29 settembre 2012

Briatore, una strana idea di impresa

Flavio Briatore è senza dubbio un uomo di successo, se per successo si intende chi guadagna molti soldi e conduce una vita invidiata da molti tra discoteche e belle donne. Ma è difficile associarlo a un'impresa innovativa.

La biografia che si trova nel suo sito parla di un uomo che lavora in borsa e qui conosce Luciano Benetton, diventando in poco tempo il manager di una scuderia e poi, dopo anni di successi, occupandosi del Billionaire. Le biografie non autorizzate raccontano di un abile commerciante con molti sogni di grandezza e qualche problema di debiti, alcuni dei quali con il fisco, prima di passare in Formula 1.

In sostanza si potrebbe dire che non ha inventato nulla, non ha costruito nulla, ma ha saputo guadagnare molti soldi gestendo imprese altrui o semplicemente vendendo a caro prezzo beni e servizi, come ogni buon venditore che si rispetti.

Mi è capitato di vedere una puntata di The Apprentice, versione italiana di un reality americano, nel quale un imprenditore di successo giudica un gruppo di giovani rampanti alla ricerca del successo negli affari.

Briatore è un giudice duro, poco elegante, determinato alle prese con persone a cui chiede di essere venditori abili e spietati, ovvero di fare quel che farebbe lui, di comportarsi a immagine e somiglianza del "boss".

Il programma con Briatore ha suscitato l'interesse dell'ottimo Aldo Grasso che sul Corriere (vedi qui) chiede perchè mai un giovane dovrebbe studiare a lungo per vincere un anno al Billionaire dove presumibilmente si troverà a servire bibite a qualche ricco che spende migliaia di euro per divertirsi.

La risposta è nel curriculum di Briatore: amicizie, contatti, relazioni. Per Briatore l'impresa è questo: agire da commerciante furbo, capace di vendere un frigorifero agli esquimesi e farglielo pagare caro.

27 settembre 2012

Fiorito

Fiorito, Polverini e tanti altri: sono loro l'oggetto dell'attenzione dei media in questi giorni, vale a dire da quando si sono scoperte le pazze spese del Pdl laziale.

C'è un aspetto di questa e di altre vicende simili che trovo incredibile: in Italia nessuno ha mai controllato nulla, neppure chi sostiene di far politica allo scopo di controllare i politici.

Che dire infatti di quanto sta emergendo a proposito di Matteo Renzi che da presidente della provincia di Firenze (vedi qui) è riuscito non solo a spendere soldi per viaggi e ristoranti, ma anche a dare un contributo non richiesto al celebre MIT di Boston, a dare un contributo a un convegno sulle elezioni americane e un altro all'accensione dell'albero di Natale?

Quando scrissi un post (vedi qui) per spiegare come il Movimento 5 Stelle usava i soldi pubblici, la notizia era su internet da tempo. Solo qualche settimana dopo qualche giornale s'è reso conto che il partito grillino usava i fondi pubblici per pagare le interviste.

Fino a quel momento solo qualche sconosciuto blogger aveva spulciato i conti del M5S, notando qualche stranezza, ma nella totale indifferenza di chi conta.

Nel caso del Lazio la situazione sembra peggiore. Spendevano soldi a palate ma nessuno oggi si vanta di aver scoperto da tempo gli eccessi di Fiorito e soci. Nessuno evidentemente controllava, neppure chi si candida in politica proprio per fare le pulci ai politici.

Uno scenario davvero desolante. La strada per ridurre gli sprechi è lunga, anzi lunghissima.








24 settembre 2012

Grillo: ma non eri ragioniere?

Grillo, sabato scorso, ha tenuto il solito comizio-spettacolo a Parma, mescolando un pò di tutto: dalla questione inceneritore, di cui ha parlato poco, arrivando fino a Assange, che ovviamente non c'entra nulla con la città emiliana.

Il tema dell'incontro pubblico era l'inceneritore di Parma, ma sono i debiti l'ossessione del comico genovese.

E quindi ha parlato del presidente sudamericano Correa, attribuendogli un'inesistente laurea a Harvard, forse più prestigiosa di quella vera, all'università dell'Illinois, ma anche del debito pubblico e del debito di Iren.

Sul debito pubblico italiano ha elaborato una complicata teoria: un anno fa eravamo falliti, ha detto, ma siccome il debito era al 60% in mano ai francesi e ai tedeschi che sarebbero stati travolti dal nostro fallimento, hann mandato Monti e fatto intervenire la Bce in modo da potersi liberare dei titoli italiani. I francesi li hanno venduti e noi li abbiamo ricomprati. Ciò, secondo Grillo, fa crescere il debito.

Ovviamente tutto ciò non è vero. Sarebbe bello se lo Stato comprasse i titoli in circolazione, visto che sono quotati sotto la parità: se lo stato comprasse per 90 centesimi un titolo che rappresenta un debito di 1 euro, ci guadagna e il debito scende. Ma non è successo e neppure si realizzerà la previsione di Grillo di un fallimento dell'Italia.

Infine c'è un'affermazioni che dimostra i limiti enormi del comico ligure. Dopo 1 ora e 3 minuti (qui il video) spiega che Iren dovrebbe essere fallita perchè ha "3 miliardi di deficit" ovvero "3 miliardi di perdite".

I debiti diventano perdita. Ossessione per il debito o semplice falsificazione della verità a opera del ragionier Grillo, che dovrebbe conoscesere la differenza tra deficit e debito?

23 settembre 2012

DEF

Il governo ha aggiornato il DEF che sta per Documento di Economia e Finanza 2012. Ci sono alcuni spunti interessanti.

Intanto la crisi è peggiorata negli ultimi mesi. Ma questo forse lo sapevamo già. Così le previsioni del governo sui conti pubblici sono peggiorate: "nel 2012 l’indebitamento netto dovrebbe collocarsi al 2,6 per cento del PIL" contro una previsione dell'1,6%. In pratica mancano all'appello 15-16 miliardi.

Poi è interessante notare che la spesa per interessi si attesta a oltre il 5% del PIL per una cifra che supera gli 85 miliardi di euro, 100 nel 2015 per oltre il 6% del PIL.

Un'enormità che può aiutare a capire quanto sia importante lo spread: se potessimo ridurre il tasso di interesse mediamente pagato a chi possiede i titoli di stato fino a farlo scendere al 2,5%, potremmo risparmiare 50 miliardi l'anno, ben più di quanto gli italiani sborsano per pagare l'IMU, ma anche una cifra con la quale si potrebbe ridurre drasticamente e in poco tempo il debito pubblico.

C'è poi un'osservazione molto interessante sul lavoro: le varie riforme delle pensioni stanno rendendo più difficile trovare lavoro. La disoccupazione salirà ancora, nel 2013, superando l'11%. E la riforma Fornero  produrrà effetti molto diluiti nel tempo: nel 2060 si spenderà per le pensioni il 14% del PIL contro il 16% attuale.

Gli investimenti stanno crollando: -8,3% nel 2012 con quelli in macchinari e attrezzature crollati di oltre il 10% perchè "gli investimenti in macchinari [sono] particolarmente sensibili alla congiuntura" e non dipendono, come qualche membro del governo racconta, dalle condizioni economiche in cui agiscono le imprese.

Insomma la crisi morde e il governo lo sa, anche se ogni tanto qualche suo membro sembra far finta di nulla.

Infine un dato curioso: nella tavola 8 tra le maggiori spese si indicano le missioni di pace (eufemismo) internazionale con uno stanziamento di 1 miliardo per il 2013. Nulla per gli anni 2014 e 2015. E' il segnale di svolta nella politica militare italiana? O è una dimenticanza voluta per abbellire le previsioni e lasciare la patata bollente al prossimo governo?






21 settembre 2012

Credere in Monti?

Il governo Monti scopre oggi che il PIL italiano nel 2012 scenderà del 2,4% circa. All'inizio dell'anno il governo aveva previsto un più ottimistico -1,2%.

Monti dice che nel 2013 arriverà la crescita. Che ne dite? Gli crediamo o no? A voi la parola....

20 settembre 2012

Fiat in crisi? leggiamo i dati

Si parla molto di Fiat e si dice: Fiat fa peggio dei concorrenti, forse perché, come ha spiegato Della Valle, le sue automobili non piacciono. Il risultato? Un -17,1% nelle vendite in un mercato europeo che scende molto meno. Ma i numeri a volte sono interpretati male.

Leggiamo qualche dato e ragioniamo.

I dati europei, disponibili sul sito Unrae, dicono che l'Europa dell'auto se la passa male. Nei primi 8 mesi dell'anno le immatricolazioni sono diminuite del 7,1% (rispetto ai primi 8 mesi dell'anno precedente) nell'Unione Europea. Alcuni paesi però hanno fatto peggio di altri.

-42% in Grecia, -40% in Portogallo, -19,9% in Italia. Fin qui numeri attesi. Ma anche Francia (-13,4%), Svezia (-9,6%), Belgio (-11,5%) e Finlandia (-10,1%) se la passano male. Un pò meglio fa, soprendentemente, la Spagna: solo -8,5%.

E, a sorpresa, pure il mercato tedesco è in calo dello 0,6%.

Tra i gruppi automobilistici, Volkswagen perde lo 0,1% ma solo grazie all'inclusione di Porsche nelle statistiche. Altrimenti perderebbe circa l'1,5%. Un pò peggio le altre tedesche: -3,1% Bmw e -2,7% Mercedes.

Fuori dalla Germania i dati sono decisamente peggiori: in Francia PSA perde il 13,5%, Renault il 16,3%. In Italia Fiat scende del 17,1%. Scendono più del 10% anche Ford e GM, mentre l'unico marchio che guadagna nettamente nelle vendite è Jaguar: +33% grazie a Land Rover.

Passando ai singoli marchi, non si può che notare il tracollo dei marchi che producono auto destinate a un cliente non danaroso.

Seat scende del 16,2%, Peugeot del 14,6%, Renault del 19,8%, Opel del 15,4% e Fiat del 17,2%. Pure Smart subisce un calo a due cifre: -11,6%.

Il marchio Fiat dunque cala come i concorrenti, anche se il mercato italiano è sceso molto più che altri mercati.

Inventiamoci una sorta di spread, ovvero valutiamo se un marchio fa meglio o peggio del paese di riferimento facendo la differenza tra il calo del mercato in un paese e il calo del marchio che produce in quel paese. Per esempio Renault è francese. Il mercato francese è sceso del 13,4%, Renault del 19,8%. Lo spread è negativo: 13,4 - 19,8 = -6.4.

Ecco qualche dato:

Renault      -6,4
Peugeot      -1,2
Citroen      +1,2
Volkswagen -1,8
Seat              -7,7
Opel           -14,8
BMW           -2,4
Mercedes    -0,8
Opel           -14,8
Fiat              +2.7

Certo, è un dato grossolano, perchè Fiat non vende solo in Italia, ma ci dice che con un mercato italiano molto peggiore della media europea, non c'è da stupirsi se le vendite di Fiat sono scese e di molto. Altri marchi, con mercati domestici migliori, hanno subito cali delle immatricolazioni assai peggiori.

E il gruppo Fiat possiede uno dei pochi marchi in crescita: Jeep che sale del 24% in un'anno.

18 settembre 2012

Balle spaziali


Quando vedo (anche se in ritardo) certi articoli vale la pena veramente commentarli (in negativo), ma colgo l'occasione dell'articolo del blog di Beppe Grillo, in quanto è solo uno tra tanti che vanno propugnando certe tesi per risanare l'Italia.

Ma andiamo con ordine. Nell'articolo che cito tra virgolette in buona sostanza si pensa di risanare il paese recuperando i soldi da criminalità organizzata ed evasione. Purtroppo non è così semplice, vediamo perché...

"L'economia criminale (mafia e malavita): 78,2 miliardi di euro l'anno"

Si tratta dei soldi di pizzo, estorsioni, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, traffico di armi e simili. Come si pensa di recuperarli? Tassando il pizzo? Oppure legalizzando la vendita di eroina?
Se io compro cocaina, i soldi che spendo finiscono nell'ammontare sopra, ma se io fermassi il traffico con azioni preventive e repressive, oltretutto molto costose, sicuramente non guadagnerei nulla!
Dalla lotta alla criminalità organizzata già esce qualcosa dai sequestri di beni, ma si tratta di cifre molto inferiori e che poi vendute rendono molto, ma molto meno dei valori nominali.

"Big company (le grandi aziende): 38 miliardi di euro l'anno"

Da dove esca questa cifra non è dato saperlo. Però posso dirvi una cosa che molti ignorano: le grandi aziende sono controllate tutti gli anni, in quanto "grandi aziende". Il problema delle grandi aziende è che si muovono al confine tra evasione e elusione e colpirle è estremamente difficile, e questo non solo in Italia, ma in tutto il mondo.

"L'economia sommersa (extracomunitari e doppio lavoro): 34,3 miliardi di euro l'anno"

Considerato che il gettito IRPEF è di circa 150 miliardi l'anno, doppi lavori e extracomunitari produrrebbero circa 1/5 del reddito in "chiaro"... A parte che non tutti gli extracomunitari lavorano in nero, quasi tutti i lavoratori dipendenti avrebbero un doppio lavoro.... beh... direi che dobbiamo rivedere le statistiche sulla disoccupazione...

"Le società di capitali (spa e srl): 22,4 miliardi di euro l'anno"

Sono un sottoinsieme delle grandi società (big company) di cui sopra, tra cui ci sono artigiani e piccoli commercianti... sarei curioso di sapere come è ricavato il dato, perché commentarlo è pressoché impossibile...

"Autonomi e piccole imprese (idraulico e parrucchiera): 8,2 miliardi di euro l'anno"

Concludo dicendo che recuperare i soldi dell'evasione è giusto, giustissimo, ma dubito fortemente che un recupero al 100% possa portare sviluppo. Pagare le tasse è una questione di equità, non di economia. Se bastasse recuperare l'evasione fiscale per far andare bene l'economia, allora non ci sarebbero mai crisi economiche.

L'economia in nero, anche se non tassata, produce comunque ricchezza, in quanto questa deriva dal numero e dalla frequenza degli scambi di beni e servizi. La mancata imposizione produce diseguaglianza, in quanto una funzione della tassazione è anche la redistribuzione della ricchezza, inoltre gli evasori fruiscono di servizi statali non finanziati con le loro tasse.

Quindi a mio parere l'evasione produce diseguaglianza e iniquità, ma non vedo come il recupero dell'evasione possa contribuire allo sviluppo, se non al fine di far calare il debito pubblico, liberando risorse da reinvestire sul territorio. Ma questa, vista la politica italiana, è un'altra storia......

17 settembre 2012

Fabbrica Italia: i nodi vengono al pettine

Fabbrica Italia, il progetto di Fiat annunciato un paio d'anni fa per far crescere la e rendere efficiente la produzione di auto in Italia con grandi investimenti, ormai è carta straccia. Un comunicato di Fiat ha annunciato che gli impegni presi saranno rivisti e che il progetto di due anni fa ormai non ha senso, visto che la domanda di auto è crollata ai livelli di 40 anni fa.

Il comunicato ha sollevato un polverone. Politici e sindacati hanno trattato la Fiat come se un traditore che vuole produrre auto altrove o come un'impresa inaffidabile che promette e non mantiene gli impegni.

La domanda a cui nessuno pare voler rispondere è un'altra: perchè la Fiat, che opera in un mercato in forte crisi dovrebbe mantenere obiettivi di produzione irrealistici, investendo milioni di euro in impianti destinati a produrre auto che nessuno comprerebbe?

Il ragionemento del governo e di parte del governo e di parte dei politici, soprattutto di centro-destra, consiste nel dire: creiamo le condizioni per gli investimenti  e sicuramente gli imprenditori faranno la loro parte. Una teoria che può funzionare solo se l'economia cresce, ma del tutto inadatta a fornire soluzioni valide nei momenti di recessione.

Ma è anche una teoria che non fa i conti con la realtà e anche con la storia: le imprese nascono e crescono dove c'è una domanda (se no la probabilità di far nascere e crescere un'impresa sarebbe la stessa a Milano e a Reggio Calabria e avrebbe ragione chi, come Pino Aprile, lascia intendere che il sud è stato volutamente penalizzato), non dove il lavoro costa meno o dove si neutralizzano i sindacati scomodi.


Di fronte al crollo della domanda di auto, tutti appaiono spiazzati.

Chi ha creduto nel progetto Fabbrica Italia e chiesto appoggiato il piano di Marchionne adesso si mangia le mani: gli operai rischiano il lavoro e se la prenderanno con chi li ha spinti controvoglia a approvare il referendum della Fiat.

Chi, a destra, ha spiegato che tutte le colpe erano della Fiom, sembra scoprire solo oggi il problema, come spiega Massimo Mucchetti sul Corriere (vedi qui).

Chi, a sinistra, ha criticato la Fiat e chiede progetti e investimenti, sembra non capire che investimenti e innovazioni non sono la soluzione, come dimostra il caso della nuova Panda, poco venduta benchè sia una novità prodotta in una fabbrica efficiente dove si applicano le regole volute da Marchionne, e come dimostrano le strategie di altre case automobilistiche europee in crisi nonostante abbiano sfornato nuovi modelli.

Infine Monti, che dichiarava che Fiat è libera di investire dove preferisce, sembra fare marcia indietro, abbandonando, forse, le posizioni troppo liberali perché capisce che il disimpegno della Fiat, se ci sarà, vuol dire più problemi economici e sociali in un paese stremato.

14 settembre 2012

Lo SCEC a Parma

Ve lo ricordate lo SCEC, lo sconto che cammina? Ne abbiamo parlato quasi due anni e mezzo fa qui: http://econoliberal.blogspot.com/2010/04/lo-scec.html


In pratica si tratta di un semplice buono sconto spacciato per moneta alternativa capace di liberarci dalla schiavitù delle monete-debito, ecc (vi risparmio il resto delle sciocchezze che si leggono sull'argomento).

Ebbene, Pizzarotti lo introduce a Parma, con la benedizione di Grillo, ovviamente.

Per il Sole 24 ore (vedi qui) si tratta di un banale buono sconto, come aveva spiegato Econoliberal, mentre su Italia oggi (vedi qui) la confusione regna sovrana: secondo il giornalista Giorgio Ponziano lo SCEC è una moneta alternativa, per il grillino Cristiano Casa "Non si tratta di una vera moneta locale" che sarebbe vietata, mentre "Pierluigi Paoletti, consulente finanziario a titolo gratuito del sindaco di Parma" li definisce "una valuta locale".

La confusione sembra regnare sovrana e forse non è casuale: meglio far finta che un'operazione di marketing sembri una cosa diversa, capace di cambiare davvero le sorti economiche di una città.




13 settembre 2012

Signoraggio.com

Ogni tanto, lo confesso, guardo signoraggio.com, giusto per vedere se mi insultano o per cercare qualche nuova invenzione della fantasia di qualche disperato alla ricerca di popolarità.

Ebbene, se guardate in questi giorni il mitico sito signoraggio.com troverete che è chiuso. Il famigerato mr P spiega che l'interesse è modesto e che quindi lui chiude il sito. A meno che... a meno che gli utenti del sito dicano che lo vogliono riaprire.

Per cui invita a rispondere alla domanda: volete riaprire il sito signoraggio.com?

Potete rispondere anche voi, mandando un'email con un sì, voglio che signoraggio.com riapra oppure un no, non voglio che riapra, nell'home page del sito di mr P.

Votate... e pensate a chi si diverte leggendo le baggianate altrui.

11 settembre 2012

Centrale del Latte di Genova & Alcoa

Alcoa. Simbolo di una crisi o forse di altro?

Per capire il caso Alcoa può essere utile prendere in mano un'altro caso, quello della Centrale del latte di Genova. Non è una vera e propria crisi, non c'è un'azienda che non vende abbastanza o non incassa i crediti e per questo decide di licenziare.

Invece, 63 lavoratori (più l'indotto) rischiano il licenziamento perchè la proprietà, i francesi di Lactalis che hanno acquistato Parmalat e con essa la società ligure, ha deciso di chiudere l'impianto di Genova e concentrare altrove la produzione.

Era già successo qualche anno fa, a Moretta, in provincia di Cuneo. Lo stabilimento che trattava il latte prodotto in zona e lo trasformava in formaggio venne acquistato da Lactalis insieme al marchio Invernizzi.

Lactalis decise allora di chiudere lo stabilimento cuneese e di concentrare la produzione in Lombardia, rifiutando ogni offerta per rilevare lo stabilimento. Lactalis non voleva avere concorrenti e ha preferito la chiusura alla vendita (paradossalmente in seguito lo stabilimento è stato riaperto e ha iniziato a lavorare per Parmalat...finendo di nuovo sotto il controllo di Lactalis).

A Genova pare ripetersi il caso di Moretta. Ci sono imprenditori disposti a comprare la Centrale del Latte genovese, ma Lactalis non sembra disposta a cederla e preferirebbe chiudere l'impianto e mandare tutti a casa.

La crisi della Centrale del latte nel suo piccolo è il simbolo di un paese che ha rinunciato alla politica industriale in nome del mercato che risolve tutto, non affronta il cambiamento entrando nel merito delle vicende aziendali ma si limita a intervenire sul contesto economico, e neppure si rende conto (come invece fa l'ottimo Marcello De Cecco vedi qui) che in tal modo le multinazionali riducono la concorrenza e tengono alti i prezzi, beffando Monti, che ha costruito la sua fama come commissario europeo alla concorrenza.

Alcoa sarà salvata, almeno si spera, ma forse più per ragioni politiche che per ragioni economiche. Ma che fine faranno le tante aziende che stanno chiudendo per scelta o per crisi, come la Centrale del Latte di Genova? Non lasciamoci ingannare dal caso Alcoa, soprattutto se dovesse andare a buon fine: in Italia manca da anni una politica industriale vera, quella che ha fatto della Germania il paese più ricco in Europa, e non saranno certo i liberisti al governo a cambiare le cose in pochi mesi.











09 settembre 2012

Eurovegas

Scusate la lunga assenza, eccomi tornato con una notizia che non so se è arrivata  in Italia ma che qui sta destando un forte dibattito.
Il magnate dei casinò, Sheldon Adelson, ultimamente sta negoziando con il governo spagnolo un'investimento di enorme portata che secondo alcune  stime, se avrà successo, potrebbe dimezzare da solo il tasso di disoccupazione madrileno e dare quindi una grossa mano all'economia spagnola in gravi difficoltà.

Il problema sono le richieste di Adelson, che mettono la politica spagnola (e quindi il PP avendo la maggioranza assoluta in parlamento, ed in mano le amministrazioni locali dove avverrebbe il  tutto), di fronte ad una decisione di portata storica.

Si creerebbe di fatto una cittadella a se stante in cui non esistano contratti collettivi, statuto dei lavoratori, leggi antitabacco e antialcolismo, leggi sulla prostituzione, obblighi di versare contributi alla Seguridad Social (l'inps), regimi fiscali d'alcun tipo, limiti sull'utilizzo del suolo, niente di niente, insomma: un'azienda al di sopra della legge.

Questa è la pretesa di Adelson per questo mega-investimento (che in realtà inizierebbe con un piccolo casinò, che si amplierebbe man mano se le cose andessero bene, quindi non è nemmeno sicura questa manna dal cielo di 261.000 posti di lavoro!).
Per quel che mi riguarda sarebbe la morte dello Stato. Sarebbe il definitivo passaggio di potere della sovranità nazionale dello Stato moderno nelle mani delle grandi multinazionali.

Centinaia di migliaia di posti di lavoro in cambio di uccidere lo Stato, questa la proposta. La Spagna dovrà dimostrare quanto è importante  il valore del rispetto del diritto del lavoro, della Costituzione, dello Stato di diritto, rinunciando ad un maxi-progetto nel momento di maggior difficoltà. Lo farà? Se si, tanto di cappello. Se no, sarebbe un precedente veramente inquietante.
Tutti i partiti d'opposizione (dal PSOE a IU a PNV) stanno già gridando battaglia. L'unico partito che invece ha in mano le sorti della questione, il PP, si sta mostrando invece sempre più ben disposto, come si può leggere nei link più in alto.

08 settembre 2012

Moneta elettronica sopra i 50 euro: alcune considerazioni

Il Governo ha recentemente fato trapelare alcune notizie riguardanti alcune innovazioni dal punto di vista della diffusione della moneta elettronica.
Le ragioni sono presto spiegate: nel 1981 l’evasione fiscale in Italia ammontava a circa 28mila miliardi. Una cifra equivalente al 7-8% del Prodotto interno lordo. Trent’anni dopo, secondo il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, questa quota è salita fra il 16,3% e il 17,5% del Pil. Per un totale che oscilla fra i 255 e i 275 miliardi di euro. Porre un rimedio a questo vero e proprio dissanguamento per le casse dello Stato è qualcosa che ogni Governo sano di mente dovrebbe affrontare.

Il mezzo migliore per arrivare a questo obiettivo è contrastare il sistema di incentivi che stanno dietro all'uso del denaro contante, che tutti conosciamo.

Questo tipo di proposta è già stato affrontato dal Governo Monti, quando si trattò di abbassare l'asticella dell'importo minimo per la tracciabilità delle transazioni, che venne infatti ridotto da 5000 € a 1000 €, con tutta una serie di proteste, tra cui quella dei forconi (per chi avesse la memoria corta... Ah si, ho fatto mia la massima andreottiana del "a pensar male si fa peccato, ma..."). In seguito ci fu un'ottima dimostrazione di buone intenzioni da parte del Governo, per agevolare il più possibile i cittadini, con servizi studiati ad hoc che son stati ad esempio visibili alle Poste, con la creazione di apposite card per l'accredito della pensione. Sembrerà inutile nel marasma di offerte di quel tipo, ma personalmente l'ho apprezzato, visto che viviamo in un paese in cui di norma si viene obbligati a far qualcosa senza essere quasi mai messi nelle condizioni per adempiervi.

Una domanda legittima che ci possiamo porre è: altri paesi hanno imboccato questa strada, oppure siamo dei mentecatti noi?

Ebbene, come si potrà leggere qui e qui, la civilissima Svezia ha deciso di dare un colpo mortale al contante. Dai dati che si possono leggere negli articoli, solo più il 3% delle transazioni svedesi avviene col contante. Altro dato interessante è quello riguardante il trasporto pubblico, che viene menzionato e che non prevede più alcun sistema di pagamento con i cash (contanti).

Quello che mi ha spinto a occuparmi della materia è proprio la sua nascita nell'ambito del trasporto locale. Avevo avuto già indicazioni riguardanti l'effetto "traino" dei trasporti leggendo alcune informazioni sulla città di Hong Kong, con la Octopus Card. Questa non è altro che una card con un borsellino elettronico (come è più in uso corrente da noi), ricaricabile, nata per il trasporto locale, ha visto il suo circuito estendersi enormemente con l'affiliazione al proprio circuito di convenience stores, supermarket, ristoranti e fast-food, parchimetri, parcheggi, ecc. Piccolo segno anche di come da un'idea di business, nata per un contesto (quello del trasporto), sia stata la base per l'espansione economica di molte altre imprese anche molto diverse tra loro. Ci potrebbe essere qualcuno in dubbio circa la praticità dello strumento, specie per una popolazione anziana. Ma anche in questo caso i dati sembrano andare in direzione opposta, visto che, cito testualmente, il 95% della popolazione tra i 16 ed i 65 anni fa uso di quello strumento. Tenetelo a mente la prossima volta che sentirete qualcuno dire "come posso farlo capire ai miei genitori? Son persone di una certa età...". Anzi, cercate di far capire, in tale sede, la differenza che passa tra "anziano" e "ritardato", perché parrebbe essere quello il vero significato attribuito all'umana senilità.

Detto questo, considerando che nelle ambizioni del Governo si parla di tempi mediamente lunghi (segno di serietà, sia chiaro), al luglio 2013 (periodo in cui ci sarà un altro Governo a prescindere), credo sarà molto difficile vedere applicata questa, sia pur civile, disposizione, per cui possono mettersi il cuore in pace i milioni di evasori-grandi elettori del partito dell'evasione fiscale, che coincide con quello della spesa pubblica illimitata (più facile indebitare tutti, poi, che riscuotere efficientemente, ora), che coincide con una maggioranza trasversale fatta di ex DC ed ex PSI (per la maggiore), tutti confluiti sotto i colori di un soggetto, con uno strano concetto della bontà d'animo, che continuerà a tediarci ancora per un po'...

07 settembre 2012

Il Direttore Generale di Bankitalia, ente di diritto pubblico



E' di ieri la notizia della riconferma del Direttore Generale di Banca d'Italia, istituto di diritto pubblico incaricato di adempiere alla politica monetaria nel nostro paese, tra cui l'emissione di moneta.
Secondo alcuni teorici del complotto, essa sarebbe una società privata, con addirittura degli "azionisti" e quindi andrebbe preso in mano il Codice Civile, articoli 2325 e seguenti. 
In realtà, come ben sanno i frequentatori di questo blog, la nostra banca centrale, come le altre omologhe europee, sono tutte pubbliche, sia pur con alcune differenziazioni, frutto delle diverse esperienze storiche vissute nei vari paesi. 

Che cosa possiamo trarre dalla notizia dell'avvenuta riconferma del Direttore Generale Saccomanni? Una informazione molto preziosa: se fosse vera l'affermazione per cui la nostra BC sia una società privata, l'organismo di nomina dovrebbe essere un Consiglio di Amministrazione (si badi, così denominato, è un obbligo di legge).

Invece che cosa possiamo leggere nella notizia, passata un po' sottotono, a causa dello scarso interesse che essa suscita nelle menti poco esperte di quasi tutti i giornalisti del panorama italiano?
La Stampa di ieri, ne riportava la notizia in un trafiletto in piccolo a pagina 3, riportando alcune informazioni, tra cui il fatto che ricopre il ruolo dal 2006. Il suo curriculum è di tutto rispetto: laurea alla Bocconi, ha iniziato a lavorare in Bankitalia nel 1967. In qualità di direttore generale è membro del Direttorio della Banca d’Italia e guiderà l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni che sostituirà l’Isvap.
Ma la nomina è la parte più interessante, essendo la Banca un ente di diritto pubblico (art. 1 dello Statuto, quindi non un'oscura e aleatoria disposizione finale scritta in giuridichese), poiché proveniente nientepopodimeno che dal Consiglio dei Ministri! 

(per i complottisti che non saranno caduti in catalessi, spiegherò anche la procedura seguita)

La notizia dell'avvenuta nomina è emersa nel comunicato finale del Consiglio dei Ministri che si è riunito il giorno 5. Su proposta del Presidente del Consiglio (dov'è il CdA?), Mario Monti, è stato approvato il rinnovo del mandato del direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, a seguito della deliberazione del Consiglio Superiore dell’Istituto di Via Nazionale, con decorrenza 2 ottobre 2012 e per un periodo di sei anni.

Ma come, allora la Banca ha potuto dire la sua, visto che si accenna al Consiglio Superiore della banca. Certo, ma è proprio questa la funzione del consiglio, ovvero l'indicazione del DG agli organi pubblici preposti. C'è un obbligo da parte del Consiglio dei Ministri di ascoltare le indicazioni del Consiglio Superiore? Assolutamente no!
C'è un obbligo di motivazione dell'atto? Essendo legato a ragioni squisitamente politiche, visto l'organo competente, di nuovo, assolutamente no!

Ma allora, quanto contano i partecipanti, se potrebbero vedersi sovvertita anche la decisione della scelta del DG, unico potere di un certo rilievo che lo statuto attribuisce loro? Per rispondere citerò il caro Keynes che ebbe modo di affrontare un discorso simile ai partecipanti privati della Bank of England: è un “caso di istituzione che teoricamente è di proprietà assoluta di alcune persone private” ma che “non vi è classe di persone nel Regno quanto i suoi azionisti cui il governatore della Banca d'Inghilterra pensi di meno quando decide circa la sua politica”. E considerate che là sono denominati proprio "azionisti", da noi quel termine sarebbe privo di significato, perché son già considerati in modo diverso.


05 settembre 2012

Inutilità al quadrato...


Oggi voglio parlare di un vero e proprio colpo di genio governativo: la srl con capitale di un euro!

Già alcuni miei clienti mi stanno iniziando a telefonare per costituirne una e pazientemente cerco di spiegare le fregature insite, che ricapitolo qui di seguito:

1. Quando costituisco una società "normale" devo versare il capitale sociale, il minimo per una srl è 1/4 del minimo, cioè 2.500 Euro. Dopo che la società è stata iscritta al registro imprese dal notaio rogante, li posso riprendere e metterli nel c/c della società. Ora, se verso un euro, con cosa inizio a lavorare? Probabilmente per comprare telefono, pagare affitto e mobili i soci dovranno fare un finanziamento soci, ma ciò è equivalente a versare il capitale sociale, con la sola differenza che i soci possono riprenderselo quando ci sono disponibilità!
Infatti, a differenza di come molti credono, il capitale sociale non deve stare fermo nella società in "garanzia" per i creditori, ma può essere tranquillamente speso in bagordi senza che accada nulla.... quasi nulla, come vedremo più avanti!

2. Perché se ho meno di 35 anni non devo pagare il notaio? Il lavoro per il notaio è esattamente lo stesso e non è che gli over 35 siano la fetta di popolazione "ricca" del paese....

3. Il codice civile dice che se una società ha una perdita di oltre 1/3 del capitale sociale (art. 2446 c.c.) i soci devono ricapitalizzarla. Questo è uno dei motivi per cui le società "normali" hanno capitali a volte di centinaia di migliaia di Euro (o riserve disponibili per tali ammontari). Se ho una società con un capitale sociale di 1 Euro, basta una perdita di 40 centesimi per costringermi ad andare dal notaio (con i costi conseguenti) e ricapitalizzarla.

4. Qui potete vedere lo statuto. Come potete vedere si tratta di UNA pagina (UNA).
Lo statuto dell'ultima srl che ho costituito era di 25 pagine!!
Come si può vedere nulla è specificato in merito a quorum assembleari, liquidazione, assemblee ordinarie o straordinarie ecc. ecc.
E questi, per esperienza, sono i punti dove di solito si litiga e che alimentano lunghi e costosissimi contenziosi.

5. Non vedo la differenza tra questa società e una società di persone. A cosa serve una srl se poi le banche chiedono fideiussioni personali per qualunque cosa? Allora tanto vale fare una s.a.s. e tanti saluti!

Personalmente credo sia solo una trovata pubblicitaria che verrà invece utile per le truffe e i raggiri e per tutti gli imbroglioni e i banditi che - ahimé - popolano il mondo imprenditoriale....

04 settembre 2012

L'IVA in discoteca

Nelle leggi si nasconde...l'evasione. Sembra impossibile ma è così.

Se entrate in un bar e ordinate una birra, pagate l'IVA del 21%. Se entrate in una discoteca e chiedete la stessa birra, l'aliquota IVA non è certa.

E' del 21% se la discoteca ti obbliga a pagare un biglietto che comprende la consumazione, ma è ridotta se la consumazione non è obbligatoria.

Così basta che un gestore di discoteca dichiari che la consumazione non è obbligatoria e ... il gioco è fatto, se nessuno controlla. Emette lo scontrino, senza destare sospetti, ma è un'IVA più bassa.

Sembra una norma fatta apposta per favorire l'evasione.

03 settembre 2012

Pensierino su Angela Merkel

Angela Merkel ha dichiarato, a un evento in Baviera, che negli ultimi 5 anni i mercati non hanno servito il popolo permettendo a pochi di arricchirsi a spese di molti, concludendo che sono si può permettere ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della gente.

Finalmente, vien da dire. Certo se la signora Cancelliera davvero pensa che i mercati devono essere al servizio del popolo e dei governi, c'è da essere preoccupati. Molto preoccupati. O forse è meglio riderci sopra, constatando l'incredibile ingenuità del Merkel-pensiero?

Tasse pasticciate

Qualche giorno fa il ministro Balduzzi ha annunciato un'imposta sulla fabbricazione di bibite che contengono zucchero e sugli alcolici. Circa 7 centesimi al litro per le bevande zuccherate, 50 per gli alcolici.

Subito sono arrivate dichiarazioni di fuoco da tutti gli schieramenti, contrari a un'imposta il cui scopo doveva essere quello di raccogliere qualche centinaio di milioni destinati a migliorare l'assistenza sanitaria.

Come sempre in questi casi c'è chi sollevato il dubbio che la norma fosse incostituzionale e chi ha accusato di moralismo il governo, che vorrebbe entrare nella vita delle persone per decidere cosa ciascuno di noi dovrebbe mangiare o bere.

E' un argomento strumentale, visto che siamo soggetti a norme e imposte istituite anche per indurci a fare o non fare qualcosa, che testimonia di un certo fastidio per l'ennesima imposta poco gradita.

Stupisce che Balduzzi e con lui il governo si espongano a queste brutte figure, proponendo interventi destinati a sollevare l'opposizione di molti, in Parlamento, oppure a produrre effetti limitati, come succede con l'imposta sullo stazionamento nei porti delle barche.

E' un'imposta inventata a dicembre, quando era necessario trovare molti soldi per tranquillizzare i mercati finanziari che avevano fatto salire lo spread alle stelle. Doveva tassare chiunque attraccasse in un porto italiano in proporzione alle dimensioni degli scafi, ma alla fine s'è trasformata in una tassa sul possesso delle barche. Soggetti, dunque, solo gli italiani, che spesso intestano lo yacht a società di paradisi fiscali.

Risultato? Poche entrate e barche in fuga per paura. Il settore, già in crisi, ha visto calare gli arrivi nei porti e la domanda di barche di varie dimensioni, anche perché la finanza non ha mancato di controllare i proprietari.

Dunque perchè si inventano queste tasse pasticciate, che portano pochi soldi nelle casse statali e creano un danno, indebolendo la domanda di beni (le barche) e servizi (l'attracco nei porti)? Solo incapacità dei tecnici o anche questo governo, come il precedente, punta molto sull'effetto annuncio, cercando di convincere i mercati che le entrate fiscali saranno elevate, salvo poi cedere alle pressioni di chi si oppone a imposte controproducenti o impopolari?


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