28 giugno 2018

Calcio estivo

Il Milan fuori dalle coppe per un anno. Così ha sentenziato l'Uefa, che ha punito gli ultimi bilanci negativi della squadra milanese. Per iscriversi alle coppe, le società calcistiche non devono superare alcuni limiti nelle perdite e dimostrare che in futuro i conti andranno a posto.

Il Milan invece oltre alle perdite, ha spiegato che i ricavi da sponsorizzazioni e eventi in Cina raggiungerà in pochi anni livelli incredibilmente alti. Una somma così grande (5 volte gli incassi previsti dal Barcellona) che nessuno ci crede.

Come se non bastasse, la scorsa estate il Milan ha comprato una decina di giocatori spendendo oltre 200 milioni. Una scelta scriteriata per una società in perdita con soci cinesi che hanno fatto arrivare con molta fatica qualche milione nelle casse del Milan al fine di coprire le perdite.

Non stupisce quindi la scelta dell'Uefa.

Il caso del Milan non è l'unico a preoccupare il mondo del calcio. C'è il caso del Chievo e delle plusvalenze fasulle fatte col Cesena, che nel frattempo è fallito. Ognuna delle due squadre prendeva giocatori giovani e sconosciuti e li vendeva all'altra valutandoli molti milioni. Tizio era ceduto dal Chievo al Cesena per 5 milioni e Caio dal Cesena al Chievo per 4,5 milioni,

Striscia la notizia ha scoperto che erano valutazioni false, trattandosi quasi sempre di giovani sconosciuti che poi finivano in qualche squadra di dilettanti. Lo scopo però era evidente: creare una plusvalenza (se un giocatore viene venduto a 5 milioni e arriva dal vivaio i 5 milioni sono una plusvalenza ovvero un guadagno per la società) con cui far apparire un bilancio sano ed evitare di mostrare un bilancio con forti perdite, spaventando le banche finanziatrici e costringendo i presidenti a versare altri soldi nelle società.

Le inchieste di Striscia hanno allarmato la procura del calcio che indaga. Potrebbero arrivare squalifiche e potrebbe verificarsi un vero terremoto nel calcio se emergessero altri casi analoghi.

Le finte plusvalenze sono il segnale che il calcio, o almeno molte società hanno conti da brividi. E in questo senso un'altra scelta preoccupante potrebbe essere il decreto che Di Maio sta preparando per limitare il gioco d'azzardo, fermandone la pubblicità. Praticamente tutte le squadre della serie A hanno una società di scommesse tra gli sponsor. Per alcune è lo sponsor principale.

Togliere somme ingenti a bilanci in difficoltà non è una buona idea.

22 giugno 2018

Spread, come sale

Come mai lo spread ogni tanto si impenna facendo preoccupare gli esperti di economia?

Supponiamo che lo Stato emetta un titolo che scade dopo 10 anni e paga un interesse del 2% annuo. Chi lo compra spende 100 e si trova in mano un titolo che permetterà di incassare 100 alla scadenza.

Tuttavia il titolo del debito pubblico, come qualsiasi bene o servizio, ha un valore che dipende dalla domanda e dall'offerta. Se il titolo vale 100 e chi lo possiede vuole venderlo, proverà a venderlo a 99,8. Se non trova un compratore cercherà di venderlo a 99,5 oppure a 99,3, e così via fino a quando trova un compratore.

Un eccesso di vendite deprime il valore del titolo di Stato, come mostra il grafico. In poche settimane il valore di un CCT con scadenza 2025 è passato da oltre 100 a meno di 90. Chi comprato a 90 si trova un titolo che oltre a offrire il 2% annuo, garantisce un incasso finale di 100.

Chi investe 90 incassa alla fine 100 oltre agli interessi. Il rendimento complessivo del titolo sale oltre il 2%, e, di conseguenza, lo spread che è la differenza tra il rendimento di due titoli, i titoli decennali di Italia e Germania.

16 giugno 2018

Blog sempre più in pericolo: arriva denuncia anche per blasfemia

Un blog che tratta temi psicologici e biografici nei giorni scorsi ha ricevuto una denuncia per blasfemia e offesa al credo religioso. “turpiloquio e poco rispetto nei confronti della religione cattolica”, queste le parole che stanno rimbalzando nei social.

Quanto appreso sarebbe probabilmente il primo caso del genere in Italia, quantomeno riferito a un semplice blog che ha intenti tutt’altro che rivoluzionari o provocatori. Attualmente la normativa italiana prevede una sanzione per atti riconducibili alla blasfemia, reato che, a partire dal 1999, è stato depenalizzato e ridotto a illecito amministrativo.

La pagina di cui si parla (oudassam.it) tratta di argomenti legati alla psicologia e alla crescita personale, esposti attraverso vicende in ambito lavorativo e sentimentale. L’autore, utilizzando un linguaggio da strada talvolta crudo, talvolta ironico, è molto laconico nelle sue risposte alla vicenda. “Mi sono meravigliato ma non ne faccio uno scandalo – commenta – mi spaventa molto, però, che sia ancora presente una deriva di questo tipo”.

Un caso emblematico che mette in luce una patina di moralismo che emerge sporadicamente nel nostro paese. In proposito, la Chiesa pastafariana italiana ha lanciato un’iniziativa contro le leggi sulla blasfemia e in difesa della libertà di parola. La normativa italiana mette in evidenza tutte le contraddizioni alla base del concetto di tutela del sacro richiamando l’attenzione sull’assurdità di quelle normative che in diversi paesi puniscono la blasfemia. Paesi tra i quali c’è anche l’Italia, perché se il reato è stato depenalizzato e ridotto a illecito amministrativo nel 1999, è pur vero che chi bestemmia su internet è passibile di istigazione a violare leggi, reato vero e proprio.

13 giugno 2018

Tria rassicura l'economia

La sofferta nascita del governo Conte ha avuto effetti negativi su spread e borse.

Le promesse di reddito di cittadinanza e flat tax unitamente ai dubbi sull'euro hanno causato la vendita di titoli di stato, con conseguente aumento dello spread e perdita di valore dei titoli di stato che, presenti in abbondanza nelle banche, hanno fatto diminuire il valore azionario delle stesse banche, che sono i titoli più importanti nel listino milanese.

Ora, venerdì 8 giugno i titoli azionari parevano piuttosto depressi, su valori in molto casi inferiori a quelli registrati quando il tentativo di 5 Stelle e Lega di formare un governo pareva naufragato.
Lunedì invece lo scenario è cambiato e l'indice della borsa italiana fa segnare un sorprendente +3,5%.

Una giravolta che si spiega con l'intervista di Tria, neo ministro dell'economia, al Corriere. In buona sostanza Tria ha spiegato che il suo compito è controllare i conti evitando sforamenti e avventure: il debito diminuirà, niente deficit aggiuntivo.

I mercati si sono convinti. Forse di meno Salvini che ha iniziato la sua personale crociata contro le ONG che recuperano in mare i migranti. L'argomento più importante è diventata l'Aquarius mentre nelle dichiarazioni dei principali leader politici paiono essere scomparsi i temi economici, ovvero le promesse elettorali di spese gigantesche con poche coperture.

I mercati sono tranquilli ma lo saranno gli elettori quando si renderanno conto che i soldi che aspettano non arriveranno? E lo saranno i politici che su promesse di spesa hanno conquistato il potere esecutivo?

10 giugno 2018

Grillo e la Ruhr

Uno delle questioni che il governo dovrà affrontare nelle prossime settimane è il futuro dell'ILVA, su cui interviene (a titolo personale, secondo il ministro Di Maio) Beppe Grillo.

L'ILVA ha diversi stabilimenti e 14 mila dipendenti. 11 mila sono a Taranto che trasforma il carbone in acciaio poi trasformato da altri stabilimenti tra cui quello di Genova, dove invece i dipendenti sono meno di 2000.

Grillo non fa proposte precise, ma racconta del caso della Ruhr, dove un gigantesco intervento pubblico ha portato alla chiusura di miniere e di aziende che usavano il carbone e inquinavano acqua, terreni e fiumi. Il risanamento ha portato alla creazione di parchi musei, luoghi di divertimento che oggi Grillo indica come un possibile futuro, insieme a centri di ricerca per studiare "l'energia del futuro", forse dimenticando che Taranto produce altro.

E' possibile chiudere l'ILVA a Taranto con un progetto simile a quello della Ruhr in Germania?

A mio avviso no.

Una prima ragione è che nel caso della Ruhr parliamo di una zona di centinaia di km quadrati, una vera e propria regione industriale, a Taranto (e a Genova) di uno stabilimento, per quanto grande. Il contesto è diversissimo. La Ruhr è nel cuore ricco dell'Europa, nella benestante Germania e a due passi da Francia, Belgio, Olanda. In quel contesto, servito da 1400 km di autostrade, una volta riconvertiti i siti industriali, ripuliti fiumi e terreni, non è difficile trovare visitatori per i musei, per i parchi e investitori per fabbriche ristrutturate e messe a disposizione delle imprese a pochi km da città come Dortmund o Dusselforf.

Taranto invece è stata scelta come sede di una grande acciaieria perché città povera in una regione periferica. Si puntava a creare sviluppo e occupazione in una parte di Italia da cui le persone fuggivano dalla disoccupazione per andare a cercare fortuna nelle grandi. Creare a Taranto attività per il tempo libero, centri di ricerca o fabbriche rischia di essere un flop nella misura in cui si spera di fare arrivare visitatori e investimenti da regioni più ricche o dall'estero, oppure di creare più posti di quelli persi. Inoltre non sarebbe nè semplice nè immediata la riconversione dei lavoratori.

A Genova poi l'altoforno è stato spento più di 10 anni fa nell'ambito di un accordo tra l'ILVA e la Regione Liguria, dopo decenni di morti per inquinamento nel quartiere di Cornigliano. Buona parte delle aree lasciate libere sono state riutilizzate, in una città dove una trasformazione come quella della Ruhr c'è già stata: a partire dalla fine degli anni '80 buona parte dei magazzini inutilizzati del porto antico sono diventati musei, ristoranti, residenze private, sedi di facoltà universitarie.


03 giugno 2018

Le vere idee di Salvini sullo spread

In meno di una settimana, siamo passati da una crisi di governo lunga, piena di veleni, di dichiarazioni ostili anche verso il presidente della Repubblica, al giuramento di Giuseppe Conte e dei suoi ministri, tra i quali Matteo Salvini, che aveva fatto saltare mesi di trattative impuntandosi sul nome di Paolo Savona, respinto dal Quirinale.

Nel frattempo abbiamo visto i mercati finanziari che cambiavano atteggiamento: se erano rimasti per due mesi quasi indifferenti alla mancanza di un governo, con l'inizio delle trattative tra Movimento 5 Stelle e Lega lo spread ha cominciato a salire e i titoli azionari a scendere, segno evidente che le preoccupazioni su notizie allarmanti per il bilancio pubblico hanno favorito le vendite di titoli di stato e azioni.

Con il fallimento delle trattative, domenica 27 maggio, le vendite hanno prevalso e in pochi giorni lo spread ha superato quota 300. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si son mostrati tranquilli, comportandosi, in giornate molto convulse nelle quali ogni possibilità di fare un governo pareva tramontata, come se lo spread non fosse un problema, ma il risultato di scelte sgradite di speculatori e ribadendo, soprattutto Salvini, che in Italia non doveva comandare Berlino, cioè la Germania accusata di ingerenza negli affari economici altrui.

Poi all'improvviso, mercoledì 30 maggio tutto è cambiato e in due giorni si è giunti alla formazione di un governo senza Paolo Savona all'economia.

Ha forse vinto Berlino? Pare proprio di no. La svolta sarebbe arrivata dalla Lega. Qualcuno ha parlato con Mario Draghi che ha spiegato che uno spread elevato significa due cose.

La prima è tassi di interesse, e quindi spesa pubblica, in crescita. Ma questo l'aveva già detto il Presidente Mattarella commentando la rinuncia di Conte a formare un governo, nel pomeriggio di domenica 27 maggio.

La seconda è che uno spread elevato rischia di provocare un giudizio negativo delle agenzie di rating, al punto che la BCE potrebbe essere costretta a non comprare più titoli di stato italiano, anche in questo caso con effetti molto negativi per la spesa pubblica per interessi e quindi sulla possibilità per il governo di trovare i soldi per attuare il proprio programma.

Salvini può gridare al complotto, può affermare che non vuole un'Italia sotto il giogo di Berlino ma sa bene (o forse glielo spiega qualcuno nella Lega) che i titoli di stato che rappresentano l'enorme debito pubblico italiano devono essere acquistati da qualcuno pagando tassi di interesse possibilmente bassi.

Così, avvertito da Draghi della possibili conseguenze delle proprie scelte politiche, cede proprio come ha fatto prima di lui Berlusconi, che nel 2011, di fronte a mercati che vendevano i titoli di stato facendo salire alle stelle lo spread, ha lasciato la presidenza del consiglio e accettato le ricette economiche di Mario Monti.

Se la propaganda impone di invocare il sovranismo e il complotto di Berlino, la realtà impone accordi e compromessi per non mettere a rischio di conti pubblici e trovarsi a governare una economia con conti pubblici disastrati. Alla fine, comunque la si pensi, lo spread è uguale per tutti e tutti corrono ai ripari prima che diventi un pericolo per lo Stato.

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