Due mesi fa sul Sole 24 Ore (vedi qui), Roberto Perotti, docente di economia alla Bocconi, ha fatto autocritica.
Perotti (di cui s'era parlato qui) ha spiegato che 15 anni fa con Alberto Alesina ha sostenuto che i tagli alla spesa pubblica fanno crescere l'economia. Ma si sbagliava, perchè ha usato la metodologia statistica errata.
Dov'era l'errore? Secondo Perotti è consistito nella sottovalutazione degli effetti che svalutazioni, deprezzamenti, tassi di interesse in calo e politiche dei redditi hanno avuto sulla crescita, attribuita erroneamente per intero al calo della spesa pubblica.
L'errore ammesso da Perotti non è da poco. Dire che la crescita è innescata dalla riduzione della spesa pubblica significa sostenere o dimostrare che tutto il resto non ha effetti sulla crescita, cosa molto improbabile se il periodo considerato non è breve.
Ora i casi sono due. Il primo è: Perotti e Alesina hanno le prove che nel periodo considerato per dimostrare la loro tesi le altre variabili macroeconomiche non si sono modificate e allora la loro tesi non va criticata.
Il secondo è: Perotti e Alesina non hanno proprio preso in considerazione le altre variabili. Hanno finto che non esistessero o fossero ininfluenti.
L'autocritica di Perotti ci dice che solo il secondo caso può essere vero: non hanno preso in considerazione l'effetto di altre macrovariabili, pensando forse che non influenzassero la crescita.
Un errore grave che Perotti non solo non ammette, ma definisce uso di una metodologia statistica errata, dimostrando di non aver imparato nulla dall'errore. Pensa -e lo si capisce anche leggendo il resto dell'articolo, con considerazioni fuori tema- di aver sbagliato qualche conto, qualche modello econometrico o qualcosa che non ha nulla a che vedere con l'economia, con la conoscenza dei meccanismi di funzionamento della macroeconomia.
31 agosto 2013
30 agosto 2013
Il debito pensionistico - 2
Cerchiamo adesso di capire perché il debito pensionistico è insidioso.
Come detto nel precedente post, quando nasce un sistema previdenziale lo Stato punta a dare una pensione a chi rischia di trovarsi senza mezzi di sussistenza. Si tratta, all'inizio, di poche persone, rispetto al numero di quanti lavorano.
Inoltre la vita dura poco e lo Stato calcola che la spesa per pagare le pensioni non sarà elevata. Così chiede ai lavoratori di pagare un contributo modesto. Tanti piccoli contributi servono a pagare un numero limitato di pensioni erogate per pochi anni.
Ma presto le cose cambiano: i lavoratori che pagano un contributo pensionistico, dopo qualche anno diventano pensionati. Il numero dei pensionati aumenta e la vita si allunga, facendo crescere la spesa pensionistica.
Se non aumenta altrettanto velocemente il numero dei lavoratori che pagano i contributi, non restano che due soluzioni.
La prima è aumentare le aliquote pagate dai lavoratori (o dal datore di lavoro). La seconda è ridurre le prestazioni pensionistiche.
Il debito pensionistico è dinamico. Si evolve con le leggi, che decidono a quale età si va in pensione e quale sarà l'importo della pensione, e con l'evoluzione del numero dei pensionati.
Con ipotesi realistiche sul numero dei pensionati futuri, prevedibili perchè si conoscono le dinamiche demografiche, gli economisti possono calcolare l'evoluzione futura del debito pensionistico.
Più alto è il debito in un dato momento, maggiore sono il numero di lavoratori e l'aliquota necessari a pagare le pensioni.
Per questo motivo possono essere necessari interventi, senza i quali si rischierebbe di non poter pagare le pensioni future o di poterlo fare solo pagando aliquote così elevate da rendere poco competitiva l'economia di una nazione.
Ma questo non è il solo modo di risolvere il problema del debito pensionistico. C'è un modo per prevenire un eccesso di debito.
Fin dal momento dell'introduzione di un sistema pensionistico i lavoratori dovrebbero versare contributi più elevati, legando i loro diritti pensionistici ai contributi versati. Oppure dovrebbero affiancare alla pensione statale un'altra pensione, che comporti l'accantonamento di contributi per un lungo periodo così da permettere di integrare in futuro una pensione pubblica più bassa, a cui corrisponderebbe un debito inferiore.
Come detto nel precedente post, quando nasce un sistema previdenziale lo Stato punta a dare una pensione a chi rischia di trovarsi senza mezzi di sussistenza. Si tratta, all'inizio, di poche persone, rispetto al numero di quanti lavorano.
Inoltre la vita dura poco e lo Stato calcola che la spesa per pagare le pensioni non sarà elevata. Così chiede ai lavoratori di pagare un contributo modesto. Tanti piccoli contributi servono a pagare un numero limitato di pensioni erogate per pochi anni.
Ma presto le cose cambiano: i lavoratori che pagano un contributo pensionistico, dopo qualche anno diventano pensionati. Il numero dei pensionati aumenta e la vita si allunga, facendo crescere la spesa pensionistica.
Se non aumenta altrettanto velocemente il numero dei lavoratori che pagano i contributi, non restano che due soluzioni.
La prima è aumentare le aliquote pagate dai lavoratori (o dal datore di lavoro). La seconda è ridurre le prestazioni pensionistiche.
Il debito pensionistico è dinamico. Si evolve con le leggi, che decidono a quale età si va in pensione e quale sarà l'importo della pensione, e con l'evoluzione del numero dei pensionati.
Con ipotesi realistiche sul numero dei pensionati futuri, prevedibili perchè si conoscono le dinamiche demografiche, gli economisti possono calcolare l'evoluzione futura del debito pensionistico.
Più alto è il debito in un dato momento, maggiore sono il numero di lavoratori e l'aliquota necessari a pagare le pensioni.
Per questo motivo possono essere necessari interventi, senza i quali si rischierebbe di non poter pagare le pensioni future o di poterlo fare solo pagando aliquote così elevate da rendere poco competitiva l'economia di una nazione.
Ma questo non è il solo modo di risolvere il problema del debito pensionistico. C'è un modo per prevenire un eccesso di debito.
Fin dal momento dell'introduzione di un sistema pensionistico i lavoratori dovrebbero versare contributi più elevati, legando i loro diritti pensionistici ai contributi versati. Oppure dovrebbero affiancare alla pensione statale un'altra pensione, che comporti l'accantonamento di contributi per un lungo periodo così da permettere di integrare in futuro una pensione pubblica più bassa, a cui corrisponderebbe un debito inferiore.
26 agosto 2013
Il debito pensionistico - 1
C'è un argomento poco conosciuto che preoccupa gli economisti esperti in pensioni e che è all'origine delle pesanti riforme: il debito pensionistico.
Di cosa si tratta?
Prima di rispondere a questa domanda cerchiamo di capire dove nascono i problemi di sostenibilità del sistema pensionistico.
Un sistema pensionistico è sostenibile, come avevo spiegato qui, se i contributi versati sono pari (o superiori) alle pensioni erogate. Ora, c'è il rischio che nei prossimi anni o decenni questo non accada e che l'INPS si trovi a pagare somme superiori a quelle incassate. Cerchiamo di capire il perché.
I sistemi pensionistici nascono quando i governi si rendono conto che una parte della popolazione, raggiunta una certa età rischia di non avere di che sopravvivere. E allora decidono di concedere una pensione, anche se non hanno versato alcuni contributo.
In quel momento si crea il primo debito previdenziale, vale a dire la somma che il sistema pensionistico pubblico deve ai pensionati.
Per pagare le pensioni, i governi decidono di far pagare i contributi ai lavoratori, in cambio della promessa di ricevere dopo qualche anno una pensione. Quindi il governo paga il debito originario ma al tempo stesso crea un altro debito, verso i lavoratori che versano i contributi previdenziali.
In altri termini si paga un debito previdenziale ma se ne crea un altro, verso i futuri pensionati.
Dunque diamo una definizione: il debito pensionistico è la somma che l'ente previdenziale pubblico deve versare ai pensionati presenti e futuri in base alle leggi vigenti. Perché preoccupa gli economisti?
Lo vedremo la prossima volta.
Di cosa si tratta?
Prima di rispondere a questa domanda cerchiamo di capire dove nascono i problemi di sostenibilità del sistema pensionistico.
Un sistema pensionistico è sostenibile, come avevo spiegato qui, se i contributi versati sono pari (o superiori) alle pensioni erogate. Ora, c'è il rischio che nei prossimi anni o decenni questo non accada e che l'INPS si trovi a pagare somme superiori a quelle incassate. Cerchiamo di capire il perché.
I sistemi pensionistici nascono quando i governi si rendono conto che una parte della popolazione, raggiunta una certa età rischia di non avere di che sopravvivere. E allora decidono di concedere una pensione, anche se non hanno versato alcuni contributo.
In quel momento si crea il primo debito previdenziale, vale a dire la somma che il sistema pensionistico pubblico deve ai pensionati.
Per pagare le pensioni, i governi decidono di far pagare i contributi ai lavoratori, in cambio della promessa di ricevere dopo qualche anno una pensione. Quindi il governo paga il debito originario ma al tempo stesso crea un altro debito, verso i lavoratori che versano i contributi previdenziali.
In altri termini si paga un debito previdenziale ma se ne crea un altro, verso i futuri pensionati.
Dunque diamo una definizione: il debito pensionistico è la somma che l'ente previdenziale pubblico deve versare ai pensionati presenti e futuri in base alle leggi vigenti. Perché preoccupa gli economisti?
Lo vedremo la prossima volta.
23 agosto 2013
La macchina del tempo per riformare le pensioni - 3
Dunque come riformare al meglio le pensioni?
Si tratta di scegliere una combinazione di tre elementi (età della pensione, importo della pensione e aliquota contributiva) capace di garantire la sostenibilità del sistema, pensioni decorose e aliquote non troppo alte, e di fare un piano per introdurre nel tempo i cambiamenti.
Le pensioni del prossimo millennio (siamo nel 1988) saranno meno generose e si percepiranno a un'età più elevata. Ma il passaggio graduale al nuovo sistema lascerà ai lavoratori e alle imprese il tempo per creare fondi-pensioni con cui integrare gli assegni dell'INPS.
Infine le aliquote contributive pagate devono essere uguali per tutti o quasi e devono servire solo a pagare le pensioni che abbiamo definito normali.
La macchina del tempo a questo punto non serve più. Torniamo al 2013, vale a dire alla triste realtà di un sistema pensionistico che ha fatto solo alcuni dei cambiamenti elencati e li ha fatti in modo spesso brutale (pensiamo all'allungamento dell'età pensionabile voluto dalla Fornero).
Un sistema pensionistico che è la vera palla al piede per i lavoratori italiani.
In Francia e Germania i contributi pensionistici non superano il 20%, mentre da noi solo i lavoratori autonomi godono di aliquote inferiori al 20%. Le aliquote per i lavoratori dipendenti sono molto più elevate, con due conseguenze: si stimola il ricorso a contratti anomali e si spinge l'imprenditore a risparmiare sul lavoro o a delocalizzare le imprese, alla ricerca di dipendenti meno costosi.
Perchè i dipendenti italiani pagano molto più dei colleghi francesi? Perchè di fatto esiste una imposta occulta sul lavoro, che governi e parlamenti hanno deciso di far pagare soprattutto se non solo ai lavoratori dipendenti o meglio alle imprese di cui sono dipendenti.
Un'imposta che fa incassare allo Stato molti soldi, utili a pagare le pensioni di invalidità, i prepensionamenti e diversi altri costi che dovrebbero essere pagati con la fiscalità generale.
Lo Stato non ha saputo o voluto incassare altre imposte e così è ricorso ad un'imposta occulta: una superaliquota pagata sul lavoro dipendente che fa male ai lavoratori.
E sempre lo Stato o meglio governi e parlamenti, hanno scelto di fare altre scelte poco previdenti: il tema dell'età pensione per esempio è stato di fatto rinviato nel corso degli anni per non perdere il voto di chi sarebbe stato penalizzato, salvo poi creare il problema degli esodati, traditi da una riforma che in un giorno ha risolto un problema rinviato per decenni.
Insomma la macchina del tempo ci ha mostrato quel che potremmo essere e non siamo perchè incapaci di cambiare giorno per giorno, anno per anno.
Il precedente articolo:
http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le_21.html
Si tratta di scegliere una combinazione di tre elementi (età della pensione, importo della pensione e aliquota contributiva) capace di garantire la sostenibilità del sistema, pensioni decorose e aliquote non troppo alte, e di fare un piano per introdurre nel tempo i cambiamenti.
Le pensioni del prossimo millennio (siamo nel 1988) saranno meno generose e si percepiranno a un'età più elevata. Ma il passaggio graduale al nuovo sistema lascerà ai lavoratori e alle imprese il tempo per creare fondi-pensioni con cui integrare gli assegni dell'INPS.
Infine le aliquote contributive pagate devono essere uguali per tutti o quasi e devono servire solo a pagare le pensioni che abbiamo definito normali.
La macchina del tempo a questo punto non serve più. Torniamo al 2013, vale a dire alla triste realtà di un sistema pensionistico che ha fatto solo alcuni dei cambiamenti elencati e li ha fatti in modo spesso brutale (pensiamo all'allungamento dell'età pensionabile voluto dalla Fornero).
Un sistema pensionistico che è la vera palla al piede per i lavoratori italiani.
In Francia e Germania i contributi pensionistici non superano il 20%, mentre da noi solo i lavoratori autonomi godono di aliquote inferiori al 20%. Le aliquote per i lavoratori dipendenti sono molto più elevate, con due conseguenze: si stimola il ricorso a contratti anomali e si spinge l'imprenditore a risparmiare sul lavoro o a delocalizzare le imprese, alla ricerca di dipendenti meno costosi.
Perchè i dipendenti italiani pagano molto più dei colleghi francesi? Perchè di fatto esiste una imposta occulta sul lavoro, che governi e parlamenti hanno deciso di far pagare soprattutto se non solo ai lavoratori dipendenti o meglio alle imprese di cui sono dipendenti.
Un'imposta che fa incassare allo Stato molti soldi, utili a pagare le pensioni di invalidità, i prepensionamenti e diversi altri costi che dovrebbero essere pagati con la fiscalità generale.
Lo Stato non ha saputo o voluto incassare altre imposte e così è ricorso ad un'imposta occulta: una superaliquota pagata sul lavoro dipendente che fa male ai lavoratori.
E sempre lo Stato o meglio governi e parlamenti, hanno scelto di fare altre scelte poco previdenti: il tema dell'età pensione per esempio è stato di fatto rinviato nel corso degli anni per non perdere il voto di chi sarebbe stato penalizzato, salvo poi creare il problema degli esodati, traditi da una riforma che in un giorno ha risolto un problema rinviato per decenni.
Insomma la macchina del tempo ci ha mostrato quel che potremmo essere e non siamo perchè incapaci di cambiare giorno per giorno, anno per anno.
Il precedente articolo:
http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le_21.html
21 agosto 2013
La macchina del tempo per riformare le pensioni - 2
Fissate le caratteristiche per una buona riforma, non resta che chiamare
qualche esperto. Servono economisti, qualcuno che sappia fare i conti e
simulazioni circa l'evoluzione futura del sistema pensionistico e
esperti di diritto capaci di spiegare, in base alle leggi vigenti, chi
ha diritto a cosa nei prossimi decenni.
Gli esperti dovranno disegnare diversi scenari, combinando insieme 3 elementi: l'età della pensione in vigore tra un quarto di secolo, l'importo della pensione (in rapporto all'ultima retribuzione o alla retribuzione media in un dato periodo) e le aliquote contributive.
Non c'è una sola combinazione possibile ma diverse: si può offrire una pensione più alta facendo pagare contributi maggiori, si può mandare la gente in pensione più tardi in cambio di contributi minori o di una pensione più elevata, e così via.
I tecnici devono offrire diverse combinazioni dei tre elementi e i politici devono scegliere la preferita.
E soprattutto devono prendere altre due decisioni importanti.
La prima è come si passa dal sistema pensionistico attuale, quello del 1988, a quello definitivo, in vigore tra 25 anni. Meglio un passaggio rapido, nell'arco di 5-10 anni o un passaggio graduale? Dunque meglio decidere oggi che da domattina l'età per la pensione si allunga di 10 anni senza passaggi intermedi o meglio allungare gradualmente l'età della pensione?
La seconda decisione è: chi paga le pensioni che abbiamo pensioni anomale? Le devono pagare gli altri lavoratori o si deve far ricorso a altre imposte per pagare la differenza tra le somme versate dai lavoratori e quelle incassate nei casi -ad esempio- di prepensionamenti?
(2 - continua) Il precedente articolo lo trovate qui: http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le.html
Gli esperti dovranno disegnare diversi scenari, combinando insieme 3 elementi: l'età della pensione in vigore tra un quarto di secolo, l'importo della pensione (in rapporto all'ultima retribuzione o alla retribuzione media in un dato periodo) e le aliquote contributive.
Non c'è una sola combinazione possibile ma diverse: si può offrire una pensione più alta facendo pagare contributi maggiori, si può mandare la gente in pensione più tardi in cambio di contributi minori o di una pensione più elevata, e così via.
I tecnici devono offrire diverse combinazioni dei tre elementi e i politici devono scegliere la preferita.
E soprattutto devono prendere altre due decisioni importanti.
La prima è come si passa dal sistema pensionistico attuale, quello del 1988, a quello definitivo, in vigore tra 25 anni. Meglio un passaggio rapido, nell'arco di 5-10 anni o un passaggio graduale? Dunque meglio decidere oggi che da domattina l'età per la pensione si allunga di 10 anni senza passaggi intermedi o meglio allungare gradualmente l'età della pensione?
La seconda decisione è: chi paga le pensioni che abbiamo pensioni anomale? Le devono pagare gli altri lavoratori o si deve far ricorso a altre imposte per pagare la differenza tra le somme versate dai lavoratori e quelle incassate nei casi -ad esempio- di prepensionamenti?
(2 - continua) Il precedente articolo lo trovate qui: http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le.html
20 agosto 2013
PS sul Grillo confuso
Grillo avrà mai preso in considerazione i dati veri? C'è da chiederselo dopo le affermazioni di ieri sullo spread che scende per finta.
Infatti basta cercare qualche numero per capire che Grillo propone idee slegate dalla realtà.
Qual è il rendimento dei BTP decennali, i titoli del debito pubblico da cui dipende lo spread?
Questo sito del Tesoro permette facilmente di conoscere il rendimento lordo delle diverse emissioni.
Un anno fa (emissione del 28 giugno 2012) lo Stato italiano ha emesso BTP con un rendimento superiore al 6%. A fine luglio 2013 invece il rendimento era inferiore al 4,5%.
Dunque un calo di un 1,5% che, per dare l'idea, significa che per un'emissione di 1 miliardo di euro il risparmio è di 15 milioni l'anno per 10 anni di durata del titolo.
Una somma assai rilevante se si pensa che ogni anno lo Stato emette BTP per diversi miliardi di euro.
Il calo dei tassi dunque è cosa reale. L'illusione sta nelle parole di Grillo.
Infatti basta cercare qualche numero per capire che Grillo propone idee slegate dalla realtà.
Qual è il rendimento dei BTP decennali, i titoli del debito pubblico da cui dipende lo spread?
Questo sito del Tesoro permette facilmente di conoscere il rendimento lordo delle diverse emissioni.
Un anno fa (emissione del 28 giugno 2012) lo Stato italiano ha emesso BTP con un rendimento superiore al 6%. A fine luglio 2013 invece il rendimento era inferiore al 4,5%.
Dunque un calo di un 1,5% che, per dare l'idea, significa che per un'emissione di 1 miliardo di euro il risparmio è di 15 milioni l'anno per 10 anni di durata del titolo.
Una somma assai rilevante se si pensa che ogni anno lo Stato emette BTP per diversi miliardi di euro.
Il calo dei tassi dunque è cosa reale. L'illusione sta nelle parole di Grillo.
19 agosto 2013
Grillo, colpito e confuso
Meno di una settimana fa avevo scritto (vedi qui) che lo spread in calo stava facendo fare una brutta figura a Beppe Grillo e a Mario Monti, perchè dimostrava che l'Italia non è allo sbando, come sostiene il comico genovese, e che i provvedimenti del soporifero professore lombardo non sono sempre andati nella direzione giusta allo scopo di far scendere lo spread, vale a dire nella direzione della crescita dell'economia.
Oggi Grillo reagisce con la solita confusione, spiegando ai suoi ingenui elettori che se lo spread tiene conto della situazione globale dell'economia italiana, con un debito pubblico fuori controllo, disoccupazione e così via, allora lo spread non rappresenta la situazione vera dell'economia italiana e che la discesa dello spread è illusoria perchè legata alla risalita dei tassi di emissione dei bund tedeschi.
Partiamo da questo secondo punto. Se fosse sempre vero che una risalita dei tassi dei bund fa scendere lo spread (e viceversa), quali sarebbero stati i tassi dei bund quando lo spread ha toccato quota 575? forse incredibilmente il tasso è diventato negativo?
Niente di tutto questo. Se i conti pubblici italiani diventano più rassicuranti, gli investitori spostano soldi dai titoli più sicuri, i bund tedeschi, verso i titoli italiani che offrono un rendimento maggiore.
La spiegazione dell'andamento dello spread esiste, e sappiamo che lo spread misura un dato oggettivo, la differenza di rendimento tra i titoli di stato decennali italiani e tedeschi. Dietro le scelte degli investitori ci sono molte motivazioni, che li portano a comprare e vendere i titoli.
Alle spiegazioni e alle definizioni serie, Grillo preferisce le sue: lo spread secondo il comico genovese dovrebbe misurare tutto, dal tasso di disoccupazione all'ammontare del debito pubblico, e sale e scende per finta.
Una ricostruzione facile e sbagliata con fini elettorali? oppure frutto di ignoranza di un comico che cerca appigli per la sua propaganda politica fatta di confusione con scopi elettorali?
Oggi Grillo reagisce con la solita confusione, spiegando ai suoi ingenui elettori che se lo spread tiene conto della situazione globale dell'economia italiana, con un debito pubblico fuori controllo, disoccupazione e così via, allora lo spread non rappresenta la situazione vera dell'economia italiana e che la discesa dello spread è illusoria perchè legata alla risalita dei tassi di emissione dei bund tedeschi.
Partiamo da questo secondo punto. Se fosse sempre vero che una risalita dei tassi dei bund fa scendere lo spread (e viceversa), quali sarebbero stati i tassi dei bund quando lo spread ha toccato quota 575? forse incredibilmente il tasso è diventato negativo?
Niente di tutto questo. Se i conti pubblici italiani diventano più rassicuranti, gli investitori spostano soldi dai titoli più sicuri, i bund tedeschi, verso i titoli italiani che offrono un rendimento maggiore.
La spiegazione dell'andamento dello spread esiste, e sappiamo che lo spread misura un dato oggettivo, la differenza di rendimento tra i titoli di stato decennali italiani e tedeschi. Dietro le scelte degli investitori ci sono molte motivazioni, che li portano a comprare e vendere i titoli.
Alle spiegazioni e alle definizioni serie, Grillo preferisce le sue: lo spread secondo il comico genovese dovrebbe misurare tutto, dal tasso di disoccupazione all'ammontare del debito pubblico, e sale e scende per finta.
Una ricostruzione facile e sbagliata con fini elettorali? oppure frutto di ignoranza di un comico che cerca appigli per la sua propaganda politica fatta di confusione con scopi elettorali?
17 agosto 2013
La macchina del tempo per riformare le pensioni - 1
In un mercatino rionale ho trovato una macchina del tempo in vendita per pochi euro e sono tornato indietro di 25 anni. Siano nel 1988 e in Italia si parla di riforme. Una di queste è la riforma delle pensioni.
Come riformare le pensioni in vista del nuovo millennio?
In prima battuta distinguiamo le pensioni due categorie: quelle erogate a chi per decenni ha versato i contributi (chiamiamole pensioni normali) e quelle che danno al pensionato una somma maggiore di quella a cui avrebbe diritto, se si tenesse conto solo dei contributi versati.
E' il caso delle pensioni di invalidità o, parzialmente, delle pensioni erogate a chi è andato in pensione molto presto (prepensionamenti) ad esempio seguito di una ristrutturazione aziendale. Chiamiamo pensioni anomale, queste pensioni.
Concentriamoci adesso solo sulle pensioni normali. Il sistema pensionistico dovrebbe essere sostenibile nel tempo, vale a dire ci deve essere un equilibrio nei decenni a venire tra le entrate dell'INPS (e in generale di chi eroga pensioni) e le uscite.
Poi un buon sistema non deve costare troppo: più alti sono i contributi richiesti a impresa e lavoratore, maggiore è la probabilità che l'impresa in futuro si trasferisca altrove, per risparmiare sul costo del lavoro o chieda al sistema politico di inventarsi contratti che permettano di risparmiare sul costo del lavoro.
Al tempo stesso però la pensione erogata non dev'essere troppo modesta, perchè questo avrebbe conseguenze negative per l'economia e per i conti pubblici: i pensionati poveri richiedono aiuti statali e pagano poche imposte.
Infine il sistema pensionistico del prossimo millennio deve prevedere aliquote uguali o almeno non troppo diverse per le diverse categorie di lavoratori. Se un lavoratore autonomo pagherà, tra 25 anni, meno di un lavoratore dipendente, chi impedirà agli imprenditori di assumere un dipendente spacciandolo per lavoratore autonomo?
(1 - segue qui: http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le_21.html)
Come riformare le pensioni in vista del nuovo millennio?
In prima battuta distinguiamo le pensioni due categorie: quelle erogate a chi per decenni ha versato i contributi (chiamiamole pensioni normali) e quelle che danno al pensionato una somma maggiore di quella a cui avrebbe diritto, se si tenesse conto solo dei contributi versati.
E' il caso delle pensioni di invalidità o, parzialmente, delle pensioni erogate a chi è andato in pensione molto presto (prepensionamenti) ad esempio seguito di una ristrutturazione aziendale. Chiamiamo pensioni anomale, queste pensioni.
Concentriamoci adesso solo sulle pensioni normali. Il sistema pensionistico dovrebbe essere sostenibile nel tempo, vale a dire ci deve essere un equilibrio nei decenni a venire tra le entrate dell'INPS (e in generale di chi eroga pensioni) e le uscite.
Poi un buon sistema non deve costare troppo: più alti sono i contributi richiesti a impresa e lavoratore, maggiore è la probabilità che l'impresa in futuro si trasferisca altrove, per risparmiare sul costo del lavoro o chieda al sistema politico di inventarsi contratti che permettano di risparmiare sul costo del lavoro.
Al tempo stesso però la pensione erogata non dev'essere troppo modesta, perchè questo avrebbe conseguenze negative per l'economia e per i conti pubblici: i pensionati poveri richiedono aiuti statali e pagano poche imposte.
Infine il sistema pensionistico del prossimo millennio deve prevedere aliquote uguali o almeno non troppo diverse per le diverse categorie di lavoratori. Se un lavoratore autonomo pagherà, tra 25 anni, meno di un lavoratore dipendente, chi impedirà agli imprenditori di assumere un dipendente spacciandolo per lavoratore autonomo?
(1 - segue qui: http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le_21.html)
14 agosto 2013
Come Ti Compro Neymar
Oggi torniamo di nuovo a parlare di Barcellona
La società catalana da grande club del calcio internazionale dimostra di nuovo di avere mille risorse quando si tratta di trovare soldi per fare acquisti prestigiosi come quello Neymar.
Su tutti i giornali del mondo si è letto che il fuoriclasse brasiliano, è stato pagato dai blaugrana 57 milioni di €.
Detta così la gente s'immagina che si tratti di 57 milioni cash direttamente per il cartellino di Neymar...
Niente affatto. Se n'è accorta bene l'impresa DIS che gestiva i diritti d'immagine del giocatore, che minaccia azioni legali contro Santos e Barca.
Credendo anch'essa che si trattasse di un pagamento del genere, DIS, credeva di intascare ben 17 milioni di €, vantando diritti sul 40% del valore del cartellino...Ma per il momento si è dovuta accontentare di 9 milioni.
Perché se il Barcellona riconosce un costo dell'operazione di 57 milioni, in realtà nello specifico Neymar in concreto è costato molto meno?
Per i metodi creativi con cui si è operato, che probabilmente solo un club prestigioso può utilizzare con certa facilità.
-13 milioni in realtà al Santos sono arrivati per le amichevoli che il Barcellona ha fissato con esso.
-8,5 milioni sono invece stati pagati dai catalani per un'opzione su tre giovani promesse del club brasiliano (Andrade, Gabriel e Giva).
Un ballo di cifre che hanno fatto sentire la DIS raggirata dalle due squadre.
E che mostra in quanti modi oggi giorno le società di calcio riescano a pagare i loro acquisti.
La società catalana da grande club del calcio internazionale dimostra di nuovo di avere mille risorse quando si tratta di trovare soldi per fare acquisti prestigiosi come quello Neymar.
Su tutti i giornali del mondo si è letto che il fuoriclasse brasiliano, è stato pagato dai blaugrana 57 milioni di €.
Detta così la gente s'immagina che si tratti di 57 milioni cash direttamente per il cartellino di Neymar...
Niente affatto. Se n'è accorta bene l'impresa DIS che gestiva i diritti d'immagine del giocatore, che minaccia azioni legali contro Santos e Barca.
Credendo anch'essa che si trattasse di un pagamento del genere, DIS, credeva di intascare ben 17 milioni di €, vantando diritti sul 40% del valore del cartellino...Ma per il momento si è dovuta accontentare di 9 milioni.
Perché se il Barcellona riconosce un costo dell'operazione di 57 milioni, in realtà nello specifico Neymar in concreto è costato molto meno?
Per i metodi creativi con cui si è operato, che probabilmente solo un club prestigioso può utilizzare con certa facilità.
-13 milioni in realtà al Santos sono arrivati per le amichevoli che il Barcellona ha fissato con esso.
-8,5 milioni sono invece stati pagati dai catalani per un'opzione su tre giovani promesse del club brasiliano (Andrade, Gabriel e Giva).
Un ballo di cifre che hanno fatto sentire la DIS raggirata dalle due squadre.
E che mostra in quanti modi oggi giorno le società di calcio riescano a pagare i loro acquisti.
Lo spread contro Grillo e Monti
Da qualche giorno lo spread, il famigerato numerino a tre cifre che indica (in centesimi) la differenza di rendimento tra i titoli di stato decennali italiani e gli equivalenti titoli tedeschi, sta battendo i record positivi degli ultimi 2 anni.
Lo spread è salito velocemente nell'estate del 2011, poi è un pò sceso -con alti e bassi- durante il governo Monti e infine ha iniziato una lenta discesa con il governo Letta, dopo un'impennata improvvisa a fine febbraio, quando i mercati hanno capito che la situazione politica sarebbe stata assai complicata.
I titoli a scadenza annuale sono emessi a un tasso dell'1%, effetto di una probabile ripresa economica, sia pur debole, in arrivo.
Il beneficio per le casse statli è rilevante: se nel resto del 2013 i tassi non saliranno si stima un risparmio di 4,5 miliardi di euro di interessi sui titoli emessi nel corso dell'anno.
100 volte l'importo restituito o meglio non incassato dal Movimento 5 Stelle, il cui leader Beppe Grillo da mesi agita lo spauracchio di una crisi del debito in autunno.
Il calo dello sread riduce la probabilità di insolvenza e allontana l'ipotesi di nuove elezioni: si risparmia più con un governo che rassicura i mercati che con i tagli ai costi della politica.
Lo spread, infine, oltre a togliere argomenti al catastrofismo grillino, dimostra la debolezza delle politiche di Mario Monti. L'ex presidente del consiglio sembrava convinto che i conti pubblici dipendessero solo da imposte e spese, mentre è chiaro che sono influenzati dall'andamento dell'economia, da cui dipende anche lo spread.
Se il prodotto diminuisce, gli aumenti di imposte e i tagli alla spesa non fanno altro che peggiorare i conti pubblici e l'impatto positivo sullo spread delle manovre economiche del governo è meno significativo di quello generato da un'economia in crescita.
Lo spread è salito velocemente nell'estate del 2011, poi è un pò sceso -con alti e bassi- durante il governo Monti e infine ha iniziato una lenta discesa con il governo Letta, dopo un'impennata improvvisa a fine febbraio, quando i mercati hanno capito che la situazione politica sarebbe stata assai complicata.
I titoli a scadenza annuale sono emessi a un tasso dell'1%, effetto di una probabile ripresa economica, sia pur debole, in arrivo.
Il beneficio per le casse statli è rilevante: se nel resto del 2013 i tassi non saliranno si stima un risparmio di 4,5 miliardi di euro di interessi sui titoli emessi nel corso dell'anno.
100 volte l'importo restituito o meglio non incassato dal Movimento 5 Stelle, il cui leader Beppe Grillo da mesi agita lo spauracchio di una crisi del debito in autunno.
Il calo dello sread riduce la probabilità di insolvenza e allontana l'ipotesi di nuove elezioni: si risparmia più con un governo che rassicura i mercati che con i tagli ai costi della politica.
Lo spread, infine, oltre a togliere argomenti al catastrofismo grillino, dimostra la debolezza delle politiche di Mario Monti. L'ex presidente del consiglio sembrava convinto che i conti pubblici dipendessero solo da imposte e spese, mentre è chiaro che sono influenzati dall'andamento dell'economia, da cui dipende anche lo spread.
Se il prodotto diminuisce, gli aumenti di imposte e i tagli alla spesa non fanno altro che peggiorare i conti pubblici e l'impatto positivo sullo spread delle manovre economiche del governo è meno significativo di quello generato da un'economia in crescita.
11 agosto 2013
Due anni dalla lettera BCE
Due anni fa la BCE inviò al governo italiano la famosa lettera con cui raccomandava interventi per rimettere in sesto i conti pubblici.
Tagli alla spesa pubblica e incrementi di imposta sono costati quasi il 5% del PIL, hanno provocato la chiusura di un'infinità di aziende, centinaia di migliaia di persone hanno perso il lavoro, mentre i conti pubblici sono rimasti in sofferenza: se va bene a fine 2013 il deficit resterà al 3% del PIL mentre il rapporto debito è ormai pari al 130% del PIL.
Insomma, un disastro, causato da una parte dall'incapacità del governo Berlusconi di correggere i conti pubblici e dall'altro dalle ricette di politica economica conservatrici, che, imposte a mezza Europa, hanno depresso l'economia. Monti ha trasformato le ricette conservatrici in provvedimenti concreti, con effetti, per l'economia e molti milioni di italiani, peggiori del previsto.
Tralasciando le ipotesi peggiori, vale a dire che la lettera e le sue conseguenze servissero ad esempio a cacciare Berlusconi o a affossare l'economia italiana, come interpretare la lettera e i provvedimenti del governo Monti?
I mercati finanziari e i conservatori europei si sono convinti che l'Italia acesse bisogno dei cosiddetti "compiti a casa" ovvero di maggiori imposte e tagli alla spesa. Hanno caldeggiato la cacciata di Berlusconi, contrario ai sacrifici, e appoggiato Monti, che invece ha imposto i sacrifici e li vuole ancora.
Mario Monti, Mario Draghi, il FMI, l'OCSE e l'Europa sono contrari all'abolizione dell'IMU sulla prima casa nonostante gli effetti negativi legati al mantenimento dell'imposta perché preferiscono un paese pronto a fare sacrifici ad un paese che li rifiuta. Anche se i sacrifici costano in termini di PIL, occupazione, coesione sociale.
E' questo il significato della lettera di allora: si chiedeva all'Italia di rendersi disponibile a fare sacrifici, bollando come inaffidabile chi rifiutava tale logica.
Tagli alla spesa pubblica e incrementi di imposta sono costati quasi il 5% del PIL, hanno provocato la chiusura di un'infinità di aziende, centinaia di migliaia di persone hanno perso il lavoro, mentre i conti pubblici sono rimasti in sofferenza: se va bene a fine 2013 il deficit resterà al 3% del PIL mentre il rapporto debito è ormai pari al 130% del PIL.
Insomma, un disastro, causato da una parte dall'incapacità del governo Berlusconi di correggere i conti pubblici e dall'altro dalle ricette di politica economica conservatrici, che, imposte a mezza Europa, hanno depresso l'economia. Monti ha trasformato le ricette conservatrici in provvedimenti concreti, con effetti, per l'economia e molti milioni di italiani, peggiori del previsto.
Tralasciando le ipotesi peggiori, vale a dire che la lettera e le sue conseguenze servissero ad esempio a cacciare Berlusconi o a affossare l'economia italiana, come interpretare la lettera e i provvedimenti del governo Monti?
I mercati finanziari e i conservatori europei si sono convinti che l'Italia acesse bisogno dei cosiddetti "compiti a casa" ovvero di maggiori imposte e tagli alla spesa. Hanno caldeggiato la cacciata di Berlusconi, contrario ai sacrifici, e appoggiato Monti, che invece ha imposto i sacrifici e li vuole ancora.
Mario Monti, Mario Draghi, il FMI, l'OCSE e l'Europa sono contrari all'abolizione dell'IMU sulla prima casa nonostante gli effetti negativi legati al mantenimento dell'imposta perché preferiscono un paese pronto a fare sacrifici ad un paese che li rifiuta. Anche se i sacrifici costano in termini di PIL, occupazione, coesione sociale.
E' questo il significato della lettera di allora: si chiedeva all'Italia di rendersi disponibile a fare sacrifici, bollando come inaffidabile chi rifiutava tale logica.
08 agosto 2013
Le nefandezze delle banche
Le nefandezze delle banche non hanno veramente mai fine.
Non vi fidate mai delle banche!! Soprattutto quando vi contattano loro per prendere l'iniziativa.
Volete un prestito? Bene, FORSE te lo diamo, intanto vogliamo le garanzie personali di mezza famiglia, anche se la società a cui dovremmo darlo è solidissima!
Voi vi chiederete: "Ma se costituisco una società di capitali perché dovrei garantire personalmente? Allora tanto vale che rischi personalmente!"
Bene, vuoi 35.000 €? Allora, visto che ha firmato in garanzia tutto il quartiere, te li diamo, PERO'.....
Però, ad esempio, visto che hai 30.000 € di fido con 15.000 € ci chiudiamo il fido.... Ma.... ma... allora me ne date 15.000!!! Perché gli altri ve li riprendete!
Prendere o lasciare! Anzi, visto che ci siamo, tagliamo del 10% il conto (castelletto) anticipi che è meglio!
Però ad esempio (in alternativa), compri 10.000 Euro di azioni della banca con i 35.000 € che ti diamo e ce li lasci in pegno a garanzia del prestito. Ma se la banca sta per fallire e magari tra un anno le azioni varranno la metà?!?
Beh - si sa... - investire in azioni è incerto e insicuro, comunque firmi qua, dove si afferma che lei è un esperto trader, così ci salvaguardiamo da eventuali rivalse.
Però ad esempio (in alternativa), compri queste obbligazioni, o questa assicurazione vita (su cui la nostra filiale prende delle provvigioni per ogni contratto nuovo), e sicuramente il percorso della pratica sarà facilitato.
Tra le altre nefandezze segnalo la CIV, la commissione di istruttoria veloce, per gli sconfinamenti.
Ricordate la vecchia commissione di massimo scoperto? Quella commissione percentuale che veniva applicata se andavate fuori fido e poi abolita nel 2011?
Bene, dopo le solite pressioni lobbistiche dell'ABI è stata di fatto reintrodotta come CIV, di cui stanno facendo le spese soprattutto le imprese?
Non ci credete? Io, che vedo gli estratti conto di quasi tutte le banche, ho visto CIV di 80 Euro per ogni singolo sconfinamento. In pratica se in un trimestre faccio dentro e fuori dal fido, indipendentemente dall'entità del fido, 10 volte, mi vedrò addebitare 800 Euro di CIV più gli interessi passivi sul fido, più i consueti oneri bancari.
Vi consiglio di fare i calcoli a fine anno, perché le banche più di tanto non possono addebitare (ed hanno in genere dei programmi automatici di controllo) in esiste un limite usurario sui fidi (attualmente attorno al 25%)
Ovviamente non mi soffermo sull'erogazione di prestiti e mutui, su cui molto si è già scritto
06 agosto 2013
Il punto sui fallimenti
Abbiamo sorpassato la metà dell'anno e comincia ad essere il momento di fare qualche bilancio sull'andamento dei fallimenti in Italia.
Vediamo di scorrere lo stivale. I dati sono presi dalle cancellerie fallimentari e non pretendono di essere aggiornati all'unità, comunque cerchiamo di capire la tendenza:
Nota: per gli anni 2012 e 2011 il totale è annuo, per il 2013 è a oggi.
Tribunale di Milano:
2011: 1056
2012: 1106
2013: 764 - stima 1146
Tribunale di Roma:
2011: 708
2012: 785
2013: 625 - stima 938
Tribunale di Bologna:
2011: 217
2012: 173
2013: 157 - stima 236
Tribunale di Ancona:
2011: 133
2012: 132
2013: 107 - stima 161
Tribunale di Napoli:
2011: 285
2012: 351
2013: 233 - stima 350
La tendenza è chiara. Considerate che si tratta di circa 8 mesi su 12 (Il mese di agosto le cancellerie sono quasi ferme), quindi interpretando matematicamente la tendenza, si arriva alla stima proposta. La tendenza è quasi ovunque in aumento. Vale la pena ricordare che ogni fallimento si porta dietro un'incredibile quantità di strascichi contributivi e di buchi per fornitori e tasse, difficilmente colmabili.
05 agosto 2013
Cerchi nel grano
Volete rivitalizzare un piccolo comune di provincia con pochi turisti?
C'è una soluzione: i cerchi nel grano.
A Robella, in provincia di Asti, a inizio estate qualche buontempone ha disegnato i cerchi nel grano ed è stato un successone. Migliaia di turisti inattesi, il ristorante del paese che si inventa un menù degli alieni, tv, giornali e siti internet che rilanciano la notizia: cosa c'è dietro qualche disegno nel grano?
C'è solo qualcuno che s'è divertito e l'ha pure raccontato... incrementando le presenze turistiche in un paesino di 520 abitanti in cerca di notorietà.
04 agosto 2013
Risarcimento Caraibico
In tempo di crisi delle finanze pubbliche spagnole, alcuni Paesi caraibici tentano di mettere ancora più in difficoltà le casse vuote del governo presieduto da Mariano Rajoy.
L'idea è questa: le civiltà pre-colombiane erano ricche e prospere, inferiori all'Europa solo nella tecnologia militare, e dunque sono l'invasione, la colonizzazione, i genocidi e la schiavitù arrivate dall'Europa i motivi del sotto-sviluppo e della povertà delle terre caraibiche.
Pertanto la richiesta di un forte risarcimento nel 2013 da parte degli Stati colonizzatori da investire nello sviluppo dei Paesi caraibici.
In parte è sicuramente vero, in parte è un metodo politico per scaricare colpe attuali ad avvenimenti di secoli addietro e battere cassa.
Dubito fortemente però che riescano ad ottenere neanche un centesimo, almeno dalla Spagna.
Diciamolo ad Enrico Letta, gli spagnoli stettero anche in Italia, ed il semi-feudalesimo del Regno borbonico fu' in fondo ereditato da loro...Proviamoci anche noi chissà....
Sono ironico ovviamente
L'idea è questa: le civiltà pre-colombiane erano ricche e prospere, inferiori all'Europa solo nella tecnologia militare, e dunque sono l'invasione, la colonizzazione, i genocidi e la schiavitù arrivate dall'Europa i motivi del sotto-sviluppo e della povertà delle terre caraibiche.
Pertanto la richiesta di un forte risarcimento nel 2013 da parte degli Stati colonizzatori da investire nello sviluppo dei Paesi caraibici.
In parte è sicuramente vero, in parte è un metodo politico per scaricare colpe attuali ad avvenimenti di secoli addietro e battere cassa.
Dubito fortemente però che riescano ad ottenere neanche un centesimo, almeno dalla Spagna.
Diciamolo ad Enrico Letta, gli spagnoli stettero anche in Italia, ed il semi-feudalesimo del Regno borbonico fu' in fondo ereditato da loro...Proviamoci anche noi chissà....
Sono ironico ovviamente
01 agosto 2013
Pagamenti e ristrutturazioni
Le nuove regole condominiali prevedono che prima di svolgere alcuni lavori straordinari, come il rifacimento della facciata di un palazzo, i condomini debbano creare un fondo con i soldi necessari allo svolgimento dei lavori.
Lo scopo è di evitare situazioni imbarazzanti: lavori che iniziano e non finiscono mai perchè qualche condomino non paga, ponteggi che restano in piedi per mesi...
Ma l'effetto economico immediato è pesante: molti condomini non hanno i soldi per anticipare le spese e così rinviano i lavori.
L'associazione degli amministratori condominiali di Genova (vedi qui) ha calcolato che nel capoluogo ligure si sono fermati lavori per 30 milioni di euro.
Le banche hanno fiutato l'affare: stanno iniziando a offire ai condomini di anticipare l'importo necessario ai lavori, in cambio naturalmente del pagamento di un interesse, che rende più elevata la spesa dei condomini e maggiore l'incentivo a rinviare le opere.
Lo stesso può valere per lo Stato obbligato per legge a pagare entro 60 giorni: se l'obbligo venisse rispettato, i casi sono due: lo Stato emette nuovi titoli di Stato, con possibili conseguenze sul costo del debito pubblico, oppure lo Stato rinvia le spese, con effetti molto negativi per l'economia.
Lo scopo è di evitare situazioni imbarazzanti: lavori che iniziano e non finiscono mai perchè qualche condomino non paga, ponteggi che restano in piedi per mesi...
Ma l'effetto economico immediato è pesante: molti condomini non hanno i soldi per anticipare le spese e così rinviano i lavori.
L'associazione degli amministratori condominiali di Genova (vedi qui) ha calcolato che nel capoluogo ligure si sono fermati lavori per 30 milioni di euro.
Le banche hanno fiutato l'affare: stanno iniziando a offire ai condomini di anticipare l'importo necessario ai lavori, in cambio naturalmente del pagamento di un interesse, che rende più elevata la spesa dei condomini e maggiore l'incentivo a rinviare le opere.
Lo stesso può valere per lo Stato obbligato per legge a pagare entro 60 giorni: se l'obbligo venisse rispettato, i casi sono due: lo Stato emette nuovi titoli di Stato, con possibili conseguenze sul costo del debito pubblico, oppure lo Stato rinvia le spese, con effetti molto negativi per l'economia.
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