28 luglio 2010

Numeri, numeri e ancora numeri.....

Dopo aver sentito il telegiornale regionale, oggi non ho più resistito e ho sentito l'irrefrenabile istinto di scrivere di come i numeri, le medie e le percentuali possano essere fuorvianti e utilizzati male.

Quando oggi ho sentito il presidente dell'INAIL regionale affermare che nel 2009 gli infortuni mortali nel settore agricolo sono aumentati del 100%, ho sentito le mie viscere contorcersi e salire la mia indignazione!
Poi ha specificato che sono passati da 2 a 4!

Ora, non discuto che comunque 4 decessi siano un fatto estremamente grave, però forse bisognerebbe riflettere anche su COME vengono esposte le cifre.

Quando studiai statistica all'università con il professor Merlini, ricordo che ci mise in guardia dalle manipolazioni dei numeri derivanti dall'uso delle percentuali e delle medie.

Dire che gli infortuni sono aumentati del 100%, su cifre così piccole, non è significativo. Ovviamente resta la gravità del fatto dell'aumento degli infortuni.

Così come indicare la media quando la varianza è elevata non ha senso. Usare medie e percentuali, che sono dati sintetici, cioé pretendono di descrivere la realtà con un solo numero, serve appunto se descrivono la realtà in maniera coerente. Ma se non lo fanno, allora meglio lasciare perdere e limitarsi ai valori assoluti.

Purtroppo dietro i numeri, le medie e le percentuali, sta nascosto di tutto e si può dire tutto e il contrario di tutto, anche solo prendendo un periodo invece di un altro (magari 3 anni o 10 anni o 50 anni!)

Oggi come oggi indicare che il reddito degli italiani è aumentato rispetto 20 anni fa, serve a ben poco, perché oggi la società si sta dividendo in ricchi e poveri. E questa tendenza purtroppo tende sempre più ad accentuarsi: rischiamo di diventare una società di ricchissimi e poverissimi, dove la media dei redditi però rimane invariata....

23 luglio 2010

Monopoli pubblici e monopoli privati

Ultimamente si sta surriscaldando il dibattito intorno alla privatizzazione dell'acqua e al prossimo referendum che ne proporrà l'abolizione.

Io credo che dove esiste un monopolio naturale (come reti idriche, reti di telecomunicazione e viarie), non abbia senso la legge del libero mercato e la rete fisica debba rimanere in mano pubblica e tutt'al più i privati possono gestire la distribuzione del prodotto che corre sulla rete.
Se poi parliamo di un bene fondamentale come l'acqua allora penso che la gestione, nonostante tutto, debba rimanere pubblica.

Ma quali sono le ragioni dei privatizzatori? Vediamo cosa dicono...

"la rete italiana è un colabrodo e si perde fino al 60% dell'acqua".

E' vero, ma secondo voi consegnando la rete a un privato questo si metterebbe a sostituire tubi e a creare invasi?

Perché sull'acqua bisogna chiarire un grosso equivoco. L'acqua non è distribuita ovunque in maniera equivalente: in alcuni posti ce n'è troppa e in altri troppo poca.
Dove ce n'è tanta anche se se ne perde molta, comunque è sufficiente per i bisogni idrici e quindi investire in un impianto senza perdite sarebbe antieconomico, anche perché l'acqua che si perde non è che scompare nel nulla. L'acqua si perde nel terreno e poi finisce tramite ruscelli e fiumi nel mare. Se si captasse tutta l'acqua magari sarebbe troppa e bisognerebbe scaricarla comunque nei fiumi (non è che l'acqua possiamo accantonarla per anni...

Dove invece ce n'è poca servirebbe sicuramente migliorare l'impianto, ma il problema è che se è poca, è proprio poca. Allora bisognerebbe costruire degli invasi per contenerla quando piove, cioé dei laghi artificiali o delle cisterne.

Quindi il problema non è tanto la rete in sé, ma la gestione dell'acqua sul territorio. Che privato si accollerebbe i costi per costruire invasi, cisterne, dighe o laghi artificiali?

Queste sono opere pubbliche il cui ritorno economico è difficilmente valutabile. Anche se un privato decidesse di investire i ritorni sarebbero decennali, a meno di non voler scaricare i costi sulle tariffe. E allora l'acqua in bottiglia converrebbe usarla anche per lavarsi oltre che per bere.

Quindi è completamente inutile far gestire l'acqua (e in genere i monopoli naturali) ai privati. Quello che bisognerebbe fare è depurare la gestione dell'acqua dalla politica, azzerando la miriade di CDA e consiglieri inutili che ci gravitano attorno e consegnarne la gestione (non la proprietà, che deve rimanere pubblica!) direttamente alle regioni, le quali poi si organizzeranno a secondo degli invasi e della geografia locale

20 luglio 2010

Più tasse per tutti

Un vecchio slogan elettorale suonava più o meno così: “Meno tasse per tutti”. E lo slogan è stato cavalcato fino a farne una bandiera.
Ma come stanno le cose?
E soprattutto che promesse sono state mantenute?

Dichiarazioni di Silvio Berlusconi e della Casa delle Libertà:

“Abbattimento della pressione fiscale, con l’esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui; con la riduzione al 23% dell’aliquota per i redditi fino a 200 milioni di lire; con la riduzione al 33% dell’aliquota per i redditi sopra i 200 milioni” (dal Contratto con gli Italiani, campagna elettorale 2001)

“Il Governo non ha aumentato le tasse, e questo è già miracoloso” (Berlusconi, Roma, 21 dicembre 2001, conferenza stampa)

“E’ preferibile per i cittadini che pagano le tasse, come le paga il sottoscritto, pagare minori imposte. Per questo può essere necessario incentivare quei cittadini che non sono in regola, perché mettano mano al portafoglio” (Berlusconi, 2 gennaio 2003, intervista a Panorama)

Vediamo come stanno le cose.

Imposte dirette: le aliquote, nonostante i proclami, sono attualmente 5: 23%, 27%, 38%, 41% e 43%. Quindi nulla sembra essere cambiato rispetto a prima! In pratica sui redditi oltre i 75.000 € si paga il 43%

Imposte indirette: le aliquote IVA sono 4%, 10% e 20% ormai fisse da anni

IRAP: l’unica modifica l’ha fatta Prodi, introducendo il cuneo fiscale. In pratica uno sconto sull’IRAP. Poi le regioni possono, entro certi limiti, variare le aliquote. Ultimamente è stato deciso uno sconto generalizzato sull’IRAP da parte dello Stato. Peccato che l’IRAP vada a finanziare la sanità regionale (sull’assurdità dell’IRAP sono stati scritti fiumi di inchiostro…).

Imposta di successione: tolta e poi rimessa. Gli unici ad averci guadagnato sono quelli che hanno acquistato casa nel periodo di “interregno”

Imposte di registro: praticamente invariate

Imposta di bollo: in costante aumento. Le marche da bollo, retaggio medioevale di pagamento, sono lievitate a 14,62 €. Ma si va già verso i 17,50 per alcuni atti.

ICI: tolta sulla prima casa. Ovviamente se abito in un castello non pago nulla (poverino….).

Accise: sono le imposte sulle risorse, si pagano su petrolio, estrazione, e simili. Costanti. Ma tanto in caso di aumento vengono integralmente riversate sul consumatore…

Balzelli vari: qui si apre una voragine che potrebbe non avere fondo. Infatti se da una parte lo Stato ha ridotto il numero delle imposte, dall’altra parte gli enti locali hanno dato sfogo alla fantasia tassando il possibile. Ne cito solo alcune: TARSU (Rifiuti), TOSAP (Occupazione suolo pubblico), Tassa sulla pubblicità, Tassa sulle insegne (su quelle piccole non si paga più…). E fin qui ci potremmo anche stare. Poi se vogliamo un passo carrabile dobbiamo pagare, così come per la luce notturna, il tagliando per parcheggiare sulle righe blu (anche se sono residente), illuminazione al cimitero, multe e così via

La politica di tutto questo è chiara: lo stato taglia i trasferimenti e scarica sugli enti locali l’onere di “tosare” il cittadino in altri modi. Però così direi che è troppo facile. La pressione fiscale ha raggiunto in Italia livelli record e soprattutto NON E’ DIMINUITA negli ultimi 10 anni!

16 luglio 2010

Nuove regole finanziarie negli USA e truffe sportive

Aggiornamenti.

William ha spiegato come si organizza (illegalmente) una truffa usando una società sportiva. Il fenomeno è diffuso, come conferma questo articolo del Corriere.it, e fa gola alla criminalità organizzata.

A Obama è riuscito un altro colpo davvero importante: l'approvazione di una serie di regole per impedire il ripetersi dei disastri finanziari iniziati nel 2008 come riporta Il Sole 24 Ore. La riforma pone limiti alle operazioni che si sono rivelate pericolose negli ultimi anni. Non si potranno prestare facilmente soldi a chi non è in grado di restituirli e le banche dovranno limitare le operazioni speculative che, se vanno male, fanno fuggire i clienti e costringono banca centrale e governo a intervenire.

Una vittoria storica e una sconfitta per chi sostiene la necessità di liberalizzare e deregolamentare il settore finanziario, nel solco dei provvedimenti presi due mesi fa in Germania (si veda qui).

Vittoria che coincide con la condanna di Goldman Sachs al pagamento di oltre 500 milioni di dollari di multa per aver ingannato la clientela.

15 luglio 2010

Auto blu: il costo dell'inganno


Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte, appena eletto ha annunciato di aver rinunciato all'auto blu. Un modo per ridurre i costi della politica, secondo Cota.

Ma forse non è tutto oro quel che luccica. Come suggerisce questo articolo, su un periodico locale legato al centro-destra, la giunta piemontese ha deciso di sostituire le 13 Alfa Romeo di cui dispone con altrettante Lancia Delta. Che costeranno meno, 400 euro al mese circa, quasi 5000 euro l'anno. Benzina, autisti e manutenzione esclusi. Neppure un'auto in meno. 13 erano e 13 sono.

Senonchè Cota ha deciso di vendere la Lancia Thesis in precedenza acquistata dalla presidente Bresso per 46.000 euro. Rivenduta dopo pochi mesi, la Regione ha incassato la metà di quanto ha speso, riportando una perdita di circa 23.000 euro.

Se Cota si fosse tenuto la Thesis nuova avrebbe potuto sostituire le 13 Alfa con 12 Delta. Una in meno, risparmiando in 5 anni almeno 24.000 euro d'affitto.

Insomma, 23000 euro persi per nulla, non compensati da alcun risparmio. E tutto questo perché la giunta preferisce far vedere che si circola con auto meno lussuose. Insomma lo spreco resta, ma è nascosto.

14 luglio 2010

Il gatto e la volpe


Il gatto e la volpe, cioè banche e assicurazioni.
Vogliamo scommettere che con la tassa sulle assicurazioni finirà come con l’abolizione della commissione di massimo scoperto? Cioè che la situazione per il povero consumatore peggiorerà?

Qualche mese fa, qualcuno si accorse che la commissione di massimo scoperto, cioè un tasso di interesse sull’uso massimo del fido vessava troppo il consumatore/suddito (mi verrebbe da dire “schiavo”, ma credo che il copyright sia di Pascucci…) quindi decise di abolirla!
Ma come?!? Le banche che devono rinunciare a qualcosa? Ma davvero?

Come al solito c’era il trucco…. Chiunque lavori con le banche sa benissimo che la maggior parte dei clienti è perennemente a debito (cioè usa il fido bancario) e quindi è costretta a pagare interessi passivi, oneri e commissione di massimo scoperto. Qualcuno non sa che le banche possono chiudere a loro discrezione il fido, senza neppure una motivazione!
Ma molti sospettavano che le banche non avrebbero mollato l’osso tanto facilmente. Tolta la commissione di massimo scoperto ecco scatenarsi la fantasia delle banche introducendo commissioni con nomi e meccanismi diversi per mungere a dovere i conti correnti!
Ma come non era stata abolita la commissione di massimo scoperto? Diciamo “sostituita” e peggiorata, infatti a oggi tutte le banche l’hanno sostituita con le diciture più fantasiose: commissione sull’uso del fido, commissione sull’accordato e così via, arrivando a raddoppiare le spese di affidamento (se basta).

Ora con le assicurazioni ci risiamo: gli si chiedono circa 234 milioni di imposte in più (secondo le ultime manovre, prima della solita fiducia…) e come credete che finirà? In un aumento generalizzato dei premi assicurativi, cioè scaricato sugli assicurati, specialmente nel settore RCAuto, dove l’assicurazione è obbligatoria e non ci si può sottrarre!

Come fare per combattere ad armi pari con banche ed assicurazioni? In modo legale, ovviamente….

Innanzitutto bisognerebbe abolire il principio che una banca può variare a piacimento il contratto con il cliente semplicemente mandando una lettera che dice che dal giorno X le condizioni sono quelle e basta, e se non ti sta bene, rimborsa il fido e cambia banca!

E’ ovvio che, specialmente per un’impresa, se ti peggiorano le condizioni, non resta altro che fare (nel 99% dei casi…) che chinare la testa e subire, perché chiudere il conto, almeno nel breve periodo è impossibile.

Abolendo il principio sopra e imponendo alle banche di rispettare il contratto fatto all’apertura del conto, si eviterebbero tutti questi soprusi. Basterebbe indicizzare gli interessi all’Euribor (come per i mutui), per evitare sgradite sorprese.

Per quello che riguarda le assicurazioni, basta far rispettare la legge sull’antitrust, che come sappiamo, ha già comminato multe a volontà alle assicurazioni.

Ma si sa... il gatto e la volpe non sono tali per caso...

09 luglio 2010

Meglio il polpo Paul di Goldman Sachs!


A due giorni dalla finale del mondiale si può tirare qualche somma, specie perchè qualche economista (poco equilibrato) ha usato dei modelli econometrici per fare previsioni sul mondiale.

Riempendosi di ridicolo. Già, perchè ha fatto meglio il polpo Paul.

In occasione di ogni partita della Germania i suoi padroni infilavano nell'acquario due cassette trasparenti con un bocconcino succulento. Su una avevano applicato un adesivo con la bandiera delle Germania, sull'altra quella dell'avversaria. Paul doveva scegliere quale mangiare e i suoi padroni concludevano chi avrebbe vinto. Il pareggio non era previsto...

Ebbene, finora Paul ha azzeccato il risultato 6 volte su 6, compresa la sconfitta in semifinale della Germania.

Invece gli economisti che si sono esercitati in previsioni sul mondiale hanno sbagliato parecchio, come riporta qui lavoce.info, tanto che un polpo (che magari passa le sue giornate guardando i mondiali) ha fatto meglio.

Ma perchè -viene da chiedersi- questi signori se le cercano? Hanno tutto da perdere e nulla da guadagnare da previsioni complesse e dall'impiego di modelli econometrici complicati con cui pretendono di trasformare l'incerto in certo. Dovrebbero sapere cosa stanno maneggiando e per questo evitare di fare previsioni su eventi che c'entrano poco con l'economia e sono difficilissimi da prevedere. Tanto più che da quando è iniziata la crisi gli economisti sono nell'occhio del ciclone, accusati di non aver saputo prevedere cosa sarebbe successo.

Eppure ci provano. E sbagliano.
La vicenda ricorda un pò la storia di Giavazzi e della sua irresistibile voglia di festeggiare il fallimento di Lehman Brothers mentre l'economia mondiale era sull'orlo del baratro (ne avevo parlato qui). Un pò di prudenza era opportuna anche perchè gli economisti non sono indovini. Non seguono corsi su come prevedere il futuro, anche se sono attratti irresistibilmente dalle previsioni.

Così molti finiscono per fare brutta figura, mostrando conoscere poco il calcio e, soprattutto, l'economia e l'econometria, correndo dietro a eventi difficili da prevedere mentre si lascia a un polpo le scelte più banali, come decidere la vincitrice di una singola partita.

Speriamo che imparino la lezione e prima di parlare di calcio o di fare previsioni economiche azzardate facciano un salto in un acquario: chissà che tra polpi, squali e meduse non ci sia chi sa dare loro il consiglio giusto.

Uno però vorrei offrilo anch'io: imparate cos'è un modello econometrico, studiatelo per bene e poi usatelo con molta cautela. Ma solo quando serve.

07 luglio 2010

Mare, profumo di mare: le tasse occulte


A volte la tv mostra un mondo che pare la realtà posticcia di Love Boat, telefilm del passato che raccontava le simpatiche avventure dell'equipaggio di una nave da crociera. Nel telefilm tutto funzionava alla meraviglia e c'era spazio solo per persone famose e storie a lieto fine. Proprio come in certe serate in tv, dedicate a premi sconosciuti offerti a persone famose.

Si fa così: si scrittura qualche famoso attore americano, lo si porta in qualche bella località di mare, si prendono tv e soldi pubblici, si fanno sfilare assessori e sindaci che promuovono le bellezze locali, si riempono alberghi, bar, taxi e discoteche e si spera che ciò aiuti a rilanciare il turismo.

Il tutto con soldi pubblici. A carico anche di chi non è interessato alle spiagge della Sardegna o ai faraglioni di Capri, magari perché cassintegrato e si rode il fegato all'idea che mentre sopravvive con pochi soldi qualcuno se la spassa a sue spese al mare, pagato per pubblicizzare una località turistica.

C'è da dubitare che questo serva davvero a incrementare il turismo e che la presenza di un famoso attore americano serva a offrire visibilità all'estero alla località turistica.

Insomma siamo di fronte a un gioco che finisce per arricchire chi è già ricco, un attore americano da 15 milioni a pellicola o una soubrette italiana che per una sera finisce in tv anzichè in una convention per venditori di strumenti elettromedicali.

La realtà del comune mortale, poi, è ben diversa. Le tasse, vere o occulte, le paga davvero. Non lo pagano per affollare una località di mare: il comune mortale paga.

Prendete ad esempio quel che accade ad Albisola Superiore, località di mare poco conosciuta a due passi da Savona, in Liguria.

Come risulta da questo documento il Comune è riuscito a imporre una tassa a buona parte dei propri abitanti. Non l'ICI o una tassa sull'immondizia. Una tassa sul parcheggio. Le solite strisce blu.

Lo scopo è far pagare chi si reca sulle spiagge in estate o nei fine settimana, ma si finisce anche per far pagare i residenti. 5 euro l'anno per chi possiede una sola auto, 60 per la seconda auto o per i non residenti con casa al mare.

Due modi assai diversi di promuovere le località di mare. Soldi offerti ai ricchi (attori, giornalisti e soubrette) e soldi presi dai meno ricchi che vogliono solo passare una giornata al mare.

Roma, Inter, Zaia e Unicredit

Luca Zaia, il presidente della Regione Veneto, spara a zero su Unicredit, colpevole a suo dire di aver salvato la AS Roma, cioè la squadra di calcio di Totti e, a suo tempo, di Falcao, e di non pensare abbastanza al nord, dove Unicredit ha sede e dove risiedono i principali azionisti, le fondazioni bancarie.

Zaia prende un abbaglio, per almeno due motivi.

Il primo è che Unicredit non versa somme di denaro per salvare una società in difficoltà, ma rinuncia ai crediti nei confronti del gruppo presieduto da Rossella Sensi in cambio di una serie di proprietà, tra le quali quella della squadra di calcio. In un secondo tempo cercherà un acquirente per la squadra di Totti e compagni e venderà gli altri beni, così da recuperare i soldi a suo tempo prestati al gruppo dei Sensi.

Quali sarebbero state le alternative? Far fallire il gruppo e recuperare ben poco oppure rinnovare il fido concesso a un debitore che ha dato prova, negli ultimi anni, di essere poco intenzionato a restituire i soldi ricevuti in prestito.

Il secondo è che non siamo in presenza di un caso in cui una banca del nord presta soldi a una squadra di calcio del centro Italia. Unicredit è creditrice in quanto s'è fusa -ma di fatto ha acquisito- il gruppo bancario Capitalia.

Semmai Zaia potrebbe lamentarsi della scelta di Unicredit di sponsorizzare, spendendo parecchi milioni di euro, la Champions League. Che fine fanno i soldi spesi? Servono a pagare i cartelloni pubblicitari a bordo campo ma, soprattutto, servono a pagare chi partecipa alla Champions.

E sia l'anno scorso che quest'anno, 3 squadre italiane su 4 iscritte alla Champions League erano squadre del nord caro al presidente Zaia.

Una di queste, l'Inter campione d'Italia e d'Europa, lancia segnali poco rassicuranti. Non solo potrebbe vendere alcuni giocatori rappresentativi per coprire le perdite, ma offre agli abbonati la possibilità di comprare l'abbonamento per i prossimi 3 anni. Un evidente segnale che occorrono soldi per ridurre i debiti o che la liquidità inizia a scarseggiare.

Sarà per questo che Luca Zaia chiede a Unicredit di pensare più al nord e meno alla Roma calcio?

06 luglio 2010

... se tutti pagassero le tasse....

Me lo sono chiesto tante volte: cosa succederebbe se tutti pagassero quanto dovuto?

Cerchiamo di vedere con qualche numero cosa potrebbe succedere, perché si tratta di uno scenario sorprendente!

Intanto partiamo da qualche dato di base piuttosto interessante (dati ISTAT Marzo 2010).
Il PIL dell’Italia nell’anno 2009 è stato di 1.520 miliardi di Euro.
Il debito pubblico invece è stato pari a 1.761 miliardi di Euro.
Il rapporto debito/PIL è appunto pari al 115,8%

Fino qui lo sapevamo tutti: è sceso il PIL nel 2009 di circa il 5% e il rapporto debito/PIL è peggiorato.

Ora però proviamo ad aggiungere il dato dell’evasione fiscale. L’evasione fiscale in Italia è stimata, dall’Agenzia delle Entrate congiuntamente con l’ISTAT, pari a circa il 18% del PIL. Ovviamente si tratta solo di una stima, in quanto un conteggio preciso è praticamente impossibile.

Quindi aggiungiamo il 18% (273 miliardi di Euro) al PIL: 1.793 miliardi di Euro, cioè superiore, o paragonabile, a quello della Gran Bretagna e della Francia.
Ancora, il rapporto debito/PIL diverrebbe pari al 98,2% del PIL.

Ma è passando all’aspetto finanziario che le cose diventano ancora più interessanti. Se prendiamo un’aliquota media del 25% e la applichiamo all’imponibile evaso, otteniamo un extra gettito di circa 68 miliardi di Euro.

Cosa potremmo fare con 68 miliardi di Euro in più? Beh, ad esempio potremmo diminuire le tasse, o investire in ricerca, oppure oppure…. Potremmo usarlo per abbattere il debito pubblico!

Dunque, noi paghiamo di interessi passivi una quota pari, attualmente (perché i tassi sono bassi) al 4,7% del PIL, quindi circa 71 miliardi di Euro l’anno. Con un tasso medio (passatemi la semplificazione…) di circa il 4%.

Poniamo che tutto rimanga uguale e di rimborsare 60 miliardi di debito pubblico: il debito passerebbe a 1.700 miliardi di Euro e gli interessi passivi diminuirebbero di 3 miliardi di Euro l’anno. E quei 3 miliardi potrebbero essere usati per abbassare le tasse e per investimenti!

Perché se continuo negli anni con questo meccanismo si innesta un circolo virtuoso dove per finanziare la spesa pubblica posso emettere meno titoli di stato e quindi pagare meno interessi passivi, liberando risorse da investire.

…se tutti pagassero le tasse….. ma forse sogno troppo

05 luglio 2010

Lo spreco è mio e me lo gestisco io


I tagli fanno venire il mal di pancia a tanti. A chi li subisce e può farci poco, salvo protestare, e a chi vede con i tagli la diminuzione del consenso elettorale.

Non colpiscono il ministero della difesa di Ignazio La Russa, che di spreco di tempo e soldi se ne intende come pochi.

Famoso per un comunicato stampa che celebra la vittoria dell'Inter mentre in Afghanistan si raccoglievano i corpi di alcuni militari morti (vedi qui), in questi giorni La Russa s'è vantato di 19.8 milioni di euro da spendere in 3 anni per far fare un pò di servizio militare a qualche ragazzo, forse nostalgico del fascismo (vedi qui).

In un'Italia in cui chi poteva evitava il servizio militare con ogni mezzo, è ridicolo che lo stato stanzi soldi per far fare un mini-servizio di leva quando la leva non esiste più da un pezzo e non occorre certo motivare chi aspira alla carriera militare. Ancor più ridicolo in un periodo di tagli, con le tredicesime dei poliziotti minacciate dagli emendamenti alla manovra finanziaria.

Ma La Russa di tutto questo pare non preoccuparsi e anzi spiega che è bene spenderli, i soldi, prima che a qualcuno venga voglia di usarli in modo diverso. D'altro canto, aggiunge La Russa, sono pochi soldi.

20 milioni in tre anni sono pochi soldi? Chissà quanti soldi ha a disposizione il ministro. E chissà come li usa.

Insomma lo spreco è mio e me lo gestisco io. Dei tagli alla sanità regionale o ai trasporti importerà qualcosa al ministro? Se qualcuno lo sa, ce la faccia sapere.

03 luglio 2010

L'ignoranza di mr P

Mr P non perde occasione di sfoggiare la sua ignoranza economica. D'altro canto non è la prima volta. L'avevamo segnalato in questo post riportando le sue parole: "non avevo conoscenze accademiche di economia (ho studiato, operavo ed opero in tutt’altro ambiente)".

Questa volta offre un esempio della sua ignoranza.

In questo post sul forum scopriamo che i radicali hanno posto qualche questione sul signoraggio al Ministero dell'Economia. Il ministero risponde e mr P, noto nemico del "sistema", senza obiettare riporta la risposta. Non obietta perchè non capisce la risposta, che è l'esatto contrario di quanto sostiene.

Infatti possiamo leggere che il credito è remunerato a un tasso e che il reddito che ne deriva altro non è che il reddito da signoraggio.

Che è esattamente quel che ho riportato io nel mio pdf. Che lo capisca o meno, mr P riporta quel che io e altri abbiamo sempre scritto: il signoraggio è rappresentato dagli interessi. Non c'entra nulla con la differenza tra il valore nominale e il costo di creazione delle banconote.

Ma mr P non lo capisce. Infatti titola (in neretto e in pessimo italiano): le banconote fanno reddito. Che significa che creare banconote significa creare reddito.

Inoltre mr P, in preda a un attimo di lucidità, osserva che "la BCE definisce un signoraggio particolare per le banconote..
.. e uno diverso per le monete metalliche"

Ma anche questo altro non è che quel che ho sempre scritto io, riportando la definizione offerta dalla Banca Centrale del Canada che distingue il signoraggio delle banconote da quello delle monete metalliche.

Insomma anche se non lo capisce, dice le stesse cose che ho sempre detto io.

Se solo capisse qualcosa di economia e disponesse di un pò di umiltà, anche mr P capirebbe cos'è davvero il signoraggio. Basterebbe leggesse quel che lui stesso riporta senza batter ciglio. E invece...

02 luglio 2010

Il buco nero delle associazioni

Prendo lo spunto da un articolo de “La Repubblica” sull’evasione delle associazioni per spiegare un po’ meglio come funziona il meccanismo dell’evasione e le sue implicazioni sul sistema economico. Nell’articolo che segue descriverò nel dettaglio la fiscalità delle associazioni sportive dilettantistiche.
Innanzi tutto bisogna sapere che esiste un regime fiscale speciale per le associazioni, regolate dalla legge 398/1991. Il regime pone alcuni paletti, tra cui l’iscrizione ad una federazione sportiva riconosciuta dal CONI e il non superamento di ricavi pari a 250.000 €. Per ricavi si intendono attività commerciali, sponsorizzazioni, diritti di riprese sportive, in quanto i ricavi per le attività istituzionali, come le quote sociali, sono esenti al 100%.

Ciò che permette di “eludere” il fisco è la combinazione dei seguenti tre elementi:

1. IVA: le associazioni non pagano l’IVA nel modo normale delle società commerciali: non la detraggono sulle spese e ne versano una percentuale dal 50% al 90%, a secondo del tipo di provento, di quella riportata sulle fatture emesse. Cioè ad esempio se emetto una fattura per 1000 € + IVA (200 €) per sponsorizzazioni, verserò il 90% dell’iva a debito (180 €).

2. Imposte dirette: le associazioni pagano l’IRES, ma solo sul 3% del fatturato commerciale. Attualmente l’aliquota è pari al 27,50%. Quindi al massimo, se fatturano 250.000 €, pagheranno 250.000 x 3% x 27,50% = 2.062,50, indipendentemente dalle spese effettuate.

3. Costi: le associazioni, si sa, non possono essere a fini di lucro, quindi devono chiudere in pareggio ogni esercizio. Se chiudono in utile non possono distribuirlo, ma devono investirlo. Ma c’è un’altra cosa molto interessante: i compensi pagati agli atleti o allenatori, fino a 7.500 € l’anno sono esenti per chi li percepisce; l’associazione deve solo dichiararli nel modello 770 annuale.

E’ quindi chiaro combinando i tre punti quanto è facile mettere su un meccanismo elusorio delle imposte, praticamente perfetto. Vediamo come.
Innanzi tutto fatturo 250.000 € per sponsorizzazioni ad un paio di aziende amiche. 125.000 € + IVA a testa per l’esposizione di due bei cartelloni pubblicitari nel campo di calcio dove giocano i nostri dilettanti. Ma poi, siccome queste aziende sono proprio amiche, gli restituisco 100.000 € a testa!

Come glieli restituisco?!?!?!

Eh, si….. i filantropi non esistono e se non si fa così i soldi per le sponsorizzazioni non si trovano proprio. Poi da questo meccanismo tutti hanno da guadagnarci.

La società amica esporrà in bilancio un costo di 125.000 €, risparmiando IRAP e IRES per circa 40.000 €. Ecco il conto: 125.000 versate – 100.000 restituite – 40.000 risparmiate = risparmio netto di 15.000 € (di tasse) evase.

La società sportiva pagherà tasse, come abbiamo detto, pari a 2.062,50 su 250.000, inoltre dell’IVA su 250.000, pari a 50.000 € ne verserà il 90%, trattenendone 5.000. Facciamo due conti: 250.000 € incassati – 200.000 restituiti + 5.000 di IVA – 2.062,50 di imposte = guadagno netto di 52.937,50 €.

Ma come?!? Ma non dovrebbe essere a fine di lucro?
Ma certo, infatti all’inizio dell’anno l’associazione sportiva si sarà premurata di tesserare 50 soci, ai quali nel corso dell’anno elargirà 5.000 € a testa, a titolo di compenso per un importo pari – guarda guarda – a 250.000 €!
250.000 € fatturati – 250.000 € usciti: risultato di gestione pari a zero!
Le associazioni non devono tenere scritture contabili e siccome sui 5.000 € di compensi i percipienti non pagano tasse, una volta inviato il modello 770 è tutto a posto.

Ora voi vi chiederete: è possibile che l’Agenzia delle Entrate permetta tutto questo?

Intanto premetto che quello descritto sopra non è assolutamente un incitamento a mettere in pratica il suddetto meccanismo perché si tratta di un reato perseguibile penalmente.
Poi io credo che l’Agenzia delle Entrate conosca benissimo il meccanismo, ma che, entro certi limiti, lo tolleri, in quanto se così non fosse, tutto lo sport dilettantistico italiano sparirebbe.

Eh si. Scomparirebbe. Perché i campi da gioco costano, i palazzetti costano, le divise, le borse, tutto costa e nessuno fa niente per niente. Il ritorno pubblicitario nello sponsorizzare una squadra (che non sia calcio di serie A o poche altre realtà) è pari a zero. Quindi nessuno caccerebbe fuori un centesimo se non ci fosse un minimo di ritorno economico.

E’ triste ammetterlo, ma lo sport dilettantistico italiano si basa essenzialmente sull’evasione fiscale!

Cara autostrada


"Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani" è il tormentone del governo.

Forse nelle tasche no, ma nel portafoglio sì, viene da dire.

Infatti sono scattati ieri gli aumenti sulle autostrade che potrebbero gravare anche per 120 euro al mese sui bilancio di alcuni pendolari.

Il governo a corto di soldi fa pagare una parte dei costi dell'ANAS agli utenti delle autostrade secondo una logica un pò strana: percorri una tangenziale gestita da una società autostradale da cui si dirama una bretella per l'aeroporto gestita dall'ANAS? Paghi di più, anche se non usufruisci della bretella per l'aeroporto. Il maggiore introito finisce all'ANAS.

Si tratta di una scelta criticabile e iniqua da diversi punti di vista.

Anzitutto perché si fa pagare solo ad alcuni il costo di un bene (la strada dell'ANAS) di proprietà di tutti, costo che andrebbe pagato con le imposte di tutti i cittadini.
Doppiamente iniqua, poi, perchè colpisce i pendolari, categoria di persone che, disponendo di solito di minori ricchezze, vanno a vivere fuori città per godere di immobili che costano di meno.

Dal punto di vista ecologico, l'aumento dei pedaggi risGrassettochia di essere deleteria, aumentando il traffico, le code e i consumi sulle strade non a pagamento.

E infine è un provvedimento che non combatte le inefficienze e la corruzione legata alla gestione dell'ANAS. Sarebbe stato più ragionevole, in cambio dell'aumento delle tariffe, far gestire alle società da cui dipendono le tangenziali e le autostrade anche i tratti ancora di competenza ANAS, realizzando economie di scala capaci di far risparmiare qualche soldo all'automobilista.

01 luglio 2010

Il fantasma della cedolare secca

Ormai da tempo un fantasma si aggira per palazzo Chigi e turba il sonno di tutti i possessori di immobili: si chiama Cedolare secca sugli affitti.

L'ipotesi in studio è di sostituire la tassazione attuale degli affitti effettuata tramite l'IRE (ex IRPEF) con un'imposta sostitutiva pari al 20% dell'affitto percepito.

Intanto premetto una cosa, ignota ai più: sugli affitti è previsto un abbattimento forfettario del 15% del canone di locazione annuo, per le spese condominiali, di ristrutturazione e simili, che presumibilmente sarà soppressa con la cedolare secca. Inoltre ignoro nell'analisi l'imposta di registro, pari al 2% all'anno.

Ma vediamo nel dettaglio quali sarebbero le conseguenze con vari profili di reddito (per semplicità supponiamo che non ci siano deduzioni o detrazioni all'infuori di quelle per lavoro autonomo o dipendente):


  1. lavoratore dipendente con reddito lordo di 25.000 € l'anno e un immobile locato a 700 € al mese (8.400 € l'anno). Reddito complessivo: 32.140 € (25.000 + (85% di 8.400)) Attualmente paga, tra IRE e addizionali regionali e comunali 8.379 €, ovvero il 25,09% (calcolata su 33.400 Euro, cioè sul percepito, non su 32.140). Con la cedolare secca pagherebbe 5.601 € di IRE e addizionali più 1.680 € di cedolare, cioè 7.281 €, con un'aliquota media del 21,80%

  2. lavoratore dipendente con reddito lordo di 40.000 € l'anno e 5 immobili locati a 700 € al mese (42.000 € l'anno). Reddito complessivo: 75.700 €. Attualmente paga in totale 27.160 € di imposte, con un'aliquota del 33,12%. Con la cedolare secca pagherebbe 11.778 di imposte e 8.400 € di cedolare, cioè 20.178 €, dunque il 24,61% del reddito.

  3. lavoratore dipendente con reddito lordo di 14.000 € l'anno e un immobile locato a 400 € al mese (4.800 € l'anno). Reddito complessivo: 18.080€. Attualmente paga in totale 3.390 € di imposte, ovvero il 18,75%. Con la cedolare secca pagherebbe 2.076 € di imposte e 960 € di cedolare, cioè 3.036 €, ovvero il 16,15% del reddito.


E' evidente che la cedolare secca, pur non sfavorendo in generale nessuno (a meno di non costruire situazioni molto particolari), favorisce poco i redditi bassi e moltissimo i redditi alti. In una situazione limite in cui un contribuente avesse solo affitti si troverebbe a pagare un'aliquota del 20% indipendentemente dal suo reddito. Mi sembra che una tale ipotesi favorirebbe troppo la rendita, che si ritroverebbe tassata molto poco. Inoltre non vedo come ciò possa servire a contrastare gli affitti “in nero”, contrasto che sarebbe molto semplice fare incrociando i dati della conservatoria dei beni immobiliari con quelli del catasto e delle dichiarazioni dei contribuenti.

Benvenuto William

Da oggi Econoliberal ha un autore in più: William, a cui devo l'idea di aprire uno spazio in cui scrivere di economia.

Benvenuto, William.

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