30 gennaio 2014

Aumento di capitale della Banca d'Italia, live

In questi giorni si parla, complici le proteste dei deputati pentastellati, del capitale della Banca d'Italia.

Romeo Gentile ha colto la palla al balzo per un live, che potete rivedere su Youtube: http://www.youtube.com/watch?v=zKmhWVoi0ZY

Apro una breve parentesi di carattere personale: a un certo punto Romeo spiega di voler aiutare chi lo ascolta a non credere alle frottole che si leggono e si sentono su taluni argomenti: è la stessa motivazione che mi ha spinto qualche anno fa a impegnarmi nella mia piccola battaglia contro le frottole sul signoraggio!

E per chi volesse leggere qualche pagina (sono 3 in tutto), ricordo il piccolo documento sul capitale della Banca d'Italia:   http://www.frottolesignoraggio.info/capitalebankitalia.pdf


Stessa notizia, interpretazioni diverse

La notizia è molto semplice: Deutsche Bank ha pubblicato i dati di bilancio, facendo registrare una perdita di 1 miliardo e 150 milioni di euro. Quali le ragioni?

E qui inizia il divertimento. Perchè se si legge questo articolo (vedi qui) del Sole 24 Ore e questo articolo (vedi qui) di Mattia Feltri su Il Fatto Quotidiano ci si rende conto che qualcuno la spara grossa.

Partiamo dal Sole, forse più affidabile quando si parla di bilanci. Secondo il quotidiano di Confindustria la perdita dipende da oneri straordinari e in particolare da multe subite negli USA, spese legali, accantonamenti per far fronte a nuove spese future, ma anche dalle perdite collegate al trading di obbligazioni (reddito fisso).

La notizia della perdita, inattesa, non è stata presa bene dal mercato, racconta il Sole, ma visti gli oneri straordinari la grande banca tedesca può dormire sonni tranquilli.

E' vero l'esatto contrario, invece, secondo Mattia Feltri, che ignora gli oneri straordinari e spiega che Deutsche Bank è impegnata a fare trading e a "spremere" i clienti con le commissioni. Ma questa volta non è andata bene, causando le perdite.

Le perdite di Deutsche Bank perchè non può tartassare i correntisti e perchè il trading va male diventano così l'occasione per una considerazioni in altri campi. Feltri spiega le difficoltà delle banche a cui le autorità europee potrebbero chiedere forti ricapitalizzazioni e appare convinto che si stia gonfiando una evidente bolla speculativa in borsa.

La borsa italiana, spiega Feltri, è "di nuovo dopata, come nel 2008" ed "tornata ai livelli del 2011" anche se l'economia reale va male. Con qualche imprecisione, forse.

Un grafico (ricavato da yahoo finance) dell'andamento del principale indice italiano (vedi sotto)

dimostra che la bolla ha toccato il suo massimo nel 2007 e che nel 2008 la borsa stava scendendo, mentre è vero che la borsa attualmente sta raggiungendo i livelli del 2011, ma le prospettive dell'economia sono le migliori degli ultimi 2 anni e questo giustifica l'ottimismo della borsa.

Come mai Feltri è tanto allarmista? E chi offre la peggiore informazione ai suoi lettori?


29 gennaio 2014

Saccomanni

L'attuale governo di larghe intese non mi entusiasma e forse non entusiasma milioni di italiani che preferirebbero non vedere destra e sinistra insieme al governo a imporre veti, creare con difficoltà, smontare le altrui proposte e cercare una mediazione su tutto.

Però questo è il governo che, per quanto insoddisfacente, ha al suo interno ministri di qualità. Come Saccomanni.

Il solo, la scorsa estate, a spiegare che la crisi era alla fine, mentre non mancavano le previsioni di una crisi destinata a durare all'infinito o peggio.

A luglio per esempio Saccomanni spiegava: andiamo verso la ripresa (vedi qui) e Squinzi negava, forte dei dati di Confindustria.

Saccomanni aveva preso un abbaglio? No, era informato meglio di Squinzi che 10 giorni fa, il 18 gennaio ha spiegato che i segni di ripresa, seppur deboli, ci sono (vedi qui). Segni come la ripresina della produzione industriale a novembre o l'aumento della fiducia dei consumatori misurata nei giorni scorsi (vedi qui).

Come può Saccomanni fare previsioni migliori? 

Si possono fare due ipotesi. La prima è che visto il suo passato alla Banca d'Italia abbia una conoscenza migliore e un migliore accesso ai dati. Le previsioni, come spiega l'ex numero uno della FED Alan Greenspan, sull'andamento di una economia nel breve periodo si fanno prendendo il telefono e chiedendo informazioni ai capi di imprese e banche. I dati raccolti informalmente e in modo veloce servono a capire cosa succederà nei mesi a venire.

Il vantaggio di Saccomanni potrebbe essere non solo nella possibilità di disporre di dati migliori, ma anche di non averli in alcun modo elaborati. Un ufficio studi dovrebbe non solo raccogliere i dati, ma anche elaborarli, fornendo a chi li utilizza uno studio strutturato e elaborato, pena il rischio di non apparire credibile.

La seconda ipotesi è che Squinzi e Confindustria usino i dati per cercare di orientare la politica economica governativa. Non avrebbero in altre parole interesse a annunciare il miglioramento dell'economia per cercare di spingere il governo a aiutare maggiormente le imprese che rappresentano.

27 gennaio 2014

Bubble pot

Un paio di volte (vedi qui e anche qui) questo blog s'è occupato di marjiuana legalizzata in alcuni stati americani, dove si punta anche a riempire le casse statali con gli introiti della vendita della sostanza finora vietata.

Se c'è la possibilità di vendere qualcosa, negli Stati Uniti non mancano le imprese pronte a vendertelo. Esistono diverse aziende quotate in borsa che provano a produrre marjiuana e a commercializzarla.

Imprese in alcuni casi un pò naif, con amministratori che in passato sono stati in carcere per spaccio e sono alle prese con cause e processi. I regolatori della borsa avvertono i risparmiatori: le azioni di queste società sono a alto rischio, in balia delle decisioni politiche e delle vicende giudiziarie.

Ma qualcuno ci crede e investe in società che valgono mediamente molto poco e in azioni che valgono spesso pochi centesimi l'una. Così il valore delle azioni sale anche del 1700% in pochi giorni.

Una bubble pot, una bolla delle azioni della marjiuana destinata a scoppiare secondo qualcuno, oppure l'affare del secolo. Se gli americani dovessero legalizzare la cannabis, si troverebbero decine di società pronte a conquistare i mercati non solo americani ma di tutti quei paesi che decidessero di seguire la stessa strada.

Per questa ragione qualcuno scommette sulle piccole società americane della cannabis. Scommettono sulla conquista dei mercati di mezzo mondo. Se succedesse, il giro d'affari e il valore di queste società aumenterebbe di centinaia di volte in poco tempo tempo, ripagando la scommessa su titoli oggi di scarso valore.

24 gennaio 2014

La lezione inutile



Mario Monti e Elsa Fornero sentono il premio Nobel Stiglitz che spiega come le politiche di austerità non producono risultati positivi ma tendono a aggravare la situazione economica che sono chiamate a risolvere. Lezione utile a posteriori, inutile allora, visto che gli interessati non hanno imparato molto.

Lo sconto sulle multe

Qualche mese fa il governo (e in particolare il ministro Lupi) decise di applicare uno sconto del 30% a chi avesse deciso di pagare entro 5 giorni le multe per la violazione di una parte delle regole del codice della strada.

L'aspetto positivo della decisione è che si aiutano gli automobilisti distratti e onesti, cioè quelli che la multa la prendono per superficialità e la pagano, e che a volte sono tartassati da multe di importo esagerato, specie in rapporto al loro reddito.

L'aspetto negativo è che chi incassa la multa ci rimette. Lo prova questo articolo: il Comune di Genova segnala un aumento del 10% delle multe pagate. Ma lo sconto è del 30%!

Facciamo un calcolo. Immaginiamo che un grande comune avesse, prima dello sconto del 30%, 100.000 multe incassate in un anno con un valore medio di 50 euro ciascuna. L'incasso era di 5 milioni di euro.

Uno sconto del 30% abbassa il valore medio a 35 euro. L'aumento del 10% delle multe pagate fa salire il numero a 110.000, per un incasso totale di 3.850.000 euro.

Dunque l'incasso diminuisce, da 5 milioni a meno di 4.

Lo sconto non è mai conveniente, se non produce un aumento della quantità venduta o, in questo caso, delle multe incassate, tale da compensare il minor incasso unitario.

Ma qualcuno ci guadagna, facendosi pubblicità con i soldi pubblici.


23 gennaio 2014

Realismo pensionistico

Sono convinto che se l'attuale crisi fosse scoppiata 20 o 30 anni fa ne saremmo usciti prima e meglio. Il motivo si chiama riforma Fornero.
Le crisi del passato, come quella che scoppiò nei primi anni '90, innescata dall'invasione del Kuwait, sono state affrontate anche facendo uso dei prepensionamenti. Le fabbriche in crisi ristrutturavano, licenziavano e sovente operai e impiegati in eccesso venivano prepensionati o accompagnati alla pensione con una serie di ammortizzatori, come la cassa integrazione.

Il lavoratore non era certo felici di abbandonare il lavoro, e la ragione era che sovente speravano che i figli potessero seguire le loro orme. Se la fabbrica chiudeva o riduceva il personale si rendevano conto che il loro sogno di lasciare il lavoro ai figli si sarebbe infranto. Ma erano economicamente tranquilli: la pensione era un'entrata certa.

In questo modo si ottenevano alcuni risultati importanti: nonostante la crisi i consumi tenevano, centinaia di migliaia di persone uscivano dal mondo produttivo lasciando spazio a un minor numero di neo assunti. Le imprese potevano ridurre i costi sostituendo lavoratori più anziani e costosi con lavoratori più giovani e spesso ne approfittavano per sostituire gli impianti, passando a una tecnologia migliore, che rendeva più rapida la ripresa perchè aumentava l'efficienza e la produttività delle imprese.

La riforma Fornero non permette tutto ciò. Promette di tagliare i costi delle pensioni negli anni anzi nei decenni a venire, tranquillizzando chi investe in titoli di stato italiani a cui offre un sistema pensionistico sostenibile, ma blocca due generazioni: quella di chi con il vecchio sistema sarebbe andato in pensione anticipatamente e quella di chi con il vecchio sistema sarebbe stato assunto.

L'effetto è una riduzione dei consumi: chi non può andare in pensione ha paura di essere licenziato e trovarsi in grandi difficoltà economiche. Per questo preferisce ridurre i consumi e risparmiare. Chi è giovane e non trova un posto di lavoro, non può consumare e neanche indebitarsi se le prospettive sono incerte.

La riforma Fornero ha prodotto un triste risultato immediato: gli esodati, vale a dire quei lavoratori che confidando nell'imminente pensionamento hanno accettato di lasciare l'azienda che li ha incentivati alle dimissioni. La riforma Fornero li ha lasciati in mezzo a una strada senza lavoro e senza pensioni, stimolando negli altri lavoratori la decisione di non consumare e risparmiare nel timore di periodi peggiori.

Di tutto ciò s'è reso conto forse il governo che sta preparando una mini-riforma della riforma Fornero, dando la possibilità in alcuni casi ai lavoratori di andare in pensione prima con una sorta di prestito al lavoratore. Un modo elegante per non smentire la riforma Fornero, ottenendo al tempo stesso il risultato di creare le condizioni per evitare gli esodati rendendo più flessibile il sistema.



21 gennaio 2014

Firmiamo la petizione per abolire i grassi idrogenati negli alimenti!



I grassi idrogenati sono dei grassi ottenuti tramite un processo industriale, sono molto pericolosi per la salute. Se andate al supermercato a fare la spesa è molto probabile che li abbiate ingeriti, talvolta inconsapevolmente, perché in Italia non vi è ancora un obbligo di specificarli in etichetta (si trovano in snack, merendine, patatine, dolci, panne e altri cibi industriali). Con la seguente petizione si chiede al Ministro della Salute italiano di varare alcune norme così come è stato fatto in altri paesi, dove è stato bandito l'uso di questi grassi per tutelare la salute pubblica.

Se, come dice Michael Pollan, possiamo "votare" e cambiare le cose tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena), magari potrebbe essere utile anche un firma su internet, nell'attesa di strumenti migliori.

Click qui: Petizione al Ministero della Salute

Thohir

Chi segue le notizie sportive in questi giorni avrà letto molte critiche nei confronti dell'indonesiano Thohir, che qualche mese fa ha acquistato il 70% dell'Inter.

Tra i critici c'è anche Fabio Capello, ex calciatore di successo, e allenatore ancora più di successo. Uno che ha vinto molto e ha anche studi da manager che risalgono all'epoca in cui lavorava per il gruppo di Berlusconi prima di diventare l'allenatore del Milan.

Studi forse serviti a poco, visto le critiche poco sensate a Thohir.

Cerchiamo di ricapitolare: la scorsa primavera inizia una lunga trattativa tra Moratti, presidente nerazzurro, e l'indonesiano Thohir, proprietario di un grande gruppo imprenditoriale indonesiano.

Non si sa bene perchè Thohir abbia comprato l'Inter, ma si sa che Moratti è stato spinto a venderla perchè una parte dei debiti della società erano garantiti da beni personali. O vendi la società o ti vendiamo i beni dati in garanzia, devono avergli detto le banche creditrici, e lui alla fine ha ceduto.

Thohir ha comprato una società molto indebitata e ha spiegato, forte delle relazioni dei suoi consulenti, che occorre tagliare e rimettere a posto i conti. Conti in forte rosso: l'ultimo bilancio s'è chiuso con una perdita di 80 milioni.

Tanti soldi, se si pensa che la Juventus senza considerare gli introiti della Champions League, incassa poco più di 200 milioni.

Thohir dunque vuole arrivare al pareggio di bilancio o almeno vuole ridurre fortemente le perdite. Com'è possibile che investa decine di milioni per acquistare, nel mercato di riparazione di gennaio,  giocatori che potrebbero riportare l'Inter tra le prime?

O sceglie di mettere a posto i conti o acquista giocatori costosi. Non c'è una terza via, ma a molti questo pare quasi offensivo, come se un presidente non potesse fare altro che spendere milioni per coprire le spese eccessive della propria squadra.

E' triste che i tifosi continuino a volere presidenti ricchi che versano milioni nelle casse della società, non capendo -tra l'altro- che è poco sportivo giocare con un "aiutino" economico, una perdita da coprire enorme, pari al bilancio di una media società di calcio italiana.

Ma è ancora più triste che sia Capello a lamentarsi delle scelte di Thohir: sono scelte chiare e economicamente responsabili, che un allenatore famoso con un passato e un presente di tutto rispetto dovrebbe comprendere e magari auspicare perchè un calcio sostenibile ha un futuro migliore di un calcio drogato da troppi soldi che oggi ci sono e domani forse no.

19 gennaio 2014

ECONOLIBERAL.IT

Da qualche giorno è nato ECONOLIBERAL.IT  che si autofinanzia grazie ai modesti incassi derivanti dalla pubblicità (offerta da Google Adsense) che trovate nel blog. Econoliberal.it è più facile da ricordare e il dominio offrirà qualcosa in più al blog.

Grazie, Mattia, per l'idea, grazie a chi legge ... e a chi scrive!

18 gennaio 2014

Cattive notizie per i pacifisti

Cattive notizie per i pacifisti

Due pessime notizie per chi vorrebbe un mondo senza armi (e senza impiego delle stesse). La prima arriva dalla Svizzera e in particolare da un quotidiano di Zurigo che spulciando documenti delle autorità di mercato americane, ha scoperto che la Banca Nazionale Svizzera ha investito miliardi di franchi in aziende che producono armi, ma soprattutto 680 milioni di franchi in un'azienda che produce mine anti-uomo, che producono morti e feriti negli scenari di guerra, come Iraq o Afghanistan.

La seconda ci riguarda: l'Unione Europea rivedrà i criteri per classificare i bilanci dei paesi membri. Alcune spese diventeranno investimenti. Tra questi alcune spese militari. L'acquisto di un aereo militare non sarà più una spesa ma un investimento. Ciò permetterà di allentare un pò i vincoli di bilancio, con qualche effetto positivo per l'economia.

In pratica gli stati potranno spendere un pò di più senza sforare i vincoli di bilancio, e dando ossigeno alla domanda.

La terza cattiva notizia è che l'Egitto  ha approvato la Costituzione voluta dai militari che prevede il segreto di stato sulla spesa militare. L'effetto sarà anche in questo caso positivo per l'economia ma pessimo per chi rischia di subire gli effetti dell'uso delle armi.

15 gennaio 2014

Lupi e automobilisti

L'inflazione in Italia è bassa, poco più dell'1% in un anno, nonostante -diciamolo ironicamente- la politica monetaria della BCE che dovrebbe, secondo i monetaristi, provocare un'inflazione a due cifre.

Eppure le tariffe autostradali sono aumentate il 1 gennaio 2014. Più 4% circa in media. Tanto, troppo, considerato che ci sono anche tratti autostradali che hanno lasciato intatte le tariffe.

Le compagnie chiedono un aumento, ma serve che il ministero e il ministro dei trasporti accettino le richieste. E il ministro è il ciellino, esponente del Nuovo Centro Destra, Maurizio Lupi.

Trascorse due settimane, Lupi chiede un occhio di riguardo per i pendolari, che percorrono brevi distanze tutti i giorni, e per i trasportatori, certamente penalizzati dall'aumento delle tariffe e, di solito in questi casi, aiutati con crediti di imposta o rimborsi.

Perchè un governo dovrebbe accettare aumenti delle tariffe pari a oltre 3 volte il tasso di inflazione?

Nel 2013 il traffico autostradale è diminuito di oltre il 2% e questo suggerisce che l'aumento delle tariffe serve non a coprire un aumento dei costi, ma a mantenere invariato il fatturato delle società industriali.

La crisi fa calare i transiti autostradali e le autostrade, insieme al governo, trasferiscono il rischio di impresa sugli automobilisti e, se le proposte di Lupi saranno accettate, solo su una parte degli automobilisti.

14 gennaio 2014

Perdite della Banca Nazionale Svizzera

Un mese fa avevamo scritto della rivoluzione che riguarderà la Banca d'Italia (vedi qui), con l'adeguamento del capitale sociale e la redistribuzione delle quote.

Con il cambio di regole, la Banca d'Italia potrà versare fino al 6% del valore del capitale, che passa da poche decine di migliaia di euro a qualche miliardo di eur, con conseguente possibile aumento degli utili che i proprietari della Banca, vale a dire soprattutto altre banche, potrebbero incassare e una conseguente diminuzione dei soldi destinati allo Stato.

Vedremo tra qualche tempo cosa succederà davvero. Nel frattempo la vicina Banca Nazionale Svizzera ha subito perdite e non distribuirà utili ai Cantoni. La Banca ha firmato nel 2011 un accordo con il dipartimento delle finanze svizzero per versare 1 miliardo di franchi nelle casse dei cantoni, purchè però i conti della Banca presentino un utile.

Utile che non c'è. Nel 2013 la Banca ha subito alcuni miliardi di perdite perché il valore dell'oro è diminuito. Niente utili e niente contributo ai cantoni, che sono i proprietari della banca centrale elvetica.


Cosa sarà del bilancio della Banca d'Italia al termine di un anno in cui l'oro è sceso del 27% in un anno (vedi qui) ? Se anche la Banca d'Italia subirà l'effetto sul bilancio di un forte calo dell'oro, quanti utili distribuirà?




12 gennaio 2014

Addio, Punto

Nell'intervista di qualche giorno fa a Repubblica, Sergio Marchionne ha spiegato il futuro di Fiat in Italia.

Un futuro con sorpresa. Cerchiamo di capirci qualcosa.

Oggi Fiat-Chrysler produce in Italia in 4 stabilimenti. Lo stabilimento di Torino Mirafiori produce poco o nulla, qualche Alfa Mito e poco altro. Mille operai sono stati spostati a Grugliasco, alle porte di Torino, dove producono le Maserati negli stabilimenti un tempo della Bertone.
Pomigliano è dedicato alla Panda, Cassino sforna la Giulietta, la Bravo e la Lancia Delta e infine Melfi la Punto.

In futuro, spiega Marchionne, nel "polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, compreso un nuovo suv e qualcos'altro che non le dico. A Melfi la 500 X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino, che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio Alfa Romeo".

Dunque Fiat punta su automobili che possono offrire un maggior guadagno, un pò come fanno i produttori tedeschi. Costruire auto più costose, che offrono più alti margini di guadagno è la via obbligata se si vogliono fare profitti mantenendo la produzione in paesi con costi elevati.

Una scelta razionale che rischia di spazzare via le auto destinate al grande pubblico, il mass market come l'ha definito Marchionne. Il piano di Marchionne non comprende infatti la Punto.

La casa automobilistica che ha venduto le Uno, le 1100, le 500, eccetera agli italiani, adesso pare rinunciare ai modelli popolari. Certo ci saranno le 500 e le Ypsilon polacche e le 500L prodotte in Serbia, e magari qualche utilitaria prodotta in Brasile o altrove, ma la novità è clamorosa.

E la ragione è semplice: il mercato italiano è crollato. Non ha senso in questo momento pensare a una nuova Punto, destinata a essere venduta a 10-15 mila euro: richiederebbe forti investimenti che darebbero luogo a profitti solo a fronte di grandi numeri di auto prodotte e vendute.



10 gennaio 2014

Le grandi aziende e la tassazione


Oggi affronterò un argomento poco noto: la tassazione delle società di capitali. Si, quelle famose società, grandi o piccole, che evaderebbero il fisco: i famosi "parassiti" come diceva la pubblicità "progresso" di qualche mese fa in onda sulla RAI.

Innanzi tutto sfatiamo un mito: concettualmente non c'è alcuna differenza tra la tassazione di una SPA quotata in borsa e di una piccola srl familiare, magari composta da marito e moglie; cambiano solo le modalità.

Le società non pagano l'IRE, ma l'IRES e l'IRAP. Aiutiamoci con un esempio:

poniamo che la società abbia un utile di 90.000 Euro e un reddito di 100.000 (è comune che una società abbia il reddito più alto dell'utile a causa dei costi indeducibili), ipotizziamo anche che l'imponibile IRAP della società sia pari al reddito (100.000) per semplicità, tassato al 4,20%.

Le tasse pagate saranno:

IRES 27,50% = 27,50
IRAP 4,20% = 4,20

Totale tassazione = 31,70, pari quindi al 31,7%

Compe possiamo vedere su Wikipedia, L'IRES, erede dell'IRPEG, è costantemente calata dal 2000, passando dal 37% al 27,50%, parallelamente nel 1997 è stata introdotta l'IRAP, la cui aliquota è variata dal 3,90% al 4,25% o anche più, essendo decisa autonomamente dalle regioni.

Ma c'è un trucco

L'IRPEG tassava definitivamente il reddito, quindi questo, una volta tassato, poteva essere liberamente distribuito alle persone fisiche senza ulteriore tassazione. Invece per l'IRES non è così. Vediamo come funziona.

Se voglio distribuire il reddito a due persone fisiche, nel nostro esempio marito e moglie, le partecipazioni saranno qualificate (cioè superano una certa soglia) quindi i dividendi andranno di nuovo tassati tramite IRE, su una base imponibile del 49,72%. Vediamo cosa succede:

Da 100.000 devo detrarre IRES e IRAP, quindi dividere per due (per ogni coniuge): ottengo 34.150 a testa.

Moltiplico per 49,72 e ottengo l'imponibile da tassare: 16.979

La tassazione di competenza, senza tener conto di deduzioni e detrazioni, è pari a 4.331 €, quindi le tasse totali pagate su 50.000 Euro di reddito originale sono pari a: 20.181 €, pari al 40,36%

Vediamo ora che succede se la partecipazione non è qualificata. La tassazione è diversa come si può vedere qui: va applicata una cedolare secca del 20% sui dividendi. Cioè su 34.150 pago il 20%, pari a 6.830 €. Il totale è quindi 15.850 + 6.830 = 22.680, pari al 45,36%

Quindi se la partecipazione è qualificata, pago il 40,36%, se non lo è pago il 45,36%.

Ma quanto avrei pagato se avessi avuto una ditta individuale (o fossi socio di una snc) e quindi avessi pagato l'IRE su 50.000? Avrei pagato 16.476 € tra IRE e addizionali, quindi il 32,95%. Decisamente più favorevole.

Qualche altro appunto alla fine:

1. Non ho considerato il carico contributivo, pari a circa il 22% (INPS, gestione commercianti) che va aggiunto alle percentuali di cui sopra, nel caso di soci lavoratori.
2. Non ho considerato ovviamente le imposte indirette, in quanto per le imprese non sono un costo, ma solo per il consumatore finale.
3. Non ho considerato le "altre" imposte, quali Tasi, IMU, tassa su pubblicità, affissioni, ecc. ecc., perché avrebbero appesantito i calcoli
4. Considerate che ogni volta che comprate un'azione in borsa, quello che vi arriva dell'utile dell'azienda di cui comprate azioni, è poco più della metà, perché lo stato lo ha già tassato
5. L'aliquota massima dell'IRE (a parte i contributi di solidarietà), è del 43% più le addizionali. Ma per superare il 42% bisogna avere un reddito di almeno un milione di Euro

A chi interessa un confronto tra la tassazione internazionale delle società, può guardare qui

09 gennaio 2014

Favole sullo spread

Da qualche giorno lo spread vale a dire la misura della differenza (espressa in centesimi) tra il rendimento dei BTP a dieci anni e l'equivalente titolo tedesco, è sceso sotto quota 200.

Alcuni politici d'opposizione hanno mostrato fastidio per il risultato, positivo per l'Italia ma negativo per chi sta all'opposizione e coltiva l'antipatia per l'Europa.

Tra gli infastiditi c'è Renato Brunetta per il quale da molto tempo lo spread è un inganno perchè i tassi sarebbero rimasti gli stessi mentre lo spread sarebbe diminuito solo perchè sono risaliti i tassi tedeschi e per effetto delle decisioni della BCE: le scelte del governo invece sono state ininfluenti.

Cerchiamo di capire come stanno le cose e se è vero che la diminuzione dello spread non ha cambiato le cose.

Una semplice ricerca sull'andamento del rendimento dei titoli di stato a 10 anni offre qualche grafico interessante, come il seguente:

E' evidente che il rendimento dei titoli a 10 anni si trova a un livello basso, tra i più bassi degli ultimi due anni, sotto il livello registrato nell'ultima fase del governo Berlusconi e durante il governo Monti.

Chi sostiene che il rendimento e quindi il costo di indebitamento dello Stato non è cambiato, si sbaglia.

Il calo dello spread accompagnato da un rialzo dei tassi dei bund tedeschi ha fatto in modo che solo una parte del calo dello spread si sia tradotto in diminuzione dei tassi. C'era da aspettarselo, ed è un buon segno: se lo spread diminuisce vuol dire che sta scomparendo la paura che spingeva gli investitori a comprare titoli tedeschi anche se rendevano poco e aumenta la fiducia verso i titoli italiani.

Ciò smentisce l'altra teoria, che il calo dello spread sia soltanto merito della BCE. E' vero l'intervento della BCE è stato più importante di quello del governo per ridurre lo spread, ma è anche vero che esso era subordinato a decisioni che il governo Berlusconi non ha assunto.

Le scelte dei governi Monti e Letta sono state in altre parole la chiave che ha aperto la porta all'intervento della BCE.

Dunque benché si possano sollevare critiche alle scelte dei governi Monti e Letta, non c'è dubbio che hanno contribuito a migliorare lo spread e ad abbassare i tassi pagati dallo Stato italiano per indebtiarsi. Sostenere che nulla è cambiato o che siamo di fronte a illusioni significa fare propaganda, raccontando tesi lontane dalla verità.

07 gennaio 2014

Augusto Graziani

Dalla pagina Facebook di Keynes 2.0 (vedi qui)

Il Prof. Augusto Graziani
ci ha lasciati il 5 gennaio.


Maestro di una intera generazione di economisti italiani è stato profondo conoscitore e divulgatore delle opere keynesiane. Ci mancherà il suo spirito critico e la capacità di affrontare l'economia con una originale analisi periodale, non distante da alcune intuizioni di JMK.


AUGUSTO GRAZIANI

Nasce a Napoli da una famiglia ebraica originaria di Modena, figlio del giurista Alessandro Graziani e nipote dell'economista Augusto Graziani (1865-1944), entrambi docenti a Napoli.
Consegue la laurea in economia e commercio presso l'università "Federico II" di Napoli proseguendo successivamente i suoi studi prima alla London School of Economics e poi all'Università Harvard in Massachusetts, USA.


Nel 1962 diviene professore di economia politica presso l'università di Catania. Nel 1965 è professore di politica economica presso l'università di Napoli. Dal 1989 è professore ordinario di economia politica presso la facoltà di economia e commercio dell'Università "la Sapienza" di Roma..


Durante la XI legislatura (1992-1994) è senatore della Repubblica nel gruppo del Partito Democratico della Sinistra.
 

Fu membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, della Società nazionale degli economisti, dell’Accademia delle scienze di Torino, del consiglio direttivo della Fondazione Antonio Gramsci e dell’advisory board dello European Journal of the History of Economics Thought.
Muore a Napoli il 5 gennaio 2014, dopo una lunga malattia.

Il pensiero economico di Graziani

Augusto Graziani è noto per avere elaborato la Teoria del circuito monetario, di cui è considerato uno dei fondatori e il principale esponente italiano.
 

Il metodo di indagine di Graziani si ispira all'analisi degli antagonismi tra le classi sociali che era tipica degli economisti classici e di Marx, e che anche Keynes utilizzò nel Trattato della moneta e in altre opere.[10] Secondo Graziani, infatti, l'accesso privilegiato alla moneta sotto forma di credito diviene fondamentale per la distribuzione del reddito tra le classi.

Gli imprenditori determinano i beni resi disponibili ai lavoratori e, onde perseguire l'obiettivo di incrementare la ricchezza del cittadino attraverso lo sviluppo economico, fattori cruciali sono per Graziani la disponibilità di credito bancario per le imprese, che può limitare la produzione e l'investimento, e il relativo tasso di interesse, che costituisce una sottrazione al profitto lordo.
 

Graziani ritiene altresì giustificato il consiglio, solo apparentemente paradossale, dato da John Maynard Keynes durante la grande depressione secondo il quale sia meglio scavare buche per farle riempire di nuovo piuttosto che lasciare lavoratori disoccupati.
Non di meno, quando le carenze dell'apparato produttivo sono profonde e i bisogni collettivi oltremodo insoddisfatti, secondo Graziani sarebbe grave non vagliare accuratamente ogni spesa e sarebbe uno spreco non dar vita a una composizione della produzione socialmente utile e produttiva.
 

Per Graziani, se si vuole assicurare ai cittadini la disponibilità reale di specifici beni e servizi, è 
insufficiente che il governo operi per il tramite di sussidi e detassazioni, né è sufficiente che esso semplicemente aumenti la domanda che rivolge alle imprese. Esso deve piuttosto provvedere in termini reali a quei beni e servizi, e deve farlo direttamente in natura.
Ne consegue che, nel pensiero economico di Graziani, è costantemente manifesta una preferenza a favore di una politica industriale attiva da parte dello stato.
 

Per quanto non si possa parlare di una "scuola di pensiero", sono numerosi gli economisti italiani che hanno tratto ispirazione dai contributi di Graziani nel campo della teoria e della politica economica: tra di essi, Riccardo Bellofiore, Emiliano Brancaccio, Marcello Messori, Riccardo Realfonzo.

Segnalo anche questo articolo di sbilanciamoci:  http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/La-lezione-di-un-economista-21593

05 gennaio 2014

Albergo svedese in Italia

Alagna Valsesia (qui le foto) è una piccola cittadina ai piedi del Monte Rosa, nel nord del Piemonte. Da qualche ha impianti sciistici rinnovati e l'innoevamento artificiale, unito all'altitudine, garantisce la possibilità di sciare per almeno quattro mesi l'anno. Inoltre offre fuoripista considerati tra i migliori in Europa (vedi qui).

C'è però un problema di ospitalità. Senza alberghi e altre strutture adatte a ospitare per una notte o per una settimana gli sciatori, le piste si riempono solo nei giorni festivi o nelle vacanze di natale, quando arrivano i proprietari di seconde case.

La scarsa offerta di posti letto dovrebbe garantire il successo di alberghi, residence e bed&breakfast. Ma forse non succede se è vero che l'albergo Monterosa, nel centro del paese e a poche decine di metri dagli impianti è stato ceduto a due svedesi che spiegano a La Stampa (vedi qui) di aver riempito la struttura con turisti scandinavi, in occasione delle feste natalizie.

E nell'offrire agli scandinavi una vacanza in Piemonte, non hanno cambiato molto. Hanno reso più confortevoli le stanze, offerto qualche servizio in più e mantenuto lo stesso personale, a cominciare dal cuoco, sicuri che svedesi, danesi o finlandesise ne andranno via soddisfatti.

Ecco la nuova frontiera del turismo: non basta offrite un buon servizio alla clientela, non conta solo avere strade o aeroporti capaci di portare a destinazione il turista in fretta e con poca spesa, ma occorre sapere vendere ai potenziali clienti, ovunque siano nel mondo.

04 gennaio 2014

Sprechi: processo per un graffio

Una soldatessa impegnata in Kosovo sarà processata per un reato ridicolo: aver aiutato una gatta a partorire.

La soldatessa è un medico e decise di soccorrere una gatta, che miagolava disperata durante un parto difficile, contravvenendo a un ordine scritto del comandante della base, che vietava di avvicinarsi agli animali. La gatta si salvò ma dopo aver graffiato la soldatessa, che è ricorsa alle cure di un ospedale tedesco dove le hanno somministrato un vaccino.

A questo punto è iniziata l'inchiesta, con testimonianze, carte e tutto ciò che l'assenza di buon senso può produrre. Fino al processo che porterà l'ennesimo spreco di soldi e dimostrerà che la lotta per salvarci da burocrati stupidi e spese inutili è ancora lunga, anzi lunghissima.

03 gennaio 2014

Oro 2013





Da sempre l'oro suscita negli investitori aspettative non sempre razionali. Qualcuno crede possieda particolari qualità e considera l'investimento in oro il miglior modo di salvaguardare il proprio capitale e di ottenere un buon rendimento per i propri investimenti.


In realtà non c'è nulla di misterioso: l'oro è un bene acquistato quando altri investimenti sono poco sicuri, e venduto quando invece azioni, titoli, immobili e così via offrono buoni rendimenti.

Se la crisi ha fatto salire alle stelle il prezzo dell'oro, che ha sfiorato i 1900 dollari per oncia nel settembre 2011, dopo una crescita quasi ininterrotta iniziata nel 2001, la ripresa di molte economie nel 2013 ha provocato un calo delle quotazioni.

Meno 27% in un anno. Chi avesse creduto nella corsa infinita dell'oro avrebbe dovuto ricredersi e capire che non c'è nulla di magico nell'oro. E' un bene rifugio e il suo prezzo corre quando domino i timori per l'economia, mentre perde valore quando regna la fiducia.

02 gennaio 2014

L'affarone

Da ieri Fiat è proprietaria al 100% di Chrysler. Ha comprato il 41,6% delle azioni della società da Veba, il sindacato dei lavoratori, che era diventato azionista della nuova Chrysler, quella nata nel 2009.

La vecchia Chrysler ha chiuso i battenti per effetto della crisi del 2008. I lavoratori avevano diritti penionistici che avrebbero rivendicare portando l'azienda al fallimento. Hanno preferito rinunciarvi, ottenendo in cambio una rilevante quota della nuova Chrysler e un accordo per l'acquisto delle azioni da parte di Fiat.

Un pò per volta Fiat ha acquisito le azioni, e da ieri è proprietaria per intero di Chrysler. Per il 41,6% paga circa 3,65 miliardi di dollari. 1,75 miliardi saranno versati da Fiat, 1,9 attraverso la distribuzione di dividendi con Fiat rinuncia alla sua parte, cedendola a Veba.

Quanto vale Chrysler? Non poco, visto che Chrysler nel 2012 ha ottenuto utili per 2,4 miliardi di dollari. Se Veba ottiene 3,65 miliardi di dollari vendendo il 41,6%, allora Chrysler vale 8,77 miliardi, vale a dire gli utili di circa tre anni e mezzo.

Un affarone, l'ennesimo di Marchionne. Specie se si considera che le banche avevano stimato la quota 4,2 miliardi e soprattutto che Mercedes acquistò Chrysler, che allora era un'impresa in perdita, per 36 miliardi per poi rivenderla per 5 miliardi.

E forse sarà ancora più un affarone dopo che Fiat avrà quotato in borsa parte delle azioni Chrysler, presumibilmente per un importo ancora maggiore di quello pagato per avere la quota di Veba.

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