31 ottobre 2014

Buon segno: aumenta la disoccupazione

In tema di disoccupazione arrivano piccole variazioni ma (forse) significative. Non solo gli 82.000 occupati in più a settembre, ma soprattutto l'aumento del tasso di disoccupazione,
contemporaneamente a un aumento degli assunti.

Occupazione e disoccupazione possono aumentare o diminuire insieme quando aumenta/diminuisce il numero degli scoraggiati, vale a dire di coloro che dichiarano di non cercare un lavoro anche se potrebbero farlo.

Quando diventa più facile trovare un posto di lavoro, le persone che non stanno cercando attivamente un posto cambiano atteggiamento e iniziano a cercare lavoro (viceversa quando diventa più difficile trovare lavoro). Così se aumentano gli occupati può diminuire il numero degli scoraggiati e aumentare quello dei disoccupati, cioè di quelli che cercano un lavoro.

L'aumento della disoccupazione è quindi un buon segno. Significa che è aumentata, anche se di poco, la fiducia nella possibilità di trovare lavoro. Sta succedendo e conferma un altro dato, apparso pochi giorni fa: la fiducia delle imprese sta salendo.

Difficile per ora dire quali sono le cause. Gli 80 euro? Forse. O forse semplicemente le imprese hanno esagerato con i licenziamenti e adesso tornano a assumere, magari sfruttando qualche "aiutino" offerto dal governo.

29 ottobre 2014

Termini Imerese, speranze o....

Che fine ha fatto lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, chiuso nel 2011 e al centro di molti progetti di rilancio sempre rimasti sulla carta?

Secondo Marco Cobianchi, giornalista di Panorama, c'è qualcosa che non va. Fiat ha cessato la produzione di Lancia Ypsilon, poi ripresa in Polonia, ma continua a fare la manutenzione degli impianti. Addirittura si taglia l'erba all'esterno come se la produzione di auto dovesse riprendere da un giorno all'altro.

Chi potrebbe costruire delle auto? Dopo molti nomi e altrettanti progetti rimasti sulla carta, adesso c'è Grifa, sigla che significa Gruppo italiano fabbrica automobili. Vi ricorda qualcosa?

A Cobianchi fa venire in mente una Fabbrica Italiana Automobili Torino, meglio nota come FIAT. E infatti dietro a Grifa paiono esserci uomini e società legati a Fiat, che fornirebbe molte componenti della 500 per dar vita a un'auto ibrida o elettrica.

Il condizionale è d'obbligo perchè secondo il giornalista i conti non tornano: mancando investitori realmente intenzionati a mettere in Grifa capitali veri e manca un vero piano industriale, capace di convincere qualcuno a investire davvero.

E allora perchè fare la manutenzione agli impianti e creare Grifa?

Se escludiamo la possibilità che Fiat abbia creato Grifa per entrare nel settore delle ibride, per poi acquisire Grifa in futuro, se le auto ibride avranno successo, resta una sola ipotesi: Grifa è una società creata ad arte per permettere l'erogazione della cassa integrazione agli operai di Termini Imerese.

A fine anno infatti termina il periodo di cassa e gli operai andrebbero licenziati. Ma se un'altra società li assume, c'è la possibilità di riprendere l'erogazione degli ammortizzatori sociali. E' sufficiente mettere in piedi una società sufficientemente credibile, con un progetto di riapertura.

Non sarebbe la prima volta. Qualche anno fa una parte della Pininfarina venne affittata da una società fondata da un ex manager Fiat che aveva acquistato il marchio De Tomaso. Progettarono un suv, assorbirono un pò di soldi pubblici, finirono anche in carcere per l'uso di tali soldi, ma soprattutto garantirono anni di cassa integrazione a operai che continuarono a sperare di tornare la lavoro e invece non crearono neanche un'auto.

28 ottobre 2014

Bilancio Juventus

Il taglio dell'IRAP nella finanziaria 2015 non potrà che far piacere alle squadre di calcio, che spendono in "Stipendi dei giocatori" almeno il 50-60% delle loro entrate. Non a caso la Relazione finanziaria annuale 2013-14 della Juventus inizia proprio con un'attacco all'Irap: senza quell'imposta, avvisa Andrea Agnelli, la Juventus non sarebbe in perdita.

Invece il bilancio 2013-14 s'è chiuso con circa 6 milioni di perdita. Pochi se paragonati ai 95 milioni di qualche anno fa o ai 103 milioni di perdite risultanti dal bilancio dell'Inter.

Come si arriva al risultato di bilancio?

Anzitutto sono saliti i ricavi: 315,8 milioni, 100 in più di due anni prima, quando però la Juventus non ha partecipato alla Champions League, 32 milioni in più della stagione 2012-13.

Se negli ultimi due anni la Juventus ha partecipato alle coppe, i risultati economici sono diversi: 65 milioni di diritti nel 2012-13, quando in Champions c'erano solo due squadre, 50 l'anno scorso, quando le squadre erano tre e la Juventus, terza nel proprio girone, ha poi giocato l'Europa League. Tenuto conto di un modesto aumento dei diritti tv della serie A, i diritti televisivi sono diminuiti di circa 12 milioni in un anno.

I ricavi tuttavia aumentano grazie a sponsor (+ 8 milioni), plusvalenze da cessione di calciatori (passate da 11 a 36 milioni), ricavi da gare (da 38 a 41 milioni) e una serie di altri ricavi legati alla gestione dello stadio e della propria immagine (+9 milioni).

Anche i costi, come i ricavi aumetano, ma meno. Se in due anni i ricavi sono saliti di oltre 100 milioni, i costi sono cresciuti della metà, 52 milioni.

Interessante la voce svalutazione e ammortamento: erano 60 milioni nel 2010-11 e nel 2012-13, sono 60 anche nella stagione 2013-14 (nel 2011-12 sono scesi a 48 milioni). Segno di una società che ha saputo comprare giocatori senza spendere troppo, scegliendo anche giocatori svincolati, per i quali l'ammortamento è quasi zero.

I costi operativi, formati in prevalenza dagli stipendi dei calciatori, in due anni sono saliti di una quarantina di milioni, da 206 a 246 milioni di euro.

Infine il miglioramento dei conti si deve un pò anche a Fiat che mentre ha rinnovato la sponsorizzazione, ha versato 6 milioni di premio. 6 milioni utili insieme a altri premi per ridurre le perdite fin quasi a azzerarle.




24 ottobre 2014

S&P del pallone

Una delle ragioni che hanno spinto Massimo Moratti a rinunciare alla carica di presidente onorario dell'Inter è il giudizio che uno dei manager voluti all'Inter da Thohir ha espresso sull'ultima fase della gestione Moratti: l'Inter era una squadra con una situazione pre-fallimentare.

Un giudizio che può offendere l'ex presidente nerazzurro, ma che è confermato da Standard&Poor's che ha studiato i bilanci di decine di società calcistiche europee. Su 44 classificate (per alcune, come Real Madrid e Barcellona i dati non erano sufficienti per esprimere giudizi) l'Inter è 43-esima. Pessima per gestione, solvenza e liquidità. In pratica un'azienda un'azienda con una situazione prefallimentare, come gli attuali amministratori rimproverano a Moratti.

Migliore squadra italiana la Fiorentina, seguita a ruota dalla Juventus, rispettivamente 14-esima e 16-esima nel ranking europeo. In buone posizione anche l'Udinese, mentre tra le peggiori oltre all'Inter troviamo Milan (35-esima),  Roma (37-esima) e Palermo (40-esima).

Migliore in assoluto l'Ajax, seguita da tre squadre del Rego Unito: Celtic, Arsenal e Manchester United. Poi una francese e tre tedesche: Borussia D., Borussia M. e Bayern Monaco.

Insomma l'Italia non è messa tanto bene, nell'economia reale come in quella calcistica. E la prospettiva non è buona: le squadre in fondo alla classifica (tra le italiane ci sono squadre importanti come Roma, Milan e Inter) avranno più difficoltà nei prossimi anni a competere in Europa contro avversari forti e con bilanci sani.




21 ottobre 2014

Illusione del riferimento

Quando si parla di  conti pubblici e in particolare della necessità di tagliare le spese, si fa spesso riferimento a quel che accade in una famiglia o in un'impresa: costoro tagliano le spese quando serve, per evitare di spendere più di quanto incassano, con effetti positivi sui rispettivi bilanci.

La famiglia che rinuncia ad andare in pizzeria e l'impresa che licenzia dei lavoratori quando la produzione diminuisce e si rischia di chiudere il bilancio in perdita, scaricano però i loro problemi su altri: se una famiglia rinuncia alla vacanza, il bilancio famigliare migliora, ma altri incasseranno di meno e a loro volta diminuiranno le spese.

Lo stesso accade per l'impresa che licenzia i lavoratori o rinvia l'acquisto di un macchinario: il bilancio dell'azienda migliora, le perdite si riducono o magari diventano utili, ma a spese di altri.

Quando si passa a considerare le scelte dello Stato, le cose cambiano. Se lo Stato taglia la spesa, migliora il proprio bilancio ma al contempo rischia di peggiorarlo. La ragione è che chi subisce i tagli pagherà meno imposte e magari farà spendere lo Stato in altri modi (pensiamo agli ammortizzatori sociali).

Per cui quel che vale per l'impresa (un taglio dei costi migliora il bilancio) non è necessariamente vero per lo Stato.

Illusione del riferimento è assimilare l'economia famigliare o dell'impresa a quella dello Stato, sostenendo che lo Stato dovrebbe comportarsi come un'impresa o una famiglia.

19 ottobre 2014

Piove. E i burocrati perdono la testa

La burocrazia è così stupida che riesce a fare danni anche per questioni banali. Ecco due facili esempi.

Il primo arriva da Cottarelli, commissario alla spending review. Non solo s'è lamentato che vari enti pubblici non gli fornivano i dati, evidentemente nel timore di subire tagli. Ha raccontato che per difendere il (presunto) diritto all'auto blu, i militari hanno fatto presente che per regolamento non possono usare l'ombrello.

Se sono in divisa non possono usare l'ombrello. Perchè? Forse perchè sarebbe brutto, almeno nell'opinione di chi ha scritto le regole, vedere la divisa associata a un ombrello colorato o magari sponsorizzato. Oppure perchè l'ombrello potrebbe ostacolare le attività militari (perchè è noto che le guerre in Italia scoppiano all'improvviso, senza preavviso...).

Niente ombrello e quindi, se si conta qualcosa, per ripararsi dalla pioggia cosa c'è di meglio di un'auto pagata dallo Stato con tanto di autista?

L'altro esempio arriva da Genova. La crisi dell'ILVA a Genova, figlia dei problemi dell'ILVA di Taranto (l'ILVA in Liguria trasforma i prodotti di Taranto) ha portato centinaia di lavoratori a diventare lavoratori socialmente utili, a disposizione del Comune. Comune che finora ne ha usati pochi. E di fronte alla necessità di ripulire la parte di città alluvionata, non riesce a decidere cosa fare. Gli operai si sono resi disponibili, qualcuno ha fatto la sua parte volontariamente, ma i funzionari che potrebbero decidere come usare gli operai non si sono fatti vivi.

16 ottobre 2014

Muoviti, Draghi

Da due giorni i mercati finanziari sono sotto pressione per il timore che la Grecia non rispetti i patti sul debito. Le borse crollano e lo spread italiano è passato da 140 a 200 in un giorno e mezzo.

Chi possiede titoli di stato e azioni semplicemente se n'è liberato. Il valore delle azioni è crollato e con esso il prezzo dei titoli di stato, con conseguente crescita del rendimento e quindi dello spread.

Come uscirne?

La Grecia è un problema europeo che andrebbe risolto rompendo l'assurdo ricatto "aiuti in cambio di sacrifici". Non ha funzionato. Alcune centinaia di miliardi di debito greco hanno prodotto danni economici ben maggiori in tutta Europa, se non in tutto il mondo.

La speculazione approfitta delle notizie negative per vendere montagne di titoli e ricomprarli a un prezzo più basso. E' un'operazione che non trasferisce solo soldi dalle tasche di Tizio a quelle di Caio, ma mina i conti pubblici di molti stati, a cominciare dall'Italia.

Il rischio di uno spread in crescita è di trovarsi a pagare interessi maggiori sul loro debito pubblico, e quindi meno risorse destinate a combattere la crisi.

Sappiamo che la BCE ha in programma l'acquisto di titoli di stato. E' ora che si muova e anche pesantemente per combattere la speculazione. L'acquisto massiccio di titoli può fermare la speculazione. Chi vende lo fa per comprare a un prezzo più basso o nel timore che il titolo scenda ancora. Un acquisto massiccio fermerebbe tali vendite e darebbe un segnale agli speculatori.

Dunque Draghi, muoviti e intervieni.

14 ottobre 2014

L'ultraconservatore: Beppe Grillo

Durante la festa del suo partito al Circo Massimo, Beppe Grillo ha parlato dell'euro sostenendo: "Se non puoi svalutare la moneta, svaluti i salari. La vita delle persone".

E' una frase perfetta, che rivela la natura ultraconservatrice di Grillo, incapace di pensare che i prodotti e i processi produttivi possono cambiare. Per lui tutto resta fermo e magari è meglio così perchè forse pensa che i fallimenti altrui sono benzina per il suo partito.

Se i prodotti restassero sempre uguali, se le imprese li producessero sempre allo stesso modo, allora la frase di Grillo sarebbe vera: se un prodotto italiano è troppo caro rispetto al concorrente tedesco, l'impresa può recuperare competitività pagando di meno il personale, cioè riducendo i costi oppure grazie a una svalutazione che riduce il prezzo di un bene venduto in Germania, dove si usa(va) una moneta più forte.

Ma i prodotti e i processi cambiano. Le imprese usano nuove tecnologie e nuovi metodi di produzione per ridurre i costi, cambiano i prodotti per aumentare i margini di profitto.

Quando le innovazioni vanno a buon fine, le imprese non hanno bisogno nè di svalutazioni nè di ridurre i salari, come dimostrano proprio le imprese tedesche. Anzi, in passato la rivalutazione del marco ha stimolato i processi di innovazione delle imprese, che sono state costrette a concentrarsi su se stesse, su quel che facevano e come lo facevano invece di cercare la scappatoia della svalutazione.

Tutte queste cose Grillo non le sa (o fa finta di non saperle?) e immagina un mondo che non cambia mai per profetizzare sventure e chiedere l'uscita dall'euro.

11 ottobre 2014

Giocare a calcio in autostrada

"La Brebemi è un messaggio positivo per l'Italia intera: è la prima opera del nostro Paese realizzata senza un solo centesimo di finanziamento pubblico ed è l'ennesima dimostrazione della forza del sistema regionale lombardo. Possiamo essere tutti orgogliosi di quello che abbiamo realizzato nei primi due anni e possiamo guardare con speranza e determinazione ai due anni massimo di lavoro che resta da fare".

Parola di Roberto Formigoni prese dal sito della Regione Lombardia, che racconta che l'allora governatore lombardo ha visitato la nuova autostrada, che collega Milano con Brescia, passando a sud di Bergamo, in elicottero.

Già perchè il "celeste", come veniva chiamato Formgoni, amava spostarsi in elicottero, evitando il caotico traffico milanese e lombardo.

Se si fosse mai preso la briga di salire in auto e fare la fatica di guidare, si sarebbe forse reso conto che l'autostrada A4 tra Milano e Bergamo ha addirittura quattro corsie per senso di marcia. E si sarebbe chiesto se fosse davvero necessaria la costruzione di un'autostrada tra la zona est di Milano e Brescia.

Autostrada forse inutile (o utile per scopi diversi da quello per cui è stata costruita) e per ora deserta. Al punto che c'è chi sulla BreBeMi gioca a calcio, per provocazione, come racconta qui Repubblica.

07 ottobre 2014

Oro, scelta sicura?

I finti esperti di signoraggio solitamente raccontano la storiella del signorotto che coniava monete d'oro. L'oro avrebbe avuto un valore intrinseco e quindi oggi sarebbe meglio se le banche centrali decidessero di tornare al vecchio sistema delle monete cartacee emesse a fronte di un corrispondente valore in oro.

Ora, a parte che la piena convertibilità di una moneta in oro se mai c'è stata riguardava solo la cosiddetta base monetaria, che è solo una piccola parte della quantità di moneta in circolazione, con la conseguenza che tutti i  cittadini comuni di fatto mai avrebbero potuto convertire tutti i suoi soldi in oro, c'è un altro aspetto importante che sconsiglia di legare una moneta all'oro, se mai fosse possibile: l'oscillazione del valore dell'oro.

E' sufficiente cercare i valori storici del prezzo dell'oro rispetto al dollaro, per scoprire che molto spesso tra un mese all'altro il prezzo dell'oro oscilla di diversi punti percentuali.

Ragion per cui se una banca centrale facesse dipendere le sue scelte dal legame con l'oro si troverebbe a cambiare linea di continuo, in base all'andamento del prezzo del prezioso minerale.

Tutto ciò avrebbe effetti assai negativi per l'economia. L'oscillazione crea incertezza e questa a sua volta scoraggia l'uso di una moneta o l'investimento in una economia.

Per cui l'oro funziona come riserva di una banca centrale, a volte garantisce a questa qualche profitto, può essere un buon investimento (una banca centrale può decidere di ridurre le proprie riserve in una moneta preferendo aumentare quelle in oro, che venderà quando il prezzo dell'oro salirà) ma certamente non è ansiosa di tornare a un passato di convertibilità oro-moneta molto e sepolto e impossibile da resuscitare, perchè l'economia, vincolata dalla disponibilità e dal prezzo dell'oro, ne soffrirebbe.

03 ottobre 2014

Il mutuo di Bernanke

Fino a poco tempo fa Ben Bernanke è stato il governatore della banca centrale americana, la Federal Reserve, oggi sostituito da Janet Yellen.

Qualche anno fa Bernanke e la moglie hanno comprato casa e hanno fatto il mutuo. Come -diranno i signoraggisti- un governatore di una banca centrale fa il mutuo? Non stampa moneta per farne quel che crede?

Ovviamente no, fa il mutuo come qualsiasi cittadino che voglia comprarsi casa ma non ha i soldi per pagarla per intero al momento dell'acquisto. Lui ha comprato una casa da 839 mila dollari e acceso due mutui per oltre 700 mila dollari.

Qualche giorno fa raccontato di aver provato a rifinanziare il debito, presumibilmente per godere dei tassi più bassi rispetto al momento in cui ha acceso i mutui, ma la banca a cui s'è rivolto gli ha detto di no.

Le ragioni? Bernanke è un lavoratore autonomo, molto ben pagato, e la casa ha perso valore. Per questo la banca non se l'è sentita di rifinanziargli i mutui.

Un bell'esempio, ha spiegato lui, delle rigidità del sistema bancario, ovvero della prudenza di un sistema rimasto scottato dalla crisi dei mutui subprime.

Ma anche un bell'esempio degli straordinari poteri dei bancheri centrali....

01 ottobre 2014

TFR in busta paga?

L'idea di Renzi di mettere in busta paga il 50% del TFR (trattamento di fine rapporto ovvero la liquidazione) non è nuova: l'ha già proposta Corrado Passera, che vorrebbe inserire tutto il TFR nella busta paga. Perchè?

La speranza è che i lavoratori spendano di più e questo possa aiutare a rilanciare l'economia.

Una buona idea con tante obiezioni.

Primo, solo i dipendenti privati di imprese sotto i 50 dipendenti ne beneficierebbero. Per gli altri il TFR finisce all'INPS.

Secondo, siamo sicuri che i lavoratori vogliano il TFR subito? E' infatti possibile che non rinuncino al TFR per diverse ragioni: perchè se spendono subito quei soldi, poi saranno più poveri; perchè non gli conviene oppure perchè l'impresa li convince a non rinunciare al TFR.

Con il TFR succede che il lavoratore "presta" una parte della propria retribuzione all'impresa, che restituirà i soldi rivalutati di un 1,5% all'anno più 3/4 del tasso di inflazione.

Se l'inflazione è pari a zero, il lavoratore guadagna un 1,5%, se l'inflazione è pari al 2%, il TFR rende il 3% annuo.

Dunque spendere subito i soldi significa per il lavoratore rinunciare al rendimento, che in tempi di tassi bassissimi può essere assai interessante, anche migliore di altri investimenti sicuri come quello in BOT.

Per l'impresa versare il TFR in busta paga significa aver bisogno di soldi. Se cessa il "prestito" del lavoratore si dovrà procurare capitali in altro modo. Può farlo? E a quali tassi?

Se il credito per l'impresa fosse disponibile a tassi inferiori al rendimento del TFR, l'impresa avrebbe interesse a versare subito il TFR in busta paga.

Infine c'è l'aspetto fiscale. Il rischio è che il lavoratore paghi di più con il TFR in busta paga. E' un problema facilmente risolvibile, applicando la stessa aliquota che pagherebbe con il TFR incassato al momento della fine del rapporto di lavoro. Ma lo stato può sacrificare gli incassi futuri?

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