Cosa sarà del debito greco dopo lo scontro tra il governo Tsipras e l'Europa che ha portato alla rapida approvazione di una serie di leggi richieste dall'Europa in cambio di decine di miliardi di aiuti?
La prima cosa da osservare è che questi aiuti causeranno, probabilmente, una nuova recessione, che si aggiunge alla recessione provocata dal fallimentare tentativo di forzare le trattative attraverso il referendum del 5 luglio.
La Grecia quindi chiuderà il 2015 e forse anche il 2016 con un PIL in calo. Unito a possibili deficit, perchè recessione vuol dire alto rischio di incassare meno imposte, ciò significa un rapporto debito/PIL destinato a crescere.
Poi c'è un altro aspetto che mi pare sia stato sottovalutato nei commenti di questi giorni: le banche greche sono in una situazione drammatica. Senza l'intervento della BCE molte sarebbero fallite.
I greci infatti hanno prelevato quanto possibile, hanno trasferito i soldi altrove, hanno fatto la coda anche per poche decine di euro da intascare usando il bancomat. Una parte dei soldi stanziati dall'Europa finirà proprio alle banche greche.
Non è la prima volta che si aiutano direttamente le banche, solo che nelle altre occasioni sono stati i governi a ricapitalizzare le banche, impedendo che fallissero con gravi danni per l'economia.
Il governo greco ha però meno soldi delle banche in difficoltà e così i soldi per i salvataggi bancari arrivano dall'Europa.
Il debito della Grecia è perciò assai elevato, tanto da suggerire a molti la necessità che l'Europa conceda una forte riduzione del debito pubblico.
Lo scopo ultimo infatti è far tornare la Grecia a emettere titoli di stato affidandosi ai mercati finanziari. Solo allora la Grecia sarà tornata quella di prima: deve arrivare a emettere titoli pagando interessi sostenibili.
Ciò significa che il tasso medio pagato sugli interessi del debito non deve discostarsi troppo da quello pagato dai paesi dell'area euro, altrimenti la spesa per interessi è troppo elevata.
La Grecia pagherà un tasso superiore a quello del Portogallo, per esempio. E questo richiede un taglio del debito, se no tassi elevati e debito elevato rischiano di rendere impossibile per decenni il ritorno sui mercati.
Inoltre è indispensabile che l'economia Grecia cresca. La crescita del PIL è l'unica vera arma a disposizione per ricreare la fiducia sparita dopo la scoperta dei conti falsificati e per permettere alla Grecia di allentare la presa dei creditori.
I soldi, circa 80 miliardi, che l'Europa darà alla Grecia servono a coprire le necessità delle banche e a rinnovare i debiti in scadenza nei prossimi 3 anni. Poi altri titoli scadranno e a quel punto inizieranno altre trattative, serviranno altri soldi per rinnovare altri titoli in scadenza.
Se nel frattempo il PIL greco sarà salito e se i greci avranno mantenuto gli impegni -cosa spesso non successa negli ultimi 5 anni- per i greci sarà più facile ottenere nuovi prestiti. Ancora più facile se ci sarà un taglio del debito; questione che si può e magari si deve discutere con calma nei prossimi 2-3 anni.
17 luglio 2015
12 luglio 2015
Grecia: facciamo due conti approssimativi
Perchè l'austerità non funziona?
Per capirlo facciamo calcoli approssimativi.
Diciamo che nel 2009 la Grecia ha un debito pubblico di 120 euro e un PIL pari a 100 euro. Il debito è quindi il 120% del PIL.
Poi arriva l'austerità che ha come obiettivo quello di rimettere a posto i conti, ma produce un effetto indesiderato e non calcolato dai teorici dell'austerità: il calo vistoso del prodotto interno lordo (PIL). Le aziende producono di meno perchè la domanda crolla per effetto di tagli alla spesa pubblica e maggiori imposte.
Il PIL in pochi anni scende da 100 a 75.
Se il debito fosse rimasto fermo a 120 e un calo del PIL a 75, il debito sale dal 120% al 160% del PIL.
Oggi però il debito pubblico greco è circa il 180% del PIL. Calcolatrice alla mano, vuol dire che mentre il PIL è sceso da 100 a 75, il debito pubblico è salito da 120 a 135.
La rinuncia all'austerità vuol dire spendere di più o imporre meno imposte. Immaginiamo una Grecia che spende un 3% del PIL in più ogni anno (che per 5 anni significa 15% di debito in più) ma evita il calo del PIL.
Il PIL resta fermo a 100 mentre, facendo questa ipotesi, il debito sale a 150, il 150% del PIL. Meglio del 180% attuale!
Non solo per un debito al 150% del PIL invece che al 180%. Centinaia di migliaia di greci avrebbero mantenuto il loro posto di lavoro, migliaia di aziende non avrebbero chiuso i battenti e grazie a un'economia migliore sarebbe diverso il giudizio degli investitori sull'economia ellenica.
Per capirlo facciamo calcoli approssimativi.
Diciamo che nel 2009 la Grecia ha un debito pubblico di 120 euro e un PIL pari a 100 euro. Il debito è quindi il 120% del PIL.
Poi arriva l'austerità che ha come obiettivo quello di rimettere a posto i conti, ma produce un effetto indesiderato e non calcolato dai teorici dell'austerità: il calo vistoso del prodotto interno lordo (PIL). Le aziende producono di meno perchè la domanda crolla per effetto di tagli alla spesa pubblica e maggiori imposte.
Il PIL in pochi anni scende da 100 a 75.
Se il debito fosse rimasto fermo a 120 e un calo del PIL a 75, il debito sale dal 120% al 160% del PIL.
Oggi però il debito pubblico greco è circa il 180% del PIL. Calcolatrice alla mano, vuol dire che mentre il PIL è sceso da 100 a 75, il debito pubblico è salito da 120 a 135.
La rinuncia all'austerità vuol dire spendere di più o imporre meno imposte. Immaginiamo una Grecia che spende un 3% del PIL in più ogni anno (che per 5 anni significa 15% di debito in più) ma evita il calo del PIL.
Il PIL resta fermo a 100 mentre, facendo questa ipotesi, il debito sale a 150, il 150% del PIL. Meglio del 180% attuale!
Non solo per un debito al 150% del PIL invece che al 180%. Centinaia di migliaia di greci avrebbero mantenuto il loro posto di lavoro, migliaia di aziende non avrebbero chiuso i battenti e grazie a un'economia migliore sarebbe diverso il giudizio degli investitori sull'economia ellenica.
10 luglio 2015
Bolla in Cina? Istruzioni per l'uso
In pochi giorni la borsa di Shanghai ha perso oltre un terzo del proprio valore e l'allarme per le conseguenze, considerate molto più pericolose di un eventuale fallimento greco, si è diffuso in tutto il mondo.
E' la classica bolla che si sgonfia, un caso da manuale.
La bolla s'è gonfiata negli ultimi 12 mesi. I valori di borsa sono saliti del 150% in dodici mesi, tra la metà del 2014 e quest'anno. La ragione è lo sbarco in borsa di molti risparmiatori cinesi, attratti dai valori in crescita.
Si convincono che i valori saliranno ancora, come sono saliti in passato, e comprano titoli. Spesso dietro alla spinta iniziale di un mercato che sale all'impazzata c'è una realtà nata dal nulla che cresce a ritmi elevati. Per esempio una impresa che propone un bene o un servizio che prima non c'erano. I clienti diventano migliaia in poco tempo, poi decine di migliaia, poi centinaia di migliaia.
Oppure c'è un'economia, come quella cinese, che cresce a tassi elevatissimi.
Chi vede i valori delle azioni in costante aumento fatica a capire che a un certo punto la crescita rallenterà perchè non ci saranno più molti clienti per un'impresa o di strade, porti, aeroporti, centrali elettriche ecc da aggiungere a quelli esistenti.
Così molti si illudono che l'aumento dei valori di borsa sarà infinita e puntano anche i soldi che non hanno indebitandosi, sulle azioni che promettono di acquistare valore.
Prima o poi però si devono fare i conti con la realtà. Quando si vede che la crescita rallenta, incomincia la vendita delle azioni. Chi ha guadagnato, corre a venderle e fa lo stesso chi teme perdite e ancora di più chi s'è indebitato per comprare le azioni.
Ecco spiegato lo scoppio della bolla, che il governo cinese cerca di contrastare sospendendo la quotazione di una percentuale elevata delle azioni, immettendo liquidità nel mercato e dando ordini alle imprese pubbliche perchè operino in borsa in modo da contrastare il crollo.
Il vero rischio è che milioni di cinesi subiscano perdite colossali e riducano per questo i propri consumi. Se accadesse, le conseguenze si vedrebbero sull'intera economia mondiale: il grande produttore cinese non può solo esportare. Deve anche diventare un grande consumatore.
Per questo motivo il governo cinese mette in campo anche le enormi riserve di euro e dollari che la Cina ha messo da parte in questi anni.
E' la classica bolla che si sgonfia, un caso da manuale.
La bolla s'è gonfiata negli ultimi 12 mesi. I valori di borsa sono saliti del 150% in dodici mesi, tra la metà del 2014 e quest'anno. La ragione è lo sbarco in borsa di molti risparmiatori cinesi, attratti dai valori in crescita.
Si convincono che i valori saliranno ancora, come sono saliti in passato, e comprano titoli. Spesso dietro alla spinta iniziale di un mercato che sale all'impazzata c'è una realtà nata dal nulla che cresce a ritmi elevati. Per esempio una impresa che propone un bene o un servizio che prima non c'erano. I clienti diventano migliaia in poco tempo, poi decine di migliaia, poi centinaia di migliaia.
Oppure c'è un'economia, come quella cinese, che cresce a tassi elevatissimi.
Chi vede i valori delle azioni in costante aumento fatica a capire che a un certo punto la crescita rallenterà perchè non ci saranno più molti clienti per un'impresa o di strade, porti, aeroporti, centrali elettriche ecc da aggiungere a quelli esistenti.
Così molti si illudono che l'aumento dei valori di borsa sarà infinita e puntano anche i soldi che non hanno indebitandosi, sulle azioni che promettono di acquistare valore.
Prima o poi però si devono fare i conti con la realtà. Quando si vede che la crescita rallenta, incomincia la vendita delle azioni. Chi ha guadagnato, corre a venderle e fa lo stesso chi teme perdite e ancora di più chi s'è indebitato per comprare le azioni.
Ecco spiegato lo scoppio della bolla, che il governo cinese cerca di contrastare sospendendo la quotazione di una percentuale elevata delle azioni, immettendo liquidità nel mercato e dando ordini alle imprese pubbliche perchè operino in borsa in modo da contrastare il crollo.
Il vero rischio è che milioni di cinesi subiscano perdite colossali e riducano per questo i propri consumi. Se accadesse, le conseguenze si vedrebbero sull'intera economia mondiale: il grande produttore cinese non può solo esportare. Deve anche diventare un grande consumatore.
Per questo motivo il governo cinese mette in campo anche le enormi riserve di euro e dollari che la Cina ha messo da parte in questi anni.
08 luglio 2015
Tsipras al Parlamento Europeo
Tsipras, con l'acqua alla gola, va al Parlamento Europeo e spiega che i prestiti sono andati alle banche e non al popolo. Cerchiamo di fare chiarezza.
Lo stato greco ha speso più di quanto incassato e per questo si è finanziato cedendo titoli di stato (i nostri BOT e CCT) in cambio di soldi. Fin qui nulla di male, lo fanno tutti (o quasi). Il vero guaio è che ha anche mentito sui propri conti, ha falsificato i bilanci, spingendo i possibili prestatori a negare nuovi prestiti.
Chi ha comprato i titoli di stato greci? I risparmiatori greci, i risparmiatori del resto del mondo direttamente o indirettamente, per il tramite di fondi di investimento e simili, le banche greche e quelle del resto del mondo. Tra queste soprattutto quelle francesi e tedesche.
Una volta che un titolo di stato arriva alla scadenza, lo stato lo rimborsa, ma se non ha un avanzo di bilancio, cioè se non incassa imposte in misura superiore alle spese, per trovare i soldi deve emettere altri titoli.
L'inaffidabilità della Grecia ha impedito dal 2009 il collocamento di titoli pubblici sul mercato: non c'erano più banche, risparmiatori, fondi ecc disposti a prestare soldi ai greci a tassi ragionevoli. Di qui il ricorso ai soldi dell'Europa e del Fondo Monetario Internazionale, che hanno impedito il fallimento della Grecia.
Dunque i soldi dell'Europa sono finiti alle banche?
I privati (banche, risparmiatori, fondi, ecc) alla scadenza dei titoli greci non hanno più prestato alla Grecia altri soldi pechè nel frattempo lo Stato era diventato inaffidabile. I soldi dell'Europa e del FMI hanno finanziato la Grecia.
L'alternativa sarebbe stato il fallimento della Grecia, con rilevanti difficoltà per chi, avendo prestato soldi ai greci, improvvisamente si fosse trovato in mano titoli privi di valore. L'Europa perciò è intervenuta per salvare la Grecia e evitare che gli effetti si sentissero in tutto il continente. Se un risparmiatore perde i propri risparmi finisce per consumare di meno. Se una banca subisce perdite, presterà meno soldi a imprese e consumatori, e questo non può che riflettersi in negativo su PIL, occupazione, imposte incassate dallo Stato.
I soldi dovevano forse andare al popolo greco?
Proprio no. Sono prestiti, non regali o aiuti umanitari. Prestiti allo Stato greco che doveva finanziare il proprio debito pubblico e non poteva farlo.
Anche davanti al Parlamento Europeo, dunque, Tsipras non smentisce la tradizione greca fatta di populismo e inaffidabilità.
Lo stato greco ha speso più di quanto incassato e per questo si è finanziato cedendo titoli di stato (i nostri BOT e CCT) in cambio di soldi. Fin qui nulla di male, lo fanno tutti (o quasi). Il vero guaio è che ha anche mentito sui propri conti, ha falsificato i bilanci, spingendo i possibili prestatori a negare nuovi prestiti.
Chi ha comprato i titoli di stato greci? I risparmiatori greci, i risparmiatori del resto del mondo direttamente o indirettamente, per il tramite di fondi di investimento e simili, le banche greche e quelle del resto del mondo. Tra queste soprattutto quelle francesi e tedesche.
Una volta che un titolo di stato arriva alla scadenza, lo stato lo rimborsa, ma se non ha un avanzo di bilancio, cioè se non incassa imposte in misura superiore alle spese, per trovare i soldi deve emettere altri titoli.
L'inaffidabilità della Grecia ha impedito dal 2009 il collocamento di titoli pubblici sul mercato: non c'erano più banche, risparmiatori, fondi ecc disposti a prestare soldi ai greci a tassi ragionevoli. Di qui il ricorso ai soldi dell'Europa e del Fondo Monetario Internazionale, che hanno impedito il fallimento della Grecia.
Dunque i soldi dell'Europa sono finiti alle banche?
I privati (banche, risparmiatori, fondi, ecc) alla scadenza dei titoli greci non hanno più prestato alla Grecia altri soldi pechè nel frattempo lo Stato era diventato inaffidabile. I soldi dell'Europa e del FMI hanno finanziato la Grecia.
L'alternativa sarebbe stato il fallimento della Grecia, con rilevanti difficoltà per chi, avendo prestato soldi ai greci, improvvisamente si fosse trovato in mano titoli privi di valore. L'Europa perciò è intervenuta per salvare la Grecia e evitare che gli effetti si sentissero in tutto il continente. Se un risparmiatore perde i propri risparmi finisce per consumare di meno. Se una banca subisce perdite, presterà meno soldi a imprese e consumatori, e questo non può che riflettersi in negativo su PIL, occupazione, imposte incassate dallo Stato.
I soldi dovevano forse andare al popolo greco?
Proprio no. Sono prestiti, non regali o aiuti umanitari. Prestiti allo Stato greco che doveva finanziare il proprio debito pubblico e non poteva farlo.
Anche davanti al Parlamento Europeo, dunque, Tsipras non smentisce la tradizione greca fatta di populismo e inaffidabilità.
03 luglio 2015
Grecia: accordo entro martedì?
Code nelle poche banche aperte per pagare, a rate, le pensioni, traghetti vuoti, rifornimenti in dubbio nelle isole, turismo che perde clienti. Pare sia questa la situazione della Grecia al quarto giorno di chiusura delle banche.
La chiusura delle banche è una decisione sensata per certi versi e insensata per altri.
E' sensata perchè lunedì 28giugno i fondi a disposizione erano pochi e rischiavano di finire in poco tempo, aumentando la disperazione di milioni di cittadini e facendo precipitare un'economia in grave difficoltà.
E' una decisione insensata perchè ha l'effetto di un gigantesco spot che non può essere ignorato e che dice ai greci di non spendere e agli stranieri che è meglio stare alla larga da un paese allo sbando che perderà, solo per la scelta di chiudere gli sportelli, credibilità, posti di lavoro, fatturato delle imprese e imposte nelle casse statali.
Se a poche ore dal voto restano pochi soldi e si rischia, da martedì, di non dare più soldi ai greci, si spiega l'affermazione del ministro Varoufakis che comunque vada il voto entro 48 ore ci sarà un accordo. E' una necessità per non danneggiare ulteriormente l'economia.
Ma che accordo potrà essere? Martedì Tsipras e Varoufakis rischiano di trovarsi con le spalle al muro.
Pur di ottenere liquidità che sta all'economia come il sangue sta al corpo umano, il governo greco accetterà qualunque condizione.
Così mentre Tsipras fa leva sull'orgoglio dei greci, Varoufakis annuncia un accordo in tempi brevi, magari alle condizioni rifiutate qualche giorno fa, ben sapendo che ogni ora che passa l'economia e le casse dello stato subiscono un danno. Un danno enorme per avere il diritto di sentirsi orgogliosi del proprio paese e l'illusione di non piegarsi all'Europa.
La chiusura delle banche è una decisione sensata per certi versi e insensata per altri.
E' sensata perchè lunedì 28giugno i fondi a disposizione erano pochi e rischiavano di finire in poco tempo, aumentando la disperazione di milioni di cittadini e facendo precipitare un'economia in grave difficoltà.
E' una decisione insensata perchè ha l'effetto di un gigantesco spot che non può essere ignorato e che dice ai greci di non spendere e agli stranieri che è meglio stare alla larga da un paese allo sbando che perderà, solo per la scelta di chiudere gli sportelli, credibilità, posti di lavoro, fatturato delle imprese e imposte nelle casse statali.
Se a poche ore dal voto restano pochi soldi e si rischia, da martedì, di non dare più soldi ai greci, si spiega l'affermazione del ministro Varoufakis che comunque vada il voto entro 48 ore ci sarà un accordo. E' una necessità per non danneggiare ulteriormente l'economia.
Ma che accordo potrà essere? Martedì Tsipras e Varoufakis rischiano di trovarsi con le spalle al muro.
Pur di ottenere liquidità che sta all'economia come il sangue sta al corpo umano, il governo greco accetterà qualunque condizione.
Così mentre Tsipras fa leva sull'orgoglio dei greci, Varoufakis annuncia un accordo in tempi brevi, magari alle condizioni rifiutate qualche giorno fa, ben sapendo che ogni ora che passa l'economia e le casse dello stato subiscono un danno. Un danno enorme per avere il diritto di sentirsi orgogliosi del proprio paese e l'illusione di non piegarsi all'Europa.
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