25 giugno 2016

Svalutare dopo la Brexit?

Se uno dei primi effetti della Brexit è la svalutazione della sterlina, scesa ai minimi degli ultimi 31 anni, c'è da scommettere che qualche politico proporrà il ritorno alla lira e una svalutazione competitiva. E ciò accadrà soprattutto se, come è possibile, nei prossimi mesi le esportazioni britanniche saliranno per effetto di una sterlina svalutata che rende meno conveniente importare prodotti stranieri in Gran Bretagna.

Ora, a parte il fatto che la svalutazione penalizza il settore finanziario, perchè minaccia gli investimenti in sterline, l'idea di una svalutazione competitiva è illusoria.

La prima ragione è che, a differenza della Gran Bretagna, l'Italia non possiede una propria moneta e non sarebbe facile tornare alla lira.

La seconda e più importante ragione è che se anche esistesse la lira, non sarebbe una moneta forte, capace di attrarre capitali. S'è visto ieri. Mentre i mercati crollavano lo spread italiano, cioè la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato italiani a 10 anni e i titoli tedeschi di pari durata è aumentata fiorando i 200 punti. Nel frattempo il rendimento dei bund decennali tedeschi è diventato negativo e nonostante la sterlina stesse crollando il rendimento dei titoli decennali inglesi non è salito.

Il significato di tutto ciò è chiaro: se le cose vanno male, gli investitori scelgono i titoli di stato inglesi e tedeschi e fuggono da quelli italiani. Un eventuale e complicato ritorno alla lira se anche garantisse i vantaggi della svalutazione, metterebbe il debito pubblico in balia della speculazione, difficile da affrontare senza il supporto della BCE.

La svalutazione di una improbabile lira sarebbe decisa dalla speculazione e non dal governo italiano, che invece dovrebbe fare i conti con titoli di stato molto costosi, effetto di una scarsa fiducia nella lira.

24 giugno 2016

Brexit, l'ultima vittoria della Thatcher

I britannici hanno fatto la loro scelta, uscire dall'UE, e i mercati hanno reagito come previsto: giù la sterlina e le borse.

Il voto favorevole all'uscita è arrivato soprattutto da persone con più di 50 anni e in particolare da chi ha più di 65 anni e da chi vive in Inghilterra ma non a Londra. I giovani e i londinesi hanno invece votato per restare nell'UE.

A me pare che questa sia l'ultima vittoria di Margaret Thatcher, della sua visione di una Gran Bretagna diversa dal resto d'Europa, fatta di individui pronti a agire sulla base solo di interessi individuali e di una economia britannica che sotto il suo governo ha liquidato anche brutalmente i vecchi mestieri industriali creando non poche difficoltà a chi vive lontano da Londra e ampliando le disuguaglianze non solo tra classi sociali ma anche tra territori.

Oggi la Gran Bretagna che ha subito la radicale trasformazione thatcheriana vede negli immigrati un pericolo e decide di chiudersi in se stessa, mentre i giovani che non hanno conosciuto la Lady di Ferro e i londinesi diventati più ricchi grazie alla finanza, ai servizi, all'apertura di Londra ai capitali del resto del mondo hanno votato Remain per paura di un futuro meno roseo.

L'eredità (negativa) della signora Thatcher non si ferma qui. L'occasione per un voto clamoroso l'ha fornita un altro conservatore, David Cameron, e l'ha fatto per banali ragioni politiche interne al suo partito. Il referendum doveva essere uno strumento di lotta politica interna al Partito Conservatore. Il voto avrebbe dovuto affossare i suoi avversari anti europeisti.

Uno scenario che ricorda un altro politico conservatore europeo, Angela Merkel, che, per ottenere qualche voto in più in una elezione regionale, ha rinviato il salvataggio della Grecia, facendo preò precipitare la crisi ellenica.


21 giugno 2016

John Law

Lunedì sera Rai5 ha trasmesso l'interessante documentario Money Art (lo trovate qui:
http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html?day=2016-06-20&ch=31&v=682898&vd=2016-06-20&vc=31#day=2016-06-20&ch=31&v=682898&vd=2016-06-20&vc=31) dedicato a storie che uniscono arte e finanza.

La puntata era dedicata alle vicende di uno scozzese, John Law, che lasciò un grande collezione d'arte, in gran parte andata perduta, dopo una vita avventurosa che lo portò a una grande innovazione finanziaria. Law si accorse che chi portava in banca l'oro poi usava banconote o scritture contabili per pagare e neppure chi riceveva il pagamento ritirava l'oro depositato.

Si poteva quindi emettere moneta con valore superiore all'oro depositato. Con quale scopo?

Il Regno di Francia era sovraindebitata e rischiava il fallimento. Law propose di dare ai debitori banconote, appositamente emesse da una banca con il monopolio dell'emissione, ma c'era un problema: l'oro nei forzieri era troppo poco per garantire le banconote. Si trovò una soluzione: creare una società - sull'esempio di analoghe imprese olandesi e britanniche- per sfruttare i territori americani della Francia (una grande parte degli attuali USA) e i loro commerci con l'Europa.

I profitti avrebbero convinto i risparmiatori a comprare azioni della società, che poteva in questo modo acquisire l'intero debito pubblico francese, risolvendo i problemi della monarchia.

Le cose in realtà andarono male, la banca di Law emise troppa moneta, promettendo guadagni impossibili, perchè gli affari negli USA erano solo e molto teorici. Le azioni della banca salirono prima alle stelle, garantendo grandi emissioni di moneta per poi crollare quando la bolla speculativa scoppiò.

Law alla fine fuggì a Venezia dove visse gli ultimi anni della sua vita come giocatore d'azzardo e collezionista d'arte (il gioco rendeva bene).

Viene ricordato per un clamoroso fallimento (del suo progetto e della Francia) ma anche come l'inventore della banconota.

Banconote che, tuttavia, oggi chiameremmo obbligazioni con un rendimento fisso.

18 giugno 2016

Possibili effetti della Brexit

Cosa succederà se la prossima settimana i britannici decideranno di uscire dall'Unione Europea?

Lo scenario più probabile è che l'uscita possa provocare un calo della sterlina rispetto alle altre monete come dollaro e euro. A Londra c'è il più grande mercato finanziario dell'Europa e uno dei più importanti al mondo, capace di intertmediare somme enormi. Una parte dei capitali che passano per Londra cambierebbe strada, per paura che sia più complicato -se la Gran Bretagna esce dall'UE- investire capitali. Di qui il probabile calo, che in parte sta già avvenendo, della sterlina.

Se il calo della sterlina spaventa il mondo della finanza britannico, perchè rende meno conveniente investire in una moneta che si svaluta, il mondo dell'impresa non finanziaria guarda alla svalutazione con una certa simpatia. La svalutazione rende meno convenienti le importazioni del Regno Unito e favorisce gli esportatori.

Così si spiega il favore della piccola e media impresa britannica per la Brexit, che tuttavia dovrebbe fare i conti con le possibili reazioni europee. In caso di Brexit l'Unione Europea accetterà di tenere la Gran Bretagna nel mercato unico?

Le imprese britanniche puntano sulla svalutazione e su regole nazionali più semplici di quelle di Bruxelles, ma questo potrebbe provocare una reazione da parte europea. Le imprese britanniche potrebbero trovare la porta europea chiusa, o aperta solo in cambio del rispetto di regole e vincoli oggi inesistenti. Se ciò accadesse sarebbe inevitabile oltre alla svalutazione anche una recessione, provocata anche dal possibile spostamento di molti uffici di banche londinesi nel vecchio continente, dove potrebbero continuare a svolgere il proprio lavoro liberamente.

10 giugno 2016

Brexit?

La possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea spaventa i mercati finanziari.

La City di Londra, vale a dire il più importante mercato finanziario europeo spera vinca il no e si può facilmente capire il perché: almeno 65 miliardi di sterline sarebbero usciti dal paese o convertiti in altre valute, nel timore delle conseguenze della Brexit, e molte banche stanno pensando di spostare altrove, nell'Unione Europea, visto che restare a Londra significa fare i conti con maggiori vincoli legislativi e fiscali.

La fuga di capitali rischia di colpire duramente le banche. Lo scoppio della crisi del 2008 ha insegnato che gli effetti possono essere potenzialmente esplosivi: la fuga dei capitali crea le condizioni perc ulteriori fughe. Gli investitori si spaventano, temono perdite e insolvenze e ritirano i capitali.

La Banca d'Inghilterra ha imparato la lezione e sta predisponendo un fondo per aiutare le banche garantendo loro capitali che rimpiazzeranno quelli fuoriusciti. Un buon modo di limitare i danni, in attesa del voto o, in caso di Brexit, di trovare un modo per far funzionare di nuovo a pieno regime il mercato finanziario londinese.

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