24 gennaio 2019

CETA

Nella puntata di lunedì scorso di Presa Diretta s'è parlato di CETA (vedi qui), l'accordo sul commercio tra Canada e Unione Europea che ha eliminato i dazi.

E' un accordo che diversi partiti, in testa Lega, 5 Stelle e Fratelli d'Italia contrastano ma che pare funzionare egregiamente.

I motivi dell'opposizione al CETA sono tre: aiuterebbe le multinazionali, porterebbe in Italia il grano canadese coltivato con sostanze potenzialmente pericolose e tutela solo 41 prodotti di origine protetta.

I dati che provengono dall'economia dicono che 5 prodotti dei 41 tutelati dall'accordo, rappresentano gran parte delle esportazioni dei prodotti a DOP, mentre sono modestissime le esportazioni di beni come la cipolla di Tropea, ignorata dai trattati ma citata dagli oppositori del CETA come esempio di ingiustizia nei rapporti commerciali.

Le importazioni di grano canadese, previste in automento, sono invece diminuite in seguito alla rimozione dei dazi. La ragione è da ricercarsi nei pesticidi usati in Canada che spaventano i consumatori e italiani e le imprese importatrici.

Invece un anno di CETA ha permesso a molti produttori italiani di aumentare le esportazioni verso il Canada. Si tratta di beni alimentari, come prosciutti, formaggi, pasta ma anche di scarpe, vestiti, gioielli, prodotti

Tutto ciò non dovrebbe stupirci.

La teoria economica insegna che il grano come tutti i prodotti agricoli e quelli minerari, hanno un prezzo che dipende da domanda e offerta. Il consumatore fatica a distinguere un buon grano da un grano di qualità peggiore e quasi sempre l'acquisto di beni come il grano (ma pensiamo anche alle materie prime in generale) è realizzato da aziende che poi trasformano o usano i beni acquistati. Si compra il prodotto più conveniente, pagando di più il prodotto migliore perchè il suo uso comporta costi inferiori.

Diverso è il discorso nel caso dei beni industriali (o agro-industriali come i formaggi o i prosciutti). Il consumatore può capire la qualità e decidere cosa comprare e quanto pagarlo. Si capisce se un prosciutto è più gustoso, se un formaggio è più buono e si decide di conseguenza quanto spendere.

La crescita della vendita dei prodotti italiani in Canada sta avvendendo a spese dei produttori locali, a conferma che le teorie hanno visto giusto.

Il solo problema sono i politici che predicano contro il CETA in nome del sovranismo. L'ultimo è stato Luigi di Mario, 6 mesi fa (vedi qui). rischiano di rovinare un exploit delle imprese italiane premiate per il lavoro svolto.

20 gennaio 2019

Bankitalia vs Di Maio: chi ha ragione e perché

Banca d'Italia rivede al ribasso le stime di crescita del 2019. Il governo aveva corretto la previsione di una crescita del PIL: dall'1,5% all'1%. Secondo la Banca d'Italia invece il PIL crescerà dello 0,6%, dato che ha suscitato la reazione del ministro Di Maio che ricorda che le previsioni in passato si son rivelate errate.

Per capire chi ha ragione, vorrei provare a fare una piccola simulazione numerica.

Immaginate che il PIL di un ipotetico stato sia nel 2017 pari a 1000 e crescente nel corso dell'anno. E quello che succede quando una economia va bene. Nel primo trimestre il PIL è 247, nel secondo 249 ecc.. La crescita è sempre di 2.

La crescita continua nei primi due trimestri del 2018 per poi diminuire nella seconda metà dell'anno: è quello che sta succedendo in Italia. La Banca d'Italia ha infatti segnalato che i dati disponibili suggeriscono un calo del PIL anche nell'ultimo trimestre del 2018. Tutto questo è sintetizzato nei dati che trovate qui sotto (per adesso non guardate i numeri rossi).


2017 2018
1° trimestre 247 253 253
2° trimestre 249 255 253
3° trimestre 251 254 253
4° trimestre 253 253 253
PIL annuo 1000 1015 1012
% variaz
1,5% 1,2%

Come potete leggere, con queste ipotesi il PIL risulta cresciuto nel 2018 dell''1,5% rispetto al PIL 2017, ma è bene osservare che questa crescita dipende in gran parte dal trend crescente del 2017 vale a dire dal fatto che il PIL di ogni trimestre del 2017 è stato superiore al precedente.

E qui entrano in gioco i dati in rosso. Immaginiamo che nel corso del 2018 il PIL non cresca e che i valori non siano quelli in nero della colonna 2018 ma quelli scritti in rosso. In questo caso il PIL 2018 risulta pari a 1012, l'1,2% in più del 2017. Quindi se nel corso del 2018 non ci fosse alcuna crescita, il PIL risulterebbe comunque in crescita rispetto all'anno prima.

Allora possiamo dire che la crescita pari al 1,5% del PIL 2018 rispetto al PIL 2017 è per l'1,2% ereditato dal 2017 e per il restante 0,3% dovuto a quanto successo nel corso del 2018.

Se la variazione del PIL di un anno dipende in parte da quanto successo l'anno prima, aggiungiamo un ipotetico 2019 ipotizzando che il PIL diminuica nel primo trimestre e poi riprenda a salire. Anche queste sono ipotesi realistiche (il PIL è in calo ed è probabile che il calo continui a inizio 2019) e concordano con quanto afferma il governo che dice che la manovra è espasiva ma molte misure avranno effetto solo a partire da aprile.


2017 2018 2019
1° trimestre 247 253 252
2° trimestre 249 255 254
3° trimestre 251 254 256
4° trimestre 253 253 258
PIL annuo 1000 1015 1020
% variaz
1,50% 0,49%

I numeri dicono che il PIL 2019 cresce dello 0,49% ovvero molto più lentamente del 2018 quando s'è registrato un 1.5%. Questo perché il calo nella seconda metà del 2018 e nel primo trimestre 2019 (rispetto al trimestre precedente) porta nel 2019 un calo del PIL dello 0,3%.

Se non ci credete, al posto dei valori del 2019 scrivete 253 ovvero ipotizzate che nel 2019 non si cresca rispetto all'ultimo trimestre 2018, e fate i conti. 

Dunque abbiamo fatto alcune ipotesi realistiche: che il PIL diminuisca nel primo trimestre 2019 oltre che nella seconda parte del 2018, per poi risalire a partire dal secondo trimestre cioè da quando saranno opeative quota 100 e il reddito di cittadinanza. I numeri suggeriscono un calo del PIL 2019 che tuttavia resta positivo, perchè s'è ipotizzata una ripresa a partire dal secondo trimestre. 

E tutto questo è proprio quello che ha spiegato Bankitalia: visto il calo che si sta registrando in questi mesi e con i dati disponibili, il PIL del 2019 risulterà positivo ma in forte calo rispetto alle previsioni.

17 gennaio 2019

MPS

Date un'occhiata alla figura: sono i principali dati del bilancio del Monte dei Paschi di Siena riferiti ai primi 9 mesi del 2018.


I dati raccontano di una banca in sofferenza, dove diminuisce un po' tutto, dal numero delle filiali (quasi il 10% in meno) alla raccolta (-4%), ai ricavi (-21.9%).

C'è un dato che stupisce: l'utile per azione è di 34,4 centesimi. Un dato incredibile rispetto al prezzo che è di 1,24 oggi ed era di 1,51 la scorsa settimana, prima che venisse diffuso il contenuto di una lettera della Banca Centrale Europea che chiede coperture dei crediti deteriorati più pesanti delle attese.

MPS in altri termini dovrà occuparsi più in fretta del previsto dei crediti deteriorati, svalutandoli. E questo significa grandi perdite future che andranno coperte con aumenti di capitale, come ha segnalato il sottosegretario Giorgetti.

I 34.4 centesimi di utile dicono che MPS è risanata ma anche che dovrebbe valere più di 1,24 euro a azione. Ma il calo costante del valore dell'azione suggerisce un altro scenario. La banca non è sana, dovrà svalutare e chiedere altri soldi agli azionisti, il primo dei quali è lo Stato italiano. Così gli acquisti di azioni MPS hanno la peggio rispetto alle vendite e il titolo cala.


11 gennaio 2019

Cannabis

C'è in Senato una proposta, firmata 5 Stelle, per la liberalizzazione della cannabis che già si produce per scopi medici e anche per uso ricreativo, anche se si tratta di una sostanza con un principio attivo "light".

I sostenitori della legalizzazione o depenalizzazione della cannabis portano argomentazioni economiche: legalizzare vuol dire togliere risorse alle organizzazioni criminali che trafficano in droghe.

C'è una contea della California dove si produce cannabis e che ha sperimentato sia il proibizionismo che diversi tipi di legalizzazione (per uso personale e per la produzione destinata alla vendita). E' la contea di Humboldt che si trova nel nord, al confine con l'Oregon.

Una sorta di documentario di Netflix, Murder Mountain, racconta soprattutto nella seconda puntata, cosa è successo e cosa sta succedendo in una zona che produce gran parte della cannabis (legale e illegale) prodotta negli USA.

Tutto inizia verso la fine degli anni 60 quando hippies che vogliono vivere lontano dalle città e dal poco amato mondo capitalistico comprano terreni nella contea di Humboldt che ha la caratteristica di essere isolata, boscosa e di avere terreni convenienti. Creano fattorie, villaggi e producono cannabis.

E' illegale ma le autorità tollerano. Una parte del prodotto viene venduto al di fuori della comunità che si autoregola e che coi guadagni finanziano edifici e servizi pubblici. Un primo salto di qualità si verifica con l'importazione dall'Asia di semi di varietà con una maggiore quantità di principio attivo: i prezzi salgono con la "qualità" del prodotto.

Poi arriva il proibizionismo voluto da Nixon. Si dstruggono le produzioni, si incarcerano i produttori che cercano di nascondere le piantine, ma guadagnano ancora di più, pechè un prodotto difficile da trovare aumenta di prezzo.

E' invece negativo l'impatto sociale: la repressione spinge i coltivatori a creare un mondo a parte con proprie regole che servono a evitare guai con la giustizia.

Inoltre molti degli hippies pacifici che avevano fatto una scelta di vita andando a vivere nella contea, la abbondonano, sostituiti da individui pericolosi e aggresivi, attirati dalle possibilità di guadagno. Ne consegue un aumento della criminalità, decine di persone scompaiono, si moltiplicano gli ominci in particolare in una zona che dà il nome alla serie tv: Murder Mountain.

Negli anni 90 arrivano i referendum nello Stato della California che permettono una produzione limitata, destinata all'uso personale. I coltivatori ne approfittano, trovano zone grigie nella normativa e ne approfittano per produrre il più possibile, legalmente.

Infine un altro referendum nel 2016 rende legale la produzione destinata al commercio. Il prezzo crolla e aumentano i costi per i produttori: La ccannabis deve essere analizzta prima di essere immessa sul mercato per escludere la presenza di sostanze vietate, e s devono pagare costosi permessi rilasciati dalle autorità locali, nonchè le imposte.

Succede così che mentre il prezzo crolla, i margini di guadagno scendono e molti agricoltori smettono di produrre cannabis.

Le produzioni illegali diminuiscono ma meno del previsto perchè il divieto di usare cannabis in molti stati ameicani stimola i produttori a mantenere le produzioni non autorizzate, che offrono guadagni interessanti, sia perchè il prezzo della vendita nel mercato nero è più alto, sia perché non si devono sostenere i costi imposti dalla legalizzazione.

02 gennaio 2019

CARIGE

La notizia più importante di inizio anno, almeno in Italia, è il commissariamento di Banca CARIGE, un tempo cassa di risparmio di Genova e Imperia.

La scelta è stata compiuta dalla BCE che l'ha spiegata ai vertici aziendali insieme alla Banca d'Italia, in seguito alla decadenza del consiglio di amministrazione, avvenuta per una serie di dimissioni negli ultimi 10 giorni. Il 22 dicembre infatti il primo azionista, Malacalza Investimenti che rappresenta una ricca e poco nota famiglia genovese, s'è astenuto sull'ipotesi di aumento di capitale da 400 milioni.

Aumento necessario dopo che i conti del terzo trimestre del 2018 si son chiusi con una pesante perdita causata da svalutazioni imposte dalla BCE.

Da anni ormai la crisi di CARIGE consiste in crediti inesigibili che causano forti perdite che azzerano il valore delle azioni e richiedono forti aumenti di capitale. Un contesto difficile all'interno del quale alcuni ricchi imprenditori liguri hanno deciso di acquistare azioni e sottoscrivere aumenti di capitale.

Perchè l'hanno fatto? Perchè pensavano che una volta eliminata una gran quantità di "non performing loans" non ci sarebbe stato più bisogno di aumenti di capitali. Ma qualcuno li ha convinti o meglio illusi che la serie di svalutazioni di crediti era finita oppure si sono convinti da soli di poter gestire una banca come una qualsiasi impresa?

Lo scopriremo forse in futuro. Quel che è certo è che le banche non sono imprese industriali e la BCE può imporre svalutazioni e aumenti di capitale, come è successo in autunno a CARIGE.

Di fronte alla richiesta di sottoscrivere un aumento di capitale, i principali azionisti della banca hanno opposto un rifiuto, chiedendo al management un piano industriale che escludesse futuri aumenti di capitale.

La banca tuttavia non poteva aspettare, servivano fondi per rispettare i vincoli imposti dalla BCE. I capitali sono arrivati dal sistema bancario, che ha versato 320 milioni. Il management ha quindi chiesto agli azionisti un aumento di capitale, da usare in gran parte per restituire i soldi al fondo interbancario. In caso contrario questo diventerà il principale azionista di CARIGE.

Chiamati a decidere, gli azionisti il 22 dicembre si sono astenuti. Nei giorni successivi molti membri del consiglio di amministrazione si sono dimessi e alla fine la BCE ha commissariato la banca.

Nel comunicato di CARIGE si dice che i commissari valuteranno il da farsi con il fondo interbancario: i 320 milioni prestati alla banca potrebbero trasformarsi in azioni. Il rischio per chi ha investito decine o centinaia di milioni è di perdere quasi tutto. Malacalza Investimenti ha oggi in mano il 27% delle azioni che valgono circa 20 milioni, 400 in meno di quanto speso. Senza aumenti di capitale la quota diminuirebbe. Inoltre c'è il rischio che CARIGE sia ceduta come le banche venete per una cifra simbolica, cosa che per gli azionisti vorrebbe dire perdere tutto.

Comunque finirà, questa vicenda dice ancora una volta che il mondo delle banche è molto particolare. Non valgono solo le regole del mondo delle imprese e anche ricchi imprenditori che hanno guadagnato milioni con investimenti azzeccati, possono sbagliare, forse perchè mal consigliati o perchè non hanno compreso le regole del gioco bancario.

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