13 febbraio 2024

La ricerca degli investimenti di Milei

Milei, presidente argentino, ha annunciato: "Avremmo bisogno di investimenti perchè nel corso del risanamento è possibile un calo dell'attività economica, una riduzione dell'occupazione e il crollo dei salari reali", come riporta il Sole 24 Ore

In un paese con il 40% di cittadini poveri, far crollare i salari reali e ridurre l'occupazione significa far crescere la percentuale di cittadini poveri. 

Una follia.  

Perchè i poveri sono pessimi consumatori, e quindi far crescere la povertà vuol dire far scendere i consumi. Che sono il vero motore degli investimenti: se il cittadino consuma, le imprese investono per ampliare la produzione e offrire nuovi prodotti, per costruire nuovi impianti e rinnovare quelli esistenti.  Con i maggiori ricavi derivanti da maggiori consumi, gli investimenti si ripagano. Se invece accade il contrario, ovvero si consuma meno, le imprese hanno meno incentivi (spesso non ne hanno alcuno) a investire.

Sperare negli investimenti in presenza di un "crollo dei salari reali" non ha alcun senso, almeno per chi ha una conoscenza anche modesta dell'economia. A Milei che forse confonde l'economia con l'interesse suo personale individuale o aziendale, paiono mancare le conoscenze di base della scienza economica.

A meno che il piano del presidente Milei sia di trasformare l'Argentina in un paese molto povero in cui imprese straniere acquistano lavoro, materie prime, prodotti industriali  a prezzi molto bassi facendo concorrenza a paesi africani e asiatici e i cittadini sono costretti a lavorare tanto in cambio di salari da fame, perchè non hanno alternative.


05 febbraio 2024

Lo Stato Italiano in Stellantis?

Gli attacchi di Giorgia Meloni a Stellantis hanno portato all'idea, quasi impossibile da realizzare, che lo Stato italiano diventi azionista di Stellantis, casa automobilistica nata dalla fusione del gruppo Fiat e del gruppo PSA, ovvero Peugeot.

Di recente il governo italiano ha detto di voler aumentare la produzione nazionale di autoveicoli, elencando gli incentivi messi in campo a questo scopo e ha polemizzato con i giornali di Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli che è uno dei principali azionisti di Stellantis. 

Irritato, l'amministratore di Stellantis, Tavares, ha spiegato a Bloomberg, come riporta Sky Tg24, che gli attacchi servono a coprire la mancanza di incentivi per l'auto elettrica, con conseguenti rischi per gli stabilimenti italiani.

A sua volta il governo ha risposto ipotizzando l'entrata nel capitale di Stellantis, dove è presente invece lo Stato francese, che farebbe in modo di favorire la produzione negli impianti nazionali. Il governo vuole far credere che l'Italia, se fosse azionista, costringerebbe Stellantis a produrre in Italia.

Perchè l'Italia non è azionista di Stellantis ed è molto improbabile che lo diventi mentre la Francia possiede molte azioni che fa (o farebbe) valere nelle scelte strategiche di Stellantis?

Tempo fa entrambe le aziende che si sono fuse in Stellantis, Fiat e Peugeot, sono entrate in crisi. Crisi così forti da rischiare la chiusura in entrambi i casi. La Fiat nei primi anni 2000, Peugeot dieci anni più tardi. 

La crisi Fiat è stata affrontata dal governo Berlusconi con tante parole e proclami ma nessun intervento concreto. Famosa l'immagine dei vertici Fiat in lunga attesa fuori dalla villa di Arcore, residenza del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, quasi fossero ospiti non graditi.

Il governo non è intervenuto, Tremonti ha detto che la Fiat era virtualmente fallita e i soldi che hanno permesso di superare la crisi sono arrivati dai tre principali gruppi bancari dell'epoca. Un prestito di miliardi definito "convertendo" perchè prevedeva, alla scadenza, la conversione in azioni. Le banche, poco fiduciose del futuro della Fiat hanno quasi subito poi venduto le azioni preferendo una plusvalenza ad un ruolo nella Fiat.

Quando un decennio più tardi la crisi ha rischiato di travolgere Peugeot, invece, lo Stato francese è intervenuto direttamente, diventando azionista di Peugeot, con una quota superiore a quella della famiglia che ha fondato il gruppo PSA.

Per questo motivo oggi il governo francese può mandare un proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione di Stellantis e lo Stato italiano no. 

E, visto che il gruppo nato dalla fusione Fiat-Peugeot gode di buona salute, non esiste motivo per cui la richiesta del governo italiano di diventare azionista si realizzi. L'idea lanciata dal ministro D'Urso è solo un modo di salvare l'immagine del governo, che non pare interessarsi al futuro elettrico dell'auto.

30 gennaio 2024

Le proteste dei trattori


Quanto c'è di sensato nella protesta degli agricoltori che scendono in piazza lamentando prezzi troppo bassi per i loro prodotti e il rischio che i sussidi all'agricoltura, sotto forma di tagli fiscali e contributi (anche per non produrre) possano sparire o almeno essere ridotti?

Pensiamo al latte. Quante marche diverse ne troviamo in un supermercato? 

Una mezza dozzina, forse di più considerando tutte le tipologie di latte. 

E' un classico caso di oligopolio. Pochi produttori di un bene. Meno sono i produttori, più questi possono decidere il prezzo imposto al consumatore e il prezzo di acquisto dai fornitori, che invece sono tanti, spesso piccole aziende con poche mucche.
Se uno di questi non accetta il prezzo offerto dall'industria che trasforma il latte, quest'ultima si rivolge altrove. Prendere o lasciare. 

Le politiche dell'UE ispirate alle libera concorrenza avranno spiegato ai produttori di latte, arance, pomodori, eccetera, come si sarebbe dovuto evolvere il loro settore produttivo, in un sistema concorrenziale?

Sicuramente s'è fatto grande uso di soldi pubblici che hanno permesso per decenni agli agricoltori e allevatori europei di ignorare un mercato in cui tanti piccoli produttori finiscono per essere in balia di pochi trasformatori e venditori finali. 

I soldi hanno integrato il reddito e si sono dimenticate le possibili alternative: una politica capace di mediare tra interessi diversi oppure una politica che vincoli i fondi pubblici alla trasformazione del settore, creando produttori grandi e capaci di trattare alla pari con gli acquirenti di latte, arance, ponmodori, ecc..

Ha prevalso in altre parole una concorrenza selvaggia con aiuti pubblici, utilissimi anche per creare consenso politico. Oggi la minaccia di cambiamento spaventa e stimola le proteste.

13 dicembre 2023

Milei

Cosa aspettarsi dall'Argentina, cronicamente in crisi economica, che ha scelto un Presidente di estrema destra, Milei, pronto a applicare ricette ultraliberiste subito approvate dal FMI?

La ricetta liberista non è una novità. Dal 2015 al 2019, con la presidenza di Mauricio Macrì, imprenditore di origini italiane, ha raccolto molto consenso senza riuscire però a risollevare le sorti economiche (ne avevo parlato qui) di un paese sempre alle prese con conti pubblici disastrosi, un'inflazione alle stelle (con molti dubbi sui dati ufficiali), la svalutazione della moneta nazionale e fughe dei capitali, che, insieme, rendono ingestibile il debito pubblico. 

Milei ha proposto tagli molto forti alla spesa pubblica e in particolare alla scuola, considerata sinonimo di indottrinamento, e alla sanità. L'obiettivo è ridurre il deficit che, finanziato dalla banca centrale, genera inflazione a 3 cifre. Ma i tagli, che renderanno ancora più incerta la vita degli argentini e colpiscono il "capitale umano" non possono che creare problemi all'economia e quindi anche alle entrate fiscali in un paese dove già il 40% delle famiglie vive sotto la soglia della povertà.

L'inflazione, poi, è legata anche alla svalutazione della moneta nazionale. Il governo Milei ha immediatamente svalutato il peso: se prima ne servivano 400 per avere 1 dollaro, adesso ne servono 800. Inoltre ha liberalizzato le importazioni, finora sottoposte a autorizzazione. I limiti alle importazioni si adottano quando le riserve in valuta estera sono basse e anche per aiutare le produzioni nazionali. 

Qual è dunque la ragione di questi provvedimenti? 

Milei ha studiato lavorato come economista per un'importante banca inglese, HSBC. Di solito queste banche cercano per conto della loro clientela occasioni di investimento in grado di produrre ottimi rendimenti. E, ovviamente, sono infastiditi da regole, imposte, diritti, ecc.. 

Milei sembra sperare di trasformare l'economia argentina in un paese pronto a ospitare imprese straniere. Un'alternativa ai paesi asiatici o del centro-sud america alle prese con diversi fattori di instabilità. E' una ricetta lodata dal FMI, che tradizionalmente chiede tagli alla spesa, bassi salari, liberalizzazioni ignorando le conseguenze: stati impoveriti che sprofondano in crisi ancora peggiori, con crescenti sofferenze umane e poche prospettive di sviluppo.

05 dicembre 2023

Merito?

Avete mai visto programmi tv come 4 ristoranti? E' una gara tra 4 ristoranti collocati in una stessa zona. Gli altri 3 ristoratori in gara e un famoso chef giudicano location, servizio, menù e prezzo di ciascun ristorante e alla fine vince chi ottiene il punteggio più alto.

Un particolare mi ha colpito: i ristoratori di parti diverse d'Italia usano metri di giudizio molto diversi. Alcuni ristoratori danno voti alti ai colleghi, in altri bassi. A naso, mi pare che i più generosi nei giudizi sono i ristoratori di zone ricche in Italia.

Questo curioso programma televisivo mi è venuto in mente sentendo un professore in pensione dell'Università di Torino che su La7 qualche settimana fa (vedi video cliccando qui) si è detto non convinto dai test Invalsi che invece hanno segnalato grandi differenze territoriali e di genere nell'apprendimento scolastico. I maschi sono più bravi delle femmine e gli studenti del nord sono più bravi degli studenti del sud, dicono i test. Secondo l'ex docente invece i dati, ovvero i voti dei docenti, dicono che le  ragazze ci mettono più impegno, energia e voglia. Cose che "con la classe sociale non c'entrano". 

C'è da fidarsi dei giudizi dei docenti? 

Il diverso metro di giudizio non vale solo per il programma 4 ristoranti ma anche nella scuola. La percentuale di diplomati che ricevono il voto più alto possibile, il 100 e lode, che potremmo considerare una sorta di cartina al tornasole della disponibilità dei docenti di essere generosi al momento degli scrutini, indica che le scuole in Italia non sono tutte uguali. 

Al nord, in Toscana e Sardegna i diplomati con il 100 e lode non si superano il 3% dei diplomati. In Lombardia solo l'1,5% dei diplomati ottiene il voto più alto mentre ovunque nel sud si supera il 3% e in Calabria si arriva al 6,6%.

Dati contrastanti con altri dati, che indicano le minori percentuali di laureati al sud rispetto a nord e centro.

Dati che suggeriscono che i voti in una scuola superiore possono risentire di elementi soggettivi, a differenza dei test Invalsi, uguali per tutti.

I voti possono anche differire in base a altri elementi. Per esempio dove c'è un tessuto produttivo forte, le imprese si aspettano che i voti dei diplomati siauno una misura della preparazione degli studenti. La generosità dei professori non aiuta, in questo caso, gli studenti e anzi rende meno credibile la scuola agli occhi dell'impresa alla ricerca di diplomati. 

Sappiamo poi che le famiglie sono spesso importanti nella vita degli studenti. Li aiutano, a volte fanno pressioni sui professori, o magari li dissuadono dall'intraprendere un percorso di studi, in base a idee, valori, opinioni che sono diverse in base a diversi fattori. 

Parlare solo di impegno e voglia può spingere a pensare che lo studente/ssa sia solo di fronte al suo impegno di studio. Una visione poco realistica che fa a pugni con test uguali per tutti in cui il risultato non dipende dalla soggettività del docente.

14 novembre 2023

Nobel per l'Economia 2023

Claudia Goldin, docente a Harvard, ha vinto il Nobel per l'Economia del 2023 per i suoi studi innovativi sul lavoro femminile, che hanno aperto un nuovo filone di studi economici.

Un primo importante contributo l'ha fornito dimostrando, da storica, che è errata la convinzione che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia cresciuta con lo sviluppo dell'economia

Prima della rivoluzione industriale le donne partecipavano, nelle campagne, al lavoro agricolo e artigianale più di quando, all'inizio dell'era industriale, abbiano partecipato al lavoro nell'industria. La ragione è che l'industria, soprattutto all'inizio, ha richiesto lavoratori disposti a passare la giornata lavorativa lontano da casa per svolgere lavori fisicamente impegnativi mentre con l'espansione del lavoro impiegatizio è cresciuta la partecipazione delle donne. 

Il lavoro non manuale ha richiesto studio e preparazione, dando alle donne l'opportunità di seguire modelli di vita e lavorativi diversi rispetto a quelli delle generazioni precedenti. Claudia Goldin ha spiegato l'importanza delle aspettative, dimostrando che i percorsi formativi dipendono dalle aspettative di vita e lavoro. Una donna che pensa di lavorare pochi anni per poi sposarsi e occuparsi della casa e della famiglia segue percorsi scolastici e formativi diversi da chi invece ha maggiore desiderio di lavorare a tempo pieno. Chi ha di fronte a se la prospettiva di lavorare per molti anni, studia materie diverse da chi pensa di lavorare per pochi anni per poi dedicarsi a altro.

Un contributo al cambiamento l'ha data in questo senso la pillola contraccettiva, che ha offerto alle donne un maggiore potere di scelta e di controllo della propria vita.

Infine la vincitrice del Nobel 2023 ha contribuito a rispondere a due domande: perchè i tassi di partecipazione delle donne al mercato del lavoro aumentano ma più lentamente di quanto ci si aspetti? E perchè le donne continuano a guadagnare di meno degli uomini?

La risposta (originale) alla prima domanda è che le donne che lavorano sono la somma di diverse generazioni con diversi comportamenti. Se l'ultima generazione è composta da donne che partecipano in grande percentuale al mercato del lavoro, ci sono anche generazioni precedenti che invece partecipano di meno. 

La rispsosta alla seconda è che una parte del divario salariale dipende dal fatto che le imprese premiano la continuità e la disponibilità, entrambe meno frequenti tra le donne che hanno impegni famigliari maggiori rispetto ai colleghi uomini.

I contributi di Claudia Goldin sono importanti anche per chi vuole influenzare, con opportune scelte di politica o di impresa, la partecipazione delle donne al lavoro. Se in ciascun posto di lavoro finisce la persona migliore, l'intera economia ne trae benefici.

31 ottobre 2023

PIL e inflazione

L'ultimo giorno di ottobre ci offre  i dati su PIL e inflazione. Il primo è negativo: la stima del PIL del terzo trimestre (arriverà poi il dato definitivo) è pari allo zero, mentre l'inflazione di ottobre registra un calo dello 0,1%. 

Cosa suggeriscono i dati?

Che l'aumento dei tassi da parte della BCE sta facendo effetto. Deprime la domanda di beni e servizi, le aziende se ne accorgono e per vendere son costrette a diminuire i prezzi. Il prezzo da pagare è il PIL che in alcuni paesi in Europa è in calo e in altri vicino allo zero (in Francia 0,1%, in Germania -0,1%) ovvero meno crescita e occupazione.

Questo è il costo di economie che non hanno usato lo strumento fiscale per combattere l'inflazione, lasciando alla Banca Centrale Europea il compito di far tornare l'inflazione entro il 2% aumentando i tassi.


19 ottobre 2023

BOT e ISEE

La ministra della famiglia Roccella ha proposto di escludere i titoli di stato (BOT, CCT, ecc) dal calcolo dell'ISEE, l'indicatore di ricchezza che viene usato per decidere chi ha diritto a talune prestazioni sociali. 

Sono possibili almeno tre chiavi di lettura.

Il primo: è un modo di dire: caro cittadino, se hai investito i tuoi risparmi nel debito pubblico facciamo finta tu non li abbia. Una scelta che penalizza chi i risparmi non li ha. Perchè i fondi sono limitati e se si amplia la platea dei beneficiari, qualcuno senza ricchezza rischia di restare escluso a favore di qualcuno che invece è più ricco.

Il secondo: è una scelta nazionalista e furba. Come essere iscritto a un partito. Solo chi ha certi requisiti "nazionalistici" può accedere agli aiuti dello Stato.

Il terzo: è un segnale di preoccupazione dello Stato che deve vendere i titoli del debito pubblico e ci sta dicendo che è lecito giocare sporco pur di ampliare la platea dei sottoscrittori del debito.

Un pessimo segnale che il mercato potrebbe cogliere e trasformare in un aumento della spesa per interessi. Quello che lo Stato guadagna con più acquirenti di BOT e CCT potrebbe perderlo con un maggiore tasso pagato sugli stessi.

08 ottobre 2023

Visco suggerisce...

Intervistato dal Financial Times (ne parla il Sole 24 ore) il governatore della Banca d'Italia ha affrontato il tema dello spread, in aumento da qualche settimana, che inizia a preoccupare il governo.

Invita il governo e la Presidente del Consiglio a ascoltare le preoccupazioni degli investitori sul debito pubblico, sul deficit e sulla crescita a lungo termine. 

Suggerisce di adottare politiche economiche per ridurre il deficit, che risente negativamente dell'aumento dei tassi pagati dallo Stato. Si rischia il circolo vizioso: se il governo non migliora i conti e non pensa alla crescita, i tassi aumenteranno, e il peggioramento dei conti sottrarrà risorse alle politiche di crescita, provocando altri aumenti dei tassi, e così via.

Quali politiche per la crescita? 

I suggerimenti del governatore sono di massimizzare i finanziamento dell'UE (leggasi PNRR), di incrementare la partecipazione femminile al mercato del lavoro ma anche di migliorare l'integrazione degli immigrati e di potenziare la formazione nelle competenze digitali.

Insomma non c'è alcun complotto contro l'Italia. Lo spread sale perchè le politiche economiche del governo non convincono gli investitori circa la crescita della nostra economia e la solidità dei conti pubblici, che quindi cedono i titoli italiani o chiedono tassi più alti per sopportare il maggior rischio.


01 ottobre 2023

Italia in calo

Il segno meno sembra dominare i dati dell'economia italiana, fatta eccezione per lo spread e i  tassi. 

Il PIL probabilmente crescerà nel 2023 grazie all'aumento ereditato dal 2022 ma ogni previsione è peggiore delle precedenti, mentre nel secondo trimestre s'è registrato un calo, compatibile con la produzione industriale, salita solo a maggio e giugno e in calo negli altri mesi dell'anno. 

Qualche notizia positiva è arrivata dal turismo a giugno e luglio mentre a agosto, mese tradizionalmente dedicato alle ferie degli italiani, s'è registrato un calo del turismo soprattutto degli italiani, che contenevano le spese di fronte a prezzi in salita di ombrelloni e lettini. 

Calano anche il credito alle imprese e le vendite immobiliari, per colpa dei tassi che invece continuano a salire, colpa dell'inflazione che sale meno ma è ancora lontana dall'obiettivo del 2%. L'aumento dei tassi si riflette sui conti pubblici, peggiori del previsto, che mettono a disposizione del governo pochi soldi da spendere per cercare di migliorare la situazione, mentre all'orizzonte si profila qualche grana importante, come quella dell'ex Ilva che chiede invano molti soldi per la riconversione dell'attività produttiva.

Giorgetti è preoccupato per il debito pubblico. Sa che collocarlo significa spendere più dell'anno scorso. E fa bene a spaventarsi anche per la liquidità in calo.

Di chi è la colpa? 

Solo in piccola parte della guerra e dell'inflazione provocata dal rincaro delle materie prime. Oggi il prezzo di gas e luce è sceso di almeno il 75% rispetto ai picchi toccati nel 2022. Passata la tempesta tutto sarebbe potuto tornare (quasi) come prima ma sarebbe servita un'iniezione di fiducia e stimoli fiscali per innescare una brusca frenata dell'inflazione. 

Il governo ha invece deciso di tagliare imposte e contributi pagati dalle imprese finanziando la spesa con le accise sui carburanti, incurante degli effetti sull'inflazione. Se un'impresa paga meno contributi non è detto ceh trasferisca il risparmio sui prezzi, specie se alcuni dei costi continuano a aumentare e se il fatturato non aumenta per effetto di condizioni economiche in peggioramento. Userà invece il risparmio dei contributi per migliorare i propri conti che stanno peggiorando.

Inoltre perchè i consumatori dovrebbero spendere di più se vedono i prezzi (i carburanti, soprattutto) in aumento? Continueranno a essere prudenti spendendo il necessario.

La domanda quindi diminuisce, anche per effetto della fine del reddito di cittadinanza e del superbonus edilizio, e questo causa un peggioramento dell'economia. Non compreso dal governo, che invece stimola la produzione di beni e servizi e non fa niente per aumentare le certezze economiche degli italiani.

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