23 agosto 2013

La macchina del tempo per riformare le pensioni - 3

Dunque come riformare al meglio le pensioni?

Si tratta di scegliere una combinazione di tre elementi (età della pensione, importo della pensione e aliquota contributiva) capace di garantire la sostenibilità del sistema, pensioni decorose e aliquote non troppo alte, e di fare un piano per introdurre nel tempo i cambiamenti.

Le pensioni del prossimo millennio (siamo nel 1988) saranno meno generose e si percepiranno a un'età più elevata. Ma il passaggio graduale al nuovo sistema lascerà ai lavoratori e alle imprese il tempo per creare fondi-pensioni con cui integrare gli assegni dell'INPS.


Infine le aliquote contributive pagate devono essere uguali per tutti o quasi e devono servire solo a pagare le pensioni che abbiamo definito normali.

La macchina del tempo a questo punto non serve più. Torniamo al 2013, vale a dire alla triste realtà di un sistema pensionistico che ha fatto solo alcuni dei cambiamenti elencati e li ha fatti in modo spesso brutale (pensiamo all'allungamento dell'età pensionabile voluto dalla Fornero).

Un sistema pensionistico che è la vera palla al piede per i lavoratori italiani.

In Francia e Germania i contributi pensionistici non superano il 20%, mentre da noi solo i lavoratori autonomi godono di aliquote inferiori al 20%. Le aliquote per i lavoratori dipendenti sono molto più elevate, con due conseguenze: si stimola il ricorso a contratti anomali e si spinge l'imprenditore a risparmiare sul lavoro o a delocalizzare le imprese, alla ricerca di dipendenti meno costosi.

Perchè i dipendenti italiani pagano molto più dei colleghi francesi? Perchè di fatto esiste una imposta occulta sul lavoro, che governi e parlamenti hanno deciso di far pagare soprattutto se non solo ai lavoratori dipendenti o meglio alle imprese di cui sono dipendenti.

Un'imposta che fa incassare allo Stato molti soldi, utili a pagare le pensioni di invalidità, i prepensionamenti e diversi altri costi che dovrebbero essere pagati con la fiscalità generale.
Lo Stato non ha saputo o voluto incassare altre imposte e così è ricorso ad un'imposta occulta: una superaliquota pagata sul lavoro dipendente che fa male ai lavoratori.

E sempre lo Stato o meglio governi e parlamenti, hanno scelto di fare altre scelte poco previdenti: il tema dell'età pensione per esempio è stato di fatto rinviato nel corso degli anni per non perdere il voto di chi sarebbe stato penalizzato, salvo poi creare il problema degli esodati, traditi da una riforma che in un giorno ha risolto un problema rinviato per decenni.

Insomma la macchina del tempo ci ha mostrato quel che potremmo essere e non siamo perchè incapaci di cambiare giorno per giorno, anno per anno.

Il precedente articolo:
http://econoliberal.blogspot.it/2013/08/la-macchina-del-tempo-per-riformare-le_21.html

11 commenti:

  1. "... una imposta occulta sul lavoro, che governi e parlamenti hanno deciso di far pagare soprattutto se non solo ai lavoratori dipendenti o meglio alle imprese di cui sono dipendenti..."

    Bravo, ben detto (anche per il resto).

    Ho sempre trovato ipocrita, o meglio, una presa per i fondelli la distinzione "a carico del lavoratore" e "a carico del datore di lavoro"

    Una domanda: se i "fondi pensione" sono meglio dell'INPS, perché non passare tutto l'ambaradan ai fondi? e se non lo sono, perché non incaricarne l'INPS? Forse perché così facendo si è creata "occupazione"? Cioè invece di una sola mangiatoia se ne sono fatte due, anzi parecchie?

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    1. L'inps prende i soldi dai lavoratori e li distribuisce ai pensionati. Il fondo pensioni prende i contributi, li investe e dopo molti anni, li versa ai pensionati.

      Quindi sono due cose diverse e il problema di fondo dell'Inps è che molto spesso i contributi versati non sono sufficienti a pagare le pensioni, quindi non si accantona nulla, come invece fa un fondo pensioni.

      Sarebbe stato meglio creare fondi pensione alcuni decenni fa, ma l'ostacolo principale è che gli italiani e i politici che li rappresentavano, oltre a essere poco lungimiranti, gradivano un sistema troppo generoso sia per chi incassava sia per chi doveva pagare le pensioni

      In altri termini per creare un fondo pensione serve che si versino contributi in misura superiore a quanto incassato dai pensionati. Cosa molto difficile se chi detta le regole è generoso con i pensionati e con le imprese che devono versare i contributi

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    2. Perché "in misura superiore"?
      Se vengono investiti e "rendono"...
      Certo fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
      Poi l'esperienza insegna e confesso di non sapere come sono andate le cose in questi anni.
      Certo il tuo amico Beppe Scienza tempo fa era assai contrario ai fondi.

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  2. Perché in Italia si è scelto un sistema a ripartizione: i soldi versati dai lavoratori venivano usati per pagare le pensioni in essere. Quindi non c'era un surplus da usare in qualche modo. 100 euro entravano e 100 o più uscivano...

    Scienza sosteneva che i fondi rendevano di meno rispetto a alcuni titoli di Stato

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    1. con pensioni meno generose, le imprese avrebbero speso meno e avrebbero potuto alimentare fondi capaci da un lato di finanziare imprese e magari lo stato, con meno rischi di insolvenza, spread alle stelle ecc e offrendo al lavoratore una buona pensione

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    2. Le cose sono andate come prevedeva Scienza?
      Ma forse il tempo è ancora troppo breve per avere indicazioni significative.

      Personalmente credo che si dovrebbe arrivare (gradualmente) a pensioni uguali per tutti e dignitose. Chi vuole di più potrà farsi un'assicurazione (chiamala fondo o come vuoi): privata se vuole, ma anche presso un ente pubblico. Io dubito tanto dei privati quanto del pubblico e un po' di concorrenza privato-pubblico non guasta (visto che il privato tende a fare pastette alla faccia del libero mercato)

      Quanto a finanziare imprese e Stato non mi pare il caso di mescolare le cose.

      Certo io sono un vaneggiatore e prescindo dal contingente.

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    3. i temi cari a scienza non mi pare riguardino il sistema pensionistico ma il rendimenti di qualsiasi tipo di investimento, compreso quindi anche quello di un fondo pensione

      in inghilterra c'era una pensione statale = per tutti per garantire diritti minimi

      bisogna vedere come funzionerebbe in pratica.. se volesse dire che chi ha redditi bassi prenderebbe meno con una pensione = x tutti, forse non è una buona idea

      tieni presente che gli individui spesso non sono lungimiranti e quindi lasciare libere le persone di decidere se volere pensioni + alte vuol dire correre il rischio di avere tra qualche decennio persone povere che lo stato deve aiutare

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  3. Riferivo ciò che diceva Scienza a proposito dei fondi pensione.

    Giusto: pensione "obbligatoria" per tutti e decente (quindi non una pensione minima all'italiana)

    Come renderla possibile è un altro e più complicato discorso, ma per se si parte da ciò che è possibile non si arriverà mai a ciò che è desiderabile.

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  4. Ottimo articolo, Gian. Faccio solo un paio di precisazioni.

    Ormai, dopo gli ultimi aumenti anche i contributi dei privati (INPS commercianti e artigiani) e della gestione separata ha superato il 20%, arrivando per entrambi oltre il 25%, ed è in aumento.

    Quando si parla di pensioni bisogna poi ragionare sempre anche in termini di fisco, perché i fattori principali che condizionano le pensioni sono: fisco e sindacati.

    Per rispondere a Gino: la divisione tra contributi a carico del lavoratore e dell'azienda è vero che per l'azienda è sostanzialmente fittizia, in quanto di fatto i contributi li versa tutti lei, ma non lo è per il lavoratore: i contributi sono a carico per 1/3 del lavoratore e per 2/3 dell'azienda e questo fa si che l'azienda "scarichi" 2/3 dei contributi e che il lavoratore ne deduca 1/3.
    Perché questo? Semplicemente per motivi di gettito: se il lavoratore scaricasse il 100% dei suoi contributi, dedurrebbe di più, aumenterebbe il salario netto e diminuirebbe il gettito (l'IRPEF è calcolata sul salario lordo) dei lavoratori dipendenti. E questo per il fisco non è accettabile, in quanto l'IRPEF dei dipendenti è gran parte del gettito fiscale.

    Quando si ragiona di pensioni, bisogna pensare sempre, sempre, sempre come ragiona il sindacato, per il quale esiste SOLO il netto in busta paga, il resto non esiste: IRAP, INAIL, costi della sicurezza e del lavoro sono ininfluenti.
    Al sindacato e al lavoratore dipendente interessa UNICAMENTE il salario netto e la pensione netta, è per questo che si parla così spesso di tasso di sostituzione, che con il retributivo arrivava al 75% e con il contributivo arriverà si e no al 50%.

    Il discorso sulle pensioni sarebbe molto lungo, ma quando si tira in campo "il terzo pilastro" bisognerebbe ricordarsi che in Italia funziona solo perché si è trasformato il TFR in pensione integrativa.

    Per le pensioni integrative, se convengono o no, il dibattito è aperto, ma bisogna considerare due cose:

    1. chi ha uno stipendio da 1000 € al mese è impensabile che possa crearsi una pensione integrativa.
    2. Chi è ricco non ha alcun bisogno di pensioni integrative, anzi, dirotterà i suoi risparmi verso forme di investimento più redditizie.

    Quindi a chi servono le pensioni integrative? La risposta è "alla classe media", che però sta lentamente scomparendo da tutti i paesi occidentali

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    1. Sono contento di sapere che consideri "fittizia" la distinzione "a carico di...".
      Anch'io ragiono in termini di "salario netto di tutto".
      A parità delle altre condizioni, tutto ciò che spende il datore di lavoro e che non va in tasca al lavoratore è "prelievo dello Stato" e lo si può considerare indifferentemente a carico del lavoratore o del datore.

      Le varie diciture servono solo per indorare la pillola.

      Ma la gente fa fatica a rendersene conto.
      Ho cominciato a litigare su questa questione col mio prof di ragioneria ... e ora ho 72 anni :-)

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    2. leggendo questo documento INPS si capisce che le aliquote arrivano anzi superano il 40%

      http://www.inps.it/messaggizip/messaggio%20numero%204623%20del%2015-03-2013_allegato%20n%201.pdf

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