Quando si parla di conti pubblici e in particolare della necessità di tagliare le spese, si fa spesso riferimento a quel che accade in una famiglia o in un'impresa: costoro tagliano le spese quando serve, per evitare di spendere più di quanto incassano, con effetti positivi sui rispettivi bilanci.
La famiglia che rinuncia ad andare in pizzeria e l'impresa che licenzia dei lavoratori quando la produzione diminuisce e si rischia di chiudere il bilancio in perdita, scaricano però i loro problemi su altri: se una famiglia rinuncia alla vacanza, il bilancio famigliare migliora, ma altri incasseranno di meno e a loro volta diminuiranno le spese.
Lo stesso accade per l'impresa che licenzia i lavoratori o rinvia l'acquisto di un macchinario: il bilancio dell'azienda migliora, le perdite si riducono o magari diventano utili, ma a spese di altri.
Quando si passa a considerare le scelte dello Stato, le cose cambiano. Se lo Stato taglia la spesa, migliora il proprio bilancio ma al contempo rischia di peggiorarlo. La ragione è che chi subisce i tagli pagherà meno imposte e magari farà spendere lo Stato in altri modi (pensiamo agli ammortizzatori sociali).
Per cui quel che vale per l'impresa (un taglio dei costi migliora il bilancio) non è necessariamente vero per lo Stato.
Illusione del riferimento è assimilare l'economia famigliare o dell'impresa a quella dello Stato, sostenendo che lo Stato dovrebbe comportarsi come un'impresa o una famiglia.
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