31 gennaio 2022

Quando si torna al 2019 ?

Quando tornerà il PIL italiano ai livello del 2019 ovvero l'ultimo anno prima del Covid? 

Fatto pari a 100 il PIL del 2019, nel 2020 a causa del Covid il PIL è sceso a 91.1, l'8.9% in meno.

Poi nel 2021 è risalito del 6.5% quindi a 97. Manca poco più del 3% per tornare al PIL del 2019.

L'effetto trascinamento però assicura un aumento del PIL del 2,4% nel 2022. Quindi manca poco per tornare al PIL del 2019.

Che cos'è l'effetto trascinamento? Immaginate che un'azienda che produca un certo bene. Nel mese di gennaio ne produce 100, a febbraio 102, a marzo 103 e così via. La media è (supponiamo) 110 e questo valore, confrontato con quello dell'anno prima, determina la variazione del PIL. 

Ma se a dicembre si fosse arrivati a 121, avremmo un effetto trascinamento del 10%. Supponiamo che nei 12 mesi successivi il PIL non aumenta, restando a 121. La media sarebbe 121, ovvero il 10% in più dell'anno prima, e questo anche se non si produce di più.

Quindi basta poco per tornare al PIL del 2019, sperando che altre variabili esogene, cioè esterne come l'aumento dei prezzi del prodotti petroliferi e dell'energia, il Covid o una possibile guerra in Ucraina non mettano i bastoni tra le ruote.

14 gennaio 2022

Spread 2022

Tra 10 giorni inizieranno le votazioni per eleggere il prossimo Presidente della Repubblica e spread offre segnali inquietanti nonostante si prevede per il 2022 e un buon andamento dell'economia italiana con una crescita attorno al 4%.

Una prima ragione di inquietudine è legata all'andamento dell'inflazione, molto alta nell'ultimo periodo, anche se in gran parte esogena ovvero provocata dall'aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime. Tuttavia un aumento di tali prezzi potrebbe provocare una serie di rincari di prodotti d'importazione e italiani e anche del costo del lavoro. 

In presenza di un'inflazione alta di fatto i titoli di stato hanno un rendimento reale negativo. I risparmiatori perdono potere d'acquisto sottoscrivendo i titoli di stato. Di qui la scarsa domanda di titoli e la conseguente crescita dei rendimenti e dello spread, perchè quando aumenta l'incertezza si abbandonano i titoli dei paesi meno solidi. 

Inoltre aumenta il rischio che la banca centrale europea faccia salire i tassi di interesse e quindi che si apra una stagione di titoli di stato con rendimento superiore. Questo spinge i possessori di titoli di stato a liberarsene in attesa di emissioni con un rendimento superiore, e ciò fa aumentare lo spread.

C'è poi l'incertezza politica, legata soprattutto alla figura di Silvio Berlusconi, che aspira a diventare Presidente e che in passato ha dimostrato scarsa affidabilità in fatto di gestione dei conti pubblici. La minaccia di Berlusconi di abbandonare il governo in caso di elezione di Mario Draghi rende incerto il futuro della legislatura, che scade nel 2023, e quindi le garanzie che Draghi sta offrendo ai mercati sui conti pubblici.

Ci sono poi elementi internazionali che preoccupano, come la possibile crisi ucraina, a cui si aggiungono i numeri preoccupanti della quarta ondata, che sta riempendo gli ospedali.

Insomma, il 2022 che si annunciava come un anno di crescita e di recupero dal drammatico crollo economico dovuto alla pandemia, potrebbe trasformarsi in un incubo. I mercati lo sanno e lo spread lo dice chiaramente.

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