31 gennaio 2023

Non vendo un rene ma...

Ovunque (o quasi) nel mondo è illegale comprare e vendere un organo, anche nel caso in cui la donazione non mette in pericolo la vita del donatore, come nel caso di un rene. Chi ha bisogno di un rene lo offre senza ottenere niente in cambio, se non una vita migliore del ricevente, che, per questo motivo, di solito è un parente o un amico che ne ha bisogno, e rischia la vita o ha una bassa qualità della vita, a causa della dialisi.

Alvin Roth, vincitore del Nobel dell'economia nel 2012, esperto di teoria dei giochi, si rende conto che alcuni malati bisognosi di un rene hanno un parente o un amico disposto a donarglielo, ma non è possibile perchè offerto non è compatibile con il donatore. 

Pensa quindi a una scambio: se Giovanni offre un rene a Mario e Carlo lo offre a Luca ma non c'è compatibilità, il rene offerto da Giovanni può andare non all'amico Mario ma allo sconosciuto Luca, e il rene di Carlo allo sconosciuto Mario.

Con qualche fatica, il sistema funziona, creando in alcuni casi anche catene complesse, ovvero coinvolgendo più di due coppie donatore/ricevente.

Tutto bene, soprattutto per Roth che anche per aver usato una sua teoria ha vinto il Nobel? 

No, perchè un'ottima teoria, con il relativo algoritmo sviluppato per mettere insieme offerte e domande diverse e molto particolari, ha dovuto fare i conti con la riluttanza degli ospedali a rendere disponili i reni offerti da amici e parenti dei propri pazienti.  

Se, in altri termini, Giovanni offre un rene a Mario che è paziente di un ospedale di New York ma il potenziale ricevente è a Boston, l'ospedale di New York è restio a comunica a Giovanni che avrebbe potuto donarlo a un paziente di Boston. 

La ragione è il trapianto è un affare per l'ospedale che non trova conveniente perdere il potenziale donatore a favore di un altro ospedale senza niente in cambio.

Il rene non si paga ma le cure sì e in un sistema in cui i vari soggetti privati pensano a far soldi, i comportamenti vengono modificati in modo non sempre conveniente per i pazienti.

13 gennaio 2023

BTP e benzina


 Guardate il grafico. Rappresenta l'andamento teorico di un Buono del Tesoro Pluriennale emesso nel 2020 e in scadenza nel 2045. Il rendimento previsto era dell'1,5% annuo, tasso invitante nel 2020 quando i titoli a breve termine avevano tassi negativi o vicinissimi allo zero e l'inflazione era bassa.

Poi gli scenari economici sono mutati. Il rendimento è salito perchè il prezzo è sceso. Attualmente il BTP è quotato a poco più di 62. Vuol dire che chi ha versato e quindi prestato 100 euro allo Stato oggi incasserebbe 62 euro e qualche centesimo. Per rivedere i 100 euro deve aspettare il 2045 oppure sperare i un brusco calo dei rendimenti. 

Ma significa anche che rendimenti e quindi costi dello Stato sui titoli di nuova emissione sono decisamente più alti rispetto a 2-3 anni fa. 

Naturalmente la causa del crollo di valore del BTP e conseguente aumento dei rendimenti è legato alle vicende della guerra in Ucraina che ha fatto aumentare i prezzi di molti prodotti energetici e quindi dell'inflazione. 

Le conseguenze dell'impennata dell'inflazione per lo Stato sono diverse. Diventa più costoso indebitarsi, come ci suggerisce il grafico. Il rendimento è passato dall'1,5% a oltre il 5% in pochi mesi. La BCE promette altri aumenti dei tassi per soffocare l'inflazione. Ogni 1% in più nel costo del debito pubblico significa una maggiore spesa di oltre 25 miliardi di euro in interessi, il doppio del costo dello sconto fiscale sui carburanti. 

Quest'ultimo potrebbe avere effetti positivi sui costi di produzione di molti beni e quindi sull'inflazione, ma anche sui costi delle forniture dello Stato che, come le imprese, acquista beni e servizi.

Ci sono altri effetti secondari ma non meno importanti. 

L'inflazione e l'aumento dei rendimenti hanno effetti distorsivi sugli investimenti. Si preferiranno beni come gli immobili il cui valore è tradizionalmente protetto dall'aumento dei prezzi, a scapito delle attività produttive il cui rendimento può essere inferiore al rendimento dei titoli di stato. A soffrirne saranno i consumi e quindi il PIL e le entrate fiscali. 

Chi ha comprato i BTP che oggi valgono 62 euro per ogni 100 spesi sarà in ogni caso riluttante a venderli e a investire i soldi in attività produttive perchè queste dovrebbero rendere oltre il 50% in 22 anni solo per recuperare la perdita realizzata vendendo i BTP. 

In conclusione sono tanti i motivi per cercare di abbassare il più in fretta possibile l'inflazione. Evitando ad esempio la contestatissima abolizione dello sconto sulle accise di cui si parla in questi giorni.

03 gennaio 2023

Inflazione (in Germania) e rischi per l'Italia

Giungono buone notizie dall'inflazione in Germania. Su base annua l'inflazione tedesca risulta dell'8,6% a dicembre, in calo rispetto ai due mesi precedenti quando era stata del 10% (ottobre) e del 8,8% (novembre).

Merito del calo sono i sussidi del governo che ha deciso di spendere una somma enorme per affrontare il caro energia. A dicembre i prezzi dell'energia risultavano aumentati del 24,4% rispetto a un anno prima mentre a novembre l'aumento era del 38,7%.

Il calo dell'inflazione è importante anche per l'Italia e non solo per i consumatori che, ovviamente, spendono di meno se i prezzi aumentano. 

La lotta all'inflazione ha fatto aumentare i tassi di interesse applicati dalla BCE, e fatto schizzare in alto i rendimenti dei  titoli di stato. I rendimenti sui decennali sono oggi al 4,6%, il quadruplo di un anno fa.

Sono quindi inevitabili le preoccupazioni per i conti pubblici che il governo cerca di tenere sotto controllo nonostante le richieste di maggiori spese di una parte della maggioranza. Una buona scelta, anche se obbligata, che tuttavia contrasta con la decisione di non confermare il taglio delle accise voluto dal governo Draghi e di permettere alcuni aumenti tra cui sigarette e autostrade.

Spingere verso il basso l'inflazione anche tenendo bassi i prezzi dell'energia con contributi pubblici rinunciando a qualche beneficio ai privati, sarebbe nell'interesse di tutti. Un minore calo dell'inflazione, se ci sarà, significa invece prolungare il periodo in cui la BCE terrà alti i tassi e quindi la sofferenza dei conti pubblici gravati da un debito enorme e dai relativi tassi. Una pessima scelta per l'Italia.

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