31 dicembre 2012

Fiscal Cliff

Cos'è il fiscal cliff di cui tanto si parla in queste settimane?

Per capirlo facciamo un salto indietro di quasi un anno e mezzo, alla fine di luglio del 2011. In quel periodo il debito pubblico americano stava raggiungendo il limite previsto per legge.

I repubblicani decisero di alzare il limite e pretesero in cambio il prolungamento fino a fine 2012 dei tagli fiscali voluti 10 anni fa da Bush. Ma si decise anche un piano per ridurre il deficit in modo significativo (900 miliardi di dollari) nell'arco di un decennio e si decise cosa sarebbe successo al momento della scadenza delle norme transitorie.

Oggi, 31 dicembre, le norme transitorie stanno per scadere. Se repubblicani e democratici non troveranno un accordo, tra maggiori imposte e minori spese, usciranno dalle tasche degli americani 600 miliardi di dollari, pari a circa il 4% del PIL.

Questo farà scendere i consumi e provocherà una recessione. A fine 2013 il PIL americano sarà sceso -si prevede- dell'1,5%, con effetti rilevanti per il resto del mondo: molte economie risentiranno del calo della domanda americana.

Ma perchè repubblicani e democratici non trovano un accordo?

La destra del partito repubblicano tiene duro sulla questione dei tagli fiscali. Chiedono di prolungare i tagli di Bush, che riducevano le imposte per i ricchi, mentre Obama vorrebbe la fine dei privilegi per chi guadagna più di 250.000 dollari.

Senza un accordo, dal 1 gennaio i benefici fiscali di Bush scompariranno e i redditi medio-bassi si troveranno a pagare una maggiore imposta sulle spese mediche, che oggi gravano per circa il 6% sui redditi da lavoro (l'imposta si applica solo per i primi 105.000 dollari circa). Senza un accordo, da gennaio l'aliquota salirà di 2 punti, vale a dire si applicherà l'aliquota ordinaria, destinata nei progetti di Obama a entrare in vigore solo nei prossimi anni.

Inoltre la partita si gioca sui tagli. Senza un accordo scattano tagli automatici alla spesa. I democratici non si augurano che succeda, perchè circa due milioni di disoccupati resterebbero senza sussidio, mentre i repubblicani sperano di evitare altri tagli di spese gradite ai propri elettori.

Perchè dunque non si è ancora arrivati a un accordo? La vera ragione sono i repubblicani del Tea Party, vale a dire la destra del partito. Sono in realtà preoccupati degli interessi di un ristretto gruppo di americani, quelli che vogliono a tutti i costi il prolungamento dei benefici fiscali per i ricchi dell'era Bush.

Per questo i leader dei repubblicani sono in imbarazzo: per difendere i privilegi di pochi, il Tea Party rischia di danneggiare l'intera economia americana e di far arrabbiare milioni di americani che sarebbero colpiti da tagli e maggiori imposte.





28 dicembre 2012

L'agenda di Grillo

In vista delle elezioni un pò tutti i partiti presentano i programmi. E il Movimento 5 Stelle, il partito che fa capo a Beppe Grillo, presenta il suo. O meglio presenta un'agenda in 16 punti. Eccoli:

1 - Legge anticorruzione
2 - Reddito di cittadinanza
3 - Abolizione dei contributi pubblici ai partiti (retroattivi da queste elezioni)
4 - Abolizione immediata dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali
5 - Introduzione del referendum propositivo e senza quorum
6 - Referendum sulla permanenza nell'euro
7 - Obbligatorietà della discussione di ogni legge di iniziativa popolare in Parlamento con voto palese
8 - Una sola rete televisiva pubblica, senza pubblicità, indipendente dai partiti
9 - Elezione diretta dei candidati alla Camera o al Senato
10 - Istituzione di un politometro per la verifica di arricchimenti illeciti da parte della classe politica negli ultimi vent'anni
11 - Massimo di due mandati elettivi
12 - Legge sul conflitto di interesse
13 - Misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa sul modello francese
14 - Ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola pubblica con tagli alle Grandi Opere Inutili come la Tav
15 - Informatizzazione e semplificazione dello Stato
16 - Accesso gratuito alla Rete per cittadinanza

Ci sono almeno tre punti che segnalano il populismo del movimento: il reddito di cittadinanza, il referendum sulla permanenza nell'euro e l'accesso alla rete gratuito. Proposte destinate a restare sulla carta, soprattutto se non si spiega con quali fondi si pensa di pagare i costi.

Poi ci sono numerosi punti che riguardano quasi esclusivamente il mondo della politica e il funzionamento delle istituzioni. I politici secondo Grillo, andrebbero eletti direttamente (proposta 9), dovrebbero essere controllati (proposta 10) e sanzionati se corrotti (proposta 1), gli si dovrebbe tagliare i soldi (proposta 3 e, indirettamente, la 4), dovrebbero fare ciò che vuole l'elettore (proposte 5 e 7), non dovrebbero restare per più di due mandati (proposta 11) e ovviamente dovrebbe essere impedito a Berlusconi di fare politica (proposta 12).

Questo è il cuore della ricetta di Grillo, tanto importante da occupare 9 proposte su 16: cambiare la politica.

E l'economia?

Non si parla di lavoro, di pensioni, di sviluppo, di debito pubblico, di spread. Si propone solo di rilanciare la piccola e media impresa, argomento caro di solito alla destra, e di informatizzare e semplificare lo Stato, vietando la TAV e eliminando i tagli a scuola e sanità.

Davvero molto poco, ragionier Grillo.

27 dicembre 2012

Econoliberal: tempo di bilanci

La fine dell'anno si avvicina e è ora di curiosare dentro Econoliberal. Quali sono i temi preferiti dai nostri "25 lettori", come avrebbe detto Manzoni?

Ecco qualche dato interessante.

Da quando esiste Econoliberal l'articolo più letto riguarda l'auto a aria compressa seguito da quello sull'uscita dall'euro e, al terzo posto, da un articolo sulla pubblicità di Mediolanum.

Interessano molto anche gli articoli sul fisco di William e gli articoli sul mondo del pallone.

Auto, fisco, soldi, pallone... passioni italiane? Forse anche straniere visto che a fronte di 178.000 contatti dall'Italia se ne registrano oltre 15.000 dalla Germania, 9.500 dagli USA, 5000 dalla Spagna, 2700 dal Regno Unito, 1900 dalla Francia, 1800 dalla Russia, 1100 dall'Ukraina, 950 dalla Svizzera.

Stravince Windows tra i sistemi operativi (80% del totale) seguito dal sistema di Apple (9%) mentre la gara dei browser è vinta da Firefox (30%) su Explorer (28% delel visite), Chrome (21%) e Safari (15%).

Quanto all'origine dei contatti, molti arrivano dal sito di Beppe Scienza, ma su tutti prevale google.it: quasi tutti trovano Econoliberal sul più famoso motore di ricerca.

Econoliberal, infine, viene letto sia da chi cerca argomenti d'attualità (unodei periodi con più accessi è stato il mese di novembre 2011, quando in tanti hanno cercato articoli sulla crisi dello spread allora in atto) sia da chi cerca articoli su un argomento specifico, come testimoniano i contatti di dicembre: tra gli articoli più letti, solo uno è stato scritto in questo mese (quello intitolato Comunione e Appropriazione). Buona parte dei lettori hanno preferito articoli più vecchi, ma sempre interessanti.

In conclusione: grazie a tutti voi lettori e buon anno (e anche buona Natale...sia pure in ritardo). Seguiteci e scriveteci!




21 dicembre 2012

Caro mattone


Prendo spunto da questo articolo di Repubblica per spiegare come funzionano le truffe su cantieri ed edilizia.

Sottolineo che quanto scriverò ha solo scopo informativo e che certe condotte sono sanzionate penalmente e che personalmente condanno senza appello certi comportamenti!


Innanzitutto bisogna avere una o più società "sane", poi si costituisce una srl semplificata, capitale di 1 Euro (costi notarili pari a circa 1.600 €).
I ruoli saranno diversi: con la società sana si compra il materiale e lo si rivende a prezzo maggiorato alla srl semplificata (che chiameremo "fasulla") e con quest'ultima si prendono lavori specifici e si assumono i dipendenti per fare i lavori.

In pratica si hanno 2 società: quella sana che lavora normalmente che ha dipendenti impiegati e che paga tutto in regola, fornitori, dipendenti e contributi. Poi quella fasulla che invece prende i lavori, assume i dipendenti e incassa i corrispettivi dei lavori. Gli utili di questa seconda società vengono fatti uscire tramite l'acquisto del materiale maggiorato verso la società sana.

Della società fasulla si pagano solo le ritenute d'acconto dei dipendenti per evitare ripercussioni penali agli amministratori (quindi solo circa l'8% INPS), si dichiara tutto fino all'ultimo euro, ma non si paga più nient'altro. Né IVA, contributi, tasse, nulla di nulla.

Quando la società ha ultimato il cantiere, si cede la proprietà e l'amministrazione possibilmente a un extracomunitario che torna al suo paese per sempre, si sposta la sede presso lo stadio cittadino e il gioco è fatto!

La società viene abbandonata, di fatto non c'è evasione né contributiva né fiscale, in quanto tutto è stato dichiarato (ci si limita a non pagare) e non c'è più nessuno da interpellare, in quanto il socio unico e amministratore risulta irreperibile.

Un limite a questo genere di operazioni truffaldine è stato messo con la richiesta del Durc e della regolarità IVA con pesanti sanzioni al committente, ma purtroppo l'applicazione non è così semplice, perché purtroppo certe norme intralciano non poco gli onesti, e non toccano i delinquenti che non hanno il minimo problema a produrre autocertificazioni false.

20 dicembre 2012

Silvio e l'IMU

Lungi da me difendere Berlusconi, il secondo peggior presidente del consiglio della storia italiana (dopo Mussolini), ma forse su un punto ha ragione: sarebbe meglio abolire l'IMU sulla prima casa.

A quando ammontano gli introiti dell'IMU?

Si tratta di circa 24 miliardi in totale, pari a circa un punto e mezzo di PIL. Molti soldi per un paese che deve raggiungere il pareggio di bilancio.

Ma l'IMU sulla prima casa pesa solo per il 16% del totale, complici le detrazioni e l'aliquota più bassa proprio sulla prima casa. 3-4 miliardi secondo le stime.

Se così fosse, non sarebbe poi tanto difficile eliminare l'IMU sulla prima casa o almeno ridurla ampliando le detrazioni. 3-4 miliardi non sono poi tanto difficili da trovare.

A questo scopo Berlusconi ha chiesto ai suoi consiglieri come trovare fonti d'entrata alternative, almeno per evitare l'obiezione più facile: se aboliamo l'IMU come garantiamo il pareggio di bilancio?

Sarebbe bello se nella campagna elettorale si discutesse di un tema come questo: è opportuno ridurre l'IMU sulla prima casa e di quanto? E dove prendiamo i soldi? Come distribuiamo vantaggi e sacrifici?

In fin dei conti la politica è anche questo: una scelta tra politiche differenti, tra opzioni diverse su diversi temi.

Se accadrà diventeremo, forse, un paese normale, in cui si discute davvero di programmi. Per ora non resta che osservare che un Berlusconi, di solito pessimo, per la prima volta nella sua lunghissima carriera politica sta trattando con responsabilità un argomento a lui caro.

Sarà merito dei pessimi risultati ottenuti da Berlusconi negli ultimi anni?

18 dicembre 2012

Cosa vuol dire crisi. Per gli stranieri

Quando diciamo crisi, pensiamo a imprese che chiudono, lavoratori licenziati e cose simili. Questo propongono i mass media.

Ma c'è un altro aspetto del problema, che appare grazie al signor Wuerth, fondatore del gruppo Würth, azienda tedesca che esporta in Italia bulloni e attrezzi di ogni tipo.

Il signor Reinold Wuerth, intervistato dal quotidiano tedesco Handelszeitung, ha spiegato che da tempo il mercato italiano, insieme a quello di altri paesi (Portogallo, Grecia, Spagna) è crollato e, soprattutto, che le imprese italiane non pagano.

Così ha deciso che i 60.000 clienti italiani non avranno più alcun prodotto fino a quando non salderanno le fatture pregresse.

Ecco un effetto molto concreto della crisi, della mancanza di credito a buon mercato per le imprese italiane.

Reinhold Wuerth ha capito molto bene le conseguenze e per questo chiede alla Germania di fare di più per risolvere i problemi delle economie del sud Europa, ricordando che la politica dell'austerità tedesca non ha senso perché penalizza la Germania e perché in Germania le regioni più ricche aiutano le altre: perché non dovrebbe accadere lo stesso in Europa tra le nazioni più ricche e quelle più povere?


16 dicembre 2012

Pisanello

Per un mese, dal 12 dicembre al 13 gennaio, Palazzo Madama a Torino ospita il ritratto di Lionello d'Este, dipinto dal Pisanello. Il capolavoro del '400 arriva dall'Accademia Carrara di Bergamo, chiusa per restauro fino al 2014 ed è visitabile liberamente.

Una mostra (con un solo quadro, a dire il vero) che ha alcune particolarità.

La prima è di sfruttare un'opera temporaneamente inutilizzata, prestata da un museo a un altro. Non disponibile per la visione del pubblico, può essere messa in mostra a centinaia di km di distanza.

La seconda è che l'ingresso è gratuito ma con la particolarità che chi organizzata la mostra, il comune di Torino, chiede al pubblico di lasciare un'offerta, se lo ritiene opportuno.

Non è la prima volta che succede. L'anno scorso Palazzo Madama ospitava una madonna con bambino di Michelangelo. C'era una cassetta di plexiglass per lasciare un'offerta.

I soldi incassati, quasi 16.000 euro, sono serviti per portare il ritratto di Lionello d'Este a Torino.

Insomma l'arte con un pò di fantasia e un pò di buona volontà può portare soldi, indispensabili per finanziare la fruizione delle opere, e può servire a portare al pubblico opere altrimenti destinate a non essere viste.

15 dicembre 2012

Albert O. Hirschman


E' morto a 97 anni Albert O. Hirschman, un ottimo economista e intellettuale, di cui consiglio Retoriche dell'intransigenza, libro che descrive le argomentazioni usate dai conservatori per spiegare che nulla deve cambiare.


Ed ecco la biografia di Hirschman, ripresa da bilanciamoci.info

Il suo Exit, voice and loyalty apre la via per capire l’intreccio tra comportamenti economici, sociali e politici; prima era stato tra i padri dell’economia dello sviluppo; prima ancora antifascista in Italia, Spagna e Francia
Si è spento l’11 dicembre a 97 anni Albert O. Hirschman, uno dei maggiori economisti che ha attraversato il ventesimo secolo. Nato nel 1915, era un giovane socialista nella Berlino di Hitler, passa a Parigi e Londra, finisce gli studi a Trieste, dov’è con gli antifascisti del gruppo di Eugenio Colorni, che sposerà la sorella, Ursula Hirschman (Colorni sarà assassinato dai fascisti nel 1944 e Ursula sposerà poi Altiero Spinelli). Nel 1938, con le leggi razziali del fascismo, torna in Francia, è con la Repubblica nella guerra civile spagnola, poi allo scoppio della seconda guerra mondiale è arruolato in Francia, dove lavora per l'emigrazione clandestina verso gli Stati uniti degli intellettuali tedeschi ebrei e antinazisti, una strada che prenderà lui stesso nel dicembre 1940. Negli Usa lavora come economista a Berkeley sulle radici del potere economico della Germania nazista (pubblica il volume Potenza nazionale e commercio estero), poi è nell’esercito americano in Africa e in Italia, dove si occupa della ricostruzione.
Nel 1946 è nella divisione internazionale della Federal Reserve Usa, dove si occupa di Italia e Francia. Di quel periodo ha scritto che “l’enorme potere economico nelle mani degli Stati Uniti in quel momento storico rendeva perfino la mia posizione, in apparenza consacrata solo alla ricerca, sorprendentemente influente, sia all’interno del governo statunitense, sia nelle relazioni economiche con l’Europa occidentale”. E aggiunge che “la mia reazione, forse talvolta eccessiva, fu di reprimermi nell’uso di qualsivoglia potere avessi; ma soprattutto lavorai sodo per minare le certezze dei miei colleghi”. Un tale atteggiamento – conclude – “può anche darsi che sia diventata un’abitudine metodologica, che sottende gran parte del mio lavoro successivo”.
Nasce in questo modo una straordinaria attenzione all’intreccio tra fenomeni economici, aspetti sociali e questioni politiche che segna tutta la sua opera. Si occupa dell’industrializzazione e dei paesi in via di sviluppo e dal 1952 è in Colombia. La strategia dello sviluppo economico è il libro che ne fa uno dei padri dell’economia dello sviluppo, sottolineando gli squilibri che segnano i processi di crescita e le necessarie connessioni tra le attività economiche.
Negli Stati Uniti insegna a Yale, Columbia e Harvard e arriva nel 1974 al prestigioso Institute of Advanced Studies di Princeton. Nel 1970 pubblica Exit, voice and loyalty, un classico sui comportamenti economici, sociali e politici e – come recita il sottotitolo – sulle “risposte al declino in imprese, organizzazioni e stati”. A partire dall’analisi di casi concreti, Hirschman mostra come siano rilevanti non solo le scelte effettuate sulla base di preferenze e valutazioni economiche, ma contino l'appartenenza istituzionale, la comunicazione d'informazioni, la protesta politica; queste poi prendono forme diverse a seconda dei contesti istituzionali: verso l’alto se il potere – economico o politico – è capace di recepire il nuovo, oppure con una “voce orizzontale” quando il cambiamento è bloccato e la strada percorribile è solo una comunicazione tra pari che rafforzi i legami sociali.
Si mostra così come sia necessario complicare l'economia con comportamenti che non si riducono all'interesse individuale, temi comuni anche a The Passions and the Interests e a Shifting involvements: private interest and public action. La sua attenzione non è su come spiegare gli eventi più probabili, ma su come individuare quelli possibili, che richiedono dinamiche sociali e azioni politiche “giuste”. All’altro fronte, quello delle resistenze al cambiamento, dedica le analisi di The Rhetoric of Reaction: Perversity, Futility, Jeopardy, esaminando gli argomenti dei conservatori che presentano il nuovo come sbagliato, inutile o dannoso.
Le sue analisi economiche degli anni ’40 partivano dall’attenzione ai fattori che avevano sostenuto l’ascesa della Germania nazista, e le sue riflessioni politiche degli anni ’70 e ’80 prendono spunto dall’esperienza dell’America latina. Per la Germania Hirschman sottolinea la dimensione politica dei rapporti economici: il commercio, le specializzazioni produttive, gli investimenti, la produzione e vendita di armi portano con sé rapporti di potere, rafforzano le monete, cambiano le posizioni degli stati, creano sfere d’influenza, si traducono in potenza politica destinata a intrecciarsi con la forza militare. Una lezione questa – sulla dimensione politica dei rapporti economici internazionali – troppo spesso dimenticata dalla ricerca economica. Per l’America latina Hirschman respinge l’idea liberale di un progresso parallelo di sviluppo economico e democrazia: «la democrazia è una regola di imprevedibilità – ha affermato – ed è il rifiuto dell'imprevedibilità che ha condotto a regimi autoritari». Ma una società del tutto prevedibile non può che essere una società oppressiva, in cui si spengono le possibilità di cambiamento, fino alla fine della politica.
I suoi libri, tutti tradotti in italiano – una raccolta di saggi ha il titolo L’economia politica come scienza morale e sociale – ma ormai difficili da trovare in libreria, offrono strumenti chiave per la l’economia e la politica, in particolare per nuovi filoni di ricerca come l’economia comportamentale, l’analisi delle istituzioni, dei beni comuni e dell’azione pubblica. Ma è la sua lezione di vita – insieme alla sua opera – che è un insegnamento da non dimenticare.

13 dicembre 2012

L'abbraccio della burocrazia


In Italia c'è un problema che si chiama subappalto. In sé non sarebbe un problema, ma, anzi, è un modo per razionalizzare le risorse.

Facciamo un esempio. Devo costruire una casa e visto che ne costruisco una all'anno, prendo l'appalto da un'immobiliare e comincio a spezzettare il ciclo lavorativo: appalto gli scavi ad una ditta di movimento terra, gli impianti a elettricisti e idraulici, il cemento armato a una squadra specializzata e così via.

A loro volta, anche coloro a cui ho appaltato i lavori potrebbero subappaltarlo ad altri (a meno che non sia espressamente escluso per contratto).

Questo in un'economia sana è utile perché permette di suddividere i rischi e i picchi di lavoro, infatti ad esempio coloro che eseguono gli scavi, potrebbero farli con macchinari migliori un giorno a me, e il giorno dopo ad un altro, mentre se dovessi fare tutto io, dovrei comprare escavatori e camion e lasciarli per lunghi periodi inutilizzati, così come gli operai che non arriveranno mai al livello di specializzazione del subappaltatore.

Purtroppo in Italia non funziona proprio così e succede che un appaltatore prende un lavoro e inizia una catena di subappalti senza fine dove ogni anello guadagna sugli ultimi. Questo è particolarmente grave in certi settori ad alta intensità di manodopera, come l'edilizia e le costruzioni navali.

Gli ultimi, le aziende che lavorano sul serio, finisce che lavorano sotto costo e per lavorare, evadono sistematicamente IVA, contributi e tasse. Quindi queste aziende in genere hanno vita molto breve e travagliata.

Per contrastare questo fenomeno è stato in principio introdotto il DURC (documento unico di regolarità retributiva), emesso dall'INPS o INAIL, che attesta che tutti i contributi previdenziali dei dipendenti sono stati regolarmente versati.

Su tutti i contratti di appalto è riportato che senza DURC non saranno saldate le fatture dei lavori, questo perché l'appaltatore è obbligato in solido con il subappaltatore per i contributi.

Se da una parte questo spinge per una maggior regolarità contributiva, dall'altro si arriva all'assurdo che l'appaltatore ritarda i pagamenti al subappaltatore e quest'ultimo non ha liquidità per pagare i contributi e quindi non ha il DURC. A questo punto l'appaltatore si rifiuta di saldare le fatture perché il subappaltatore non ha appunto il DURC!

Per le aziende più grandi gli enti previdenziali si rivolgono direttamente all'appaltatore per i contributi (ad esempio alla Fincantieri, come dimostrò Report), ma nella maggioranza dei casi contributi e stipendi dei dipendenti sono perduti per sempre!

Ora è stata introdotta un'altra complicazione: oltre il DURC per l'incasso delle fatture bisognerà essere a posto anche con l'IVA.
Per noi tecnici si tratta di un vero e proprio incubo, sia dalla parte della produzione che da quella del controllo dei documenti, in quanto dimostrare che si è a posto con i versamenti dell'IVA (relativi poi a quello specifico cantiere) è veramente un incubo tra acconti, saldi e crediti!

Dal punto di vista poi teorico non si capisce perché gli imprenditori si debbano tramutare di fatto in ispettori del fisco e perché l'erogazione del pagamento di una prestazione sia subordinata alla regolarità del nostro fornitore!
Dal punto di vista pratico, mi limito a far notare che in grandi cantieri possono esserci centinaia di aziende in subappalto e la mole di lavoro e burocrazia che si crea, per non parlare dei costi aggiuntivi in termini di personale addetto, non è per niente indifferente!

12 dicembre 2012

La zona franca

Pensate che lo Stato italiano dovrebbe ridurre la spesa pubblica a cominciare dai settori più inutili? 

Se questa è la vostra idea e se pensate che tra i settori da tagliare ci sia la difesa, dovrete rassegnarvi. La legge voluta dal ministro e ex ammiraglio Di Paola, sancisce un principio: il ministero della difesa è una sorta di zona franca, immune a tagli e spendig review.

La legge approvata nei giorni scorsi e voluta da Di Paola, prevede che nei prossimi 12 anni la difesa si autogoverni. Il cittadino paga, lo Stato assegna le risorse ma non mette il naso nel ministero che può organizzarsi come preferisce. 12 anni di tempo per tagliare oltre 40.000 posti, ma senza alcun risparmio. I soldi assegnati alla difesa non diminuiranno. I risparmi resteranno nel ministero, serviranno probabilmente a comprare più armi.

Ben vengano dunque le proteste di tanti pacifisti che, a Roma, hanno ricordato le scelte contestabili del governo, come il tentativo poi abortito di far salire al 10% l'IVA sulle prestazioni delle cooperative sociali o i tagli alla sanità che nel Lazio stanno mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e di posti letto.


Geronzi e la Banca d'Italia

Geronzi, banchiere di lungo corso e, attualmente, presidente della Fondazione Assicurazioni Generali, spiega che c'è un "intreccio di interessi mostruoso" attorno alle Generali.

La Banca d'Italia infatti è azionista della compagnia assicurativa triestina. Possiede il 4,5% del capitale e a gennaio si occuperà anche di vigilanza sulle assicurazioni (oltre che sulle banche). Generali a sua volta è azionista della Banca d'Italia.

Di qui, a parere di Geronzi, il mostruoso intreccio di interessi. Che si potrebbe risolvere cedendo la quota del capitale della banca centrale in mano a Generali.

Quota che secondo Geronzi lo Stato dotrebbe ricomprare. A questo proposito Geronzi ricorda una vecchia legge del 2005 in base alla quale lo Stato avrebbe dovuto ricomprare il capitale della Banca d'Italia.

Ma con quali soldi? Lo Stato non può oggi sborsare miliardi di euro per diventare proprietario della Banca, e neppure può spingere la Banca a acquistare le proprie azioni, perché ciò significherebbe la rinuncia per lo Stato all'incasso del signoraggio.

E' curiosa l'attenzione di Geronzi per l'"intreccio di interessi" che nascerà a gennaio. Geronzi ha la buona fama di chi ha messo in secondo piano gli interessi economici degli azionisti a favore di interessi di altro genere.

Intendiamoci, non tutto il male vien per nuocere. Se al posto di Geronzi ci fosse stato un manager interessato agli interessi soltanto degli azionisti, una miriade di imprese specie del sud sarebbe fallita.

Geronzi ha pensato agli interessi del "sistema" economico, sociale e politico, e ha fatto di tutto perchè non crollasse sotto il peso di scelte economiche errate spesso sostenute dalla politica.

Gli azionisti sono diventati meno ricchi, qualche politico non ha perso il posto, ma forse i conti pubblici hanno tratto beneficio da un minor numero di imprese fallite e lavoratori disoccupati.

Per questo stupisce l'atteggiamento di Geronzi: l'"intreccio di interessi" non dovrebbe certo spaventarlo, specie perché, come sappiamo, chi possiede quote di Bankitalia in realtà non ha alcun potere nell'istituto guidato da Ignazio Visco.

11 dicembre 2012

Altri 6300 assunti. Nell'esercito


Pericle mi segnala l'ennesimo scandalo: 6300 posti disponibili per chi vuol entrare nell'esercito.

Probabilmente rimpiazzano i pensionati, ma in periodi di revisioni della spesa e in un paese con migliaia di precari della scuola che vorrebbero un posto anche precario, a me l'assunzione di 6300 nuovi militari l'anno pare una cosa insensata.

Ovunque nella pubblica amministrazione, si riduce il personale assumendo meno dipendenti di quelli che vanno in pensione, ma non nelle forze armate, a quanto pare.


09 dicembre 2012

La pensione di Bagnasco

Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e vescovo di Genova, è un sessantanovenne dall'aria piuttosto severa.

Un aspetto esteriore che ben si conciliava con il suo lavoro per conto delle forze armate.

Per tre anni, dal giugno 2003 al settembre 2006, Angelo Bagnasco ha fornito i suoi servizi religiosi all'esercito, in qualità di ordinario militare per l'Italia. Poi è diventato arcivescovo a Genova.

Tre anni e qualche mese di lavoro, grazie ai quali oggi Angelo Bagnasco percepisce una pensione di quasi 4.000 euro mensili.

Non è scandaloso?

08 dicembre 2012

Comunione e Appropriazione

A febbraio la regione più ricca e popolosa d'Italia avrà un nuovo presidente.

La giunta guidata da Roberto Formigoni è stata travolto dagli scandali giudiziari. Molti assessori sono inquisiti non solo per essersi arricchiti in modo illecito ma anche per aver cercato consenso illecitamente.

E' uno scenario già visto nel 1992: la politica usa i soldi pubblici per creare consenso e il voto per disporre dei soldi pubblici.

In Lombardia Formigoni ha creato un vero e proprio sistema di potere che si finanzia con soldi pubblici, usati per alimentare il consenso politico, facendo di Comunione e Liberazione e di una miriade di imprese ad essa collegate il centro di tale sistema.

Intendiamoci, tutto o quasi quello che ha fatto Formigoni in 17 anni è legale. Ma non c'è dubbio che spesso la Regione Lombardia ha forzato le regole, con gare d'appalto costruite su misura per favorire gli amici.

Non sono mancate, però, le illegalità e i comportamenti sospetti. Basta ricordare il fallimento dell'ospedale San Raffaele, dove un chiacchieratissimo sacerdote ha lasciato una montagna di debiti in carico a un ospedale che era ilfiore all'occhiellodella sanità lombarda.

O basterebbe considerare il caso poco noto di don Mauro Inzoli, finito agli arresti domiciliari per appropriazione indebita. Vicenda di cui si sa poco o nulla come del nome del sacerdote legato a Comunione e Liberazione e, fino a un anno fa, presidente del Banco Alimentare.

Tutto lascia intendere che sotto la maschera di efficienza della Lombardia di Formigoni si possa nascondere più di un buco nero.

Cosa succederà con il prossimo presidente della Lombardia? E cosa succederà all'economia italiana se, nella regione più ricca, si scoprissero conti peggiori del previsto, debiti nascosti, imprese in difficoltà ?





07 dicembre 2012

Bersani e Renzi


Domenica scorsa quasi 3 milioni di elettori del centrosinistra hanno scelto Pierluigi Bersani come candidato del centrosinistra alle future elezioni politiche, che si terranno all'inizio del 2013.

Tito Boeri su lavoce.info ha pubblicato un interessante grafico che testimonia come Bersani sia stato votato soprattutto nelle province dove il reddito pro capite è inferiore, mentre Renzi è stato votato nelle regioni con un reddito procapite più alto.

La ragione second Boeri è che Bersani si è presentato come un possibile presidente del consiglio che non taglierà la spesa pubblica e le imposte.

Chi ha un reddito più basso teme che i tagli della spesa significhino meno servizi e quindi maggiore necessità di spesa da parte dei cittadini, e che siano i ricchi a beneficiare dei tagli di imposte.

05 dicembre 2012

Polillo


Battibecco, ieri sera a Ballarò, tra il sottosegretario Polillo e Landini della Fiom (vedi qui).

Landini chiedeva: la Germania perchè ha le aziende che vanno meglio? intendendo dire che il governo italiano dovrebbe ispirare la propria azione a quella dei governi di Francia, USA e appunto Germania.

Polillo, famoso soprattutto per aver sostenuto che nel 1994 Berlusconi ha salvato l'Italia dal comunismo, ha risposto: perchè in Germania la gente lavora.

Spiegazione davvero incredibile. Viene voglia di suggerire a Polillo di chiamare Marchionne per dirgli: fai lavorare gli operai. Costruiranno auto che nessuno vuol comprare, ma falli lavorare lo stesso...

Ancora una volta assistiamo a un pessimo segnale: al governo c'è chi non capisce come funziona l'economia e formula per questo motivo ricette inutili o sbagliate.



04 dicembre 2012

Grecia, taglio del debito insostenibile

Dopo 9 mesi, oggi lo spread è sceso sotto quota 300.

Un buon segnale dovuto in gran parte al taglio del debito greco. La Grecia ha un PIL di circa 200 miliardi di euro e circa 300 di debito.

Il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere a livelli più ragionevoli, attorno al 120% verso il 2020, ma è un obiettivo impossibile da raggiungere perché significa ottenere un surplus pari almeno al 4-5% del PIL all'anno in uno Stato dove il PIL scende velocemente e anche l'obiettivo di pareggio di bilancio è lontano.

Dunque non resta che prendere atto che servono misure drastiche come la riduzione del debito (e magari anche un rifinanziamento del debito a tassi molto bassi).

Oggi s'è fatto un passo avanti: la Grecia ha ricomprato un pò dei propri titoli. Un titolo greco che abbia un valore nominale di 100 euro, vale oggi dai 30 ai 40 euro. Se lo Stato compra il titolo per 30-40 euro, riduce il debito di 60-70 euro per ogni 100 euro di valore nominale acquistato.

Il riacquisto (buy back) del debito non può funzionare per tutto il debito, perchè gli acquisti fanno salire il prezzo di vendita del debito, riducendo il guadagno dell'acquirente e dunque diminuendo l'impatto positivo sulle dimensioni del debito. Inoltre richiede grandi quantità di denaro che la Grecia non possiede.

Serviranno quindi altri interventi per ridurre il debito, a cominciare da una soluzione tanto semplice quanto radicale: il condono di parte del debito.

Succederà, ma non prima di un anno, prima cioè delle elezioni politiche tedesche che si svolgeranno a settembre del prossimo anno. I conservatori tedeschi hanno promesso che il salvataggio della Grecia non costerà un euro ai tedeschi. Non succederà, ma almeno fino a settembre devono farlo credere ai loro elettori, anche se questo significa sofferenze per la Grecia e difficoltà economiche per il resto d'Europa.







02 dicembre 2012

Chi paga le spese di Berlusconi?

"Berlusconi è ricco, che bisogno ha di rubare?"
Questa frase l'abbiamo sentita spesso, pronunciata dai sostenitori dell'ex presidente del consiglio, preoccupati di difendere l'immagine del loro leader politico.

Due notizie negli ultimi giorni spiegano che Berlusconi è sempre molto attento ai suoi interessi personali, tanto da spostare a carico dello Stato spese che dovrebbe sostenere soltanto lui.

La prima notizia è che il personale di servizio di Palazzo Grazioli, dimora romana del cavaliere, è in subbugli e qualcuno sta per dare le dimissioni. La ragione è che stanno finendo i soldi del PDL, frutto del finanziamento pubblico ai partiti, e Berlusconi è diventato meno generoso.

Finora il personale che si occupa della dimora romana di Berlusconi, ha ricevuto vitto e alloggio gratis oltre alla quattordicesima. Il tutto pagato non dal beneficiario dei loro servizi, ma dal PDL, che a sua volta incassa soldi pubblici.

La seconda notizia è che l'Aisi, ovvero i servizi segreti italiani, hanno aperto un'indagine sul personale di scorta di Berlusconi. Dopo il sequestro del ragionier Spinelli, Berlusconi ha mandato la sua scorta a prendere e portare in salvo Spinelli.

Gli uomini della scorsa si sono guardati bene dall'avvertire i loro superiori all'Aisi e per questo è iniziata l'inchiesta.

La scorta di Berlusconi è da sempre composta da uomini di sua fiducia, ma da qualche anno il loro stipendio lo paga lo Stato.

Berlusconi, in qualità di presidente del consiglio, ha fatto assumere all'Aisi i suoi uomini, che continuano a rispondere a lui, come dimostra il silenzio ai superiori dell'Aisi nel caso Spinelli, ma sono pagati da...noi.


30 novembre 2012

Gioco d'azzardo





Matteo Renzi ha proposto di aumentare le tasse sul gioco di azzardo, con l'obiettivo di raccogliere 20 miliardi da usare per ridurre l'IRPEF a chi guadagna meno di 2000 euro netti al mese proprio il giorno dopo che il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, ha definito il gioco d'azzardo una "piaga individuale e sociale".


Il comune di Genova cerca di porre un limite ai mini-casinò e in una circoscrizione nasce una consulta sul gioco d'azzardo, ma lo Stato non ci sta. Ha interesse a incassare soldi e lo mette nero su bianco.

In una lettera al presidente della circoscrizione, il massimo dirigente del ministero dell'economia per il gioco d'azzardo invita a realizzare "una razionalizzazione delle politiche locali in modo tale che non si pongano in conflitto con l'attività svolta da questa Amministrazione, ovvero siano ostative al realizzarsi della previsione delle entrate erariali derivanti dai giochi", come riporta Repubblica (vedi qui).

Se per qualcuno il gioco d'azzardo è un problema, per altri, e tra questi c'è lo Stato, è una risorsa economica preziosa.











28 novembre 2012

Fazio condannato


Antonio Fazio aspetta l'assoluzione e prepara il ritorno in scena, vale a dire in politica nelle fila del centro-destra, spiegava Italia Oggi (vedi qui) due giorni fa.

E invece la Corte di Cassazione ha confermato la condanna in appello a due anni e mezzo per la vicenda Antonveneta.

Dal 1928 quando venne istituita la carica di Governatore, a Palazzo Koch si sono succeduti 10 governatori. Due sono stati condannati: Fazio in via definitiva e Azzolini per aver consegnato l'oro della banca ai nazisti, anche se nel 1946 il reato venne amnistiato e poi perdonato ulteriormente dalla Corte di Cassazione nel 1948.

Non male per una categoria super-potente, secondo i soliti complottisti.

L'inutile riforma Fornero

L'Unione Industriale di Torino e Assolombarda hanno commissionato una ricerca sulla riforma del lavoro del ministro Fornero.

Sono state intervistate 300 aziende nelle quali il 96,6% dei contratti di lavoro è a tempo indeterminato e solo il 3,4% è a tempo determinato, contro un dato medio di quasi il 9% nelle imprese manifatturiere e del 12% nelle imprese del settore servizi.

Le 300 aziende intervistate hanno espresso la volontà di usare il contratto di apprendistato e di non aver trasformato alcun contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato. Chi usa le tipologie di contratto a tempo determinato abolite dalla legge Fornero, semplicemente cambierà tipologia di contratto, puntando soprattutto sul contratto di somministrazione.

Dunque una riforma quasi inutile, che riguarda una minoranza di lavoratori e non spinge le imprese a trasformare i contratti. Perché allora tanta enfasi sulla riforma e sulla flessibilità?

26 novembre 2012

iPhone


Quanto costa un iPhone?

Il cliente che vuole il famoso dispositivo della Apple deve sborsare oltre 700 euro, per la versione 5 venduta da TIM. Ma quanto costa ad Apple produrlo?

Secondo TechInside (vedi qui) il costo di un iPhone 5 è di 167 dollari, ovvero meno di 130 euro al cambio attuale.

18 dollari servono per il display, 7,50 per il touch screen. La batteria costa 3 dollari e 10 la telecamera, 28 il processore, 17 le parti non elettriche e 4 il modulo wi-fi/gps.

In totale sono 167 $ ovvero 130 €, ma Apple lo vende da 729 euro in su ovvero 600 euro più IVA.

Un bel margine che serve a coprire i costi per trasformare un'idea in un prodotto e per vendere l'iPhone, e che fanno di Apple una delle aziende di maggior valore al mondo.

25 novembre 2012

Argentina in default?

Chi pensa che uno stato possa evitare di pagare il proprio debito e che con qualche ricetta miracolosa possa spendere allegramente soldi che non ha, forse si ricrederà se l'Argentina dichiarerà un altro default.

Cerchiamo di capire cosa sta succedendo. L'Argentina 10 anni fa ha dichiarato bancarotta. Chi aveva i bond argentini s'è trovato in mano pezzi di carta quasi senza valore. Qualche anno dopo l'Argentina ha proposto ai creditori di cambiare i vecchi bond con nuovi titoli. Oltre il 90% di chi ha investito soldi in "tango bond" ha accettato il cambio di titoli. Ha perso gran parte dei soldi investiti, pur di salvare il salvabile, vale a dire trovandosi a perdere "solo" il 70% del valore nominale del titolo.

Ma c'è chi ha detto no alla proposta argentina e s'è rivolto a un tribunale. Un giudice di New York qualche giorno fa ha deciso che l'Argentina deve pagare chi, non ha accettando il cambio dei titoli, è stato discriminato rispetto a chi (oltre il 90% dei creditori) ha accettato il pagamento e incassato gli interessi.

L'Argentina, che non naviga nell'oro, si trova oggi a decidere cosa fare. Se esegue l'ordine del tribunale americano rischia di trovarsi travolta dalle cause, Tutti vorranno l'intera somma e la scelta di pagare per intero alcuni, come imposto dal giudice newyorkese, impedirà di pagare gli altri, causando il default dell'Argentina.

Se invece l'Argentina non paga, il giudice potrà bloccare i pagamenti argentini ai creditori che hanno accettato il cambio dei titoli. Anche in questo caso sarà default, con buona pace di chi pensa che uno stato possa non pagare i propri debiti.

23 novembre 2012

Il Redditest


E' stato recentemente emanato il redditest, il software dell'agenzia delle entrate che permette di stimare se il proprio reddito è coerente con il proprio tenore di vita.

Nonostante le rassicurazioni del sommo capo dell'Agenzia delle Entrate, Befera, in realtà sono già iniziate le grandi manovre in tutti gli studi commerciali per cercare di capire quale sarà l'impatto sui contribuenti.

Questo perché, purtroppo, nonostante tutte le rassicurazioni, la periferia dell'Agenzia delle Entrate è quanto mai lontana dalla testa e i criteri di ragionamento sono ben diversi da quelli annunciati, come al solito. E per ricredersi basta vedere la storia degli studi di settore.

Il test consiste sostanzialmente nell'inserire il proprio reddito lordo e poi tutte le spese effettuate, le proprietà, come la casa e la macchina. Se le spese risultano congrue con il reddito dichiarato, allora il semaforo è verde, altrimenti, se lo scostamento è oltre il 20%, l'algoritmo segnala l'incongruenza.

Va in via preliminare affermato che questo non è lo strumento che userà l'agenzia delle entrate, in quanto l'agenzia delle entrate potrà avvalersi poi anche degli estratti conto bancari e dei dati delle carte di credito.

Ma in buona sostanza quello che si vuole affermare è che se hai un reddito netto di 20.000 € l'anno non puoi spenderne 30.000.

Il vero problema e l'incognita è l'applicazione dello strumento.

Premesso che nessuno dovrebbe evadere, né lavorare in nero, le cose cambiano di molto a secondo di come uso gli strumenti.

Un uso buono è pizzicare chi non dichiara nulla e spende 200.000 € l'anno, ha intestate case (con affitti in nero), barche e spende e spande senza ritegno.

Ma questi saranno casi marginali, cioè quei 1 o 2 casi all'anno che finiscono sui giornali e che servono per fare pubblicità.

Ma tutti temiamo poi che la realtà sarà ben diversa. Se ho perso il lavoro e ho mutuo da pagare e famiglia da mantenere e ho trovato lavoro solo in nero, sia io che mia moglie, risulterà che ho speso pur avendo reddito zero. E allora mi arriverà l'accertamento.

Questo è un uso sbagliato e perverso dello strumento perché l'alternativa sarebbe socialmente disastrosa, almeno dal mio punto di vista. Se non trovo lavoro, cosa dovrei fare? Andare a vivere sotto un ponte? Chiedere la carita? E come mangio?

E purtroppo questi saranno i casi normali, così come tutti i casi in cui genitori o parenti aiutano i figli con le pensioni. Ma secondo voi tutti i genitori che fanno la spesa o pagano le bollette ai figli magari in cassa integrazione, hanno fatto scritture private o bonifici sui conti correnti per dargli 500 € al mese?

E purtroppo quello che sento dirmi dai contribuenti, esattamente come nei casi degli studi di settore è la fatidica frase: "se mi chiamano, glielo dirò, che mi hanno aiutato, che non ho guadagnato, che ero povero, che c'erano le cavallette, l'uragano, il terremoto, il vulcano..."

E invece io devo sempre rispondere che se ti chiamano di quello che gli dici, non gliene importa niente, che contano solo le carte. Se ti hanno aiutato e non c'è scritto niente di documentato, non ti puoi difendere, anche se è previsto che il contribuente vada sentito, perché poi alla periferia arrivano le liste di contribuenti da controllare e quelle pratiche vanno evase entro certi tempi e entro l'anno va accertato un certo imponibile. Il resto sono tutte chiacchiere: il funzionario vi dirà che lui ha delle direttive da osservare e che se non ci sta bene fate ricorso in commissione tributaria.

Purtroppo io temo che tutto questo non farà che aggravare la crisi dei consumi: dopo il terrorismo psicologico che è stato fatti tutti hanno il terrore di spendere, nessuno dà i propri documenti per gli acquisti oltre i 3.600 € (magari compra direttamente in nero oppure si trasferisce nei centri commerciali oltre confine), e intanto i fallimenti galoppano e le imprese chiudono.

22 novembre 2012

Ken Loach

Ken Loach, celebre regista britannico da sempre impegnato a descrivere le condizioni di vita della classe operaia, diserta il Torino Film Festival che gli ha assegnato un premio alla carriera, per protestare contro il precariato.

Ottima idea, Ken. Sarebbe bello se altri copiassero l'idea, anche se ciò comporterebbe un'inasprimento della crisi.

Niente prodotti cinesi o indiani, tanto per iniziare, ma neanche prodotti dell'est Europa. E che dire di quella miriade di beni e servizi provenienti da paesi come gli USA o l'Inghilterra che da decenni ormai hanno ridotto al lumicino i diritti dei lavoratori?



21 novembre 2012

Citazioni divertenti

"I dati a disposizione sono ormai noti nelle linee essenziali. Anche di fronte al rallentamento progressivo dei consumi di petrolio da parte delle nazioni industrializzate ed all'aumento contenuto dei fabbisogni energetici del Terzo Mondo, il volume delle riserve disponibili si esaurirà nel giro di qualche decennio. Lasciamo che gli esperti discutano dei giacimenti stimati o provati, poco importa se i calcoli prevedano l'Anno Zero tra il 2000 o il 2010".

Così scriveva su Le Monde (l'articolo era ripreso da La Stampa) un intellettuale francese, Jean Barets, nel gennaio 1980, evidenziando una serie di problemi per il futuro.

Era allora opinione diffusa, come riporta Barets, che il petrolio sarebbe terminato tra il 2000 e il 2010.

Previsione sbagliata, per fortuna.




20 novembre 2012

Lo strano caso del professor Samorì

Chi prenderà il posto di Silvio Berlusconi come leader del centro-destra?

Non lo sappiamo e non sappiamo neppure se ci saranno le primarie del PdL, ma tra i candidati, nel caso si verificassero, troveremo di certo il professor Samorì, un modenese davvero strano.

Samorì è un imprenditore e un docente universitario, ma è anche molto amico di Marcello Dell'Utri e ambasciatore di San Marino in Francia.

Gode quindi del passaporto diplomatico del piccolo stato, noto per applicare basse imposte e per le banche dove sono finiti molti capitali italiani sospetti.

Ma non basta. Samorì possiede società in paesi come Curaçao, come racconta il Corriere (vedi qui), dove il segreto bancario è ferreo e dove si pagano pochissime imposte.

Nulla di nuovo, direte voi. Amicizie, affari non chiarissimi, paradisi fiscali...un film già visto. Come gli anziani che hanni partecipato domenica a una riunione dei sostenitori di Samorì senza sapere chi avrebbero ascoltato. Qualcuno li aveva portatilì perchè riempissero la sala dove avrebbe parlato Samorì. Tutte cose già viste negli ultimi 20 anni a opera di Silvio Berlusconi.

E invece no, c'è qualcosa di nuovo. Samorì sostiene che si dovrebbero tassare di più i redditi elevati e meno i redditi meno elevati. Altrimenti, sostiene giustamente il professore, il sistema non regge.

Parole giuste ma un pò sospette per un aspirante leader del centro-destra.

18 novembre 2012

Cosa succederebbe se la BCE...

Cosa succederebbe se la BCE si comportasse come la FED o la Banca d'Inghilterra che acquistano regolarmente titoli di stato sul mercato secondario per tenere bassi i tassi pagati dallo Stato?

Supponiamo che lo Stato italiano, con un debito pubblico di 2000 miliardi e un PIL di circa 1580 miliardi (e un rapporto debito/PIL del 126% circa) raggiunga il pareggio di bilancio e che non aumenti il debito. Supponiamo anche che il debito non diminuisca per effetto di dismissioni di patrimonio o altri interventi straordinari.

Con un tasso medio del 5%, lo Stato pagherà presto interessi sul debito pubblico di 100 miliardi l'anno. Se il tasso si dimezzasse, passando al 2,5%, la spesa per interessi si dimezzerebbe: da 100 a 50 miliardi di euro.

Supponiamo che tale risparmio sia usato per diminuire il debito. il debito diminuirebbe di 50 miliardi, passando da 2000 a 1950 miliardi. Con un tasso del 2,5% il risparmio sarebbe di 48,75 miliardi che potrebbero essere usati per diminuire il debito.

Ora, supponendo che la minore spesa per interessi si traduca in diminuzioni del debito e che il PIL in termini nominali aumenti del 4% annuo (per esempio per effetto di un 3% di aumento per l'inflazione e di un 1% per l'aumento del PIL reale), basterebbero 3-4 per far diminuire il rapporto debito/PIL sotto il 100% e poco più di 10 anni per farlo scendere al 60%.

E tutto questo solo per effetto del taglio dei tassi, senza alcuno sforzo aggiuntivo sotto forma di maggiori imposte o di tagli alle spese.

La BCE poi dopo alcuni anni non dovrebbe più intervenire. Con un debito in calo, i tassi scenderebbero anche se la BCE smettesse di acquistare titoli di stato. Anzi la BCE potrebbe liberarsi gradualmente dei titoli acquistati per innescare il processo virtuoso. Man mano che il debito diminuisce i tassi scenderebbero sotto il 2,5%, proprio come succede in diversi paesi del nord Europa.

E con tassi in calo lo Stato potrebe decidere se usare il risparmio aggiuntivo per stimolare la domanda o per diminuire più rapidamente il debito.

Insomma un intervento della BCE allo scopo di far scendere i tassi pagati dallo Stato italiano potrebbe essere la soluzione "indolore" dei problemi del debito pubblico italiano. Una soluzione senza contrindicazioni, se non forse un modesto aumento dell'inflazione, utile anch'essa peraltro a far salire il PIL nominale e quindi a diminuire il rapporto debito/PIL.




16 novembre 2012

Soldi alla scuola privata

La commissione bilancio della Camera ha approvato una norma bipartisan, voluta da PD, PDL e Lega, che finanzia la scuola privata, altrimenti detta paritaria. E' un secondo stanziamento, per un totale di 500 milioni, deciso quest'anno, in calo del 2% rispetto a quanto speso l'anno scorso.

E' uno stanziamento quasi certamente incostituzionale. La Costituzione infatti prevede all'articolo 33, comma terzo, che "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".

Eppure lo Stato sostiene economicamente la scuola paritaria. Perché gli conviene. 

Molte scuole paritarie faticano e non poco a restare aperte. Se chiudessero, agli studenti non resterebbe che la scuola pubblica e ci sarebbero due possibilità.

La prima è che la scuola pubblica aumenti il numero di aule, insegnanti, presidi ecc, con un aggravio di costi stimato in circa 6,5 miliardi di euro. Non proprio una bella prospettiva.

La seconda è che la scuola adotti il "modello Gelmini": si aumentano gli studenti in ogni classe, aumentando lo stress e diminuendo ulteriormente la qualità del servizio, usndo le poche risorse disponibili.

Dunque fanno bene gli studenti a protestare contro i soldi alle scuole private. Quasi certamente la scelta bipartizan della Camera viola la Costituzione, ma conviene allo Stato e tutto sommato anche a loro.




15 novembre 2012

Domandina (poco seria) per Alesina

Prima o poi leggerò Il liberismo è di sinistra, scritto da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi.

Nel frattempo avrei una domandina: se il liberismo è di sinistra, professor Alesina, perchè lei si è schierato con Mitt Romney, che non mi pare proprio uno di sinistra?

Non è che non sa che farsene dell'immondizia e la infila nel cortile del vicino?

14 novembre 2012

Visco, il deficit e il debito

Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia, ha spiegato oggi qualcosa di assai banale...o forse no?

Fino a quando lo Stato spenderà più di quanto incassa -ha detto Visco- il debito salirà. Una banalità, dicevo, o forse no, perché viene il sospetto che abbia spiegato il concetto a una platea che non sa molto dell'argomento.

Per cui è bene spiegare cosa sono deficit e debito e come si formano.

Immaginate che domattina nasca un nuovo stato, che offre ai propri cittadini alcuni servizi, come la sanità o la scuola, e li finanzia facendo pagare tasse e imposte.

Ogni mese paga gli stipendi agli insegnanti e ai medici, ai magistrati e ai militari e paga le fatture ai fornitori, e contemporaneamente chiede ai cittadini di pagare le imposte.

Cosa succede se le imposte non bastano a pagare le spese? Succede una cosa semplice: servono soldi e lo stato cerca qualcuno che glieli presti, ovvero si indebita.

E' così che ha inizio il debito pubblico. Debito dello stato verso chi lo finanzia acquistando titoli del debito pubblico come i BOT e i CCT.

A fine anno lo stato fa i conti: ha speso 105 e ha incassato solo 100. La differenza è il deficit di quell'anno ed è stato finanziato indebitandosi. Il debito ammonta a 5.

L'anno successivo lo stato continua a spendere più di quanto incassa. Spende 110 e incassa 103. Il deficit è dunque pari a 7 e anch'esso è finanziato con debiti. Al debito del primo anno, pari a 5, si aggiunge un altro debito pari a 7. Il debito complessivo sale a 12.

Lo stesso accade il terzo, poi il quarto anno e così via. Il debito aumenta anno dopo anno.

Quando il debito pubblico smette di aumentare? Quando lo stato non chiude più il bilancio in deficit vale a dire quando le entrate non sono più inferiori alle uscite.

Ed è quello che ha detto Ignazio Visco, aggiungendo che non basta far leva sulle imposte per raggiungere il pareggio di bilancio e quindi fermare la crescita del debito pubblico italiano. Serve anche crescere.

13 novembre 2012

Un'idea semplice per ridurre la spesa pubblica

In Italia c'è un settore economico che pare non subire mai crisi. E' quello dei convegni. Tutti parlano di tutto, molti sperano che i buoni propositi diventino realtà e per questo invitano i politici, che cercano voti e potrebbero finanziare i progetti altrui.

Nella maggior parte dei casi i convegni servono a illudere qualcuno a spese del contribuente ( i convegni si organizzano spesso con soldi pubblici), a qualche politico per farsi pubblicità e ai relatori, pagati per partecipare.

Ma se i ministri partecipano ai convegni, quanto tempo resta per occuparsi dei problemi italiani?

Forse poco. Prendete il caso degli esodati. Da mesi si cerca di capire quanti hanno accettato di lasciare il posto di lavoro e corrono il rischio di restare senza stipendio e senza pensione. Non sarà forse perchè Elsa Fornero, come tutti i ministri, passa più tempo in giro per l'Italia a cercare di convincere le platee e a subire le contestazioni (oggi a Napoli, qualche giorno fa a Torino) che nel suo ufficio a studiare i numeri e cercare le soluzioni?

Se Mario Monti fosse un amministratore delegato di un'azienda in crisi, passerebbe i fine settimana a spulciare i bilanci alla ricerca di spese da tagliare e a lavorare per far aumentare il fatturato.

Invece passa i fine settimana (e non solo) parlando in convegni tanto inutili che uno dei suoi argomenti preferiti è ...Mario Monti, il suo futuro, le sue idee per il governo di un paese che nella prossima primavera non lo voterà.

Trascura, inevitabilmente, il resto, e non può che badare ai saldi. Decide che un certo ministero deve tagliare del 10% le spese e lascia che siano altri a decidere dove tagliare.

Dunque ecco la proposta: tagliamo brutalmente i soldi destinati ai convegni per lo più inutili e retorici. Si risparmierà (e se gli albergatori si lamentano diamo gli stessi soldi ai comuni perchè mandino in vacanza chi non si può permettere di andare in vacanza), si eviteranno facili illusioni, non si alimenteranno le clientele politiche e poi...

E poi ci sarebbe un altro effetto: sarebbe meno allettante fare il ministro. Vi siete mai chiesti perché Elsa Fornero, Corrado Passera, Paola Severino e tanti altri hanno deciso di rinunciare a somme molto più alte per fare il ministro?

Io un'idea ce l'ho: entrando nel governo si sono assucurati un'infinità di inviti da parte di convegni, tv, università ecc in qualità di esperti in un certo settore. E hanno iniziato da subito, nei mesi trascorsi a Roma facendo parte del governo Monti. Sacrificando il loro lavoro, agendo come pessimi manager che invece di stare chiusi molte ore al giorno in ufficio a risolvere uno per uno i prolemi vanno in giro a stringere relazioni utili fuori dall'azienda.

10 novembre 2012

Gruppo di Stati blocca gli aiuti per il sisma nella San Fernando Valley


Ultime notizie. 18 Stati (Michigan, Washington, Maryland, North Carolina, Alabama, South Carolina, Kentucky, Texas; Florida; Missouri; Illinois, Pennsylvania, New Jersey, Ohio, Virginia, Louisiana; Georgia, Delaware) hanno contestato, al "debole" presidente Barack Obama, le maggiori spese del bilancio confederale, in particolare il fondo di solidarietà destinato all'emergenza-terremoto che ha colpito la San Fernando Valley, regione legata a produzioni agroalimentari e turismo, che tutto il mondo invidia agli States.

"Nessun Paese americano è contrario al sostegno finanziario alla San Fernando Valley per il terremoto, non ci sono riserve su questo, sono ottimista sulla possibilità di un accordo stasera o nel corso della notte", aveva detto una fonte californiana, in un'altalena di notizie prima positive e poi negative, precisando che i diciotto Paesi in questione, pur non essendosi espressi contro l'aiuto di 670 milioni, "ritengono necessario chiudere su questo contestualmente alla decisione sulla rettifica del bilancio 12 per 9 miliardi", necessari per pagamenti dovuti dalla Confederazione, notizia ripresa integralmente da questo articolo.

Ovviamente la confederazione degli stati americani non è che un ricordo nelle pagine di storia, cessata nel 1789 dopo pochi anni di litigiosa convivenza, sostituita da una più efficiente ed operosa federazione, che ha permesso agli USA di diventare la prima potenza mondiale.
Assecondando il mio gioco (che prendo a prestito dal genere fantascientifico dell'ucronia), provate a sostituire i PIL (e i nomi) dei paesi, citati nell'ordine preciso, con i seguenti: Germania, Olanda, Finlandia, Gran Bretagna e Svezia. Considerate che la California ha un PIL comparabile con quello dell'Italia, che ha vissuto il dramma del terremoto in Emilia (qui interpretata dalla celebre San Fernando Valley) e che il bilancio dell'UE è appena l'1% del PIL di tutti gli Stati membri, grosso modo 100 miliardi (di euro, però, ma son le assonanze che contano).

Alcuni stati dell'UE han contestato, per motivi di bilancio, gli aumenti esorbitanti del budget comunitario (che abbiamo visto essere "molto generoso"), ben il 7%, a fronte di eventi straordinari che si sono verificati negli ultimi tempi (perdurare della crisi, tira e molla per i vari fondi salva stati, che ha comportato un aggravio dei problemi e delle tensioni, catastrofi naturali cui la solidarietà dovrebbe, appunto, porre una toppa, solo per ricordarne alcuni). Come abbiamo visto, non sono paesi di poco conto, per peso economico e popolazione. Come vedrete, ho fatto anche non poca fatica a trovare una controparte negli USA, arrivando a ben 18 stati, su 50, risultando poco comparabile in quanto si tratta nel caso UE del 18% dei paesi, a fronte del 36% sul totale USA (senza considerare comunque la popolazione, per non dilungarmi).

I nemici dell'Europa, che manifestano un po' ovunque in questo periodo, contaminando con le loro rivendicazioni gli ambienti conservatori di un po' tutti i paesi membri, stanno infuriando: dopo Alba dorata in Grecia, anche la California europea (noantri) non scherza per nulla.

Cosa sarebbe successo, in un ipotetico mondo dai tratti abbozzati agli inizi? Forse, presto o tardi, si sarebbe scatenata una piccola guerra, visto che paesi vicini e omogenei linguisticamente, culturalmente e giuridicamente avevano deciso così, per non essere loro a pagare le disgrazie altrui, di far la figura degli infami con uno dei loro paesi più ricchi... Eh si, perché la colpa è sicuramente da ascriversi a gruppi anticaliforniani presenti un po' ovunque negli altri Stati, invidiosi del nostro successo. No, una risposta forte, per fargliela pagare a quegli invasivi texani, può essere solo il ritorno alla sterlina, ed alla fuoriuscita dal patto confederale, perché non più in grado di tutelare l'industria californiana dalla concorrenza dei vicini (prima fra tutte la FCAS Fabbrica Californiana Automobili Sacramento, gestita dal suo ad, Marchionne, di cittadinanza californiano-canadese). E poi chi dice che ci debba essere libera circolazione di persone e capitali, che non si possano imporre dazi per difenderci dagli abitanti della Florida che, tra l'altro, parlano pure male l'inglese e ci rubano il lavoro...

Vi sembra assurdo? Mi sa che sarete in molti ad avere l'amaro in bocca, ne? Siate sinceri, su... Si profilano tempi bui se non ci si concentrerà via via in modo più risoluto sul contrasto al diffondersi dello spirito antieuropeista e neonazionalista, che sta fermentando e crescendo di consensi, si pensi solo al tentativo, dettato per disperazione tutta partitica, da parte della Lega Nord, di chiedere un referendum sull'euro; fatto, questo, spiegabile tranquillamente come tentativo di cavalcare il malcontento popolare, nell'atto estremo di portare via voti populisti a grillini e compagnia cantando, in un malsano gioco al ribasso (posso sopravvivere nell'arena politica ormai solo più cannibalizzando i miei consimili, visto che non è possibile conquistarne di nuovi).

Parallelamente alle iniziative delle destre, xenofobe e razziste, si stanno muovendo anche reazioni in direzione opposta, riprese anche da questo blog, come quella di Hollande (sia pure a valenza prettamente francese) di una banca pubblica per le PMI, o l'iniziativa delle giovanili di partito progressiste con l'iniziativa Rise Up

In definitiva, i nemici dell'Europa, premio Nobel per la pace, quindi i nemici anche della pace stessa (sicuramente quella sociale, poi chissà...), oggi, sono sempre più numerosi: liberisti, che in questa situazione ci hanno precipitato, con le loro politiche smaccatamente destinate ad accrescere le divisioni sociali, gli ambienti populisti (qui sì sia di destra sia di sinistra), con la loro tendenza autoritaria, gli egoismi nazionali del "si stava meglio quando si stava peggio", che scaricano la colpa su capri espiatori improvvisati, non da ultimo su strumenti neutrali (come la moneta), minando indirettamente all'unità europea finora raggiunta. La soluzione a tutto questo, si vede riprendendo l'esempio all'inizio: una confederazione non sarebbe mai durata, lacerata da mille di quelli che chiamiamo campanilismi... L'unica via d'uscita per questa e future crisi sta proprio nel raggiungimento di un'unione irrinunciabile e indissolubile, perfino da parte degli stati facenti parte, che veda un livello centrale come regolatore di risorse proprie, atte a riequilibrare gli shock socio-economici (come calamità, ma anche disoccupazione) derivanti dalle diverse velocità di ciascuno stato. Altrimenti, ci sarà sempre un gruppo organizzato che, forte della propria più o meno grande efficienza, cercherà di imporla sugli altri, non aspettando che ci arrivino da sé.

09 novembre 2012

Lo scontrino in Grecia

La Grecia sta studiando una misura a effetto: se il negoziante non emette lo scontrino, il cliente avrà diritto a non pagare, dopo aver consumato un pranzo in un ristorante o una bibita al bar.

Misura utile? Forse no, perché sarebbe molto complicato mettere in pratica il principio "non pago senza scontrino".

Per il cliente onesto, che vuol pagare regolarmente per i beni e i servizi acquistati, che frequenta un ristorante onesto, vale a dire che paga le imposte, la misura è inutile. Lui chiede lo scontrino e il ristoratore glielo consegna.

Per il cliente onesto che frequenta un ristorante disonesto, ovvero che non emette lo scontrino, si pone il problema: chiedo di non pagare? Se è onesto, vuol pagare, ma vuole anche lo scontrino. Se dichiara di non voler pagare, di fronte al ristoratore che non consegna lo scontrino, rischia di sentirsi dire: chiamo la polizia.

A quel punto il cittadino onesto si spaventerebbe, sapendo di dover dimostrare la propria onestà. Molti preferirebbero allora pagare senza preoccuparsi dell'emissione dello scontrino da parte del ristoratore.

Poi c'è il cliente disonesto, quello a cui non importa lo scontrino ma importa solo di approfittare della situazione, ottenendo una cena gratis o uno sconto.

Il cliente disonesto che frequenta un ristorante onesto sarebbe un incubo per il ristoratore. Il cliente disonesto potrebbe alzarsi all'improvviso, chiedere di pagare e se il ristoratore onesto non è veloce a emettere lo scontrino, potrebbe decidere di non pagare.

Il cliente disonesto che frequenta un ristorante disonesto, potrebbe invece chiedere lo sconto, minacciando in caso contrario di mettere in giro la voce che un certo ristorante è disonesto e quindi si può approfittarne.

Onesti e disonesti avrebbero in tutti i casi interesse a non chiedere o emettere lo scontrino, accordandosi per uno sconto al cliente in cambio del pagamento in nero.

Insomma, la misura studiata dal governo greco per ridurre l'evasione non pare una buona idea. Forse è solo un indice del livello di disperazione di un paese che non è riuscito a ridurre l'evasione e continua a avere una situazione economica disastrosa.




07 novembre 2012

Obama!

La prima volta che ho seguito un'elezione presidenziale americana, mi stupii della bassa affluenza al voto. Un parente spiegò che dipendeva da una sostanziale accettazione dei valori comuni: nessuno voleva instaurare un regime comunista e quindi, mi disse, non serviva che tutti corressero a votare per non subire scelte sgradite.

Si sbagliava: in passato all'elezione del Presidente USA partecipavano soprattutto i bianchi. Molti americani non sentendosi rappresentati disertavano le urne, anche se questo voleva dire subire decisioni non gradite.

Per questo motivo i repubblicani hanno dominato per 40 anni la politica USA. Dopo Lyndon Johnson, la cui riforma sanitaria è stata bloccata da chi non voleva vedere bianchi e neri negli stessi ospedali, sono arrivati quasi solo presidenti repubblicani, con l'eccezione Carter nel 1976 e di Clinton, che ha vinto grazie all'indipendente Ross Perot.

Nel 2008 e ieri, invece, le minoranze sono entrate nei seggi e sono diventate maggioranza. Merito dei cambiamenti demografici ma anche di Obama e .. del Tea Party che ha messo in evidenza le posizioni radicali della destra, inducendo i moderati e le minoranze a votare per Obama.

La rielezione di Obama è un bene per l'economia perché il Presidente proverà ancora a ridurre le diseguaglianze. I repubblicani avrebbero fatto e, con la maggioranza in uno dei due rami del parlamento, proveranno a fare il contrario.

06 novembre 2012

Spiagge libere


Il primo gennaio 2016 scatta in Italia la direttiva Bolkenstein riguardante le spiagge e concessioni su beni demaniali.

Si tratta in sostanza dell'estensione della famosa direttiva a spiagge e stabilimenti balneari in direzione liberista, per favorire il ricambio nella gestione delle spiagge.

Bisogna fare un po' di chiarezza su come funzionano le cose attualmente.

Attualmente le spiagge, che giuridicamente si dividono in arenile e battigia ( i 5 metri dall'acqua), sono di proprietà demaniale. Tale zona deve restare per legge libera e accessibile, indipendentemente dagli stabilimenti balneari retrostanti (artt. 882 c.c. e altro).
Gli stabilimenti balneari, quindi ombrelloni e sdraie, sussistono su suolo demaniale (la spiaggia vera e propria), che pur essendo stato trasferito nel 2010 agli enti locali, rimane indisponibile, e soggetto al codice della navigazione. Quindi le spiagge sono di proprietà demaniale, quindi pubblica.

Tali spiagge vengono concesse in uso agli stabilimenti balneari con contratti particolari, senza scadenza, con la clausola che qualunque cosa edificata sulla spiaggia deve essere rimuovibile a richiesta e infine la concessione è revocabile in qualunque momento con preavvisi minimi.
Questo perché non si tratta di un contratto privatistico, ma riguarda un bene pubblico: le spiagge.
Essendo una concessione questa non può nemmeno essere ceduta, perché personale.

Quindi gli operatori balneari, i ristoratori e in generale gli operatori turistici sanno fin da principio che qualunque investimento effettuato sulle spiagge è altamente rischioso perché revocabile in qualunque momento.

In realtà le cose non funzionano proprio così.

In realtà le concessioni non vengono mai revocate, sono perpetue e si passano di padre in figlio: chi non ha conosciuto intere gerazioni di bagnini?
Vengono alienate vendendo ad esempio le società di gestione che detengono la concessione (o peggio, in nero). Questo fa si che i gestori degli stabilimenti balneari gestiscano la spiaggia per decine di anni e che possano permettersi investimenti notevoli sulle spiagge, ammortizzandoli appunto per decine di anni.

La direttiva Bolkenstein stravolge tutto questo.

Partendo dal principio che le concessioni non possono essere eterne, il 31/12/2015 scadranno tutte le concessioni pubbliche e dovranno essere messe all'asta con bando pubblico al miglior offerente e la concessione avrà una durata limitata nel tempo. Si discute se 5 o 7 anni.

Chi è favorevole punta sul ricambio: è illogico e antieconomico che un operatore possa operare in regime di sostanziale monopolio per sempre. Le spiagge sono un bene limitato e andrebbero sfruttate al meglio. Inoltre la direttiva permetterebbe di incassare di più da parte dello stato.

Chi è contrario invece punta il dito sulla possibile calata degli stranieri: le multinazionali andrebbero ad accaparrarsi con prezzi irraggiungibili le spiagge sottraendole agli operatori locali. Inoltre che fine farebbero gli investimenti effettuati negli ultimi anni e non ancora ammortizzati?

Io personalmente ritengo giusta la direttiva e a mio parere andrebbe individuato un giusto tempo di durata delle concessioni in modo che chi entra abbia il tempo e il modo di investire, diciamo 10 anni di tempo. Non di più. Poi di nuovo all'asta: i tempi per ammortizzare gl iinvestimenti ci sarebbero.

La transizione sarebbe comunque problematica: chi ha investito negli ultimi anni andrebbe in qualche modo indennizzato. Inoltre dovremo rassegnarci a vedere sempre più le grandi catene gestire le spiagge e sempre meno il bagnino della nostra infanzia aprire sdraie e ombrelloni.


Zingales su Obama

Chi vincerà tra Barack Obama e Mitt Romney?

Lo scopriremo mercoledì mattina, sperando non ci siano brutte sorprese come nel 2000 in Florida, quando ci vollero molti giorni per scoprire a chi sarebbero andata la vittoria.

Tra chi fa previsioni, c'è l'ineffabile Luigi Zingales, italiano, economista liberista che insegna all'università di Chicago.

Qualche settimana fa La7 ha mandato in onda un bel documentario con Beppe Severgnini che, insieme a un giornalista tedesco, gira gli Stati Uniti in treno per scoprire che aria tira nell'America prossima al voto.

Arrivato a Chicago, Severgnini intervista Zingales che si sbilancia sul voto spiegando (minuto 39 di questo video) che il Wisconsin è uno stato decisivo dove i democratici di recente hanno perso e per questo pensa che Obama potrebbe non essere rieletto.

Passano le settimane, Zingales abbandona Renzi (e questo la dice lunga sulle posizioni del sindaco di Firenze) e si avvia a entrare in politica nella lista Fermiamo il declino, guidata da un altro liberista, Oscar Giannino, ma torna a parlare di elezioni presidenziali.

Questa volta a intervistarlo è Lucia Annunziata, domenica 4 novembre nel programma In mezz'ora (dopo 8 minuti e mezzo, in questo video).

All'osservazione: "Anche lì -a Chicago, città di Obama- non si è sicuri se Obama vince", l'ineffabile Zingales risponde spiegando che l'elezione dipende dal risultato in Ohio e sottolineando che lui non ha visto alcun sondaggio che dica che Romney vincerà in Ohio. Perciò "se Romney non vince in Ohio, ha perso".

Idee confuse o semplice atteggiamento di chi sta studiando da politico?








04 novembre 2012

E' possibile il ritorno alla lira?

Potremmo tornare alla lira, abbandonando l'euro e i sacrifici che comporta?

Credo proprio di no, per diverse ragioni.

La situazione economica attuale è fatta di imposte in aumento e spese statali in calo, allo scopo di raggiungere il pareggio di bilancio; di disoccupazione -di conseguenza- in aumento e PIL in calo perché sono crollati i consumi e, infine, di uno spread che resta alto nonostante gli interventi della BCE, a causa della sfiducia dei mercati finanziari nella tenuta dell'euro e nella possibilità di crescita dell'economia.

Il ritorno alla lira consentirebbe di allentare, attraverso la svalutazione, gli effetti negativi per PIL e occupazione. Dunque perché non si torna alla lira?

Ci sono diverse buone ragioni che rendono sconveniente il ritorno alla lira.

Anzitutto ci sarebbe un problema di arbitraggio: chi vive in un Italia porterebbe altrove i capitali o ritirerebbe gli euro dalle banche prima del ritorno alla lira, come avevo spiegato qui. Se si svuotano i conti correnti, i guai per l'economia peggiorano, anzichè migliorare, perché sarebbe ancora più difficile per imprese e consumatori ricevere capitali. L'effetto negativo su consumi, produzione, fiducia di consumatori e imprese potrebbe superare i benefici di una fuoriuscita dall'euro.

Non è detto che un ritorno alla lira risolverebbe i problemi dell'industria, come avevo spiegato qui, anche se non c'è dubbio che una svalutazione sarebbe utile ai prodotti italiani. Svalutazione che sarebbe pari al 20-30%.

Una percentuale enorme che è il maggiore ostacolo al ritorno all'euro. Il debito pubblico è in euro, e ciò porterebbe il rapporto debito/PIL in lire a superare il 150%. Inoltre il ritorno alla lira non avrebbe alcun beneficio per lo spread: chi investe nel debito pubblico in lire, chiederebbe un maggior tasso a fronte del rischio (o meglio della certezza) di una periodica svalutazione della lira.

Da un lato il ritorno della lira garantirebbe una maggiore competitività grazie alla possibilità di svalutare la moneta. Dall'altro ci sarebbero due certezze: un'impennata del debito pubblico e la certezza che lo spread non scenderebbe ma anzi probabilmente salirebbe magari arrivando a 400-500, con effetti negativi sui conti pubblici. Ne vale la pena?


03 novembre 2012

Perché è difficile credere nella crescita

Guardate questa foto (cliccandoci sopra la potete ingrandire), catturata da Google Earth. E' il ponte sul Polcevera tra l'uscita di Genova Ovest, cioè l'uscita per il porto di Genova, e l'uscita Genova Aeroporto dell'autostrada A10.

Due corsie per senso di marcia, nessuna corsia d'emergenza, uno spazio ridottissimo oltre la linea bianca.

Cosa succede in caso di incidente? Semplice: si ferma quasi tutto il traffico di auto e camion che attraversa la città di Genova. Ma non solo: ne risente l'intero traffico del nord-ovest perchè l'autostrada della foto collega Genova a Torino, a Milano, alla Francia e alla Toscana.

E' inoltre un'autostrada usata da moltissimi genovesi nei loro spostamenti quotidiani perchè le strade in una città schiacciata tra il mare e la montagna non sono molte e sovente è preferibile usare l'autostrada che finire incastrati nel traffico cittadino.

Per questo motivo da qualche tempo c'è in progetto la Gronda, in pratica un pezzo di  autostrada che permetterebbe di attraversare il nodo genovese senza finire imbottigliati in un'autostrada piccola e poco sicura. La Gronda offrirebbe due autostrade alternative: una, quella attuale, che si infila in città; l'altra, da costruire, destinata a chi deve soltanto attraversare Genova.

Il progetto è pronto, le alternative sono state valutate, i politici hanno deciso il percorso, ma... ma come ovvio ci sono molti oppositori, incuranti dei benefici ad esempio in termini di rumore per la città (già oggi gran parte dell'autostrada che attraversa Genova è stata isolata con pannelli anti-rumore). I soliti attivisti ostili a ogni genere di opera pubblica, pronti a manifestare contro la TAV in val di Susa come contro il terzo valico (vale a dire un nuovo collegamento ferroviario tra Liguria e pianura padana).

Ai vari grillini, agli esponenti di rifondazione e ai diversi movimenti contro le opere pubbliche, s'è aggiunta pure parte della maggioranza che sostiene il sindaco Marco Doria, scatenando le ire del principale partito che sostiene l'amministrazione, il PD.

Forse nei prossimi mesi assisteremo a uno scontro tra chi sostiene la necessità dell'opera e chi, come Doria, punta a rinviarla o si oppone.

Di sicuro stiamo già assistendo a una triste vicenda sulle spalle di tanti lavoratori e dell'economia non solo ligure. Come può crescere uno stato con una dotazione di infrastrutture del tutto insufficiente?






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