31 ottobre 2023

PIL e inflazione

L'ultimo giorno di ottobre ci offre  i dati su PIL e inflazione. Il primo è negativo: la stima del PIL del terzo trimestre (arriverà poi il dato definitivo) è pari allo zero, mentre l'inflazione di ottobre registra un calo dello 0,1%. 

Cosa suggeriscono i dati?

Che l'aumento dei tassi da parte della BCE sta facendo effetto. Deprime la domanda di beni e servizi, le aziende se ne accorgono e per vendere son costrette a diminuire i prezzi. Il prezzo da pagare è il PIL che in alcuni paesi in Europa è in calo e in altri vicino allo zero (in Francia 0,1%, in Germania -0,1%) ovvero meno crescita e occupazione.

Questo è il costo di economie che non hanno usato lo strumento fiscale per combattere l'inflazione, lasciando alla Banca Centrale Europea il compito di far tornare l'inflazione entro il 2% aumentando i tassi.


19 ottobre 2023

BOT e ISEE

La ministra della famiglia Roccella ha proposto di escludere i titoli di stato (BOT, CCT, ecc) dal calcolo dell'ISEE, l'indicatore di ricchezza che viene usato per decidere chi ha diritto a talune prestazioni sociali. 

Sono possibili almeno tre chiavi di lettura.

Il primo: è un modo di dire: caro cittadino, se hai investito i tuoi risparmi nel debito pubblico facciamo finta tu non li abbia. Una scelta che penalizza chi i risparmi non li ha. Perchè i fondi sono limitati e se si amplia la platea dei beneficiari, qualcuno senza ricchezza rischia di restare escluso a favore di qualcuno che invece è più ricco.

Il secondo: è una scelta nazionalista e furba. Come essere iscritto a un partito. Solo chi ha certi requisiti "nazionalistici" può accedere agli aiuti dello Stato.

Il terzo: è un segnale di preoccupazione dello Stato che deve vendere i titoli del debito pubblico e ci sta dicendo che è lecito giocare sporco pur di ampliare la platea dei sottoscrittori del debito.

Un pessimo segnale che il mercato potrebbe cogliere e trasformare in un aumento della spesa per interessi. Quello che lo Stato guadagna con più acquirenti di BOT e CCT potrebbe perderlo con un maggiore tasso pagato sugli stessi.

08 ottobre 2023

Visco suggerisce...

Intervistato dal Financial Times (ne parla il Sole 24 ore) il governatore della Banca d'Italia ha affrontato il tema dello spread, in aumento da qualche settimana, che inizia a preoccupare il governo.

Invita il governo e la Presidente del Consiglio a ascoltare le preoccupazioni degli investitori sul debito pubblico, sul deficit e sulla crescita a lungo termine. 

Suggerisce di adottare politiche economiche per ridurre il deficit, che risente negativamente dell'aumento dei tassi pagati dallo Stato. Si rischia il circolo vizioso: se il governo non migliora i conti e non pensa alla crescita, i tassi aumenteranno, e il peggioramento dei conti sottrarrà risorse alle politiche di crescita, provocando altri aumenti dei tassi, e così via.

Quali politiche per la crescita? 

I suggerimenti del governatore sono di massimizzare i finanziamento dell'UE (leggasi PNRR), di incrementare la partecipazione femminile al mercato del lavoro ma anche di migliorare l'integrazione degli immigrati e di potenziare la formazione nelle competenze digitali.

Insomma non c'è alcun complotto contro l'Italia. Lo spread sale perchè le politiche economiche del governo non convincono gli investitori circa la crescita della nostra economia e la solidità dei conti pubblici, che quindi cedono i titoli italiani o chiedono tassi più alti per sopportare il maggior rischio.


01 ottobre 2023

Italia in calo

Il segno meno sembra dominare i dati dell'economia italiana, fatta eccezione per lo spread e i  tassi. 

Il PIL probabilmente crescerà nel 2023 grazie all'aumento ereditato dal 2022 ma ogni previsione è peggiore delle precedenti, mentre nel secondo trimestre s'è registrato un calo, compatibile con la produzione industriale, salita solo a maggio e giugno e in calo negli altri mesi dell'anno. 

Qualche notizia positiva è arrivata dal turismo a giugno e luglio mentre a agosto, mese tradizionalmente dedicato alle ferie degli italiani, s'è registrato un calo del turismo soprattutto degli italiani, che contenevano le spese di fronte a prezzi in salita di ombrelloni e lettini. 

Calano anche il credito alle imprese e le vendite immobiliari, per colpa dei tassi che invece continuano a salire, colpa dell'inflazione che sale meno ma è ancora lontana dall'obiettivo del 2%. L'aumento dei tassi si riflette sui conti pubblici, peggiori del previsto, che mettono a disposizione del governo pochi soldi da spendere per cercare di migliorare la situazione, mentre all'orizzonte si profila qualche grana importante, come quella dell'ex Ilva che chiede invano molti soldi per la riconversione dell'attività produttiva.

Giorgetti è preoccupato per il debito pubblico. Sa che collocarlo significa spendere più dell'anno scorso. E fa bene a spaventarsi anche per la liquidità in calo.

Di chi è la colpa? 

Solo in piccola parte della guerra e dell'inflazione provocata dal rincaro delle materie prime. Oggi il prezzo di gas e luce è sceso di almeno il 75% rispetto ai picchi toccati nel 2022. Passata la tempesta tutto sarebbe potuto tornare (quasi) come prima ma sarebbe servita un'iniezione di fiducia e stimoli fiscali per innescare una brusca frenata dell'inflazione. 

Il governo ha invece deciso di tagliare imposte e contributi pagati dalle imprese finanziando la spesa con le accise sui carburanti, incurante degli effetti sull'inflazione. Se un'impresa paga meno contributi non è detto ceh trasferisca il risparmio sui prezzi, specie se alcuni dei costi continuano a aumentare e se il fatturato non aumenta per effetto di condizioni economiche in peggioramento. Userà invece il risparmio dei contributi per migliorare i propri conti che stanno peggiorando.

Inoltre perchè i consumatori dovrebbero spendere di più se vedono i prezzi (i carburanti, soprattutto) in aumento? Continueranno a essere prudenti spendendo il necessario.

La domanda quindi diminuisce, anche per effetto della fine del reddito di cittadinanza e del superbonus edilizio, e questo causa un peggioramento dell'economia. Non compreso dal governo, che invece stimola la produzione di beni e servizi e non fa niente per aumentare le certezze economiche degli italiani.

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