22 dicembre 2019

50 anni dal primo asilo nido

Il 2019 non è solo l'anno dei 500 anni dalla morte di Leonardo e dei 50 anni dalla strage di Piazza Fontana. E' anche l'anno del primo asilo nido, nato in Emilia Romagna grazie a un paio di consiglieri comunali, un democristiano sindacalista CISL, Tonino Rubbi e una comunista e sindacalista CGIL, Adriana Lodi, oggi 86 enne.

I due (Adriana Lodi è stata anche assessore) vanno in Danimarca per un convegno sugli anziani e decidono di proseguire a proprie spese per la Stoccolma, dove ammirarono gli asili svedesi, costruiti a misura di bambino.

Quindi cercarono di replicare il modello a Bologna, dando vita al primo asilo nido, con orari lunghi ma flessibili, con mobili disegnati da architetti che interagivano con esperti dell'infanzia, con corsi appositi per formare il personale.

Dove hanno preso i soldi? penserete voi. Il comune di Bologna decise di rinviare a data da destinarsi la ristrutturazione di alcuni edifici di proprietà. Meglio dare ai bambini asili nuovi, adatti a un progetto educativo ben definito.

Due anni più tardi lo Stato vara una legge che istituisce gli "asili comunali con il concorso dello Stato". Un titolo che da solo spiega perchè solo in alcune parti d'Italia ci sono tanti asili e di qualità.

 Adriana Lodi continuò le sue battaglie in Parlamento, rinfacciando a un ministro, che considerava non produttivo l'investimento in asili, gli acquisti di aerei da guerra.

Il ricordo del primo asilo nido italiano, innovativo per progetto educativo, architettura, arredamenti, e così via, suggerisce qualche piccola riflessione.

Il comune di Bologna ha saputo risolvere un problema, l'offerta di servizi alle famiglie, imparando da chi ne sapeva di più, gli svedesi.

Ha fatto delle scelte innovative, e ha saputo trovare i soldi rinunciando a qualcosa.

Non s'è infine preteso, con la Legge sugli asili, che fosse lo Stato a decidere di istituire gli asili. Doveva essere responsabilità degli enti locali, che meglio conoscono i bisogni delle persone.

Non basta una legge e soldi per risolvere i problemi. Serve un impegno quotidiano e magari non solo ordinario di chi crede di poterli risolvere, cambiando l'esistente.

09 dicembre 2019

Cafiero de Raho

Il procuratore antimafia Cafiero de Raho si chiede "perché l'imposta non si paga sul reddito conservato anziché sul reddito speso. Questo consentirebbe di controllare tutti i pagamenti" e quindi di combattere il crimine.

La risposta è semplice: lo stato incasserebbe poco o nulla.

Oggi un lavoratore dipendente paga una percentuale variabile del proprio reddito (al netto dei contributi previdenziali). Diciamo un 25%: ogni 100 euro dichiarati gliene restano 75 e di solito in media ne spende oltre il 90%.

Se pagasse sul reddito conservato incasserebbe 100, poi spenderebbe.. già quanto spenderebbe? Qualcuno o forse molti spenderebbero 90. L'imponibile sarebbe pari a 10. Quanto è lecito chiedere di quei 10 euro? Supponiamo il 50%. Quindi lo stato incasserebbe solo 5 euro ogni 100 di reddito. Altri forse pochi invece continuerebbero a spendere 65. Il reddito conservato sarebbe pari a 35. La metà finirebbe in imposte, ovvero 17,5. Sempre meno dei 25 che oggi lo stato incassa.

E' vero che tutto sarebbe dichiarato in una ipotetica economia che funzionasse nel modo suggerito dal Procuratore. Ma alla fine solo il risparmio sarebbe sottoposto a imposta. Con l'effetto di far scendere le entrate e di non avere entrate certe. Nulla vieterebbe agli italiani di spendere tutto il reddito. In questo caso il reddito conservato da sottoporre a imposta sarebbero pari a zero. Niente incasso per lo Stato.

06 dicembre 2019

Spesa al supermercato e voli low cost

Qualche giorno fa ho visto gli ex ministri Tria e Tremonti esprimere giudizi molto negativi sul MES senza spiegarne le ragioni.

A Tremonti piacciono le frasi che colpiscono la fantasia di chi lo ascolta, come una che suona più o meno così: costa meno un biglietto aereo che fare la spesa.

Come si spiegara?

Il prezzo scontatissimo dei biglietti aerei è  prima di tutto quasi sempre ingannevole. Solo una parte dei biglietti è venduta a un pezzo basso e quindi si dovrebbe considerare il prezzo medio e non quello più basso, usato dagli esperti di marketing per attirare clienti.

Bisogna poi considerare i motivi dei prezzi bassi.

Un primo motivo è il marketing: si vende meglio un prodotto/servizio se si attira il cliente con un prezzo basso.

Un secondo motivo è che sovente le compagnie low cost collegano una località solo se ricevono contributi pubblici, diretti ovvero una somma per ogni volo o indiretti come il taglio delle tasse aeroportuali. Ciò può spingere le compagnie a calcolare il prezzo pensando a riempire l'aereo (altrimenti come si giustifica il contributo pubblico?) e a coprire i costi rimanenti.

Un'altra ragione per abbassare i prezzi dipende dal fatto che è meglio incassare poco che lasciare il posto vuoto e non incassare nulla. Un passeggero in più significa un aumento modesto dei costi (per pulizie, carburante, catering) e quindi per poco che la compagnia incassi è probabile che questa somma superi i costi di un passeggero in più.

Infine sappiamo che negli ultimi anni le compagnie aeree low cost hanno anche tagliato i costi, in particolare del personale. Ne sa qualcosa una famosa compagnia low cost irlandese che ha usato tutti i modi possibili per ridurre i costi del personale. Al punto che centinaia di piloti si sono dimessi e sono andati a lavorare altrove non appena ne hanno avuto l'occasione.

Quando invece si parla di prodotti fisici è meno probabile che si assista a un calo rilevante dei prezzi. Quali prodotti sono simili a un viaggio in aereo? Certamente i prodotti deperibili che però sono relativamente pochi e, se restano invenduti, possono essere restituiti o donati, magari con qualche beneficio fiscale, o gettati nell'immondizia senza grandi perdite.

Gli altri prodotti restano sullo scaffale.  Ci sono le vendite "lastminute" di prodotti deperibili, ma non è detto che un consumatore ne approfitti perchè spesso il risparmio è contenuto e l'acquisto di un prodotto che scade il giorno dopo costringe a consumarlo subito.

Il paradosso apparente di Tremonti è quindi facilmente spiegabile. Se la tecnologia spinge le vendite lastminute di viaggi aerei, camere d'albergo, non altrettanto succede con i prodotti del supermercato e quindi può accadere che fare la spesa costi più che comprare un biglietto aereo. Nessuno stupore, se si sa perchè succede.

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