E' iniziata finalmente (vedi qui) la costruzione di un'opera che farà risparmiare 800 milioni l'anno a famiglie e imprese italiane: la posa di un cavo sottomarino per unire la Sicilia con la penisola.
L'opera è attesa da anni, bloccata dalla burocrazia. Ad esempio solo di recente il ministero dell'ambiente ha sollevato dubbi: un cavo aereo attraverso lo Stretto di Messina avrebbe creato problemi agli uccelli migratori.
Sembra una scusa, perchè ostacolare il cavo è molto conveniente.
Ogni giorno l'energia elettrica è comprata da chi la distribuisce al consumatore e venduta da chi la produce. Domanda e offerta di energia determinano il prezzo. Se aumenta la domanda in Lombardia, il prezzo sale, ma non troppo perchè si può acquistare l'energia prodotta in Veneto o all'estero. Le reti elettriche permettono di spostare energia elettrica, così da soddisfare i picchi di domanda senza far salire troppo il prezzo.
In Sicilia però questo meccanismo non funziona, perché manca un collegamento col resto d'Italia. La domanda siciliana può essere soddisfatta solo dai produttori locali. Se non si produce abbastanza energia elettrica, qualcuno resta senza. Blackout.
La conseguenza è che quando la domanda sale in Sicilia, il prezzo sale più di quanto salirebbe se la Sicilia fosse collegata al resto d'Italia. Inoltre la produzione è peggiore, più inquinante e le centrali sono più vecchie.
Il prezzo maggiore in Sicilia lo pagano tutti gli italiani perchè il prezzo finale dipende dalla media dei diversi prezzi praticati in giro per l'Italia. Il federalismo energetico siciliano quindi costa 800 milioni l'anno a famiglie e imprese. Un federalismo di fatto che solleva qualche sospetto: chi produce energia in Sicilia ha certamente interesse a lasciare isolata la Sicilia, con l'effetto di far salire in prezzo dell'energia in tutta Italia, magari con qualche aiutino politico. 800 milioni incassati in più dai produttori siciliani possono far gola a tanti.
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