

La terza è che Bernanke si rammarica di non aver spiegato a sufficienza agli americani perchè salvare il sistema bancario/finanziario significa limitare i problemi per l'economia.

Forse Bernanke potrebbe farlo adesso che non è più alla FED. Potrebbe usare il linguaggio che gli è più consono e non quello, poco gradito, imposto dal ruolo di capo della banca centrale. Tra le lamentele di Bernanke c'è infatti quella di non aver potuto spiegare le cose attraverso esempi e paragoni, perchè i mercati avrebbero frainteso il significato delle sue parole.

Lo scenario offerto da Bernanke non è certo incoraggiante: la terribile crisi, che Bernanke spera di non incrociare mai più, è stata affrontata male e in ritardo. Chi ha competenze economiche pensa ai propri interessi e ascolta poco gli esperti, mentre chi non ce l'ha cerca un facile colpevole e non si fida.


04 marzo 2014

Innovazione e euro

La cartina che mostra la distribuzione dell'innovazione in Europa (ingranditela per vederla meglio): in verde dove si innova di più, in giallo dove si innova moderatamente e in arancione dove si innova poo.

Le zone in cui c'è più innovazione sono quelle dell'Europa più forte economicamente: la Germania in testa ma anche Olanda, Danimarca, Francia, Svizzera, Svezia.

Le zone di scarsa innovazione sono nell'Europa dell'est, ovvero Polonia, Bulgaria, Croazia, ecc.

Poi c'è l'Europa "gialla" che comprende gran parte di Spagna, Italia (con l'eccezione di qualche regione innovativa), Grecia, parte della Francia e dei paesi dell'est.

E' quest'Europa "gialla" quella che si lamenta dell'euro e dove nascono i movimenti populisti che sognano il ritorno alla vecchia moneta . Quella "verde" si gode l'euro oppure ha una propria moneta (ad es. Danimarca, Svezia).

E' evidente che c'è un legame tra innovazione e moneta (e economia) forte. Chi innova molto ha una moneta forte o, se è nell'euro, non ne risente, come invece succede a chi innova poco.

L'innovazione rende più forte l'economia, che a sua volta rafforza la moneta o non crea problema a chi ha una moneta forte.

Agire sulla moneta, invece, non garantisce un'economia forte e non spinge a innovare, anzi l'illusione di rendersi più competitivi svalutando la moneta riduce la voglia di innovare.





Schiavo delle banche!

Un ingegnere disoccupato di 42 anni ha malmenato a Roma Vincenzo Visco, in passato ministro del Tesoro e dell'Economia dopo avergli urlato "schiavo delle banche, hai svenduto l'Italia".

Non ci sono cattivi maestri, ma solo imbecilli che credono alle stupidaggini che leggono in rete.

02 marzo 2014

Quando i soldi non incentivano

Molto spesso si sente dire che per ottenere un certo risultato servirebbe un incentivo economico.

Se le persone potessero detrarre gli scontrini, si argomenta, avrebbero interesse a chiederlo al negoziante, con conseguente effetto positivo per le casse pubbliche. Oppure si sostiene che dare soldi a una comunità per accettare un'opera pubblica che può creare fastidi, aiuti la costruzione della stessa.

E' un'idea che si basa sul tentativo di dare un prezzo a tutto (o quasi) e di ridurre le scelte umane a operazioni in cui qualcuno acquista e qualcuno vende.

E' però un'idea che presenta dei limiti, non solo di carattere morale ma anche di tipo economico.

Quasi sempre la scelta di fare o non fare qualcosa dipende dalle motivazioni delle persone. Cosa succede se si mettono da parte e si sostituiscono con incentivi economici?

Facciamo un esempio
per capirlo. Supponiamo che i genitori di un adolescente chiedano al figlio di dare il meglio di sè nello studio.

I genitori possono far leva sul senso del dovere dell'adolescente, sull'esempio offerto dai genitori o dai parenti, sull'idea che eccellere negli studi significa un futuro migliore.

Finito l'anno scolastico, i genitori possono premiare il figlio, se ottiene i risultati sperati. E il premio potrebbe avere un valore economico.

Ma cosa accadrebbe se i genitori promettessero al figlio una serie di premi in occasione di ciascun risultato positivo? Potrebbero stabilire un tariffario: un certo numero di euro ogni qual volta il figlio ottiene il risultato sperato.

Che fine farebbero le motivazioni dello studente? Subentrerebbe un disincentivo a ottenere un risultato perchè si ritiene abbia un valore in sè, per fare come o meglio dei fratelli, per garantirsi una vita migliore. Ogni interrogazione, compito in classe o esame diventerebbe un'occasione per lo studente per ottenere denaro.

Potrebbe chiedere più soldi ai genitori, potrebbe impegnarsi di meno se le sue richieste non fossero soddisfatte e potrebbe anche decidere di comportarsi in modo disonesto pur di ottenere il risultato che gli garantisca un guadagno.

Insomma, non è detto che promettere soldi a qualcuno in cambio di un certo impegno sia sempre una buona idea. Si tende a pensare che gli incentivi funzionino sempre in una direzione, vale a dire quella di spingere qualcuno a fare la cosa desiderata, ma si dimenticano gli aspetti perversi degli incentivi: i comportamenti opportunistici, disonesti, distruttivi che le persone possono realizzare come reazione agli stimoli economici.

Le ricerche effettuate in occasione della costruzione di opere pubbliche sembrano confermare quanto scritto sopra: se si promettono soldi a una comunità in cambio della costruzione di una ferrovia o di una strada o di altro, presto parte degli individui convinti che sia bene accettare la costruzione di un'opera cambieranno idea: si convinceranno solo in cambio di un vantaggio economico, diventando ostili all'opera se questa non genera un qualceh vantaggio



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