30 marzo 2020

Briatore

Mi è capitato, ieri sera, di vedere per qualche minuto Flavio Briatore parlare di come affrontare la crisi economica causata dal coronavirus.

L'imprenditore cuneese sosteneva che l'Europa dovrebbe stampare moneta e creare inflazione.

La BCE come altre banche centrali, da anni creano moneta. Non la stampano e distribuiscono i soldi come fossero quelli del Monopoli, perchè non credono alle favole di qualche politico ignorante e improvvisato, ma creano moneta acquistando soprattutto titoli di stato dalle banche.

Per cui nella proposta di Briatore non pare esserci nulla di nuovo.

La creazione di moneta ha generato inflazione?

Proprio no, l'inflazione non si crea solo con la moneta. Si crea nel momento in cui si acquistano beni e servizi. Quando le aziende registrano un aumento della richiesta di un bene scarso, alzano i prezzi. Succede con le mascherine, i disinfettanti e altri beni che in queste settimane stanno andando a ruba. Per gli altri non accade. Inoltre in un mondo globalizzato, la domanda si può soddisfare anche attraverso produzioni che avvengono in un altro continente, per cui è più difficile che un aumento della domanda generi inflazione.

Sarebbe utile un pò di inflazione perchè ridurrebbe il rapporto debito/PIL. Il debito pubblico resta uguale mentre il valore del PIL cresce anche per effetto dell'inflazione e quindi in rapporto diminuisce se c'è l'inflazione.

Ma troppa inflazione spaventa chi... ha un pò di soldi. L'inflazione diventa una tassa occulta, agisce sui conti correnti, sugli stipendi, le pensioni, insomma su tutto quello che è denaro o assimilabile ai contanti, come fosse un prelievo forzoso, imposto dallo Stato per incassare denaro.

Tra i prodotti assimilabili al denaro contante ci sono i BOT, i CCT e in generale i titoli di Stato. Se l'inflazione sale in modo inatteso e non è previsto un meccanismo di indicizzazione all'inflazione, il risparmiatore subisce una perdita, proprio come chi ha qualche migliaio di euro sul conto corrente.

Chi di soldi ne ha molti o dispone di consulenti finanziari abbastanza capaci, di fronte al rischio di un aumento dell'inflazione, sposterebbe i propri averi su beni che risentono poco o per nulla dell'aumento dei prezzi, come gli immobili o i beni rifugio.

Il crollo del valore di una moneta inflazionata avrebbe poi altri effetti negativi. Ragion per cui è improbabile che la ricetta di stampare moneta sarebbe vista di buon occhio. L'inflazione farebbe fuggire capitali dall'euro e danneggerebbe le imprese e gli stati che usano l'euro.

Chissà se tutto ciò è noto al cittadino che magari apprezza le parole di Briatore in tv, ignaro del costo che l'inflazione avrebbe per i suoi magri risparmi.





28 marzo 2020

Niente dividendi

Quante volte abbiamo sentito dire che non si dovrebbero salvare le banche?

Non ci sono i banchieri, come succedeva una volta, proprietari di banche a cui far pagare gli errori. Ci sono invece gli azionisti, alcuni piccoli, alcuni più grandi, fondi di investimento e fondazioni bancarie che usano i dividendi per aiutare la cultura e per il sociale. 

La crisi ha fatto scendere i prezzi delle azioni in maniera rilevante. 

Un'azione Unicredit, ad esempio, che valeva oltre 14 euro a metà febbraio è scesa a meno di 7 euro nei giorni scorsi, per poi risalire verso gli 8 registrati oggi (7,86 come indica il sito di Borsa italiana). Un'azione di Intesa San Paolo è invece passata da 2,60 euro a 1,56 di oggi.

Valori che non faranno piacere agli azionisti ma che erano molto interessanti se rapportati ai dividendi previsti per i prossimi mesi. Unicredit prometteva 63 centesimi lordi per azione, 46,6 centesimi tenuto conto dell'imposta del 26%, che rapportati ai 7.86 di oggi fa quasi il 6% netto. Tanto in un'epoca di interessi vicini allo zero. 

Lo stesso si può dire di Intesa che avrebbe dovuto versare 19,2 centesimi lordi, ovvero 14,2 centesimi netti ad azione (che vale, oggi, 1.56), quindi oltre il 9%, percentuale da BOT di parecchi anni fa.

Ora tutto questo potrebbe non accadere più. La BCE e la Banca d'Italia come altre istituzioni finanziarie di alcuni paesi europei, hanno consigliato di non distribuire dividendi almeno fino a ottobre e di non realizzare operazioni sul capitale. Scelta che vale, per Intesa San Paolo e Unicredit, circa 5 miliardi lordi.

E' una scelta ottima perchè è possibile che nei prossimi anni la crisi innescata dal coronavirus produca perdite per le banche sotto forma soprattutto di crediti inesigibili. Chiedere agli azionisti di fare un aumento di capitale per coprire le perdite sarebbe rischioso. Meglio non distribuire utili e tenere i soldi per il futuro, che in questo momento è più incerto che mai. 

Il solo rischio è che il prezzo delle azioni scenda ancora favorendo gli speculatori. Ma acquistare azioni significa correre rischi.


23 marzo 2020

Eurobond?

Ci saranno gli eurobond per finanziare le misure contro la crisi economica causata dal coronavirus?

Non mi piace fare previsioni azzardate, ma se dovessi scommettere 1 euro, preferirei puntare sul no.

Gli eurobond dovrebbero essere emessi dall'Unione Europea, che di conseguenza dovrebbe decidere come usare i soldi. Ma da anni i governi nazionali decidono tra loro riconoscendo poca autonomia all'Unione. Come pensare che in questo scenario i diversi paesi cedano poteri all'Unione?

I diversi paesi hanno esigenze e debiti differenti. Gli eurobond sarebbero graditi ai paesi molto indebitati, come l'Italia, ma forse sono sgraditi dai paesi meno indebitati, che possono per questo motivo usare più risorse senza aiuti esterni.

C'è poi da chiedersi quali tassi pagherebbe un eurobond emesso dall'Unione. Se fosse garantito da economie forti come quella tedesca, pagherebbe tassi più bassi, ma di fatto ciò sarebbe equivalente a far emettere debito alla Germania. Saranno contenti i tedeschi di indebitarsi per soldi che finiscono a altri paesi meno virtuosi in fatto di deficit e debito pubblico? I tedeschi che rimproverano altri paesi con bilanci meno virtuosi difficilmente vorranno indebitarsi.

Mi pare invece più ragionevole pensare che l'UE conceda ai singoli paesi membri la possibilità di indebitarsi, facendo accordi con i singoli paesi, per affrontare la crisi, d'accordo con la Banca Centrale Europea che comprerà un'uguale quantità di titoli pubblici emessi dagli stessi paesi e li terrà per anni, forse decenni. In questo modo si terranno bassi i tassi di interessi e sarà basso il rischio di una crisi del debito pubblico.


16 marzo 2020

550 miliardi tedeschi e zero contagi turchi

Il coronavirus sta minacciando tante vite umane e l'economia che potrebbe finire in una forte recessione.

Ma forse cambierà anche le abitudini di vita di tanti in tutto il mondo. E quando cambiano le abitudini cambiano anche le imprese, capaci di cogliere le nuove opportunità e di pensare nuovi bisogni. Pensiamo ad esempio a Facebook o a Apple. In pochi anni offrendo nuovi prodotti e servizi hanno cambiato il nostro modo di vivere. Ci sono persone incapaci di separarsi dall'iphone e dal social preferito anche quando attraversano la strada.

Non mi stupirei se la crisi attuale venisse usata dalle imprese per proporci qualche prodotto che fino a qualche settimana fa non avrebbe avuto acquirenti e se ciò accadesse in modi nuovi o se semplicemente ne approfittasse per sottrarre clienti alla concorrenza.

Come spiegare altrimenti alcune notizie particolari di questi convulsi giorni?

Ci sono contagi in Turchia? Ufficialmente no. Viene il sospetto che non ci sia solo una strategia politica di Erdogan, che ha tanti problemi interni e tante partite da giocare sul piano internazionale. Potrebbe anche rispondere a una strategia economica ben precisa: offrire prodotti turchi al posto di quelli di paesi che, denunciando la reale situazione sanitaria, vietano viaggi, chiudono frontiere e fabbriche.

Il produttore turco spiega ai clienti che loro non hanno problemi, a differenza degli europei, e vende i prodotti turchi in giro per il mondo.

E come spiegare i 550 miliardi annunciati dal primo ministro tedesco? Ci sono a dire il vero diverse possibilità. Lo Stato può garantire che le imprese sono liquide, cioè possono pagare i fornitori, restituire i soldi a banche e obbligazionisti, allo scopo di evitare vendite di azioni, obbligazioni o per spingere le banche a concedere credito alle imprese anche di fronte a prospettive molto negative. La banca presta soldi all'impresa, se garantisce lo Stato.

Ma c'è anche la possibilità di veri finanziamenti da parte di una società che equivale alla nostra Cassa Depositi e Prestiti, sia per affrontare la recessione sia per cambiare le imprese, lanciandole in nuovi mercati, di cui le imprese tedesche da tempo puntano a diventare leader.

I pochi debiti tedeschi, frutto del dominio economico tedesco degli ultimi anni oltre che di una maggiore fedeltà fiscale, permettendo al governo di intervenire pesantemente nell'economia, potrebbe quindi alimentare il dominio economico tedesco per i prossimi anni.

09 marzo 2020

Chiudere la borsa?

L'emergenza coronavirus ha spinto qualche politico a ipotizzare la chiusura della borsa valori di Milano, sommersa dalle vendite. Alle 16 il calo è del 10% e si aggiunge a diversi importanti cali registrati nelle ultime due settimane, ovvero da quando s'è riscontrato il primo caso di coronavirus.

E' una buona idea?

A mio avviso no. Il motivo è semplice: non si scambiano azioni o altri titoli soltanto in borsa, ma anche in tanti altri modi "paralleli". La borsa funziona come un mercato qualsiasi. Le arance si vendono al mercato ma si possono vendere anche in altri modi.

Se il mercato ufficiale è chiuso, chi può accedere al mercato parallelo continuerà a comprare o vendere mentre chi non può farlo rischia di subire le conseguenze. Se il signor Rossi possiede una manciata di azioni e il mercato è aperto, può venderle, se vuole. O tenerle e aspettare tempi migliori. Se è costretto a tenerle ha meno possibilità di scelta. Tra 15 giorni i valori saranno gli stessi, a mercati aperti o chiusi perchè nel frattempo le negoziazioni continueranno, sui mercati paralleli o su altri mercati.

Alcune società come FCA sono quotate a Milano ma anche a Wall Street. Sospendere solo la borsa di Milano vuol dire consentire a qualcuno di spostare le azioni a Wall Street o comunque concludere contratti di compravendita. Il piccolo risparmiatore difficilmente può farlo e alla fine rischia di rimetterci col mercato chiuso.

03 marzo 2020

La FED aggredisce il coronavirus?

In un contesto di economia debole, che risentiva delle incertezze legate ai dazi voluti dall'amministrazione Trump e alla Brexit, il coronavirus ha fatto crollare le borse mondiali, suscitando la reazione dello stesso Trump, preoccupato dalle elezioni di novembre.

Dopo una settimana di forti cali, la FED ha deciso di far scendere il costo del denaro di mezzo punto, da 1,50-1,75 a 1-1,25%.

La borsa ha reagito bene, anzi benissimo salendo molto in pochi minuti. E poi? Poi Powell ha rilasciato un comunicato poco ottimista e i mercati hanno cambiato rotta, finendo per registrare un -3%.

Se qualcuno si illude che si possano ingannare tante persone in nome di un interesse politico, si sbaglia. La realtà prevale sulle scelte di comodo, prima o poi.

Ne vedremo parecchie in epoca di elezioni e coronavirus. Meglio prepararsi per tempo.

Nel grafico l'impennata dell'indice Dow Jones dopo la decisione della FED.

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