14 agosto 2013

Lo spread contro Grillo e Monti

Da qualche giorno lo spread, il famigerato numerino a tre cifre che indica (in centesimi) la differenza di rendimento tra i titoli di stato decennali italiani e gli equivalenti titoli tedeschi, sta battendo i record positivi degli ultimi 2 anni.

Lo spread è salito velocemente nell'estate del 2011, poi è un pò sceso -con alti e bassi- durante il governo Monti e infine ha iniziato una lenta discesa con il governo Letta, dopo un'impennata improvvisa a fine febbraio, quando i mercati hanno capito che la situazione politica sarebbe stata assai complicata.

I titoli a scadenza annuale sono emessi a un tasso dell'1%, effetto di una probabile ripresa economica, sia pur debole, in arrivo.

Il beneficio per le casse statli è rilevante: se nel resto del 2013 i tassi non saliranno si stima un risparmio di 4,5 miliardi di euro di interessi sui titoli emessi nel corso dell'anno.

100 volte l'importo restituito o meglio non incassato dal Movimento 5 Stelle, il cui leader Beppe Grillo da mesi agita lo spauracchio di una crisi del debito in autunno.

Il calo dello sread riduce la probabilità di insolvenza e allontana l'ipotesi di nuove elezioni: si risparmia più con un governo che rassicura i mercati che con i tagli ai costi della politica.

Lo spread, infine, oltre a togliere argomenti al catastrofismo grillino, dimostra la debolezza delle politiche di Mario Monti. L'ex presidente del consiglio sembrava convinto che i conti pubblici dipendessero solo da imposte e spese, mentre è chiaro che sono influenzati dall'andamento dell'economia, da cui dipende anche lo spread.

Se il prodotto diminuisce, gli aumenti di imposte e i tagli alla spesa non fanno altro che peggiorare i conti pubblici e l'impatto positivo sullo spread delle manovre economiche del governo è meno significativo di quello generato da un'economia in crescita.

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