31 ottobre 2015

Il tuo voto vale doppio, in Olanda

Tempo fa Fiat/FCA ha portato la sede della società lontano dall'Italia.

Questione di imposte, per alcuni. O forse questione di potere. In una grande società per azioni il potere si esercita con le azioni. Una azione, un voto. Chi ha più azioni nomina il consiglio di amministrazione, approva il bilancio, prende decisioni importanti nella vita della società.

Spesso nelle grandi società quotate c'è un azionista che controlla meno del 30% di una società. La ragione è semplice: sopra la soglia del 30% scatta l'obbligo di OPA (offerta pubblica di acquisto) cioè l'obbligo di fare un'offerta a un prezzo stabilito (il prezzo medio in un dato periodo di tempo) per acquistare a quel prezzo tutte le azioni della società.

Tale obbligo rappresenta un ostacolo alle scalate. Se un azionista possiede il 29.99% di una società, chiunque volesse avere più azioni dovrebbe lanciare un'OPA sborsando cifre considerevoli, che rendono sconveniente l'acquisto della maggioranza della società.

In Olanda però il diritto commerciale offre la possibilità di assegnare 2 voti per ogni azione a chi le abbia detenute per un certo periodo di tempo. Per chi ha azioni da meno tempo, vale sempre la regola per cui ogni azione vale un'azione.

Insomma il diritto olandese aiuta la stabilità della proprietà di una società anche da parte di una minoranza, come nel caso Fiat/FCA o nel caso di Ferrari. Chi controlla il 30-40% di una società grazie al diritto di voto doppio diventa l'azionista con più voti.

28 ottobre 2015

Varoufakis (come volevasi dimostrare)

Tre anni fa feci una proposta provocatoria: eliminiamo i convegni.

Si tratta di soldi spesi per illuderci, perchè nei convegni si fanno tante chiacchiere e proposte che non si concretizzeranno mai, e si tratta di soldi che finiscono in tasche solitamente piene.

Per esempio nelle tasche dei ministri (di allora, governo Monti), persone che hanno rinunciato a un buon lavoro per fare il ministro ben sapendo che dopo l'esperienza governativa avrebbero avuto molte occasioni di guadagno, a cominciare da convegni tanto inutili quanto ben pagati.

A conferma di quella vecchia idea arrivano in questi giorni notizie sui compensi di Varoufakis: decine di migliaia di euro per rilasciare interviste in tv, cifre inferiori per parlare nelle università e così via.

Insomma la politica trasforma chiunque in una star, come succede al Grande Fratello. Mentre però il Grande Fratello si può ignorare, è difficile evitare di subire le decisioni del politico da strapazzo interessato alla sua carriera: le sue decisioni anche se pessime influenzano la vita di milioni di persone che nessuno chiamerà mai in tv.

26 ottobre 2015

Premio Nobel per l'Economia

Non passerà alla storia come uno dei più famosi premi Nobel per l'economia, Angus Deaton, vincitore nel 2015.

Deaton non ha offerto teorie interessanti su cui ragionare, come invece successo per tanti altri che l'hanno preceduto, ma è stato un pioniere nell'elaborazione di modelli econometrici molto utili per misurare, in particolare, i consumi e quindi elaborare strategie politiche utili a capire come funziona un'economia e a intervenire.

Tali modelli hanno anche avvicinato le teorie macroeconomiche e quelle microeconomiche, le une e le altre spesso fondate su ipotesi differenti e capaci di fornire ricette opposte. Aver avvicinato macroeconomia e microeconomia è un indubbio merito, non solo per lo studioso ma anche per chi prende decisioni politiche che impattano sulla vita di tutti i giorni e, purtroppo, a volte si fondano su pregiudizi ideologici.

Prendiamo per esempio l'idea, diffusa prima della crisi, secondo cui fosse positivo che in una economia pochi guadagnassero molto perchè dalla loro spesa sarebbe derivato un beneficio per tutti. Deaton è famoso per aver affermato che sopra una certa soglia di reddito non si è più felici e si consuma di meno, e ha misurato tale limite in 75.000 dollari.

21 ottobre 2015

Le strane notizie sull'Inter

Nei giorni scorsi si sono susseguite diverse notizie sui conti dell'Inter.

Prima la notizia di un nuovo sponsor, in sostituzione dello sponsor storico, Pirelli. Si tratterebbe di Ethiad, compagnia aerea con sede nel Golfo Persico che possiede il 49% di Alitalia e presente nel calcio con la sponsorizzazione del Manchester City. 25 milioni l'anno per 5 anni, più di quando incassano dai loro sponsor Juventus e Milan.

Poi però arriva la smentita di Ethiad e l'Inter dice che ci sono trattative in corso con Pirelli e altri potenziali sponsor.

Seconda notizia, il bilancio. Si annuncia una perdita prevista di 90 milioni che diventano 74 con la spiegazione che sarebbero stati di meno se non ci fossero state sanzioni UEFA per precedenti bilanci troppo in rosso. Ma si scopre una nota del bilancio che spiega che la perdita a livello consolidato, cioè tenendo prensente le diverse società dell'Inter, supera i 140 milioni.

In pratica una società del gruppo, Inter Brand, viene conferita a Inter Media and Communication (come spiega la Gazzetta dello Sport) e ciò genera una plusvalenza che migliora i conti dell'Inter ma non se si consolidano i conti del gruppo.

La terza notizia riguarda il vecchio proprietario, Massimo Moratti, sempre più intenzionato a cedere la quota ancora posseduta, poco meno del 30% della società. Già ma a chi venderebbe Moratti? Certo non a Thohir, che pare non interesssato a diventare il proprietario di tutta la società (in realtà piccole quote simboliche sono in mano ad altri azionisti, per cui Thohir avrebbe quasi il 100% dell'Inter).

Si sa da tempo dell'irritazione dell'ex presidente per le scelte del successore, che ha estromesso i suoi fedelissimi dalla gestione della società. La volontà di vendere le quote residue può significare che prima o poi sarà necessario ricapitalizzare la società e che Moratti vuol evitare di trovarsi costretto a scegliere se sottoscrivere la sua quota dell'aumento di capitale.

Tre notizie che, unite alle strane dichiarazioni di ottimismo di Thohir, che secondo Goal.com avrebbe dichairato che il risultato operativo è positivo e i conti migliorano, paiono piuttosto un campanello d'allarme per il futuro.

I conti vanno male, qualche operazione di mercato è stata fatta solo per aggiustare i conti e il futuro non è poi roseo come il presidente nerazzurro vorrebbe far credere, visto che molti giocatori sono stati acquistati con clausole che prevedono un pagamento futuro (vedi qui).


14 ottobre 2015

Previsioni errate sui conti Juventus

La scorsa stagione sportiva è stata molto positiva per la Juventus, che oltre a vincere campionato e coppia italia, ha raggiunto la finale della Champions League. Un successo sportivo che vuol dire soldi, molti soldi sotto forma di diritti tv, incassi al botteghino, contratti con gli sponsor, premi per le vittorie. Quanto di più?

Nel bilancio al 30 giugno 2015 risulta che i diritti da partecipazione alle competizioni europee sono passati da poco più di 50 milioni a 88 milioni e 638 mila euro con un incremento del 76%.

Incremento prevedibile perchè si conoscono i premi derivanti dalla partecipazione alle coppe: solo calcolando i premi, ottavi di finale, quarti di finale, semifinale e finale facevano incassare oltre 18 milioni in più (vedi http://it.uefa.com/uefachampionsleague/news/newsid=2146925.html).

A questi si aggiungono altri premi e i maggiori incassi al botteghino, perchè una semifinale di Champions col Real Madrid porta in cassa molti più soldi di una semifinale di Europa League con il Benfica.

Per cui stupisce e non poco il report di Banca IMI http://www.borsaitaliana.it/documenti/studi.htm?filename=102956.pdf del gruppo IntesaSanPaolo datato 27 maggio 2015.

Banca IMI prevedeva, quando ormai era noto il raggiungimento della finale di Champions League,  una perdita di oltre 20 milioni di euro e ricavi passati da 315 (stagione 2013-14) a 325 milioni (stagione 2014-15).
Dati sbagliati. I ricavi sono passati a 348 milioni e invece della perdita di 20 milioni s'è registrato un utile di oltre 2 milioni.

Il 27 maggio si sapeva che ci sarebbe stato un forte incremento dei ricavi grazie ai successi sportivi, almeno 30-40 milioni in più. Era nota anche l'evoluzione dei costi, segnalata nella trimestrale del 31 marzo. Quindi era prevedibile un forte incremento dei ricavi e, considerato l'incremento dei costi, ben conosciuto, non era difficile neanche prevedere un possibile utile, sia pur modesto.

Com'è possibile un tale errore da parte di IMI?

Mi vengono in mente due risposte: la prima è chi ha scritto il report è incompetente e non legge neanche i giornali che mentre la Juventus avanzava in Champions League spiegavano che sarebbero aumentati gli incassi.

La seconda è che abbiano stilato una previsione di bilancio all'inizio dell'anno, senza considerare i possibili introiti delle coppe. E avendo previsto una certa percentuale di incremento dei ricavi, sono rimasti fedeli a quei dati, senza aggiornarli.

Comunque siano andate le cose, è la prova che i report bancari non sono molto affidabili.


10 ottobre 2015

Nobel per la Pace

Il premio Nobel per la Pace 2015 è andato al Quartetto per il Dialogo Nazionale tunisino. Si tratta di quattro organizzazione: l'associazione degli imprenditori, il sindacato, l'ordine degli avvocati e la lega dei diritti umani.

Unendo valori e interessi differenti -spiega il comitato norvegese del Nobel - il Quartetto ha svolto un ruolo di primo piano nella Tunisia nata dalla rivoluzione dei gelsomini guidandola verso un sistema democratico pacifico (qui la sintesi delle motivazioni: http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/2015/press.html).

E' un premio importante anche da un punto di vista economico, perchè spiega che per affrontare le sfide economiche, politiche e di sicurezza della Tunisia serve unire il meglio del paese trovando una sintesi tra i valori (alcuni dei quali economici, visto il ruolo giocato da imprenditori e sindacato), mediando tra visioni e interessi differenti e facendo valere l'autorità anche morale che tali associazioni hanno nel paese.

Vale per la Tunisia alle prese con un cammino verso la libertà e la democrazia, ma in fin dei conti vale anche per le democrazie e le economie mature, che funzionano meglio quando interessi e valori diversi trovano una buona sintesi e invece soffrono quando gli interessi di parte cercano di prevalere a discapito dell'interesse generale.


05 ottobre 2015

Qualche conto sul canone RAI

Il canone Rai è una tassa sul possesso dei televisori che serve a finanziare la Rai, impegnata a mandare in onda diversi programmi utili alla collettività ma con pochi ascolti e quindi accompagnati da introiti pubblicitari insufficienti a pagarne i costi.

Ma il canone è una tassa molto evasa. Si stima un'evasione compresa tra il 25% e il 47% con punte del 95% per il canone che dovrebbero pagare le imprese (vedi Linkiesta).

Per eliminare o almeno ridurre l'evasione, Renzi sta pensando di trasferire il canone nelle bollette (della luce, immagino), concedendo uno sconto: da 113 euro circa, la tassa scenderà a 100 euro.

Facciamo qualche conto. In Italia esistono oltre 20 milioni di famiglie. Se tutte pagassero 113 euro, l'incasso sarebbe pari a 2 miliardi e 260 milioni.
Ipotizzando un'evasione del 25%, l'incasso reale scende a 1 miliardo e 695 milioni.

Se invece 20 milioni di famiglie pagassero 100 euro a testa, con poche possibilità di evasione visto che si pagherebbe con le fatture dell'energia, l'incasso salirebbe a 2 miliardi. 305 milioni in più.

Si tratta di un importo pari alle somme che la RAI lamenta mancare dai propri ricavi a causa dell'evasione.

A questi importi si dovrebbe aggiungere 1,3 miliardi evasi dalle imprese, secondo le stime.

Quindi a fronte di un modesto calo del canone per i cittadini, lo stato incasserebbe almeno un miliardo e mezzo in più. Una parte finirebbe per coprire le necessità della RAI. E il resto? Forse vedremo finalmente un canale senza pubblicità?

01 ottobre 2015

Grom

C'eravamo occupati quattro anni fa di Grom (http://www.econoliberal.it/2011/11/grom.html) per dire che i due imprenditori torinesi (Grom e Martinetti) erano bravi a fare gli imprenditori e ancora più bravi a vendere il gelato non proprio buonissimo. Grandi esperti di marketing, insomma, che allora avevano venduto il 5% della loro società per 2,5 milioni di euro.

Nel frattempo s'è scoperto che Grom non produce un gelato artigianale (vedi qui) ma un prodotto preparato in uno stabilimento, congelato e poi spedito nei negozi dove diventa gelato.

Oggi Grom è stata ceduta a Unilever, multinazionale inglese che possiede un'infinità di marchi nei settori più diversi: dai dentifrici alla Findus passando per Algida.

Il marketing torinese di Grom incontra il marketing internazionale di Unilever, arricchendo i due astuti fondatori del marchio di gelato. Gelato diffuso in tutto il mondo non perchè a Grom interessasse vendere il gelato a Tokio o a New York, ma per creare un marchio, un nome da vendere a una multinazionale che lo sfrutterà per vendere un proprio gelato fingendo sia il risultato del lavoro di artigiani italiani.

Link Interni

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...