29 agosto 2014

Le banconote firmate da...


La guerra fa brutti scherzi. Questo barista genovese non potendosela prendere con il signoraggio, argomento ormai non più di moda, se la prende con i banchieri centrali presunti ebrei, colpevoli di firmare le banconote. Forse un effetto collaterale della recente guerra a Gaza?

27 agosto 2014

I tassi...nei prossimi 30 anni

Fare previsioni è sempre difficile, ma una previsione sembra facile: nei prossimi decenni i tassi sui titoli di stato in Italia e in Europa saranno molto bassi.

Il perchè è molto semplice: c'è un debito pubblico, non solo in Italia, molto elevato. Quello italiano ha superato il 130% del PIL, per oltre 2100 miliardi di euro. Solo una piccola parte del debito consiste in titoli a breve scadenza: i BOT rappresentano il 7,7% del totale del debito. Il resto sono titoli di media e lunga scadenza: la vita media del debito è di oltre 6 anni e mezzo.

E questo significa pagare tassi non bassissimi. Più alti sono i tassi, maggiore è la spesa pubblica. Una spesa pubblica quasi impossibile da ridurre.

Ma nel lungo periodo è possibile fare una cosa semplice: abbassare i tassi con un'opportuna politica della banca centrale, che può ricomprare titoli di stato dalle banche, aumentando in questo modo la quantità di capitali destinati a comprare titoli e quindi provocando un calo dei tassi.

Oggi lo stato italiano spende, a fronte di un debito di oltre 2000 miliardi, quasi 100 miliardi di euro, ovvero paga circa il 5% in media sui titoli di stato già emessi.

Una somma enorme che, guardando i tassi di altri paesi dell'area euro, potrebbero dimezzarsi nell'arco di alcuni anni se la BCE deciderà di continuare a comprare titoli di stato.

Ma l'eccesso di debito non è solo un male italiano, anche se noi abbiamo insieme alla Grecia un debito mostruosamente elevato. Ormai le principali economie europee hanno un debito che supera l'80-90% del PIL. E il debito sta crescendo rapidamente perchè fanno registrare deficit elevati, perchè il loro debito è più basso.

E' perciò prevedibile che i debiti di paesi come Spagna o Francia arriveranno presto a livelli italiani.

Insomma nessun paese europeo può oggi permettersi di pagare tassi di interesse elevati. C'è un interesse dell'intera Europa a tenere i tassi bassi, facendo intervenire la BCE perchè acquisti titoli di stato sui mercati secondari.

Inoltre i tassi bassi fanno comodo anche alle imprese e ai consumatori, che in moltissimi casi sono alle prese con un eccesso di debito.

Per questo è facile prevedere che i tassi resteranno bassi a lungo. E' interesse di molti che ciò avvenga e prima che il rapporto debito/PIL scenda su livelli più bassi e si possa tornare a tassi decisi solo dal mercato ci vorrà molto tempo.

25 agosto 2014

Stampare sterline

La Cerutti, azienda di Casale Monferrato, è un'importante azienda che produce soprattutto macchinari per la stampa. Da tempo è in crisi perchè è crollato il mercato dei giornali, colpa di internet e della crisi. Così è diminuita la domanda di macchinari per la stampa.

Ma c'è una buona notizia: una commessa dalla Banca d'Inghilterra che deve stampare le sterline. L'azienda casalese non è solo leader nella stampa ma anche nei sistemi anticontraffazione e finora ha già venduto 5 macchine per la stampa di sterline.

Scommettiamo che i signoraggisti incolperanno qualche italiano perchè le sterline si stamperanno con macchinari italiani?

23 agosto 2014

Presidenti USA e risultati economici

Se dovessimo scrivere una storia economica degli USA degli ultimi 25 anni, non potremmo non notare che l'economia ha funzionato meglio quando alla Casa Bianca siedeva un presidente democratico.

George Bush padre non venne rieletto per colpa del rallentamento dell'economia nell'ultimo anno di presidenza, con Clinton l'economia americana ha messo il turbo grazie alla rivoluzione informatica, per poi rallentare con Bush figlio e riprendersi con Obama.

Due studiosi di Princeton, Alan Blinder e Mark Watson hanno studiato le performance dell'economia dal 1947 in poi giungendo alla conclusione che, come riporta il Corriere, quando hanno governato i presidenti democratici l'economia è cresciuta a una velocità quasi doppia (4,35% all'anno contro 2,54% e una crescita media del 3,33%) rispetto a quando a Washington c'era un repubblicano. Le cose non cambiano se si considerano i dati dal 1875 in poi: l'economia è crescsiuta del 5,15% con i presidenti democratici, del 3,91% con i repubblicani.

Gli studiosi hanno analizzato 256 trimestri, 144 con un presidente repubblicano e 112 con un presidente democratico. Nei 49 trimestri con il segno meno cioè che hanno fatto segnare un calo del PIL (recessione) solo 8 hanno visto un presidente democratico contro i 41 con un presidente repubblicano.

Come spiegare questa differenza di risultati tra democratici e repubblicani?

Secondo i due studiosi con i presidenti democratici si sono registrati maggiori investimenti e maggiore spesa in beni durevoli (case, auto, lavatrici,ecc) mentre le differenze significative rispetto alle presidenze repubblicane hanno riguardato gli shock petroliferi, meno forti con i democratici,  la produttività, salita di più con i democratici e la fiducia dei consumatori, anch'essa maggiore quando a Washington c'è un presidente democratico.

Democratici più fortunati dei repubblicani? Forse. O forse no, visto che shock petroliferi, fiducia e produttività possono essere l'effetto di scelte politiche, che influenzano la fiducia del consumatore spingendolo a spendere di più (o di meno), i comportamenti dei lavoratori e delle imprese (e quindi la produttività) e, tramite la politica estera, i comportamenti di altri paesi, da cui può dipendere il costo delle materie prime.

18 agosto 2014

Le bizzarre idee sul ceto medio del Corriere

La prima pagina del Corriere di oggi ospita un articolo di Dario Di Vico contro l'ipotesi di tagliare le pensioni superiori a 3500 euro al mese.

Il governo è alle prese con qualche problema di bilancio, per colpa di una ripresa che non c'è e quindi di entrate fiscali che non aumentano. Così rispunta l'idea di imporre un contributo di solidarietà alle pensioni più ricche, quelle a partire da 3500 euro.

L'idea era venuta a un deputato del PD, Yoram Gutgeld, spiega Di Vico, ma colpirebbe il "ceto medio" o almeno "la porzione relativamente più agiata" e poi sarebbe una misura ispirata dalla cultura illuminista del deputato renziano, in contraddizione con il populismo del leader di partito.

Ora, a parte la bizzarria delle considerazioni sull'illuminismo di Gutgeld (forse al Corriere preferiscono deputati irrazionali?) c'è da chiedersi cosa sia il ceto medio tra i pensionati.

La tabella che vedete, pubblicata dal Sole 24 Ore, spiega che oltre il 90% dei pensionati percepisce meno di 3500 euro al mese, vale a dire 45.500 euro l'anno.

A essere colpiti da un eventuale contributo secondo le modalità previste da Gutgeld sarebbe circa l'8,5% dei pensionati.

Considerare costoro ceto medio è quantomeno curioso, soprattutto se poi si legge il curriculum del giornalista del Corriere: Di Vico ha un passato nella UILM, ha lavorato come sindacalista nello stabilimento Fiat di Mirafiori.

Possibile che non si renda conto che un pensionato con 3500 euro al mese non ha nulla di medio? O forse si rivolge al lettore medio del Corriere che non ama l'idea di dover pagare e sacrificare il suo reddito ben al di sopra della media?

16 agosto 2014

Economia della pioggia

L'estate anomale o meglio assente del 2014 sta cambiando l'economia di quella parte di Italia che  si trova a fare i conti con pioggia e grandine quasi quotidianamente. Come?

La prima cosa che viene in mente è che in un'estate piovosa cambiano le abitudini vacanziere. Si frequentano di meno le mete di montagna e in generale delle località dove c'è una maggiore probabilità di subire gli effetti del maltempo. Maltempo che influisce sulle produzioni agricole: le api stanno producendo poco miele, molte produzioni agricole hanno risentito della grandine e altre risentiranno nei prossimi mesi delle abbondanti piogge (per esempio il vino) e del clima anomalo.

In città cambiano le abitudini di consumo. Chi non riesce a prendere il sole all'aria aprtea si sta rivolgendo ai solarium, che hanno incrementato il giro di affari. Chi resta a casa per non rischiare una doccia imprevista si dedica ai lavori domestici e compra un mobile o pittura le pareti di casa, pe rla gioia dei negozi che vendono i prodotti "fai da te".

La paura della pioggia improvvisa e violenta favorisce i negozi al coperto, nei centri commerciali o sotto i portici e inoltre spinge gli automobilisti a preferire i parcheggi a pagamento al coperto rispetto alle diffusissime "strisce blu".

Infine la pioggia fa la felicità di cinema e musei, che incrementano il pubblico proprio perché esenti dal rischio meteorologico.

14 agosto 2014

Cedere sovranità. All'Europa

Qualche settimana fa Gustavo Piga in tv ha spiegato di aver letto un'intervista al ministro dell'economia tedesco, Schauble, che sosteneva di conoscere bene le tesi keynesiane e di applicarle.

Keynes pensava fosse indispensabile ricorrere al debito pubblico per sostenere la domanda quando l'economia è debole, mentre se l'economia è forte e la disoccupazione è bassa lo Stato non deve sostenere con il debito la domanda.

Ma se i tedeschi, economicamente forti, in questo momento cercano di non ricorrere al debito per sostenere la domanda, francesi, spagnoli, italiani ecc avrebbero bisogno di massicce dosi di soldi pubblici per cercare di recuperare il terreno perso, vale a dire per far crescere il PIL e ridurre a livelli meno preoccupanti la disoccupazione.

I tedeschi dunque secondo Schauble seguono la strada giusta. Per loro ma non per il resto d'Europa: le diverse economie europee rallentano perché la Germania impone loro (e a se stessa) un'austerità assurda. Se per il singolo paese con buoni conti pubblici e bassa disoccupazione può essere ragionevole limitare la spesa, per l'Europa nel suo complesso l'austerità è un male.

Forse a questo si riferiva qualche giorno fa Mario Draghi che ha invitato i paesi europei a cedere sovranità. Lui certamente pensava alla politica monetaria, che sarebbe meglio se fosse gestita in autonomia dalla BCE senza influenze delle banche centrali nazionali. Ma lo stesso discorso si può fare per la politica di bilancio.

Se la Francia o l'Italia, che avrebbero bisogno di una crescita della domanda interna e estera, sono condizionate negativamente da una politica di austerità voluta dalla Germania, che invece risente poco o nulla dell'austerità, serve un'Europa che decida per tutti, che tenga conto delle diverse esigenze e superi i molti egoismi.

12 agosto 2014

Articolo 18, folle idea

Il partito di Alfano, il Nuovo Centro Destra, propone ancora una volta l'eliminazione dell'articolo 18 come panacea di tutti i mali ovvero della disoccupazione.

L'articolo 18 rappresenta un vincolo contro un sistema troppo liberista, nel quale il lavoratore potrebbe essere licenziato senza motivo e preavviso.

Ci sono ragioni, come è ovvio, di carattere giuridico: lavoratore e datore di lavoro non hanno gli stessi poteri e le norme a tutela del primo tendono a riequilibrare il maggior potere del secondo che potrebbe abusare della sua posizione e limitare i diritti del lavoratore.

Poi ci sono motivazioni economiche: il lavoratore è anche un consumatore e l'incertezza lo spinge a consumare di meno e a risparmiare di più, in vista di possibili periodi di disoccupazione.

Per questo e per le tensioni nelle imprese provocate dalla prospettiva di passare a una disciplina meno garantista, in passato l'idea di riformare l'articolo 18 è stata abbandonata, anche se spesso s'è soltanto aggirato l'ostacolo, introducendo altre forme di flessibilizzazione del lavoro che non hanno fatto molto bene, visti i problemi macroeconomici italiani.

Allora perchè ritornare sulla folle idea di eliminare l'articolo 18?

Mi sa che le ragioni siano poco nobili: qualcuno nel partito di Alfano ha vecchi conti da regolare con gli avversari politici, mentre altri cercano una visibilità che non ha per colpa delle continue accelerate di Matteo Renzi.


Altri articoli interessanti in materia:
http://www.econoliberal.it/2012/03/la-riforma-del-mercato-del-lavoro.html
http://www.econoliberal.it/2012/02/la-premiata-ditta-colpisce-ancora.html

06 agosto 2014

Che sta succedendo

Il presidente di Confcommercio Sangalli critica la misura degli 80 euro e invoca uno shock dei consumi, Cottarelli critica il governo per aver impegnao i soldi della spending review, mentre i dati sul PIL nel secondo trimestre conferma che l'economia va male: recessione dello 0,2% del PIL nel secondo trimestre.

Che cosa sta succedendo?

Partiamo dal PIL. Lo scenario è negativo per tre motivi: la domanda interna è debole, l'economia europea sta rallentando con conseguente calo della domanda estera e perchè l'economia del sud sta mostrando i suoi limiti strutturali. Al centro-nord invece il PIL sale, anche se di poco perchè influenzato dalla domanda estera, che in questo momento rallenta.

Gli 80 euro distribuiti dal governo a partire da fine maggio hanno alimentato la domanda interna ma l'effetto è debole sia perchè la somma complessivamente data agli italiani è modesta sia perchè solo una parte dei soldi viene spesa.

Facciamo qualche conto: con gli "80 euro" il governo ha dato a milioni di italiani circa 10 miliardi. Se fossero spesi per intero, il PIL (pari a oltre 1500 miliardi) salirebbe dello 0,6%. Ma non sono spesi per intero per cui si può immaginare un beneficio inferiore allo 0,5% del PIL. Confcommercio ieri ha spiegato che a giugno, per effetto degli 80 euro la crescita tendenziale dei consumi è dello 0,4%. Dato che conferma che gli 80 euro funzionano.

Ma una crescita dei consumi dello 0,4% delude i commercianti, reduci da anni di consumi in calo. Vorrebbero uno shock, possibile solo se gli euro offerti agli italiani fossero molti di più e fossero estesi a pensionati, lavoratori dipendenti e altri.

Come si può estendere la platea dei beneficiari degli 80 euro e magari farli diventare 100 o più?

Con la spending review oppure aumentando il deficit.

Sulla spending review ci sono non solo i mal di pancia di Cottarelli che vorrebbe -chissà perchè, forse pensa di essere il ministro dell'economia?- usare i soldi per ridurre le imposte sul lavoro, ovvero per stimolare non la domanda ma l'offerta, ma anche gli impegni del governo, che sta usando i soldi della spending review per coprire le esigenze di bilancio.

L'altra strada sarebbe un aumento del deficit, che consetisse di far crescere il reddito disponibile degli italiani in modo rilevante. Questo potrebbe far salire i consumi, come auspica Confcommercio, e stimolare la fiducia e gli investimenti, con effetti positivi per il PIL e quindi per le stesse casse dello Stato.

Purtroppo però il debito elevato e i vincoli europei non ci consentono questa strada. Lo shock è e resta un sogno di Confcommercio, come anche la spending review di Cottarelli finalizzata a una diminuzione delle imposte sul lavoro.

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