16 luglio 2014

Svizzera: a scuola a 4 anni per essere più uguali

La scorsa puntata di Superquark ha raccontato un'importante innovazione della scuola svizzera: dal 2015 in mezza Svizzera i bambini andranno a scuola a 4 anni invece che a 7 anni.

Gli svizzeri si sono resi conto che i loro studenti non ottengono risultati eccezionali, anche se sono migliori di quelli italiani, e hanno deciso di correre ai ripari, anticipando l'inizio della scuola a 4 anni perchè ritengono che le menti "vergini" dei bambini siano più pronte a imparare e perchè hanno notato che molte famiglie vogliono che i loro figli imparino qualcosa fin dalla più tenera età.

Ma i corsi di musica o di lingue in età prescolare sono volontari e questo crea una diseguaglianza tra chi può permettersi di far educare i figli in età prescolastica e chi non può. Alcuni bambini arrivano così a scuola disponendo di conoscenze migliori di altri.

Ciò ha spinto molti cantoni a scegliere la strada dell'anticipo dell'età scolare da 7 a 4 anni. Perchè la scuola, almeno in Svizzera, deve dare una buona istruzione uguale per tutti.

14 luglio 2014

Il deficit USA e l'austerità che non c'è

C'è una buona notizia che arriva dall'altra parte dell'Atlantico: il deficit federale americano sta scendendo sotto il 3%.

Il 2014 si chiuderà con meno di 500 miliardi di deficit. Un risultato notevole perchè nel 2009 è stato (tenuto conto dell'inflazione) superiore ai 1500 miliardi (qui i dati) e perchè si torna ai livelli del 2008, ultimo anno pre-crisi.

L'aspetto positivo non è solo la diminuzione del deficit, ma che il calo del deficit è avvenuto senza metter ein pratica le politiche di austerità di moda in Europa e tra i repubblicani.

Governo e banca centrale invece hanno attuato una politica economica il più possibile espansiva, i deficit si sono avvicinati al 10% del PIL, sono state respinte le tesi dei repubblicani che volevano tagli alla spesa sociale e tutto ciò ha prodotto minori tassi di disoccupazione e maggiore crescita.

Alla fine i conti tornano. L'economia americana cresce, e non a tassi modesti come quella tedesca, e i conti pubblici tornano, perchè sono salite le entrate, grazie ad un'economia in crescita.

11 luglio 2014

Le strane idee di Corrado Passera

Corrado Passera, ex ministro col governo Monti, ex amministratore di Olivetti, Poste e Intesa San Paolo, si propone con futuro leader del centro-destra, alternativo a Renzi e al PD, e offre le sue discutibili ricette economiche.

A suo avviso l'Italia ha bisogno di 400 miliardi per ripartire. Ma dove prenderli?

Una parte consistente di questi soldi arriverebbero da un lavoro più efficiente della pubblica amministrazione, per esempio per la costruzione di infrastrutture che sono previste e finanziate ma per lungaggini burocratiche sono in ritardo. Si tratterebbe, secondo Passera, di usare meglio i soldi già disponibili e i fondi europei.

Poi per Passera lo Stato dovrebbe pagare i debiti della pubblica amministrazione e, infine, un grosso contributo al rilancio dell'economia arriverebbe dallo sblocco del TFR: a richiesta i dipendenti potrebbero chiedere di ottenere subito, in busta paga, il trattamento di fine rapporto.

Tutto questo, con l'aggiunta di finanziamenti per imprese e lavoratori e di sconti fiscali vari, per esempio per incentivare la costruzione di infrastrutture in concessione, come le autostrade, aiuterebbe in modo rilevante l'economia, mobilitando 400 miliardi di euro.

Sono proposte che lasciano molti dubbi, non fosse altro perchè provengono dal ministro di un governo "colpevole" di un calo del PIL di oltre il 4% in due anni.

Non c'è niente di innovativo nel prevedere un governo più efficiente, capace di usare meglio i fondi pubblici, accorciare i tempi che trascorrono tra la decisione di spesa e la realizzazione dell'opera. Lo sblocco dei debiti è un fatto certamente positivo, ma forse Passera esagera. Il governo di cui faceva parte ha pagato parte dei debiti, incontrando non pochi problemi per gli effetti sul debito pubblico e sul deficit che tale pagamento comporta. E l'incasso del crediti da parte delle imprese non è detto che si possa trasformare in maggiore spesa.

Spesa che invece può anzi deve arrivare dalle famiglie. Passera critica la scelta degli 80 euro, ma vuole dare più soldi alle famiglie soprattutto con lo sblocco del TFR, su base volontaria.

I lavoratori dipendenti potrebbero chiedere all'impresa di incassare subito tale somma, rinunciando ad un uso futuro sotto forma di trattamento di fine rapporto o di contributo a un fondo pensione.

Per il lavoratore si tratterebbe di guadagnare un pò di benessere attuale in cambio di un minor benessere futuro. Molti non accetterebbero, comprendendo le conseguenze o semplicemente perchè non ne hanno bisogno. Altri si chiederebbero: si tratta di un provvedimento destinato a durare?

Immaginate un lavoratore che decida di usare questa possibilità. Si troverebbe di fronte a due scenari: incassare tutti gli anni in busta paga il TFR o solo per qualche anno.

Solo chi è poco razionale e si illude di avere in futuro lo stesso livello di benessere potrebbe scegliere di incassare tutti gli anni il TFR. L'economia potrebbe beneficiare di questa illusione, mentre è più difficile che qualche beneficio derivi da chi capisce che incassare subito significa rinunciare a qualcosa in futuro. Costoro potrebbero infatti usufruire del TFR in busta paga per pagare qualche debito o per un acquisto straordinario. Solo in questo caso ci sarebbero effetti per l'economia, mentre la consapevolezza di perdere reddito in futuro stimolerebbe immediatamente la propensione a risparmiare, con effetti negativi per l'economia.

Insomma le proposte di Passera sembrano davvero povere. L'unica cosa che colpisce è la somma in ballo, 400 miliardi. Pochi dei quali si trasformerebbero in maggiore spesa e qundi in miglioramenti della situazione dell'economia italiana.

10 luglio 2014

Il falso problema della flessibilità di bilancio

Tutti sappiamo che il rapporto deficit/PIL dell'Italia deve restare sotto il 3%, ma si vorrebbe un limite flessibile, escludendo ad esempio dal calcolo del deficit alcune voci, come alcuni investimenti o le spese in ricerca e sviluppo.

Lo scopo è chiaro: se un paese soffre perchè il PIL non aumenta e anzi rischia di scendere ancora, è necessario aumentare la spesa pubblica, specie quella che promette di far crescere in futuro il PIL.

Ma perchè contenere il deficit? La risposta è che chi vuole un tetto al deficit e al debito ritiene che serva a evitare problemi di finanziamento del debito. Ogni anno gli Stati emettono titoli di stato per miliardi di euro, in parte per rinnovare i titoli in scadenza e in parte per finanziare il deficit, cioè le spese statali non coperte da tasse e imposte.

Più alto è l'ammontare dei titoli emessi, maggiore è il rischio che qualche asta dei titoli di stato, vale a dire il collocamento sul mercato dei titoli, vada deserta o che i potenziali sottoscrittori dei titoli chiedano tassi più alti. In altri termini maggiore è il debito, maggiore il rischio che il debitore fallisca o che debba pagare tassi più elevati per indebitarsi.

Tuttavia abbiamo imparato che il pericolo di un default o di un aumento dei tassi dipende da molti fattori, come le politiche di uno stato, le scelte della banca centrale, la forza di una moneta, le prospettive di crescita di un'economia.

Nel 2011 ad esempio lo spread e il relativo tasso pagato sui titoli emessi dallo stato sono saliti a livelli superiori agli attuali nonostante un'economia migliore dell'attuale. Nel frattempo sono cambiate molte cose in ambito politico, l'economia è peggiorata e, soprattutto, è cambiata la politica della Banca Centrale Europea.

Alla BCE si devono i tassi bassi, che resteranno bassi a lungo, come ha spiegato di recente Mario Draghi, anche perchè il debito pubblico in molti paesi europei è destinato a salire a livelli "italiani", visto che tali paesi possono sostenere un deficit più elevato grazie a debito inferiore di quello italiano.

Se i tassi bassi dipendono dalla politica monetaria della BCE, poco importa che il deficit sia il 3,2% invece che del 2,9%. Qualche miliardo in più richiesto ai mercati non cambia il "merito di credito" dell'Italia, che ha oltre 2000 miliardi di debito pregresso. Escludere alcune spese per mantenere il restante deficit sotto il 3% vuol dire fingere: fingere di chiedere al mercato una somma inferiore. Cosa possibile non perchè alcune spese sono più utili di altre ma perchè il tasso lo fa la BCE più del mercato.






07 luglio 2014

Perchè Ryanair offre il noleggio auto

Se avete mai usato Ryanair, prenotando online il volo, avrete notato che la procedura è complicata dalla presenza di altre offerte di servizi come il noleggio dell'auto o la prenotazione di una stanza d'albergo. Come mai?

Ryanair è una compagnia aerea low cost che attrae milioni di viaggiatori con tariffe particolarmente basse, risultato di una serie di scelte di risparmio: nessun fronzolo, nessun servizio non indispensabile se non a pagamento, impiego di aeroporti secondari.

In questo modo i costi sono limitati: poche decine di euro a passeggero per il carburante, una somma analoga per il personale (non sempre trattato bene), altri costi contenuti. Il tutto per spingere il viaggiatore a preferire Ryanair.

Ma se il prezzo è basso grazie a una rigorosa politica di risparmi, come guadagna Ryanair?

Con tutti i servizi opzionali, quelli presenti sull'aereo (si paga l'acqua, si può acquistare anche il gratta e vinci) o a terra. Per questo sul sito Ryanair si trova la possibilità di prenotare un albergo o di affittare un'auto. Su quei servizi, forniti da altre imprese, Ryanair guadagna una percentuale.

04 luglio 2014

Con il debito non si cresce, e con l'austerity?

Renzi diventa il presidente di turno dell'Europa, va a Bruxelles e i tedeschi attaccano, tramite Weber, capogruppo del partito popolare europeo, e tramite la banca centrale, la Bundesbank.

Nel mirino c'è il debito italiano, molto elevato rispetto al PIL, e la richiesta di flessibilità, vale a dire la volontà di escludere dal calcolo del deficit alcune spese, come gli investimenti, che servono a far crescere l'economia.

L'ingegner Weber si domanda: dove prenderà i soldi l'Italia? Weidmann, della Bundesbank, invece ha detto: «Afferma che l’Europa ha il volto della noia e ci dice cosa fare. Non ci dia lezioni: fare debiti non è il presupposto della crescita».

Perchè questo attacco a testa bassa verso il presidente di turno? Viene da pensare che ci siano ragioni politiche: è naturale che il capogruppo PPE attacchi il leader del partito progressista che ha ottenuto più voti un mese fa e rappresenta un la vera alternativa ai conservatori del PPE e un modello politico capace di sconfiggere i partiti antieuropeisti.

Un timore che forse annebbia la mente dei due tedeschi. Non si sono accorti che il vero problema non è l'aumento del debito, ma la recessione prodotta dalle misure di austerità che continuano a invocare. L'Italia non ha fatto debiti per crescere. Ha fatto debiti nonostante le misure di austerità avessero promesso meno debito e più crescita. Ha subito le misure invocate dai tedeschi e non è cresciuta, anzi ha subito una recessione che ha fatto salire il debito rispetto al PIL.. Nel 2011 il PIL valeva circa 1550 miliardi. Nei due anni successivi la recessione ha bruciato oltre 4 punti di PIL, mentre l'inflazione ha fatto crescere il PIL nominale di circa un 3%.

Quindi diciamo -facendo calcoli molto grossolani- che il PIL nominale è sceso di poco più dell'1%, passando all'incirca da 1550 miliardi a 1535.

Nel frattempo il deficit è stato del 3% rispetto al PIL all'anno, che vuol dire circa 45-50 miliardi in più di debito ogni anno. Il debito pubblico viaggiava a fine 2013 verso quota 2070 miliardi, il 135% del PIL.

Se le misure di austerità avessero funzionato come previsto da Mario Monti (vedi qui) sarebbero successe due cose. Non ci sarebbe stata una terribile recessione nel biennio 2012-2013. Se il PIL fosse rimasto fermo, vale a dire non ci fosse stata crescita, per effetto dell'inflazione il PIL nominale sarebbe cresciuto del 3% o forse più, perchè con la recessione i prezzi tendono a crescere più lentamente.

Con un tasso di inflazione del 3% in due anni, il PIL sarebbe oggi a quota 1600 miliardi pur in assenza di crescita. E il debito?

Secondo Monti il rapporto deficit/Pil doveva essere all'"1,6% nel 2012, allo 0,1% del 2013". Significa che il debito sarebbe cresciuti di 25 miliardi in due anni, invece dei 90-100 effettivi. Il debito oggi sarebbe di 70 miliardi inferiore, vale a dire attorno a 2000 miliardi a fine 2013.

Il rapporto debito/PIL sarebbe dunque pari al 125%, se solo le misure di austerità avessero funzionato.

Dunque se è vero ome dice Weidmann che non è con il debito che si cresce, è certo che con l'austerità cara ai conservatori tedeschi non si cresce ma si crea debito. Un debito inutile, che ha distrutto ricchezza e posti di lavoro.





02 luglio 2014

Monte dei Paschi restituisce i Monti bond

Qualche giorno fa il Monte dei Paschi ha portato a termine un aumento di capitale di 5 miliardi di euro e rimborsa 3 miliardi di Monti bond, pagando complessivamente 3,455 miliardi. Il calcolo della somma da restituire era basato su alcuni parametri, tra cui il corrispettivo incassato dalla Fondazione MPS per la cessione delle proprie quote in MPS.

Un rendimento ottimo per lo stato. I bond che Monte dei Paschi ha emesso e lo Stato ha sottoscritto pagavano un interesse iniziale del 9% destinato a salire col tempo e inoltre prevedevano un aumento del valore nominale, su cui si calcola l'interesse, del 5% ogni due anni.

In pratica il governo Monti ha incentivato la banca a restituire i soldi ricevuti nel più breve tempo possibile. Perchè?

La ragione è che la Fondazione MPS, un tempo azionista di maggioranza della banca, aveva interesse a non realizzare l'aumento di capitale necessario alla banca per rispettare i requisiti di capitale raccomandati dall'autorità bancaria europea. Quindi il governo ha creato un prestito con condizioni che mettessero la banca di fronte a una scelta: cedere attività oppure aumentare il capitale.

La scelta di questa seconda possibilità ha ridotto il peso della Fondazione, che non disponeva di soldi sufficienti a sottoscrivere per la sua quota l'aumento di capitale, è stata caldeggiata dal governo Monti, che di fatto ha così liberato la banca dagli influssi politici.  Per questo motivo lo Stato oggi incassa una sorta di "premio", oltre all'interesse.

Con buona pace dei tanti che hanno parlato di regalo al Monte dei Paschi, di soldi buttati al vento, di un disastro annunciato, di perdite di 14 miliardi.

01 luglio 2014

Gli investimenti della Cina

Come funziona l'economia dcinese? Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza?

Sappiamo bene che la Cina da anni è diventato il produttore (o forse l'assemblatore?) di molti prodotti che l'Europa e gli USA consumano e quindi siamo spinti a credere a un'economia trainata dalle esportazioni.

I dati macroeconomici della Cina dicono che il vero motore dell'economia cinese è un altro. Quello che impressiona è il taasso di risparmio: supera il 50% del PIL. Una percentuale enorme, ma non rara. Chi ha un tasso risparmio così elevato di solito gode di grandi entrate dalla vendita di petrolio, gas o altre materie prime e investe buona parte dei capitali così ottenutiin fondi destinati a sostenere l'economia in futuro.

I cinesi sono grandi risparmiatori perchè devono pagarsi pensioni, sanità, scuola e poi perchè in un'economia piuttosto selvaggia capiscono da soli che il futuro potrebbe essere più difficile del previsto.

L'enorme risparmio si trasforma quasi per intero in investimento, soprattutt oda parte di imprese pubbliche, che accedono facilmente al credito. E così gli investimenti costituiscono quasi la metà del PIL cinese.

La Cina in altri termini è popolata da oltre un miliardo di formichine che risparmiano e costruiscono giorno dopo giorno fabbriche, immobili, aeroporti, infrastrutture e così via.

L'enorme peso degli investimenti rappresenta un forte rischio per l'economia, perchè prima o poi il tasso di crescita delle nuove fabbriche o degli immobili è destinato a calare.

E' successo anche da noi. A un certo punto, verso la metà degli anni '70 abbiamo smesso di costruire nuove fabbriche, edifici, strade e così via. Ne abbiamo costruiti naturalmente, ma molti meno. Una parte per sostituire gli esistenti e una piccola parte di nuovi.

Facile prevedere che succederà lo stesso in Cina, che rischia anche di scoprire di disporre di una capacità produttiva eccessiva. Per questo motivo occorre far crescere la domanda interna, vero indice nei prossimi anni dello stato di salute dell'economia cinese: più salirà la domanda interna meno sarà probabile uno shock proveniente dall'economia cinese.

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