30 luglio 2012
Passo di tartaruga e passo di lepre
Solo una breve segnalazione. Non è vero che tutte le opere pubbliche procedono a velocità di tartaruga.
Qualche volta vanno a velocità di lepre, come i lavori di ampliamento dell'A14, da Rimini Nord a Porto Sant'Elpidio (nelle Marche). Hanno appena aperto un nuovo casello autostradale e i lavori hanno un'anticipo medio sui tempi previsti di 6-8 mesi!
E se c'è la VOLONTA' POLITICA, le cose si fanno, siamo bravissimi a farle se riusciamo a lavorare indisturbati!
23 luglio 2012
Quando è troppo è troppo...
Sto uscendo dal vortice delle Dichiarazioni dei redditi 2011, la "Campagna Dichiarativi", come qualcuno l'ha scherzosamente, ma non troppo definita, paragonandola alla campagna di Russia e ho trovato il tempo per togliermi una curiosità. Ma quanti adempimenti fiscali deve fare un'azienda media? Per azienda media intendo intorno a 1 milione di fatturato annuo circa.
I puristi obietteranno che si tratta di un'azienda "piccola", ma tali aziende demandano tutti gli adempimenti al consulente, invece un'azienda con ad esempio 30 milioni di fatturato annuo, ha dei dipendenti interni che seguono alcuni aspetti.
Ho diviso gli adempimenti in semplici e complessi, intendendo come complessi quelli che necessitano di un'elaborazione di dati (ad esempio il bilancio o il modello Unico), come semplici quelli che non la necessitano (come un invio telematico di F24 per pagare).
Orbene, ecco il risultato. Adempimenti complessi nell'anno solare (compresi quelli civilistici e per i dipendenti, escluso tutto il contenzioso):
12 liquidazioni IVA mensili, comunicazione IVA, Dichiarazione IVA, 4 modelli Intra, 4 modelli Black list, Dichiarazione IRAP, Dichiarazione beni concessi in comodato ai soci, Spesometro, Studi di settore, Modello 770 autonomi, Dichiarazioni di intento, Bilancio di esercizio, Privacy, anti reciclaggio, sicurezza sul lavoro, Dichiarazione ICI/IMU, 12 modelli Uniemens, Modello 770 dipendenti, Autoliquidazione INAIL, CUD dipendenti, Preavvisi telematici, Comunicazione per la trasparenza fiscale, contabilità annua.
In totale arriviamo a 51 comunicazioni, dichiarazioni ed elaborati, alcuni dei quali di notevole complessità, come il bilancio di esercizio.
Poi passiamo agli adempimenti semplici, tra cui elenco sinteticamente gli F24, le comunicazioni telematiche, la stampa dei registri fiscali, per un totale di altri 63 adempimenti (circa).
In totale 114 adempimenti, molti dei quali per comunicare sempre gli stessi dati, contenuti in dichiarazioni diverse: basta pensare ai dati INTRA, Comunicazione IVA, Dichiarazione IVA e spesometro/Elenco clienti fornitori, sempre le stesse anagrafiche e gli stessi dati, aggregati in maniera diversa.
Pensate che sto esagerando? Bene, eccovi il link allo scadenzario dell'agenzia delle entrate per il mese di Luglio 2012: 207 scadenze divise in 21 pagine!!!
Credo che qualunque commento sia assolutamente superfluo!
19 luglio 2012
I più tassati del mondo
Beh, un po' lo sospettavamo e si tratta di un doppio record: i più tassati e i più evasori allo stesso tempo!
Ma non vi è mai venuto il dubbio di come si arriva a certe percentuali? A me si, anche per motivi professionali e vi illustro come è possibile per un'impresa media.
Diciamo che avete un reddito di circa 100.000 Euro (che bello direte voi, magari!). Dal reddito vanno scalati gli oneri deducibili (i contributi versati, soprattutto), vi resta un reddito imponibile di 94.603 €.
Su questa cifra pagherete 33.849 Euro di IRE, cioè il 35,78%
Andiamo avanti trascurando gli acconti, ragionando cioè solo per competenza e passiamo alle addizionali regionali e comunali, che fanno 1.528 Euro di addizionale regionale e 757 di addizionale comunale. Ovviamente se i comuni, siccome hanno tempo fino al 30 Settembre prossimo, a causa dei tagli non decidono di aumentare le aliquote.
Siamo in totale a 36.134 €, cioè il 38,20%
Siccome siete un'azienda dovete pagare anche l'IRAP e poniamo che viviate nelle Marche, dove dovete pagare il 4,73% sull'imponibile IRAP (vi risparmio il calcolo dell'imponibile perché sono buono...) e abbiate un paio di dipendenti (costo lordo: 40.000 € cadauno), i cui costi sono indeducibili dall'IRAP e portano l'imponibile intorno a 180.000. L'IRAP dovuta sarà circa 8.514 €
Siamo in totale a 44.648 €, cioè il 47,20€
Trascuro l'IMU, aggiungo un paio di parole sui contributi. I contributi, a seconda che siate un professionista iscritto alla gesitone separata o un artigiano/commerciante oscillano dal 21 al 26%. E' vero, non sono tasse, ma sottraggono comunque reddito disponibile. Supponiamo che siate iscritto alla gestione commercianti: dovete pagare circa 19.000 Euro di contributi.
Siamo in totale a 63.648 €, cioè il 67,27%.
Cosa mi resta? 30.955 Euro netti all'anno, cioè 2.580 Euro netti al mese. Un bello stipendio direte voi. Peccato che per produrlo sono partito da un reddito di quasi 100.000 € e per produrre un tale reddito serve fatturare almeno mezzo milione di Euro. Poi se qualche cliente si dimentica o non riesce a pagarmi, allora con cosa pago le tasse? E cosa mi rimane pulito soprattutto???
14 luglio 2012
Enrico Giovannini, da tagliatore a tagliato
Ve lo ricordate l'elengate Enrico Giovannini? Qualche mese fa era a capo di una commissione incaricata di studiare gli stipendi dei parlamentari e dei dirigenti pubblici. Lo scopo della commissione era stabilire una retribuzione media, necessaria a calcolare la giusta retribuzione dei politici.
Tanto lavoro, tante riunioni, diverse apparizioni in tv, interviste e.... a aprile Giovannini ha gettato la spugna. Impossibile raccogliere i dati, è stata la sentenza. C'era troppo disomogeneità tra i dati e in molti casi i parlamenti europei non hanno fornito i dati richiesti dalle ambasciate italiane.
Di fronte a pochi dati e poco significativi, la commissione s'è arresa, archiviando il lavoro del presidente dell'Istat, Giovannini.
Per ironia della sorte oggi Giovannini da taglia-costi si trasforma in tagliato. Non lui personalmente, ma l'Istat che presiede, i cui fondi scenderanno ancora, per effetto della spending review.
Per effetto dei tagli, spiega Giovannini, l'Istat forse non riuscirà a lavorare come in passato. Prevede una sospensione dell'attività di raccolta e elaborazione dei dati, indispensabili anche per il governo, che li ha utilizzati per elaborare la spending review.
Di solito tutti sono bravi a indicare gli sprechi e le voci da tagliare. Purchè riguardino gli altri. Giovannini invece non è riuscito a tagliare i costi della politica e invece ha subito i tagli dei politici. Curioso, no?
Tanto lavoro, tante riunioni, diverse apparizioni in tv, interviste e.... a aprile Giovannini ha gettato la spugna. Impossibile raccogliere i dati, è stata la sentenza. C'era troppo disomogeneità tra i dati e in molti casi i parlamenti europei non hanno fornito i dati richiesti dalle ambasciate italiane.
Di fronte a pochi dati e poco significativi, la commissione s'è arresa, archiviando il lavoro del presidente dell'Istat, Giovannini.
Per ironia della sorte oggi Giovannini da taglia-costi si trasforma in tagliato. Non lui personalmente, ma l'Istat che presiede, i cui fondi scenderanno ancora, per effetto della spending review.
Per effetto dei tagli, spiega Giovannini, l'Istat forse non riuscirà a lavorare come in passato. Prevede una sospensione dell'attività di raccolta e elaborazione dei dati, indispensabili anche per il governo, che li ha utilizzati per elaborare la spending review.
Di solito tutti sono bravi a indicare gli sprechi e le voci da tagliare. Purchè riguardino gli altri. Giovannini invece non è riuscito a tagliare i costi della politica e invece ha subito i tagli dei politici. Curioso, no?
12 luglio 2012
J.P. Morgan e De Tomaso: aggiornamenti
La banca americana JP Morgan, di ci eravamo occupati a maggio (vedi qui), chiede ai manager che hanno provocato ingenti perdite (la cifra aggiornata è compresa tra 5 e 9 miliardi di dollari) di restituire i bonus ricevuti. Solo al numero uno della banca, Dimon, rimasto in carica, non si chiede alcunchè anche se certamente era al corrente dell'accaduto e avrebbe dovuto vigilare. E' la prima volta che succede. Finora chi ha causato enormi perdite alle banche se n'è andato con la liquidazione e magari un incentivo per prendere il sole ai Caraibi dimenticandosi di tutto e tutti.
Dimon farà i conti, forse, con la numerose inchieste delle agenzie governative, come la SEC che vuole approfondire il comportamento della banca americana, con una commissione parlamentare e con gli analisti finanziari, ai quali dovrà fornire informazioni sulla reale situazione di JP Morgan.
Intanto in Italia è stato arrestato Rossignolo di cui s'era parlato qualche giorno fa (vedi qui). Il manager ex Fiat e ex Telecom si è appropriato di fondi comunitari, destinati alla formazione dei lavoratori da usare nella mai nata catena di montaggio De Tomaso, e li ha usati per pagare fornitori e manager, tra cui alcuni membri della sua famiglia. Inoltre ha provato a farsi finanziare con finte fidejussioni.
Dimon farà i conti, forse, con la numerose inchieste delle agenzie governative, come la SEC che vuole approfondire il comportamento della banca americana, con una commissione parlamentare e con gli analisti finanziari, ai quali dovrà fornire informazioni sulla reale situazione di JP Morgan.
Intanto in Italia è stato arrestato Rossignolo di cui s'era parlato qualche giorno fa (vedi qui). Il manager ex Fiat e ex Telecom si è appropriato di fondi comunitari, destinati alla formazione dei lavoratori da usare nella mai nata catena di montaggio De Tomaso, e li ha usati per pagare fornitori e manager, tra cui alcuni membri della sua famiglia. Inoltre ha provato a farsi finanziare con finte fidejussioni.
11 luglio 2012
La concertazione di Ciampi e quella di Monti
Intervenuto all'assemblea ABI, Mario Monti s'è scagliato contro la concertazione, che considera causa dei mali dell'economia attuale.
La segretaria della CGIL, Susanna Camusso, ha reagito osservando che Monti non sa di cosa parla e che l'ultima volta che s'è usato il metodo della concertazione è stato nel 1993. Difficile dunque che ad un metodo usato raramente e l'ultima volta 20 anni fa si possano imputare i mali del paese.
Tanto più che il metodo della concertazione nel 1993 era stato voluto da Carlo Azeglio Ciampi. Un tecnico, si direbbe oggi, prestato dalla Banca d'Italia, l'istituzione più credibile in campo economico, per salvare l'economia di un paese che rischiava, come nel 2011, di fallire.
Allora Ciampi riuscì, come scrive Mario Deaglio (1), a realizzare un accordo che poggiava su tre gambe: si facilitavano la moderazione salariale e le ristrutturazioni industriali, si aumentavano le imposte solo a carico di lavoratori autonomi e agli imprenditori, e si tenevano sotto controllo i conti pubblici attraverso la riforma delle pensioni e della psesa pubblica.
La logica di fondo è che ogni categoria debba rinunciare a qualcosa, moderare le richieste, fare qualche sacrificio in vista di un interesse generale: i conti pubblici in ordine, la crescita dell'economia e dell'occupazione, il riequilibro della bilancia commerciale, ecc.
In molti paesi del nord Europa questo metodo è la norma e produce risultati spesso positivi. In Italia, invece, si usa un metodo diverso: gli interessi si scontrano, come nel sistema anglosassone, salvo porre a carico dello Stato gli oneri di cui nessuno vuole farsi carico.
Forse Mario Monti crede che questo metodo "italiano" sia la concertazione, confondendola con quella vera, voluta da Ciampi. O forse pensa davvero che la concertazione sia un male e preferisce che gli interessi si scontrino senza alcuna mediazione o intervento pubblico?
--
(1) Mario Deaglio, Liberista? Liberale, Donzelli, pagg. 88-89
La segretaria della CGIL, Susanna Camusso, ha reagito osservando che Monti non sa di cosa parla e che l'ultima volta che s'è usato il metodo della concertazione è stato nel 1993. Difficile dunque che ad un metodo usato raramente e l'ultima volta 20 anni fa si possano imputare i mali del paese.
Tanto più che il metodo della concertazione nel 1993 era stato voluto da Carlo Azeglio Ciampi. Un tecnico, si direbbe oggi, prestato dalla Banca d'Italia, l'istituzione più credibile in campo economico, per salvare l'economia di un paese che rischiava, come nel 2011, di fallire.
Allora Ciampi riuscì, come scrive Mario Deaglio (1), a realizzare un accordo che poggiava su tre gambe: si facilitavano la moderazione salariale e le ristrutturazioni industriali, si aumentavano le imposte solo a carico di lavoratori autonomi e agli imprenditori, e si tenevano sotto controllo i conti pubblici attraverso la riforma delle pensioni e della psesa pubblica.
La logica di fondo è che ogni categoria debba rinunciare a qualcosa, moderare le richieste, fare qualche sacrificio in vista di un interesse generale: i conti pubblici in ordine, la crescita dell'economia e dell'occupazione, il riequilibro della bilancia commerciale, ecc.
In molti paesi del nord Europa questo metodo è la norma e produce risultati spesso positivi. In Italia, invece, si usa un metodo diverso: gli interessi si scontrano, come nel sistema anglosassone, salvo porre a carico dello Stato gli oneri di cui nessuno vuole farsi carico.
Forse Mario Monti crede che questo metodo "italiano" sia la concertazione, confondendola con quella vera, voluta da Ciampi. O forse pensa davvero che la concertazione sia un male e preferisce che gli interessi si scontrino senza alcuna mediazione o intervento pubblico?
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(1) Mario Deaglio, Liberista? Liberale, Donzelli, pagg. 88-89
Una lobby da 100 milioni l'anno nella City
In precedenti post (ad esempio qui) mi ero occupato di think thank ultraliberisti che diffondono un'ideologia politico-economica spesso travestita da teoria economica oggettiva.
E' emerso oggi che banchieri e assicuratori della City londinese, ovvero per chi non lo sapesse, la principale piazza finanziaria europea, spendono circa 90 milioni di sterline (oltre 100 milioni di euro) l'anno in attività di lobbying.
I soldi finiscono in gran parte in tasca ai conservatori e servono a banche e assicurazioni per avere leggi favorevoli. Leggi fiscali che permettono risparmi di miliardi di euro e scelte favorevoli a banche e assicurazioni e sfavorevoli a molti cittadini.
Inevitabili le distorsioni provocate dall'attività di lobbying: con 100 milioni di euro si incassano miliardi attraverso minori imposte e con regole fatte su misura. Un ottimo investimento per banche e assicurazioni, con molte ricadute negative per il cittadino, poco tutelato dal politico che riceve un contributo dalle lobbies.
Tra gli effetti negativi, uno riguarda al scienza economica: i soldi di banche e assicurazioni sono usati per finanziare ricercatori che spacciano per inevitabili decisioni politiche e economiche che in realtà rispondono solo agli interessi del finanziatore. La teoria sbagliata finisce per diventare credibile perchè elaborata da qualcuno all'apparenza competente e viene usata nel dibattito politico per raggiungere un certo obiettivo. Ben pagato.
E' emerso oggi che banchieri e assicuratori della City londinese, ovvero per chi non lo sapesse, la principale piazza finanziaria europea, spendono circa 90 milioni di sterline (oltre 100 milioni di euro) l'anno in attività di lobbying.
I soldi finiscono in gran parte in tasca ai conservatori e servono a banche e assicurazioni per avere leggi favorevoli. Leggi fiscali che permettono risparmi di miliardi di euro e scelte favorevoli a banche e assicurazioni e sfavorevoli a molti cittadini.
Inevitabili le distorsioni provocate dall'attività di lobbying: con 100 milioni di euro si incassano miliardi attraverso minori imposte e con regole fatte su misura. Un ottimo investimento per banche e assicurazioni, con molte ricadute negative per il cittadino, poco tutelato dal politico che riceve un contributo dalle lobbies.
Tra gli effetti negativi, uno riguarda al scienza economica: i soldi di banche e assicurazioni sono usati per finanziare ricercatori che spacciano per inevitabili decisioni politiche e economiche che in realtà rispondono solo agli interessi del finanziatore. La teoria sbagliata finisce per diventare credibile perchè elaborata da qualcuno all'apparenza competente e viene usata nel dibattito politico per raggiungere un certo obiettivo. Ben pagato.
09 luglio 2012
200 milioni da risparmiare, volendo
Nerina Dirindin, docente di economia sanitaria e assessore alla sanità della Sardegna con Renato Soru, e Nicola Magrini, medico, hanno segnalato su lavoce.info un caso assai interessante di spreco che riguardara il sistema sanitario, su cui si concentra buona parte degli interventi della spending review.
La storia è questa: un farmaco prodotto dalla Roche, e impiegato per curare alcuni tumori, è anche efficace per curare una malattia degerativa dell'occhio. Però non si usa, preferendogli un altro farmaco, prodotto dalla concorrente Novartis, che costa 70 volte tanto.
Perchè non si usa? Perché Roche non ha registrato il suo farmaco per curare la malattia dell'occhio, anche se avrebbe interesse a farlo. Si sospetta che le due società farmaceutiche si siano mese d'accordo per non competere tra loro. Il sistema sanitario nazionale, usando il farmaco meno caro, risparmierebbe 200 milioni di euro l'anno.
La Regione Emilia Romagna a dire il vero s'è ribellata, decidendo di usare il farmaco meno caro, ma la Novartis s'è opposta: s'è rivolta Tar sostenendo che solo lo Stato può decidere l'impiego di un farmaco per curare una malattia per la quale non è registrato.
La questione ora è nelle mani della Corte Costituzionale, ma è chiaro, comunque andrà a finire,che siamo di fronte a un caso di collusione tra imprese. Un caso per Mario Monti che, da commissario europeo, punì Microsoft. Se ne occuperà, facendo risparmiare 200 milioni di euro l'anno alle esauste casse dello Stato?
La storia è questa: un farmaco prodotto dalla Roche, e impiegato per curare alcuni tumori, è anche efficace per curare una malattia degerativa dell'occhio. Però non si usa, preferendogli un altro farmaco, prodotto dalla concorrente Novartis, che costa 70 volte tanto.
Perchè non si usa? Perché Roche non ha registrato il suo farmaco per curare la malattia dell'occhio, anche se avrebbe interesse a farlo. Si sospetta che le due società farmaceutiche si siano mese d'accordo per non competere tra loro. Il sistema sanitario nazionale, usando il farmaco meno caro, risparmierebbe 200 milioni di euro l'anno.
La Regione Emilia Romagna a dire il vero s'è ribellata, decidendo di usare il farmaco meno caro, ma la Novartis s'è opposta: s'è rivolta Tar sostenendo che solo lo Stato può decidere l'impiego di un farmaco per curare una malattia per la quale non è registrato.
La questione ora è nelle mani della Corte Costituzionale, ma è chiaro, comunque andrà a finire,che siamo di fronte a un caso di collusione tra imprese. Un caso per Mario Monti che, da commissario europeo, punì Microsoft. Se ne occuperà, facendo risparmiare 200 milioni di euro l'anno alle esauste casse dello Stato?
07 luglio 2012
La domanda è debole, quindi indeboliamola ancora
Christine Lagarde, direttrice del FMI, ha spiegato che l'economia mondiale si sta indebolendo. Mario Draghi, un'ora dopo aver abbassato i tassi, ha detto le stesse cose: l'economia europea non cresce, resta debole e, se non ci saranno sorprese, la ripresa inizierà verso la fine dell'anno e sarà graduale. Durante e dopo il suo discorso l'indice della borsa milanese è diminuito, arrivando a segnare un -3,5%, segno che gli investitori trovano nelle parole di Draghi la conferma che non c'è da stare allegri.
Quando un giornalista ha chiesto a Draghi di commentare il fatto che i soldi versati dalla BCE alle banche non si trasformano in finanziamenti, il governatore ha osservato che non ovunque le cose stanno così e che in alcuni paesi, come l'Italia, la domanda è debole e per questo si concede poco credito.
Un economista di buon senso che avesse ascoltato Draghi avrebbe pensato: finalmente qualcuno che comprende la situazione. Ma quali sono i provvedimenti presi dai governi per risolvere il problema di una domanda troppo bassa?
La sera stessa alle 2 di notte un altro Mario Monti spiegava ai giornalisti il provvedimento della spending review: tagli alle province e ai tribunali, ma soprattutto alla sanità e ai dipendenti pubblici, molti dei quali potrebbero finire in cassa integrazione per poi essere accompagnati alla pensione. I giornali di venerdì spiegavano che anche per i dipendenti pubblici sta per finire la certezza del posto "fisso" mentre la retribuzione diventa variabile.
Insomma da una parte Draghi spiega che il paziente ha bisogno di un ricostituente (la domanda è debole), dall'altra Monti propone una dieta ancora più povera. Riducendo le spese e togliendo certezze ai dipendenti pubblici, la domanda di sicuro non aumenterà. Probabilmente peggiorerà, allungando la recessione.
La domanda è debole, dice uno. Indeboliamola! risponde l'altro.
Vien quasi da chiedersi: Monti ascolterà i discorsi di Draghi? E Draghi non potrebbe dare qualche ripetizione all'esperto di economia monetaria della Bocconi?
06 luglio 2012
De Tomaso: fallire senza aver mai prodotto nulla
Oggi un tribunale toscano ha dichiarato fallita la De Tomaso, azienda automobilistica in mano alla famiglia Rossignolo, che nel 2009 ha acquistato il celebre marchio.
Da allora Rossignolo, un ottantenne ex manager Fiat con un passato poco glorioso in Telecom, ha iniziato il progetto per costruire una nuova auto di lusso, un SUV da decine di migliaia di euro.
Rossignolo ha comprato la livornese Delphi, mettendo in cassa integrazione gli operai. Quindi ha provato, senza successo, a subentrare a Fiat nello stabilimento di Termini Imerese e a acquistare gli stabilimenti Bertone (comprati poi da Fiat), per poi ripiegare sullo stabilimento di Grugliasco (alle porte di Torino) di Pininfarina: altri 900 operai in cassa integrazione e capannoni in affitto attraverso una società della Regione Piemonte. Quindi ha cercato aiuti pubblici, ottenendo qualcosa in Toscana e in Piemonte. Soldi per affittare gli stabilimenti e formare il personale, che, in cassa integrazione, faticava a ricevere i soldi.
Infine.... infine De Tomaso è fallita. Non ha pagato l'affitto a Grugliasco e a Livorno, non ha mai prodotto una sola auto. Ha solo progettato di farlo. Promesse e speranze finite nel nulla, come quando, qualche mese fa, Rossignolo ha spiegato di aver ceduto parte dell'azienda a un investitore cinese, dimostratosi presto privo di capitali.
Non è la prima volta che un imprenditore non mantiene le promesse e forse agisce con altri obiettivi poco chiari e magari poco onesti. Questa volta c'è però qualcosa in più: in molti (lavoratori, sindacati, enti locali) hanno dato credito al progetto De Tomaso nonostante il mercato dell'auto sia in evidente crisi da anni e nonostante chi dispone di mezzi, credibilità, know how, tecnologia, concessionarie, come Fiat, non corre a investire neppure nei settori, come quello dei SUV, forse meno colpiti dalla crisi.
Come hanno potuto credere che Rossignolo avrebbe messo in piedi un progetto di successo? E come credere che Dr Motors, che dovrebbe subentrare a Fiat a Termini Imerese, possa farcela?
Da allora Rossignolo, un ottantenne ex manager Fiat con un passato poco glorioso in Telecom, ha iniziato il progetto per costruire una nuova auto di lusso, un SUV da decine di migliaia di euro.
Rossignolo ha comprato la livornese Delphi, mettendo in cassa integrazione gli operai. Quindi ha provato, senza successo, a subentrare a Fiat nello stabilimento di Termini Imerese e a acquistare gli stabilimenti Bertone (comprati poi da Fiat), per poi ripiegare sullo stabilimento di Grugliasco (alle porte di Torino) di Pininfarina: altri 900 operai in cassa integrazione e capannoni in affitto attraverso una società della Regione Piemonte. Quindi ha cercato aiuti pubblici, ottenendo qualcosa in Toscana e in Piemonte. Soldi per affittare gli stabilimenti e formare il personale, che, in cassa integrazione, faticava a ricevere i soldi.
Infine.... infine De Tomaso è fallita. Non ha pagato l'affitto a Grugliasco e a Livorno, non ha mai prodotto una sola auto. Ha solo progettato di farlo. Promesse e speranze finite nel nulla, come quando, qualche mese fa, Rossignolo ha spiegato di aver ceduto parte dell'azienda a un investitore cinese, dimostratosi presto privo di capitali.
Non è la prima volta che un imprenditore non mantiene le promesse e forse agisce con altri obiettivi poco chiari e magari poco onesti. Questa volta c'è però qualcosa in più: in molti (lavoratori, sindacati, enti locali) hanno dato credito al progetto De Tomaso nonostante il mercato dell'auto sia in evidente crisi da anni e nonostante chi dispone di mezzi, credibilità, know how, tecnologia, concessionarie, come Fiat, non corre a investire neppure nei settori, come quello dei SUV, forse meno colpiti dalla crisi.
Come hanno potuto credere che Rossignolo avrebbe messo in piedi un progetto di successo? E come credere che Dr Motors, che dovrebbe subentrare a Fiat a Termini Imerese, possa farcela?
03 luglio 2012
Prandelli l'innovatore. O forse no?
Il campionato europeo è finito. 0-4 il risultato di un'Italia sconfitta in finale, dopo averci fatto sognare battendo la Germania.
Il giorno dopo Prandelli, lodato dal Presidente Napolitano anche per la decisione di restare alla guida della nazionale di calcio, ha spiegato che l'Italia è un paese vecchio e che servono idee nuove.
Parole degne di Monti o di Marchionne, se non fosse che i comportamenti lasciano a desiderare.
Nella stessa conferenza stampa l'allenatore italiano, che da buon padre italiano ha scelto il figlio come massaggiatore della nazionale, ha spiegato di aver messo in campo alcuni giocatori con problemi fisici per riconoscenza. Avevano portato la squadra fino in finale e non si poteva escluderli. Come fece Sacchi nel 1994, sconfitto in finale ai rigori.
Due innovatori, almeno a parole, come tanti italiani, pronti a cambiare ma altrettanto disposti a fidarsi prima di tutto degli amici, dei parenti, dei collaboratori fidati che si conoscono da una vita.
Se vi chiedete perché in Italia si parla molto di cambiamento senza cambiare mai, salvo forse quando siamo disperati, pensate alle parole di ieri di Prandelli. Che in ogni caso va ringraziato per il secondo posto di una nazionale in cui pochi credevano.
Il giorno dopo Prandelli, lodato dal Presidente Napolitano anche per la decisione di restare alla guida della nazionale di calcio, ha spiegato che l'Italia è un paese vecchio e che servono idee nuove.
Parole degne di Monti o di Marchionne, se non fosse che i comportamenti lasciano a desiderare.
Nella stessa conferenza stampa l'allenatore italiano, che da buon padre italiano ha scelto il figlio come massaggiatore della nazionale, ha spiegato di aver messo in campo alcuni giocatori con problemi fisici per riconoscenza. Avevano portato la squadra fino in finale e non si poteva escluderli. Come fece Sacchi nel 1994, sconfitto in finale ai rigori.
Due innovatori, almeno a parole, come tanti italiani, pronti a cambiare ma altrettanto disposti a fidarsi prima di tutto degli amici, dei parenti, dei collaboratori fidati che si conoscono da una vita.
Se vi chiedete perché in Italia si parla molto di cambiamento senza cambiare mai, salvo forse quando siamo disperati, pensate alle parole di ieri di Prandelli. Che in ogni caso va ringraziato per il secondo posto di una nazionale in cui pochi credevano.
02 luglio 2012
Dimissioni che non importano a nessuno
Negli scorsi giorni uno dei più importanti banchieri inglesi, il presidente di Barclays, ha rassegnato le dimissioni e anche l'amministratore delegato, Bob Diamond, è a rischio: i parlamentari e l'opinione pubblica vogliono le sue dimissioni e lui resiste, difeso dagli azionisti.
Barclays ha poi pagato 290 milioni di sterline di multa, mentre un'altra banca, RBS (Royal Bank of Scotland) potrebbe subire la stessa sorte: multa di 150 milioni e pubblico attacco del governatore della Banca d'Inghilterra, Mervyn King, che ha criticato le banche e soprattutto i bonus milionari dei banchieri.
Dunque una resa, sia pure parziale, di banche operative sulla più importante piazza finanziaria europea, Londra? Una vittoria di chi s'è scandalizzato per i disastri provocati dalle banche negli anni scorsi, causa della crisi?
Forse no, l'interesse dell'opinione pubblica sembra concentrato su altri argomenti, come le scelte tedesche e gli effetti sullo spread. Delle banche forse non importa più molto. Di sicuro nessuno pensa che la punizione dei banchieri sia la soluzione ai mali dell'economia.
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