Nell'infinita serie di idee per rilanciare l'Italia, molte prendono in considerazione il turismo. Non è raro sentir dire che un migliore sfruttassimo le nostre ricchezze artistiche farebbe dell'Italia un paese in grado di vivere sul turismo.
A leggere alcune notizie di stampa c'è da pensare che siamo di fronte a un'illusione. Il sindaco di Capri, ad esempio, nei giorni scorsi ha deciso di imporre limiti all'attracco dei traghetti, perchè l'isola è sovraffollata di turisti "mordi e fuggi", ovvero di persone che visitano l'isola e ritornano a Napoli dopo qualche ora.
Analoghi i provvedimenti sono stati presi alle Cinque Terre, prese d'assalto nel week end del 25 aprile.
Sono solo due esempi di un'Italia turistica che va a gonfie vele, con code ai musei, treni sovraffollati, code di decine di km in autostrada.
Ma è anche il segnale che il turismo di massa in molte località e musei famosi ha raggiunto limiti difficilmente superabili, con effetti che potrebbero farsi sentire sul PIL.
Se non posso far entrare anno dopo anno più turisti in un museo già oggi sovraffollato come si fa a far crescere il PIL generato dal turismo?
Una risposta banale è che non si può: prima o poi raggiungeremo il limite di visitatori al Colosseo o alla Reggia di Caserta, capiremo che la crescita dell'economia legata al turismo ha limiti invalicabili e quindi che per crescere si devono seguire altre strade.
Un'altra risposta è che il turismo deve cambiare, almeno là dove i limiti sono stati raggiunti ad esempio con l'introduzione di ticket o limitando l'ingresso, almeno nei giorni di maggiore affollamento, a chi ha prenotato una stanza d'albergo o un pranzo al ristorante.
Difficile dire cosa succederà, ma una cosa è certa: si iniziano a vedere i limiti di crescita del settore turistico e non si può pensare che questo settore porti a una crescita dell'economia come spesso si favoleggia.
Una soluzione potrebbe essere rendere più cari i luoghi più visitati con ticket d'ingresso
27 maggio 2016
19 maggio 2016
600 milioni di risparmio
Ci sono voluti anni (se n'era parlato nel 2010 http://www.econoliberal.it/2010/12/il-federalismo-elettrico-che-costa-caro.html) ma alla fine pare sia la volta buona: tra qualche settimana la rete elettrica dell'Italia peninsulare sarà collegata con quella della Sicilia, con indubbi vantaggi per le bollette: 600 milioni l'anno.
Il prezzo dell'energia risente negativamente della mancanza di un collegamento tra la Sicilia e il resto d'Italia perchè quando la domanda di energia in Sicilia aumenta, per soddisfarla non si può attingere all'energia del resto d'Italia. ma si devono attivare impianti poco efficienti e costosi.
Il prezzo dell'energia risente negativamente della mancanza di un collegamento tra la Sicilia e il resto d'Italia perchè quando la domanda di energia in Sicilia aumenta, per soddisfarla non si può attingere all'energia del resto d'Italia. ma si devono attivare impianti poco efficienti e costosi.
17 maggio 2016
RCS
Il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera (RCS) o meglio quel che ne resta dopo la vendita dei libri a Mondadori è oggetto di una interessante battaglia per l'acquisizione, scatenata dopo la decisione di Fiat di cedere una quota rilevante di azioni, a seguito della scelta di fondere il gruppo formato dai quotidiani La Stampa e Secolo XIX con l'editoriale L'Espresso.
Da una parte c'è Cairo, proprietario de La7 e di un piccolo impero editoriale quotato in borsa. Cairo offre uno scambio: azioni di Cairo in cambio di azioni RCS.
Dall'altra parte ci sono molti degli azionisti di RCS, tra cui Mediobanca, Della Valle, Pirelli e Unipol. Capeggiati da Bonomi hanno conferito le loro azioni in un società che è disposta a comprare RCS pagando 70 centesimi per azione.
Chi è Bonomi? Arriva da una famosa famiglia di immobiliaristi lombardi ed è nipote di Anna Bonomi Bolchini, considerata per decenni la signora della finanza, a Milano: a partire dagli anni 50 è protagonista dell'opera di diversificazione del patrimonio di famiglia, crea imprese, compra aziende, fonde la finanziaria Invest con la società Beni Immobiliari Italia, creando la Bi-Invest, dove finiscono molte partecipazioni in importanti imprese dell'epoca.
Finchè nel 1985 la Bi-Invest passa di mano, sottratta da Mario Schimberni, altissimo dirigente Montedison. Il nome Bonomi scompare dalle cronache finanziarie e Montedison passa di mano, libera dal controllo di Cuccia e di Mediobanca.
Oggi Andrea Bonomi, tramite Investindustrial, finanziaria con marchi famosi come Aston Martin, si candida a essere il primo azionista di un gruppo che aspira a controllare il Corriere e il gruppo Rizzoli, in compagnia di Mediobanca.
Dunque da una parte c'è Cairo Communication sostenuto da Banca Intesa, probabilmente convinta della bontà di un'acquisizione di RCS da parte di un gruppo multimediale.
Dall'altra un'offerta di acquisto dal sapore antico, fatta da azionisti da anni presenti in RCS ma senza apparente vantaggio industriale. Chi vincerà e, soprattutto, come farà uscire RCS da una crisi che da diversi anni a questa parte brucia milioni di euro?
Da una parte c'è Cairo, proprietario de La7 e di un piccolo impero editoriale quotato in borsa. Cairo offre uno scambio: azioni di Cairo in cambio di azioni RCS.
Dall'altra parte ci sono molti degli azionisti di RCS, tra cui Mediobanca, Della Valle, Pirelli e Unipol. Capeggiati da Bonomi hanno conferito le loro azioni in un società che è disposta a comprare RCS pagando 70 centesimi per azione.
Chi è Bonomi? Arriva da una famosa famiglia di immobiliaristi lombardi ed è nipote di Anna Bonomi Bolchini, considerata per decenni la signora della finanza, a Milano: a partire dagli anni 50 è protagonista dell'opera di diversificazione del patrimonio di famiglia, crea imprese, compra aziende, fonde la finanziaria Invest con la società Beni Immobiliari Italia, creando la Bi-Invest, dove finiscono molte partecipazioni in importanti imprese dell'epoca.
Finchè nel 1985 la Bi-Invest passa di mano, sottratta da Mario Schimberni, altissimo dirigente Montedison. Il nome Bonomi scompare dalle cronache finanziarie e Montedison passa di mano, libera dal controllo di Cuccia e di Mediobanca.
Oggi Andrea Bonomi, tramite Investindustrial, finanziaria con marchi famosi come Aston Martin, si candida a essere il primo azionista di un gruppo che aspira a controllare il Corriere e il gruppo Rizzoli, in compagnia di Mediobanca.
Dunque da una parte c'è Cairo Communication sostenuto da Banca Intesa, probabilmente convinta della bontà di un'acquisizione di RCS da parte di un gruppo multimediale.
Dall'altra un'offerta di acquisto dal sapore antico, fatta da azionisti da anni presenti in RCS ma senza apparente vantaggio industriale. Chi vincerà e, soprattutto, come farà uscire RCS da una crisi che da diversi anni a questa parte brucia milioni di euro?
13 maggio 2016
L'importanza dell'inflazione (e un file da scaricare)
Perchè l'inflazione è importante nei conti pubblici italiani?
La questione merita interesse perchè, come ricordano i giornali, uno degli obiettivi -per ora non raggiunti- dei massicci interventi della banca centrale europea è proprio quello di stimolare l'inflazione portandola al 2%.
Facciamo qualche calcolo. Il debito pubblico vale oggi circa 2200 miliardi di euro ed è circa il 132% del PIL che pertanto stimiamo a 1650 miliardi.
Immaginiamo che il deficit sia pari al 2% del PIL, ovvero 33 miliardi, che andandosi ad aggiungere ai 2200 miliardi di debito esistente portano il debito pubblico nel 2017 a 2233 miliardi.
Il PIL aumenta dell'1% e con una inflazione pari a zero, il rapporto debito/PIL aumenta perchè il debito è salito di oltre l'1,5% (33 miliardi su 2200) mentre il PIL aumenta solo dell'1%.
Con una inflazione del 2%, il PIL passa da 1650 a 1700 miliardi ovvero sale di un 3%. E il rapporto debito PIL diminuisce rispetto all'anno precedente perchè il PIL nominale cresce più velocemente del debito pubblico.
L'inflazione in altri termini fa crescere più velocemente il PIL nominale del debito e per questo si spera che risalga.
Per chi volesse divertirsi a fare simulazioni c'è questo mio file (per OpenOffice o LibreOffice): http://www.fotogian.com/debito.ods
Cambiate i valori nelle tre righe in rosso e potrete vedere gli effetti sul rapporto debito/PIL.
La questione merita interesse perchè, come ricordano i giornali, uno degli obiettivi -per ora non raggiunti- dei massicci interventi della banca centrale europea è proprio quello di stimolare l'inflazione portandola al 2%.
Facciamo qualche calcolo. Il debito pubblico vale oggi circa 2200 miliardi di euro ed è circa il 132% del PIL che pertanto stimiamo a 1650 miliardi.
Immaginiamo che il deficit sia pari al 2% del PIL, ovvero 33 miliardi, che andandosi ad aggiungere ai 2200 miliardi di debito esistente portano il debito pubblico nel 2017 a 2233 miliardi.
Il PIL aumenta dell'1% e con una inflazione pari a zero, il rapporto debito/PIL aumenta perchè il debito è salito di oltre l'1,5% (33 miliardi su 2200) mentre il PIL aumenta solo dell'1%.
Con una inflazione del 2%, il PIL passa da 1650 a 1700 miliardi ovvero sale di un 3%. E il rapporto debito PIL diminuisce rispetto all'anno precedente perchè il PIL nominale cresce più velocemente del debito pubblico.
L'inflazione in altri termini fa crescere più velocemente il PIL nominale del debito e per questo si spera che risalga.
Per chi volesse divertirsi a fare simulazioni c'è questo mio file (per OpenOffice o LibreOffice): http://www.fotogian.com/debito.ods
Cambiate i valori nelle tre righe in rosso e potrete vedere gli effetti sul rapporto debito/PIL.
02 maggio 2016
Popolare di Vicenza
La Consob ha deciso: la Banca Popolare di Vicenza non sarà quotata in borsa.
Troppo poche le azioni scambiabili in borsa, se si fosse quotata, e questo perchè meno del 10% degli azionisti hanno sottoscritto l'aumento di capitale.
La banca ha tuttavia bisogno di capitali freschi perchè la situazione è molto difficile, come testimoniano le 953 pagine del prospetto informativo presentato alla Consob per la quotazione, di cui 150 dedicate a illustrare tutti i possibili rischi, con -inoltre- 8 delle prime 10 pagine contenenti 23 avvertenze che dicono in sostanza che la banca è in serie difficoltà e chi sottoscrive tale aumento rischia di perdere tutto.
Nei prossimi giorni i soldi dell'aumento di capitale arriveranno dal Fondo Atlante, finanziato da alcune banche e da capitali privati e pubblici. Salveranno la Popolare, sfrutteranno la mancata sottoscrizione a opera di migliaia di piccoli azionisti destinati a perdere quasi tutti i soldi investiti.
Se qualcuno aveva i soldi e il desiderio di sottoscrivere l'aumento di capitale, c'è da chiedersi cosa avrà pensato leggendo l'avvertenza 19 che dice più o meno che, visto che pochi sono interessati a comprare le azioni, non si sa che prezzo dargli, quindi si indica un intervallo di prezzo non vincolante compreso tra 10 centesimi e 3 euro.
Immaginate un azionista che ha comprato le azioni a decine di euro l'una, credendo -perchè glielo diceva la banca di cui era cliente da sempre- di aver fatto un investimento sicuro. Costui si trova a perdere quasi tutti i suoi soldi e si rende conto di aver sbagliato tutto.
E' inevitabile che se anche può permettersi l'aumento di capitale abbia mille dubbi. Se a questo aggiungiamo le incertezze sul prezzo dell'avvertenza 19 non c'è da stupirsi che i piccoli azionisti non comprino le nuove azioni, lasciando la porta aperta al fondo Atlante, che nei prossimi giorni avrà in mano poco meno del 100% delle azioni della banca.
Troppo poche le azioni scambiabili in borsa, se si fosse quotata, e questo perchè meno del 10% degli azionisti hanno sottoscritto l'aumento di capitale.
La banca ha tuttavia bisogno di capitali freschi perchè la situazione è molto difficile, come testimoniano le 953 pagine del prospetto informativo presentato alla Consob per la quotazione, di cui 150 dedicate a illustrare tutti i possibili rischi, con -inoltre- 8 delle prime 10 pagine contenenti 23 avvertenze che dicono in sostanza che la banca è in serie difficoltà e chi sottoscrive tale aumento rischia di perdere tutto.
Nei prossimi giorni i soldi dell'aumento di capitale arriveranno dal Fondo Atlante, finanziato da alcune banche e da capitali privati e pubblici. Salveranno la Popolare, sfrutteranno la mancata sottoscrizione a opera di migliaia di piccoli azionisti destinati a perdere quasi tutti i soldi investiti.
Se qualcuno aveva i soldi e il desiderio di sottoscrivere l'aumento di capitale, c'è da chiedersi cosa avrà pensato leggendo l'avvertenza 19 che dice più o meno che, visto che pochi sono interessati a comprare le azioni, non si sa che prezzo dargli, quindi si indica un intervallo di prezzo non vincolante compreso tra 10 centesimi e 3 euro.
Immaginate un azionista che ha comprato le azioni a decine di euro l'una, credendo -perchè glielo diceva la banca di cui era cliente da sempre- di aver fatto un investimento sicuro. Costui si trova a perdere quasi tutti i suoi soldi e si rende conto di aver sbagliato tutto.
E' inevitabile che se anche può permettersi l'aumento di capitale abbia mille dubbi. Se a questo aggiungiamo le incertezze sul prezzo dell'avvertenza 19 non c'è da stupirsi che i piccoli azionisti non comprino le nuove azioni, lasciando la porta aperta al fondo Atlante, che nei prossimi giorni avrà in mano poco meno del 100% delle azioni della banca.
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