13 dicembre 2023

Milei

Cosa aspettarsi dall'Argentina, cronicamente in crisi economica, che ha scelto un Presidente di estrema destra, Milei, pronto a applicare ricette ultraliberiste subito approvate dal FMI?

La ricetta liberista non è una novità. Dal 2015 al 2019, con la presidenza di Mauricio Macrì, imprenditore di origini italiane, ha raccolto molto consenso senza riuscire però a risollevare le sorti economiche (ne avevo parlato qui) di un paese sempre alle prese con conti pubblici disastrosi, un'inflazione alle stelle (con molti dubbi sui dati ufficiali), la svalutazione della moneta nazionale e fughe dei capitali, che, insieme, rendono ingestibile il debito pubblico. 

Milei ha proposto tagli molto forti alla spesa pubblica e in particolare alla scuola, considerata sinonimo di indottrinamento, e alla sanità. L'obiettivo è ridurre il deficit che, finanziato dalla banca centrale, genera inflazione a 3 cifre. Ma i tagli, che renderanno ancora più incerta la vita degli argentini e colpiscono il "capitale umano" non possono che creare problemi all'economia e quindi anche alle entrate fiscali in un paese dove già il 40% delle famiglie vive sotto la soglia della povertà.

L'inflazione, poi, è legata anche alla svalutazione della moneta nazionale. Il governo Milei ha immediatamente svalutato il peso: se prima ne servivano 400 per avere 1 dollaro, adesso ne servono 800. Inoltre ha liberalizzato le importazioni, finora sottoposte a autorizzazione. I limiti alle importazioni si adottano quando le riserve in valuta estera sono basse e anche per aiutare le produzioni nazionali. 

Qual è dunque la ragione di questi provvedimenti? 

Milei ha studiato lavorato come economista per un'importante banca inglese, HSBC. Di solito queste banche cercano per conto della loro clientela occasioni di investimento in grado di produrre ottimi rendimenti. E, ovviamente, sono infastiditi da regole, imposte, diritti, ecc.. 

Milei sembra sperare di trasformare l'economia argentina in un paese pronto a ospitare imprese straniere. Un'alternativa ai paesi asiatici o del centro-sud america alle prese con diversi fattori di instabilità. E' una ricetta lodata dal FMI, che tradizionalmente chiede tagli alla spesa, bassi salari, liberalizzazioni ignorando le conseguenze: stati impoveriti che sprofondano in crisi ancora peggiori, con crescenti sofferenze umane e poche prospettive di sviluppo.

05 dicembre 2023

Merito?

Avete mai visto programmi tv come 4 ristoranti? E' una gara tra 4 ristoranti collocati in una stessa zona. Gli altri 3 ristoratori in gara e un famoso chef giudicano location, servizio, menù e prezzo di ciascun ristorante e alla fine vince chi ottiene il punteggio più alto.

Un particolare mi ha colpito: i ristoratori di parti diverse d'Italia usano metri di giudizio molto diversi. Alcuni ristoratori danno voti alti ai colleghi, in altri bassi. A naso, mi pare che i più generosi nei giudizi sono i ristoratori di zone ricche in Italia.

Questo curioso programma televisivo mi è venuto in mente sentendo un professore in pensione dell'Università di Torino che su La7 qualche settimana fa (vedi video cliccando qui) si è detto non convinto dai test Invalsi che invece hanno segnalato grandi differenze territoriali e di genere nell'apprendimento scolastico. I maschi sono più bravi delle femmine e gli studenti del nord sono più bravi degli studenti del sud, dicono i test. Secondo l'ex docente invece i dati, ovvero i voti dei docenti, dicono che le  ragazze ci mettono più impegno, energia e voglia. Cose che "con la classe sociale non c'entrano". 

C'è da fidarsi dei giudizi dei docenti? 

Il diverso metro di giudizio non vale solo per il programma 4 ristoranti ma anche nella scuola. La percentuale di diplomati che ricevono il voto più alto possibile, il 100 e lode, che potremmo considerare una sorta di cartina al tornasole della disponibilità dei docenti di essere generosi al momento degli scrutini, indica che le scuole in Italia non sono tutte uguali. 

Al nord, in Toscana e Sardegna i diplomati con il 100 e lode non si superano il 3% dei diplomati. In Lombardia solo l'1,5% dei diplomati ottiene il voto più alto mentre ovunque nel sud si supera il 3% e in Calabria si arriva al 6,6%.

Dati contrastanti con altri dati, che indicano le minori percentuali di laureati al sud rispetto a nord e centro.

Dati che suggeriscono che i voti in una scuola superiore possono risentire di elementi soggettivi, a differenza dei test Invalsi, uguali per tutti.

I voti possono anche differire in base a altri elementi. Per esempio dove c'è un tessuto produttivo forte, le imprese si aspettano che i voti dei diplomati siauno una misura della preparazione degli studenti. La generosità dei professori non aiuta, in questo caso, gli studenti e anzi rende meno credibile la scuola agli occhi dell'impresa alla ricerca di diplomati. 

Sappiamo poi che le famiglie sono spesso importanti nella vita degli studenti. Li aiutano, a volte fanno pressioni sui professori, o magari li dissuadono dall'intraprendere un percorso di studi, in base a idee, valori, opinioni che sono diverse in base a diversi fattori. 

Parlare solo di impegno e voglia può spingere a pensare che lo studente/ssa sia solo di fronte al suo impegno di studio. Una visione poco realistica che fa a pugni con test uguali per tutti in cui il risultato non dipende dalla soggettività del docente.

14 novembre 2023

Nobel per l'Economia 2023

Claudia Goldin, docente a Harvard, ha vinto il Nobel per l'Economia del 2023 per i suoi studi innovativi sul lavoro femminile, che hanno aperto un nuovo filone di studi economici.

Un primo importante contributo l'ha fornito dimostrando, da storica, che è errata la convinzione che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia cresciuta con lo sviluppo dell'economia

Prima della rivoluzione industriale le donne partecipavano, nelle campagne, al lavoro agricolo e artigianale più di quando, all'inizio dell'era industriale, abbiano partecipato al lavoro nell'industria. La ragione è che l'industria, soprattutto all'inizio, ha richiesto lavoratori disposti a passare la giornata lavorativa lontano da casa per svolgere lavori fisicamente impegnativi mentre con l'espansione del lavoro impiegatizio è cresciuta la partecipazione delle donne. 

Il lavoro non manuale ha richiesto studio e preparazione, dando alle donne l'opportunità di seguire modelli di vita e lavorativi diversi rispetto a quelli delle generazioni precedenti. Claudia Goldin ha spiegato l'importanza delle aspettative, dimostrando che i percorsi formativi dipendono dalle aspettative di vita e lavoro. Una donna che pensa di lavorare pochi anni per poi sposarsi e occuparsi della casa e della famiglia segue percorsi scolastici e formativi diversi da chi invece ha maggiore desiderio di lavorare a tempo pieno. Chi ha di fronte a se la prospettiva di lavorare per molti anni, studia materie diverse da chi pensa di lavorare per pochi anni per poi dedicarsi a altro.

Un contributo al cambiamento l'ha data in questo senso la pillola contraccettiva, che ha offerto alle donne un maggiore potere di scelta e di controllo della propria vita.

Infine la vincitrice del Nobel 2023 ha contribuito a rispondere a due domande: perchè i tassi di partecipazione delle donne al mercato del lavoro aumentano ma più lentamente di quanto ci si aspetti? E perchè le donne continuano a guadagnare di meno degli uomini?

La risposta (originale) alla prima domanda è che le donne che lavorano sono la somma di diverse generazioni con diversi comportamenti. Se l'ultima generazione è composta da donne che partecipano in grande percentuale al mercato del lavoro, ci sono anche generazioni precedenti che invece partecipano di meno. 

La rispsosta alla seconda è che una parte del divario salariale dipende dal fatto che le imprese premiano la continuità e la disponibilità, entrambe meno frequenti tra le donne che hanno impegni famigliari maggiori rispetto ai colleghi uomini.

I contributi di Claudia Goldin sono importanti anche per chi vuole influenzare, con opportune scelte di politica o di impresa, la partecipazione delle donne al lavoro. Se in ciascun posto di lavoro finisce la persona migliore, l'intera economia ne trae benefici.

31 ottobre 2023

PIL e inflazione

L'ultimo giorno di ottobre ci offre  i dati su PIL e inflazione. Il primo è negativo: la stima del PIL del terzo trimestre (arriverà poi il dato definitivo) è pari allo zero, mentre l'inflazione di ottobre registra un calo dello 0,1%. 

Cosa suggeriscono i dati?

Che l'aumento dei tassi da parte della BCE sta facendo effetto. Deprime la domanda di beni e servizi, le aziende se ne accorgono e per vendere son costrette a diminuire i prezzi. Il prezzo da pagare è il PIL che in alcuni paesi in Europa è in calo e in altri vicino allo zero (in Francia 0,1%, in Germania -0,1%) ovvero meno crescita e occupazione.

Questo è il costo di economie che non hanno usato lo strumento fiscale per combattere l'inflazione, lasciando alla Banca Centrale Europea il compito di far tornare l'inflazione entro il 2% aumentando i tassi.


19 ottobre 2023

BOT e ISEE

La ministra della famiglia Roccella ha proposto di escludere i titoli di stato (BOT, CCT, ecc) dal calcolo dell'ISEE, l'indicatore di ricchezza che viene usato per decidere chi ha diritto a talune prestazioni sociali. 

Sono possibili almeno tre chiavi di lettura.

Il primo: è un modo di dire: caro cittadino, se hai investito i tuoi risparmi nel debito pubblico facciamo finta tu non li abbia. Una scelta che penalizza chi i risparmi non li ha. Perchè i fondi sono limitati e se si amplia la platea dei beneficiari, qualcuno senza ricchezza rischia di restare escluso a favore di qualcuno che invece è più ricco.

Il secondo: è una scelta nazionalista e furba. Come essere iscritto a un partito. Solo chi ha certi requisiti "nazionalistici" può accedere agli aiuti dello Stato.

Il terzo: è un segnale di preoccupazione dello Stato che deve vendere i titoli del debito pubblico e ci sta dicendo che è lecito giocare sporco pur di ampliare la platea dei sottoscrittori del debito.

Un pessimo segnale che il mercato potrebbe cogliere e trasformare in un aumento della spesa per interessi. Quello che lo Stato guadagna con più acquirenti di BOT e CCT potrebbe perderlo con un maggiore tasso pagato sugli stessi.

08 ottobre 2023

Visco suggerisce...

Intervistato dal Financial Times (ne parla il Sole 24 ore) il governatore della Banca d'Italia ha affrontato il tema dello spread, in aumento da qualche settimana, che inizia a preoccupare il governo.

Invita il governo e la Presidente del Consiglio a ascoltare le preoccupazioni degli investitori sul debito pubblico, sul deficit e sulla crescita a lungo termine. 

Suggerisce di adottare politiche economiche per ridurre il deficit, che risente negativamente dell'aumento dei tassi pagati dallo Stato. Si rischia il circolo vizioso: se il governo non migliora i conti e non pensa alla crescita, i tassi aumenteranno, e il peggioramento dei conti sottrarrà risorse alle politiche di crescita, provocando altri aumenti dei tassi, e così via.

Quali politiche per la crescita? 

I suggerimenti del governatore sono di massimizzare i finanziamento dell'UE (leggasi PNRR), di incrementare la partecipazione femminile al mercato del lavoro ma anche di migliorare l'integrazione degli immigrati e di potenziare la formazione nelle competenze digitali.

Insomma non c'è alcun complotto contro l'Italia. Lo spread sale perchè le politiche economiche del governo non convincono gli investitori circa la crescita della nostra economia e la solidità dei conti pubblici, che quindi cedono i titoli italiani o chiedono tassi più alti per sopportare il maggior rischio.


01 ottobre 2023

Italia in calo

Il segno meno sembra dominare i dati dell'economia italiana, fatta eccezione per lo spread e i  tassi. 

Il PIL probabilmente crescerà nel 2023 grazie all'aumento ereditato dal 2022 ma ogni previsione è peggiore delle precedenti, mentre nel secondo trimestre s'è registrato un calo, compatibile con la produzione industriale, salita solo a maggio e giugno e in calo negli altri mesi dell'anno. 

Qualche notizia positiva è arrivata dal turismo a giugno e luglio mentre a agosto, mese tradizionalmente dedicato alle ferie degli italiani, s'è registrato un calo del turismo soprattutto degli italiani, che contenevano le spese di fronte a prezzi in salita di ombrelloni e lettini. 

Calano anche il credito alle imprese e le vendite immobiliari, per colpa dei tassi che invece continuano a salire, colpa dell'inflazione che sale meno ma è ancora lontana dall'obiettivo del 2%. L'aumento dei tassi si riflette sui conti pubblici, peggiori del previsto, che mettono a disposizione del governo pochi soldi da spendere per cercare di migliorare la situazione, mentre all'orizzonte si profila qualche grana importante, come quella dell'ex Ilva che chiede invano molti soldi per la riconversione dell'attività produttiva.

Giorgetti è preoccupato per il debito pubblico. Sa che collocarlo significa spendere più dell'anno scorso. E fa bene a spaventarsi anche per la liquidità in calo.

Di chi è la colpa? 

Solo in piccola parte della guerra e dell'inflazione provocata dal rincaro delle materie prime. Oggi il prezzo di gas e luce è sceso di almeno il 75% rispetto ai picchi toccati nel 2022. Passata la tempesta tutto sarebbe potuto tornare (quasi) come prima ma sarebbe servita un'iniezione di fiducia e stimoli fiscali per innescare una brusca frenata dell'inflazione. 

Il governo ha invece deciso di tagliare imposte e contributi pagati dalle imprese finanziando la spesa con le accise sui carburanti, incurante degli effetti sull'inflazione. Se un'impresa paga meno contributi non è detto ceh trasferisca il risparmio sui prezzi, specie se alcuni dei costi continuano a aumentare e se il fatturato non aumenta per effetto di condizioni economiche in peggioramento. Userà invece il risparmio dei contributi per migliorare i propri conti che stanno peggiorando.

Inoltre perchè i consumatori dovrebbero spendere di più se vedono i prezzi (i carburanti, soprattutto) in aumento? Continueranno a essere prudenti spendendo il necessario.

La domanda quindi diminuisce, anche per effetto della fine del reddito di cittadinanza e del superbonus edilizio, e questo causa un peggioramento dell'economia. Non compreso dal governo, che invece stimola la produzione di beni e servizi e non fa niente per aumentare le certezze economiche degli italiani.

17 settembre 2023

I vantaggi comparati di Ricardo e ... i poveri di oggi - parte seconda

La teoria dei vantaggi comparati suggerisce che l'economia di uno stato abbia convenienza a specializzarsi in alcuni prodotti scambiandoli con i prodotti provenienti dall'estero invece di produrre di tutto. 

Ma se conviene specializzarsi e scambiare, perchè i lavoratori dei paesi ricchi si sono impoveriti rispetto a quando i commerci internazionali erano modesti?

Una spiegazione elaborata negli anni '40 dal Nobel Paul Sanuelson è che la specializzazione dipenda dai fattori produttivi a disposizione. Chi ha molta manodopera a buon mercato, come i paesi "poveri" si specializzerà in beni la cui produzione richiede molta manodopera. Invece i paesi "ricchi" hanno a disposizione molti capitali e quindi sceglieranno produzioni che richiedono molti capitali (e lavoratori qualificati). 

Nei paesi "ricchi" a fare le spese della specializzazione e del commercio internazionale sono quindi i lavoratori poco specializzati, che devono competere con chi fa lo stesso lavoro nei paesi "poveri" e avrebbero diritto a qualche forma di compensazione per recuperare il reddito perso e acquisire le competenze richieste da imprese altamente specializzate.

Un caso a parte è rappresentato dai paesi dell'Europa dell'est che, legati da accordi politici e militari, seguivano altre logiche. La specializzazione c'era, ma era modesta. Si cambiavano beni tra paesi amici con prezzi di favore secondo logiche politiche. Si scambiavano per esempio le materie prime sovietiche con la tecnologia della Germania est ma l'assenza di un mercato, di consumatori liberi di scegliere cosa comprare non stimolava i produttori a fare meglio: se un'auto era di qualità modesta solo il programmatore politico poteva decidere di cambiare, sempre che potesse farlo. 

Quando il vincolo politico-militare tra quei paesi è venuto meno, è cambiato tutto. Chi aveva beni vendibili sul mercato, come gas e petrolio, ha smesso di cederli a prezzi di favore ai paesi amici, preferendo incassare dollari. 

Chi produceva beni di scarsa qualità se li è visti pagare poco. I lavoratori quindi sono stati retribuitistati di meno e molti hanno perso il lavoro anche perchè la fine delle economie "socialiste" ha fatto cessare la scelta politica di usare molti più lavoratori del necessario. Inevitabile, dunque, che dopo la caduta del muro di Berlino l'est si sia impoverito. 


13 settembre 2023

Ursula e l'elettrica cinese

Nel discorso sullo stato dell'Unione, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Layen ha annunciato l'avvio di un'indagine sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina. 

Il sospetto è che i produttori cinesi vendano sottocosto per conquistare il mercato (dumping) grazie a sovvenzioni statali.

Ovvero la Cina ha compreso che il mercato dei mezzi elettrici in futuro sarà in forte crescita e vuole conquistarlo, mettendo fuori gioco la concorrenza con prezzi molto bassi.

Perchè si mette fuori gioco la concorrenza? 

Entrare in un mercato in cui la produzione richiede grandi investimenti in questo caso in impianti è conveniente solo se si è relativamente certi di ottenere forti ricavi, ovvero di vendere molte auto o camion o altri mezzi elettrici. Senza questa certezza l'investitore prudente non rischierà i propri capitali e resterà fuori dal mercato. 

Il miglior modo per escludere un potenziale concorrente da un mercato è entrarvi quando il mercato è piccolo e conquistare la maggior percentuale possibile delle vendite. Entrare in seguito nello stesso mercato sarà più complicato e costoso e qualcuno finirà per rinunciare.

I produttori europei di veicoli lo sanno e stanno decidendo, uno dopo l'altro, di rinunciare ai motori termici ben prima del 2035, oltre a chiedere all'UE interventi per convertire gli impianti e limitare la concorrenza sleale cinese.

Una scelta, quella dei produttori, che ignora chi, come Salvini, critica le scelte dell'Unione Europea. Se si rinunciasse a cambiare il settore il prima possibile, si salverebbero posti di lavoro nell'immediato ma a costo di arrivare all'appuntamento con l'elettrico in tale ritardo da pregiudicare l'esistenza stessa dei produttori di autoveicoli.

Ultimo punto: si potrebbe obiettare che il costo delle auto elettriche e in particolare delle batterie è troppo elevato per una parte (non piccola) dei potenziali acquirenti. E' vero, ma vi ricordate cosa è successo nella telefonia mobile? All'inizio il telefono cellulare era un prodotto per pochi, i telefoni erano cari ed le tariffe elevate. Addirittura pagava anche chi riceveva le chiamate. Le tariffe elevate son servite a pagare gli investimenti, per esempio nei ripetitori, delle compagnie telefoniche. Una volta ammortizzato il costo, i costi per le compagnie sono scesi e quindi anche le tariffe per il consumatore. Non è stata solo la concorrenza a abbassare le tariffe.

Con l'auto elettrica succederà presumibilmente lo stesso. Chi prima investe, prima recupera i soldi investiti e può abbassare i prezzi. Chi arriva tardi sarà costretto a offrire automobili a prezzi troppo alti e rischia di finire fuori mercato e di perdere clienti a favore di cinesi, coreani e altri.

09 settembre 2023

I vantaggi comparati di Ricardo e ... i poveri di oggi - parte prima

Due secoli fa un economista britannico, David Ricardo, ha elaborato un'interessante teoria che si studia ancora oggi. 

Immaginate che le economie di due stati, A e B, siano molto semplici. 

In entrambi gli stati si producono due beni, X e Y. Ogni bene comporta un certo impiego di risorse con relativi costi. 

Se lo stato A è molto efficiente a produrre il bene X e lo stato B a produrre Y, è facile immaginare che lo stato A si specializzerà nella produzione di X e lo venderà allo stato B che si specializzerà nella produzione di Y e venderà Y allo stato A.

Questa teoria si chiama dei vantaggi assoluti. Lo stato A ha un vantaggio assoluto a produrre X e lo stato B a produrre Y. Ad entrambi gli stati non conviene produrre l'altro bene. Il costo di Y prodotto dallo stato A è superiore al costo di Y prodotto dallo stato B e il costo di X prodotto dallo stato B è superiore al costo dello stesso bene prodotto dallo stato B. Quindi conviene a entrambi gli stati comprare all'estero il bene che è sconveniente produrre.

Ma cosa succede se ad esempio lo stato A è più efficiente di B nella produzione di entrambi i beni X e Y? E' il caso in cui uno stato, supponiamo A, è in grado di produrre sia X che Y con costi inferiori al costo di X e Y prodotti dallo stato B.

L'intuizione di David Ricardo dice che lo stato A si specializzerà nella produzione di uno dei due beni, X o Y. Sceglierà o, meglio, sceglieranno le imprese, il bene in cui si impiegano in modo più efficiente le risorse. E quindi continuerà a scambiare il bene scelto con l'altro bene offerto dallo stato B.

L'idea di Ricardo si chiama teoria dei vantaggi comparati e ci dice che a uno stato conviene produrre un bene in modo efficiente e scambiarlo con un altro bene prodotto in modo altrettanto efficiente in un altro stato piuttosto che produrre tutto in patria. 



13 agosto 2023

A cosa potrebbe servire la TAV...

 La linea ferroviaria tra Torino e Lione si sta costruendo, nonostante le manifestazioni e nonostante in molti facciano finta che una decisione sulla linea vada ancora presa. Ci vorranno altri 10 anni ma si farà.

Tra un mese invece chiuderà il traforo del Monte Bianco per lavori che dureranno  4 mesi. L'anno scorso il traforo è stato chiuso per 3 settimane, per rifare il manto stradale. 

Il 90% dei camion, a detta dei responsabili del traforo, è passato dal traforo del Frejus. 

Questo dato suggerisce che un treno capace di trasportare i camion, cosa possibile quando sarà in funzione la linea in costruzione tra l'Italia e la Francia, sarebbe un potente strumento per liberare le alpi dal traffico pesante, che danneggia l'ambiente alpino. E inoltre che le proteste, in chiave ambientalista, contro la linea ferroviaria hanno poco senso. Nulla aiuterebbe di più l'ambiente di disincentivi a usare le autostrade e i trafori stradali a favore del treno.

08 agosto 2023

Tassa inattesa

Ieri sera il governo ha deciso di tassare i profitti delle banche, causati dall'aumento dei tassi. Due mesi fa Giorgetti, ministro dell'economia, aveva dichiarato: "Non abbiamo in cantiere nessuna tassazione sugli extraprofitti bancari".

La decisione che sa di politico e che potrebbe avere conseguenze negative per l'Italia.

Oggi i valori delle azioni di banche sono scese di un 8-10%. le banche, qualcuna di proprietà dello Stato, quotate in borsa. E questo significa una perdita per lo stato, sotto forma di minori incassi per l'imposta sui guadagni di borsa oltre che si perdita di valore per lo stato azionista. La perdita di valore sarebbe di 9 miliardi su cui si applica una imposta di circa il 25%.

A questo si aggiunge la perdita di credibilità. Una imposta improvvisa è un pessimo segnale per gli investitori stranieri che potrebbero diventare meno propensi a comprare azioni o a prestare capitali alle imprese italiane.

Meno capitali significa anche un aumento degli interessi praticati da chi presta, rendendo inutile o controproducente l'imposta ma anche maggiori difficoltà a procurarsi capitali da parte delle imprese. In quest'ultimo caso, sarà la crescita delle imprese e quindi dell'economia a subire le conseguenze di una decisione avventata.

Che, infine, potrebbe anche provocare un aumento del costo del credito per prudenza di chi presta: se temi una imposta a sorpresa, aumenti il costo come una sorta di assicurazione contro il rischio di una sorpresa costosa.

29 luglio 2023

Verso una recessione?

E' di oggi la notizia che secondo Confindustria il PIL nel secondo trimestre del 2023 è cresciuto molto poco. 

Da mesi i segnali che provengono dall'industria sono negativi e c'è da stupirsi che il PIL continui a avere un segno positivo. C'è sicuramente l'effetto trascimento del 2022, ovvero l'aumento registrato l'anno prima si riflette positivamente sui dati 2023 anche se nel corso del 2023 non si produce di più. 

Poi c'è il turismo che beneficia della fine della pandemia. Chi ha rinviato i viaggi, oggi affolla le località turistiche per recuperare il tempo perso. 

Non è invece buono il dato della produzione industriale, in calo da mesi, mentre il settore delle costruzioni risente negativamente della fine del bonus 110. 

Nonostante nel corso del 2023 siano calate, e molto, le materie prime, non cala altrettanto velocemente l'inflazione, con effetti negativi per i consumi e per i tassi, alzati dalla BCE. Tassi più alti significano maggiori costi e minore disponibilità di credito per le imprese e per i cittadini che comprano la casa o finanziano a rate i consumi.

Se aggiungiamo scelte molto conservatrici del governo in tema di lotta all'inflazione, distribuzione dei redditi, spesa socio-sanitaria, sanità, spesa per il PNRR è facile pensare a un inevitabile calo dei consumi che, insieme alla recessione in atto in Germania, le cui imprese hanno come fornitori tante imprese italiane, ci avvicinano a uno scenario economico recessivo.

 

23 giugno 2023

Trattamento di fine servizio. Un guaio per il governo

 La Corte Costituzionale ha bocciato la norma che ritardava il pagamento della liquidazione ai dipendenti pubblici. 

Il ritardato pagamento era di fatto un finanziamento forzoso dello Stato e degli enti locali da parte dei pensionati e aveva come scopo il contenimento degli esborsi dello Stato e quindi dell'emissione di titoli di stato. Cioè il debito verso l'ex dipendente esisteva ma non comportava, per qualche tempo, esborsi e quindi necessità di soldi che lo Stato ottiene con l'emissione di BOT, CCT e altri titoli simili, su cui paga interessi.

La sentenza è un bel colpo per le casse pubbliche e potrebbe avere ripercussioni sui conti pubblici nei prossimi mesi.

09 maggio 2023

Balneari

Le sentenze della magistratura italiana e europea che respingono i tentativi di rinviare l'applicazione della direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari in Italia, suggeriscono che presto scopriremo se le paure dei balneari sono fondate. 

E' pensabile che alla gara per l'assegnazione delle licenze partecipi qualche multinazionale piena di soldi?

Partiamo dai dati che potete trovare qui: in Italia ci sono poco più di 6500 imprese che vivono affittando sdraio e ombrelloni e fornendo altri servizi collegati. Nell'80% dei casi il reddito della famiglia proprietaria o che gestisce tali servizi dipende solo dalla concessione che copre, nel 72% dei casi una superficie inferiore ai 3000 metri quadri. 

60 mila sono le persone impiegate e 260 mila euro l'anno il fatturato medio di ogni impresa, stimato da Nomisma.

Quindi tante piccole imprese in un paese dove la crescita dell'economia è lenta o assente, dove leggi e regolamenti sono, agli occhi di un americano, ostacoli che complicano la possibilità di ottenere guadagni, dove la giustizia è lenta e le sentenze difficili da applicare, dove gli enti locali potrebbero creare ostacoli di ogni tipo all'imprenditore sgradito alla comunità locale, dove trovare persone disposte a lavorare per pochi soldi e con pochi diritti sta diventando difficile, dove...

Insomma, è difficile immaginare che uno straniero con tanti soldi e il desiderio di ottenere profitti possa preferire una licenza per un piccolo stabilimento balneare italiano a tanti altri possibili investimenti in settori in forte crescita e in paesi che offrono prospettive migliori e meno ostacoli.

Perchè, allora, in tanti agitano lo spauracchio delle concessioni in mano agli stranieri?

Naturalmente c'è sempre un pò di inquietudine quando leggi e regolamenti che riducono i vantaggi delle regole non scritte.

Il rischi reali, però, è a mio avviso sono altri due, uno economico e l'altro per così dire politico.

Il rischio economico è di dover pagare per avere (o riavere) le concessioni. Oltre all'esborso c'è anche un problema di coerenza: il fisco potrebbe chiedersi perchè chi ha sborsato molti soldi per la concessione dichiari somme troppo basse.

Il rischio "politico" è che la gara per le concessioni crei tensioni tra i titolari degli stabilimenti con ripercussioni sulla politica locale. Di fronte a un contrasto tra due gruppi di balnerati, contrasto generato dall'assegnazione delle concessioni, gli esponenti di una maggioranza a livello locale potrebbero dividersi.
I partiti che rischiano il contraccolpo hanno quindi interesse a rinviare l'applicazione della direttiva Bolkestein e a usare lo spauracchio delle multinazionali che, chissà perchè, non vedrebbero l'ora di comprarsi un pezzo di spiaggia in Italia.

28 aprile 2023

Brexit, la povertà prevista

Le parole del capo economista della Banca d'Inghilterra che dice: "britannici rassegnatevi ad essere più poveri" hanno suscitato clamore. Agli inglesi non piace la prospettiva di un futuro peggiore per colpa dell'uscita dall'Unione Europea.

Due premi Nobel, Banerjee e Duflo nell'introduzione del loro libro "Una buona economia per tempi difficili" hanno osservato:

"Subito prima del voto sulla Brexit i nostri colleghi del Regno unito cercavano disperatamente di mettere in guardia i cittadini contro i costi che avrebbe comportato uscire dall'unione europea ma avevano la sensazione che il loro messaggio non passasse. E avevano ragione, nessuno dava loro retta." 

I due ricordano un sondaggio in Gran Bretagna del 2017 in cui si chiede agli intervistati quale categoria considerate più affidabile quando parla del proprio campo di competenza?

Gli economisti vengono indicati solo dal 25% degli intervistati mentre gli infermieri e meteorologi ottengono rispettivamente oltre l'80% e oltre il 50%.

Altre indagini, riportate da Banerjee e Duflo, indicano che le opinioni degli economisti e di cittadini comuni sono molto differenti. Colpa della politica che influenza l'opinione pubblica magari usando (presunti) economisti che in realtà rappresentano un interesse di parte. Interesse ideologico, di partito, di un'azienda.

20 aprile 2023

I figli nell'Italia di destra

Gli italiani non fanno figli e questo preoccupa il governo di destra che con un suo esponente, il ministro Lollobrigida, rispolvera la teoria della sostituzione etnica mentre Elon Musk twitta che l'Italia sta scomparendo. 

Cosa spingerebbe gli italiani a fare più figli? 

Il governo propone un taglio alle imposte, fino a 10 mila euro per chi ha più di 2 figli. Può essere utile solo per chi ha un reddito non modesto e ha già fatto figli, ma non a chi ha un reddito basso e non ha il desiderio di fare diversi figli, ma solo uno o al massimo due. 

Queste famiglie, che non sono poche, devono fare i conti quotidianamente con almeno tre problemi, che interessano anche il resto della popolazione. 

Il primo è quello della casa. Le famiglie italiane fanno i conti con un mercato privo di regolamentazione nel quale i prezzi di affitti e delle compravendite sono in aumento, alimentati da inflazione e tassi bancari in crescita e da impieghi diversi degli immobili, ovvero gli affitti brevi ai turisti.
Se il costo della casa è elevato, si scelgono appartamenti piccoli e diventa più difficile scegliere di fare  diversi figli o anche solo uno. 

Ci sono alternative? Certo come spiega questo articolo si possono fare scelte diverse, per limitare gli aumenti degli affitti, per offrire case a prezzi calmierati grazie all'intervento della mano pubblica. Sta succedendo in molte città europee, segno che un mercato senza regole spinge verso l'alto i prezzi costringendo le persone a fare scelte di vita diverse, comprese quelle relative ai figli.

Il secondo è il problema del lavoro. Anche in questo caso il mercato è molto deregolamentato e produce, come sappiamo, incertezza. Il lavoro è precario, pagato male, in condizioni sgradevoli, con strumenti come il reddito di cittadinanza, la cassa integrazione, i prepensionamenti  sottoposti a critiche e riforme per limitarne l'applicazione. 

Non c'è da stupirsi quindi se tanti italiani rinuncino a fare figli o ne fanno meno di quel che vorrebbero. Altri paesi, a cominciare dalla Spagna, hanno fatto scelte diverse.

Il terzo problema riguarda i servizi. Per avere posti all'asilo, pediatri, una scuola di qualità dall'asilo all'università servono soldi e volontà di spenderli nel settore pubblico. I contributi statali, magari sotto forma di sconto fiscale, non è detto che basterebbero a coprire i costi dei servizi offerti dai privati e non è neanche certo che tali servizi sarebbero offerti in quantità sufficiente a soddisfare le richieste.

Per spingere gli italiani a fare qualche bambino in più servono quindi più certezze relative quantomeno alla casa, al lavoro e ai servizi. E magari qualche immigrato in più. Tra i vari benefici dell'immigrazione c'è la possibilità di affidare agli immigrati compiti che sovente svolgono le donne, permettendo a queste di lavorare fuori casa e di gestire i figli.

Insomma la strada giusta è fare il contrario di quel che vorrebbe l'attuale governo di destra.

19 marzo 2023

Credit Suisse, tassi BCE e un PS importante

Dopo SVB, il caso Credit Suisse fa tremare i mercati finanziari e alimenta le paure di chi ha troppi debiti. Inoltre la BCE alza i tassi, scelta attesa che suscita critiche specie dei politici che vedono i propri progetti di spesa minacciati dai tassi. 

Possiamo dire che i casi SVB e Credit Suisse dipende del rialzo dei tassi di interesse?

No, altrimenti l'intero mondo bancario sarebbe in difficoltà, non solo le due banche "extracomunitarie". 

Negli ultimi anni la liquidità è stata semmai troppa. In assenza di buone occasioni di
guadagno in una economia stagnante, si preferiva tenere i soldi sul conto corrente. In queste condizioni come si spiega la carenza di liquidità di alcune banche? 
Semplicemente con investimenti sbagliati che hanno generato perdite a cui si aggiungono, nel caso della banca svizzera, multe di centinaia di milioni per aver gestito capitali di dubbi provenienza. 

I clienti facoltosi della banca svizzera, spesso assistiti da ottimi consulenti capaci di comprende i rischi, di fronte alle perdite hanno deciso di chiudere i conti (e aprirne altri in altre banche, prima fra tutte UBS). 

La chiusura dei conti fa diminuire la liquidità. La banca se ne procura altri vendendo titoli, il cui valore di mercato diminuisce in presenza di tassi in aumento. Ciò non fa che peggiorare i conti della banca, causando altre perdite e quindi una crisi di fiducia che spinge altri correntisti a chiudere i conti. 

Questa situazione non può che piacere agli speculatori che "scommettono" sul calo dei valori azionari sapendo di avere ottime probabilità di ottenere guadagni.

Quindi possiamo dire che i tassi peggiorano i conti della banca, la spingono a scelte che altrimenti non farebbe, come la vendita in perdita di titoli in portafoglio, ma non sono la causa dei mali delle banche, da ricercarsi invece in scelte azzardate che provocano perdite rilevanti e minano la fiducia della clientela.

PS Mentre scrivo (domenica pomeriggio) pare improbabile che UBS compri Credit Suisse. UBS avrebbe offerto 1 miliardo ritenuto insufficiente da Credit Suisse.
La trattativa al ribasso che pare destinata a fallire mi ricorda il week end di metà settembre del 2008 quando, contro ogni aspettative, fallì il tentativo di salvataggio di Lehman Brothers.
Non so se la storia si ripeterà e non voglio certo azzardare previsioni, ma oggi come allora lo scenario è da incubo. 

14 marzo 2023

2035: mentre noi in Italia...

 Mentre qualche politico italiano invoca il rinvio del termine del 2035 per l'abolizione della vendita dei motori diesel e benzina, in Germania la Volkswagen progetta enormi investimenti proprio nell'elettrico, come racconta il Sole 24 Ore: https://www.ilsole24ore.com/art/volkswagen-scommette-altri-180-miliardi-l-auto-futuro-prossimi-5-anni-AEr8Y03C

Si può quasi sospettare che vogliano sfruttare l'ingenuità dei politici italiani per conquistare il mercato. 

Chi arriva per primo in un mercato, lo conquista e può cercare di creare le condizioni economiche per escludere i concorrenti. 

E non c'è solo la produzione di auto elettriche, ma anche il rifornimento. Una rete di colonnine richiede tempo e soldi. Dove andranno in vacanza tra un pò di anni gli acquirenti di auto elettriche? Dove è più facile ricaricarla o dove è più difficile?

Se per difendere i produttori di componenti di auto diesel e benzina dimentichiamo pure di mettere le colonnine, finiremo per perdere pure i turisti di mezza Europa oltre alle produzioni che oggi difendiamo nonostante abbiano poche speranze di sopravvivere.

11 marzo 2023

SVB, abbiamo (forse) un problema

Venerdì 10 marzo le borse, e in particolare i titoli bancari, hanno perso decine di miliardi di capitalizzazione per colpa del fallimento di una banca californiana, la Silicon Valley Bank (SVB), specializzata nel finanziamento di start up, ovvero aziende tecnologiche nate da poco, con un forte potenziale di crescita ma anche tanti debiti. 

L'aumento dei tassi voluto, negli USA, dalla FED per combattere l'inflazione, ha portato le imprese a usare i soldi ottenuti dagli investitori e versati sui conti della banca. 

Di fronte alle voci di problemi di liquidità, i clienti hanno iniziato a ritirare i soldi sui conti presso la SVB, spingendola a cedere frettolosamente parte dei titoli posseduti. La perdita di quasi 2 miliardi di dollari non ha fatto altro che peggiorare le cose, amplificando le paure dei clienti che hanno continuato a ritirare i capitali. In poche ore il valore delle azioni di SVB è sceso del 60%, finchè le autorità bancarie californiane hanno decretato il fallimento della banca, trasferito i conti (in parte assicurati) e nominato un liquidatore.

La scelta di far fallire SVB rischia di essere pericolosa. 

Il fallimento di Lehman Brothers e le tante crisi di banche, assicurazioni e fondi a partire dal 2007 hanno insegnato che la soluzione migliore, in caso di crisi di liquidità di una banca, è il salvataggio attraverso la vendita (o altre operazioni simili) a una banca dotata di abbondante liquidità, magari rafforzata dall'autorità pubblica che convince le banche a ricevere in prestito decine di miliardi, affinchè sia chiaro che la banca non ha e non avrà problemi di liquidità.

In questo modo il correntista, che magari è un fondo che gestisce somme enormi, non ritira i capitali anche se sente voci allarmanti su possibili perdite della banca. 

Il fallimento rischia invece di creare ulteriore allarme e fughe di capitali non fosse altro perchè l'assicurazione dei conti correnti copre solo parte delle somme presenti sul conto. Per non rischiare perdite, i correntisti possono decidere di ritirare parte dei propri soldi. L'effetto è lo stesso di una crisi bancaria: la banca si troverebbe a corto di liquidità e dovrebbe trovare una soluzione. 

E siccome le banche si prestano i soldi tra loro, l'effetto domino è tutt'altro che improbabile: la crisi di una banca può coinvolgerne altre creando una crisi sistemica che, come insegna Lehamn, è molto pericolosa. 

Crisi che non si limiterebbe solo al settore bancario ma coinvolgerebbe anche imprese e Stati. Perchè l'incertezza spinge i capitali verso titoli sicuri, non rischiosi. I bund tedeschi o i titoli di stato americani equivalgono a contanti, mentre i titoli di imprese e stati con una reputazione meno solida rischiano di diventare più costosi per chi li emette. Un pericolo anche per l'Italia con il suo debito pubblico.

Non si può prevedere cosa succederà, se la crisi della banca californiana si estenderà. Ma è certo che la mossa dell'autorità bancaria californiana non è rassicurante e potenzialmente molto pericolosa anche per l'Italia.

09 marzo 2023

Tremori da tassi

Blackstone (da non confondersi con Blackrock), una grande società finanziaria americana che gestisce quasi 500 miliardi di dollari, ha bloccato i rimborsi ai clienti di un fondo immobiliare da 71 miliardi e ha dichiarato il default di una obbligazione da 500 milioni circa garantita da un portafoglio di immobili, soprattutto negozi e uffici, della controllata finlandese Sponda Oy.

C'è da preoccuparsi?

Forse sì. L'obbligazione di cui è stato dichiarato il default vale lo 0,1% dei fondi amministrati da Blackstone e pare sia dovuta alla crisi del settore immobiliare in Finlandia. I cambiamenti di abitudini e il rialzo dei tassi rendono meno attraenti gli immobili destinati a uffici e negozi e spingono i risparmiatori a chiedere di riavere indietro i soldi investiti in un fondo immobiliare.

Però ricordiamo che la crisi nata nel 2007 e deflagrata nel 2008 con il fallimento di Lehman Brothers è dipesa in gran parte non da perdite generate dallo scoppio della bolla immobiliare ma dalla fuga dei capitali.

A inizio 2007 è parso chiaro che i prezzi degli immobili diminuiva dopo anni di crescita ininterrotta, e questo ha spinto chi aveva investito in immobili, magari indirettamente prestando soldi a banche o con l'acquisto di fondi immobiliari, a liberarsene nel timore di subire perdite.

La fuga dei capitali è imprevedibile e pericolosa. Non possiamo prevedere se succederà qualcosa di simile, ma è certo che l'aumento dei tassi da parte di FED e BCE può mettere in crisi il settore immobiliare e che pertanto è necessario tenere ben aperti gli occhi per capire cosa succede.

22 febbraio 2023

Inflazione in calo

Comunica l'ISTAT che a i prezzi sono salito dello 0,1% rispetto al mese precedente, ma del 10% rispetto a un anno prima. A dicembre l'aumento rispetto al dicembre di un anno prima era dell'11,6%. Merito del calo dei prodotti energetici, senza i quali (e senza gli alimentari freschi) inflazione sale tuttavia dal 5,8% al +6%.

Come leggere questi dati?  

La buona notizia è la frenata dell'inflazione. Grazie al calo dell'energia, che sarebbe stata maggiore se il governo avesse scelto di mantenere almeno in parte il taglio delle accise sui carburanti. 

La notizia meno buona è che al netto di energia e alimentari freschi, l'inflazione è in aumento. Probabilmente questo aumento dipende in buona parte dalle aspettative. Anche per questo un calo dei prezzi dei carburanti sarebbe stato utile. Avrebbe tagliato le aspettative di inflazione che spingono le imprese a aumentare i prezzi temendo che i costi continuino a aumentare.

15 febbraio 2023

Inflazione e profitti


Nelle ultime settimane le borse hanno fatto registrare ottimi risultati, frutto di buone notizie sui profitti delle imprese oltre che sulla guerra e sui prezzi dell'energia. 

Tra le preoccupazioni ci sono i tassi di interesse che le banche centrali aumentano, e che probabilmente aumenteranno nei prossimi mesi, per contrastare l'inflazione.

Sorge spontanea una domanda: non converrebbe alle imprese rinunciare a un pò dei profitti abbassando i prezzi o rinunciando a alzarli in modo da non rischiare che l'economia entri in recessione per colpa dei tassi di interesse in aumento?

La risposta è no, e provo a spiegarvi il perchè.

Covid e crisi ucraina hanno peggiorato i conti delle imprese. E' naturale che, se possono, queste cerchino di migliorirli, di recuperare i profitti persi e di diminuire i debiti accumulati a causa di eventi imprevisti. 

E i debiti si possono diminuire sia vendendo imprese il cui valore dipende dagli utili che realizzano, sia ... con l'inflazione. 

L'inflazione fa salire i prezzi e quindi il fatturato delle imprese. Che continuano a vendere la stessa quantità di beni e servizi o magari di meno ma incassano di più, mentre i debiti restano gli stessi e quindi diminuiscono in percentuale del fatturato. 

Le imprese hanno, in questo momento, ottimi motivi per non diminuire i prezzi e anzi farli aumentare, facendo attenzione a non perdere clienti, anche se questo significa rischiare un calo della domanda.

04 febbraio 2023

Prezzo energia

Fa scalpore il -34% del prezzo dell'energia elettrica annunciato qualche giorno fa dall'autorità che fissa il prezzo per il mercato tutelato. Ma nonostante il forte calo, il prezzo resta superiore, quasi doppio, rispetto agli utenti del mercato libero. A gennaio infatti il PUN, il prezzo unico su cui si basa la componente energia dei consumatori del mercato libero, è stato inferiore a 0,175 euro a kilowattora, contro gli 0,361 euro previsti per il mercato tutelato.

0,175 che a loro volta sono quasi la metà del PUN di dicembre, di poco superiore a 0,29. Nello stesso mese il prezzo del mercato tutelato superava di poco i 50 centesimi a kW. 

Perchè mai un consumatore dovrebbe preferire il mercato tutelato? La sola risposta logica è: perchè consuma poco. I costi fissi sono più alti nel mercato libero e quindi se si consuma poca energia la bolletta è inferiore. In caso contrario, se si consuma molto, il mercato libero è più conveniente.


31 gennaio 2023

Non vendo un rene ma...

Ovunque (o quasi) nel mondo è illegale comprare e vendere un organo, anche nel caso in cui la donazione non mette in pericolo la vita del donatore, come nel caso di un rene. Chi ha bisogno di un rene lo offre senza ottenere niente in cambio, se non una vita migliore del ricevente, che, per questo motivo, di solito è un parente o un amico che ne ha bisogno, e rischia la vita o ha una bassa qualità della vita, a causa della dialisi.

Alvin Roth, vincitore del Nobel dell'economia nel 2012, esperto di teoria dei giochi, si rende conto che alcuni malati bisognosi di un rene hanno un parente o un amico disposto a donarglielo, ma non è possibile perchè offerto non è compatibile con il donatore. 

Pensa quindi a una scambio: se Giovanni offre un rene a Mario e Carlo lo offre a Luca ma non c'è compatibilità, il rene offerto da Giovanni può andare non all'amico Mario ma allo sconosciuto Luca, e il rene di Carlo allo sconosciuto Mario.

Con qualche fatica, il sistema funziona, creando in alcuni casi anche catene complesse, ovvero coinvolgendo più di due coppie donatore/ricevente.

Tutto bene, soprattutto per Roth che anche per aver usato una sua teoria ha vinto il Nobel? 

No, perchè un'ottima teoria, con il relativo algoritmo sviluppato per mettere insieme offerte e domande diverse e molto particolari, ha dovuto fare i conti con la riluttanza degli ospedali a rendere disponili i reni offerti da amici e parenti dei propri pazienti.  

Se, in altri termini, Giovanni offre un rene a Mario che è paziente di un ospedale di New York ma il potenziale ricevente è a Boston, l'ospedale di New York è restio a comunica a Giovanni che avrebbe potuto donarlo a un paziente di Boston. 

La ragione è il trapianto è un affare per l'ospedale che non trova conveniente perdere il potenziale donatore a favore di un altro ospedale senza niente in cambio.

Il rene non si paga ma le cure sì e in un sistema in cui i vari soggetti privati pensano a far soldi, i comportamenti vengono modificati in modo non sempre conveniente per i pazienti.

13 gennaio 2023

BTP e benzina


 Guardate il grafico. Rappresenta l'andamento teorico di un Buono del Tesoro Pluriennale emesso nel 2020 e in scadenza nel 2045. Il rendimento previsto era dell'1,5% annuo, tasso invitante nel 2020 quando i titoli a breve termine avevano tassi negativi o vicinissimi allo zero e l'inflazione era bassa.

Poi gli scenari economici sono mutati. Il rendimento è salito perchè il prezzo è sceso. Attualmente il BTP è quotato a poco più di 62. Vuol dire che chi ha versato e quindi prestato 100 euro allo Stato oggi incasserebbe 62 euro e qualche centesimo. Per rivedere i 100 euro deve aspettare il 2045 oppure sperare i un brusco calo dei rendimenti. 

Ma significa anche che rendimenti e quindi costi dello Stato sui titoli di nuova emissione sono decisamente più alti rispetto a 2-3 anni fa. 

Naturalmente la causa del crollo di valore del BTP e conseguente aumento dei rendimenti è legato alle vicende della guerra in Ucraina che ha fatto aumentare i prezzi di molti prodotti energetici e quindi dell'inflazione. 

Le conseguenze dell'impennata dell'inflazione per lo Stato sono diverse. Diventa più costoso indebitarsi, come ci suggerisce il grafico. Il rendimento è passato dall'1,5% a oltre il 5% in pochi mesi. La BCE promette altri aumenti dei tassi per soffocare l'inflazione. Ogni 1% in più nel costo del debito pubblico significa una maggiore spesa di oltre 25 miliardi di euro in interessi, il doppio del costo dello sconto fiscale sui carburanti. 

Quest'ultimo potrebbe avere effetti positivi sui costi di produzione di molti beni e quindi sull'inflazione, ma anche sui costi delle forniture dello Stato che, come le imprese, acquista beni e servizi.

Ci sono altri effetti secondari ma non meno importanti. 

L'inflazione e l'aumento dei rendimenti hanno effetti distorsivi sugli investimenti. Si preferiranno beni come gli immobili il cui valore è tradizionalmente protetto dall'aumento dei prezzi, a scapito delle attività produttive il cui rendimento può essere inferiore al rendimento dei titoli di stato. A soffrirne saranno i consumi e quindi il PIL e le entrate fiscali. 

Chi ha comprato i BTP che oggi valgono 62 euro per ogni 100 spesi sarà in ogni caso riluttante a venderli e a investire i soldi in attività produttive perchè queste dovrebbero rendere oltre il 50% in 22 anni solo per recuperare la perdita realizzata vendendo i BTP. 

In conclusione sono tanti i motivi per cercare di abbassare il più in fretta possibile l'inflazione. Evitando ad esempio la contestatissima abolizione dello sconto sulle accise di cui si parla in questi giorni.

03 gennaio 2023

Inflazione (in Germania) e rischi per l'Italia

Giungono buone notizie dall'inflazione in Germania. Su base annua l'inflazione tedesca risulta dell'8,6% a dicembre, in calo rispetto ai due mesi precedenti quando era stata del 10% (ottobre) e del 8,8% (novembre).

Merito del calo sono i sussidi del governo che ha deciso di spendere una somma enorme per affrontare il caro energia. A dicembre i prezzi dell'energia risultavano aumentati del 24,4% rispetto a un anno prima mentre a novembre l'aumento era del 38,7%.

Il calo dell'inflazione è importante anche per l'Italia e non solo per i consumatori che, ovviamente, spendono di meno se i prezzi aumentano. 

La lotta all'inflazione ha fatto aumentare i tassi di interesse applicati dalla BCE, e fatto schizzare in alto i rendimenti dei  titoli di stato. I rendimenti sui decennali sono oggi al 4,6%, il quadruplo di un anno fa.

Sono quindi inevitabili le preoccupazioni per i conti pubblici che il governo cerca di tenere sotto controllo nonostante le richieste di maggiori spese di una parte della maggioranza. Una buona scelta, anche se obbligata, che tuttavia contrasta con la decisione di non confermare il taglio delle accise voluto dal governo Draghi e di permettere alcuni aumenti tra cui sigarette e autostrade.

Spingere verso il basso l'inflazione anche tenendo bassi i prezzi dell'energia con contributi pubblici rinunciando a qualche beneficio ai privati, sarebbe nell'interesse di tutti. Un minore calo dell'inflazione, se ci sarà, significa invece prolungare il periodo in cui la BCE terrà alti i tassi e quindi la sofferenza dei conti pubblici gravati da un debito enorme e dai relativi tassi. Una pessima scelta per l'Italia.

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