Perchè Intesa Sanpaolo aspira a diventare il prossimo proprietario di Generali, uno dei maggiori gruppi legati assicurativi europei?
Vediamo chi sono i protagonisti.
Il primo è Intesa Sanpaolo è una grande banca italiana senza problemi di bilancio.
Il secondo Generali, grande e ricca assicurazione che però ha un problemino: le azioni della società triestina sono distribuite tra molti azionisti, alcuni non legati al mondo assicurativo o bancario, come Del Vecchio, proprietario di Luxottica, che ha diversificato gli investimenti entrando in importanti società con interessi in tutto il mondo.
Il terzo è Mediobanca, che è uno dei principali azionisti in Generali, di cui possiede un 13% del capitale e vorrebbe scendere, proprio come il quarto protagonista, Unicredit, che ha bisogno di soldi, in vista in un imminente aumento di capitali, ed è disposta a cedere la sua quota in Generali.
Nei mesi scorsi Unicredit ha ceduto a una società francese Pioneer, grande società di gestione di fondi di investimento. Mossa necessaria che però ha indebolito la capacità delle imprese italiane di gestire il risparmio, parte del quale finanzia il debito pubblico italiano.
Con l'acquisto di Generali a opera di Intesa Sanpaolo ci sarebbero vantaggi per molti.
Per Unicredit e altri eventuali azionisti che incasserebbero denari in questo momento preziosi (non a caso le voci di una scalata a Generali ha fatto salire alle stelle il valore delle azioni di Unicredit).
Per l'italianità di Generali che potrebbe rischiare di finire in mani straniere, con la possibilità che alcune parti del gruppo siano cedute a assicurazioni straniere, rinunciando di fatto a operare in mercati importanti, come quello francese.
Per Intesa San Paolo, che creerebbe un gruppo ancora più grande e solito perchè Generali gestisce un patrimonio molto grande, frutto dell'investimento dei risparmi dei propri clienti.
E infine per lo Stato italiano, perchè una banca e una assicurazione italiane che investono i soldi dei loro clienti acquistando decine di miliardi riduce il rischio i pericoli per uno stato con un elevato debito pubblico. Se Generali finisse in mani straniere, sarebbe lecito il sospetto che dietro un aumento dello spread ci possa essere una scelta politica di un governo "amico".
Di fronte alla possibile scalata di Intesa Sanpaolo, Generali ha risposto facendosi prestare il 3,3% delle azioni di Intesa Sanpaolo. Questo impedisce a Intesa Sanpaolo di diventare un azionista importante di Generali acquistandone il 10-15% delle azioni, perchè le norme pongono limiti al diritto di voto in caso di partecipazioni incrociate.
Intesa Sanpaolo ha quindi due soluzioni: lanciare un'offerta pubblica di acquisto, comprando il 60% di Generali, sborsando circa 14-15 miliardi. L'altra è controllare Generali attraverso Mediobanca, che controlla il 13% di Generali.
In questo secondo caso, l'italianità del sistema bancario-finanziario italiano si rafforzerebbe perchè da sempre Mediobanca ha forti legami con banche e aziende francesi.
25 gennaio 2017
16 gennaio 2017
Trump e i lavoratori
Venerdì termina il secondo mandato di Barack Obama, che lascia al suo successore un'America in salute, molto migliore di quella ereditata da George W.Bush: il paese cresce, i conti pubblici sono in ordine e la disoccupazione è in calo dal 2010. come testimonia il grafico che segue.
Se l'America s'è ripresa e ha continuato a creare posti di lavoro, è anche vero che i redditi degli americani sono cresciuti poco o nulla. S'è aggiunto lavoro mal pagato e questo spiega la cavalcata vincente di Trump, spinto da una forte retorica anti-sistema che ha avuto successo soprattutto nell'America tradizionale, quella degli operai che risentono della concorrenza straniera.
Riusciranno gli operai americani a star meglio durante la presidenza Trump?
Se Trump riuscirà a portare avanti i suoi progetti, riportando in patria qualche produzione, qualche beneficio ci sarà. Il basso tasso di disoccupazione aiuterà a ottenere contratti migliori.
Questa pare la sola ragione per credere in un miglioramento, mentre altri elementi fanno pensare il contrario, a cominciare dal fatto che la maggioranza parlamentare è e resta in mano ai repubblicani, da sempre ostili a fissare salari minimi o vincoli alla libertà delle parti di fissare i salari.
Poi ci sono le scelte di Trump: al ministero del lavoro collocherà un dirigente proveniente da una catena di fast food, mentre altri posti di peso nell'amministrazione spetteranno a uomini provenienti dal mondo dell'alta finanza ovvero persone pronte a pagare male il lavoro pur di massimizzare i profitti, come fa Trump in molte delle sue imprese.
Infine c'è l'Obamacare, che i repubblicani vogliono abolire e sostituire, col rischio per i lavoratori di trovarsi a sopportare spese più alte per assicurarsi.
Se l'America s'è ripresa e ha continuato a creare posti di lavoro, è anche vero che i redditi degli americani sono cresciuti poco o nulla. S'è aggiunto lavoro mal pagato e questo spiega la cavalcata vincente di Trump, spinto da una forte retorica anti-sistema che ha avuto successo soprattutto nell'America tradizionale, quella degli operai che risentono della concorrenza straniera.
Riusciranno gli operai americani a star meglio durante la presidenza Trump?
Se Trump riuscirà a portare avanti i suoi progetti, riportando in patria qualche produzione, qualche beneficio ci sarà. Il basso tasso di disoccupazione aiuterà a ottenere contratti migliori.
Questa pare la sola ragione per credere in un miglioramento, mentre altri elementi fanno pensare il contrario, a cominciare dal fatto che la maggioranza parlamentare è e resta in mano ai repubblicani, da sempre ostili a fissare salari minimi o vincoli alla libertà delle parti di fissare i salari.
Poi ci sono le scelte di Trump: al ministero del lavoro collocherà un dirigente proveniente da una catena di fast food, mentre altri posti di peso nell'amministrazione spetteranno a uomini provenienti dal mondo dell'alta finanza ovvero persone pronte a pagare male il lavoro pur di massimizzare i profitti, come fa Trump in molte delle sue imprese.
Infine c'è l'Obamacare, che i repubblicani vogliono abolire e sostituire, col rischio per i lavoratori di trovarsi a sopportare spese più alte per assicurarsi.
09 gennaio 2017
Il nome degli insolventi MPS
Dopo la scelta del governo di ricapitalizzare il Monte dei Paschi di Siena (MPS) per salvarlo da un possibile fallimento, in molti hanno chiesto di rendere pubblici i nomi dei 100 maggiori clienti insolventi della banca.
Una richiesta a mio parere poco sensata e potenzialmente pericolosa, oltre che vietata dalla legge sulla privacy (non a caso il presidente dell'ABI chiede una deroga alla legge).
L'idea alla base di questa richiesta è che i dirigenti di MPS abbiano prestato soldi agli amici, molti privi digaranzie, e per questo la banca sia arrivata a chiedere i soldi dello Stato.
Non c'è dubbio che questo sia successo, come in molte banche italiane (e non solo), ma sappiamo che la differenza tra MPS e altre banche, costrette a svalutare i crediti e a ricapitalizzare, sono stati alcuni grandi investimenti sbagliati, come quello per acquistare Banca Antonveneta.
Il ricorso ai soldi dello Stato non dipende quindi dai crediti deteriorati e chi chiede di conoscere i nomi spera di trovare nomi che mettano in imbarazzo l'avversario politico o cerca lo scoop giornalistico.
Conoscere i nomi avrebbe conseguenze economiche non positive. In alcuni così si rivelerebbero nomi di imprese fallite. In altri i creditori potrebbero non essere in grado di pagare, pur continuando a fare il loro lavoro. Pensiamo al caso di una impresa che ha fatto un investimento prima della crisi per costruire un nuovo impianto che poi la crisi ha reso inutile. L'azienda s'è indebitata, continua a lavorare ma non può pagare perchè la crisi morde.
Cosa succederebbe a questa impresa (e ai suoi lavoratori) se si scoprisse che è insolvente? Crollerebbe la fiducia di molti clienti e fornitori, con conseguenze molto negative per l'impresa messa alla berlina.
Qualche mese fa MPS ha respinto un'analoga richiesta fatta da Corrado Passera, per conto di un gruppo di società - i cui nomi non sono stati resi noti - interessate a acquistare i crediti deteriorati da MPS. I dati sui crediti deteriorati possono essere usati per speculazioni di diverso tipo ai danni della banca e dei suoi clienti, e quindi MPS li avrebbe forniti solo a condizione di ricevere garanzie sull'uso degli stessi.
E poi perchè si parla solo dei debitori? Perchè non indicare i nomi dei correntisti che magari hanno ottenuto condizioni vantaggiose minacciando in caso contrario di ritirare i propri soldi?
Il lavoro della banca si basa sulla fiducia anche relativa alle informazioni che la banca possiede sui propri clienti e non diffonde se non in base a obblighi di legge, prorpio come succede col medico che conosce le malattie dei pazienti. Se questa fiducia venisse meno per piccoli calcoli elettorali, l'intero sistema bancario subirebbe un grave colpo e molti clienti preferirebbero rivolgersi altrove.
Una richiesta a mio parere poco sensata e potenzialmente pericolosa, oltre che vietata dalla legge sulla privacy (non a caso il presidente dell'ABI chiede una deroga alla legge).
L'idea alla base di questa richiesta è che i dirigenti di MPS abbiano prestato soldi agli amici, molti privi digaranzie, e per questo la banca sia arrivata a chiedere i soldi dello Stato.
Non c'è dubbio che questo sia successo, come in molte banche italiane (e non solo), ma sappiamo che la differenza tra MPS e altre banche, costrette a svalutare i crediti e a ricapitalizzare, sono stati alcuni grandi investimenti sbagliati, come quello per acquistare Banca Antonveneta.
Il ricorso ai soldi dello Stato non dipende quindi dai crediti deteriorati e chi chiede di conoscere i nomi spera di trovare nomi che mettano in imbarazzo l'avversario politico o cerca lo scoop giornalistico.
Conoscere i nomi avrebbe conseguenze economiche non positive. In alcuni così si rivelerebbero nomi di imprese fallite. In altri i creditori potrebbero non essere in grado di pagare, pur continuando a fare il loro lavoro. Pensiamo al caso di una impresa che ha fatto un investimento prima della crisi per costruire un nuovo impianto che poi la crisi ha reso inutile. L'azienda s'è indebitata, continua a lavorare ma non può pagare perchè la crisi morde.
Cosa succederebbe a questa impresa (e ai suoi lavoratori) se si scoprisse che è insolvente? Crollerebbe la fiducia di molti clienti e fornitori, con conseguenze molto negative per l'impresa messa alla berlina.
Qualche mese fa MPS ha respinto un'analoga richiesta fatta da Corrado Passera, per conto di un gruppo di società - i cui nomi non sono stati resi noti - interessate a acquistare i crediti deteriorati da MPS. I dati sui crediti deteriorati possono essere usati per speculazioni di diverso tipo ai danni della banca e dei suoi clienti, e quindi MPS li avrebbe forniti solo a condizione di ricevere garanzie sull'uso degli stessi.
E poi perchè si parla solo dei debitori? Perchè non indicare i nomi dei correntisti che magari hanno ottenuto condizioni vantaggiose minacciando in caso contrario di ritirare i propri soldi?
Il lavoro della banca si basa sulla fiducia anche relativa alle informazioni che la banca possiede sui propri clienti e non diffonde se non in base a obblighi di legge, prorpio come succede col medico che conosce le malattie dei pazienti. Se questa fiducia venisse meno per piccoli calcoli elettorali, l'intero sistema bancario subirebbe un grave colpo e molti clienti preferirebbero rivolgersi altrove.
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