30 marzo 2013

Un aspetto paradossale della vicenda Cipro

C'è un aspetto paradossale e curioso nella vicenda del salvataggio delle banche cipriote.

In buona sostanza si sono salvate le banche con una imposta sui conti correnti: i clienti di due banche pagheranno il 37,5% sui loro conti oltre i 100.000 euro.

In questo modo si vuole non soltanto raccogliere i soldi chiesti dall'Europa ai ciprioti come condizione per ottenere gli aiuti e salvare le banche, ma anche porre un rimedio all'anomalia cipriota, che è l'anomalia di un paese che ha nelle banche somme enormi, pari a diverse volte il prodotto interno lordo, attratte da condizioni soprattutto fiscali molto favorevoli.

E chi ha scelto di chiedere ai ciprioti di risolvere la crisi cipriota tassando i conti correnti? L'olandese Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell'Eurogruppo.

Ora l'Olanda è un paese capace di attrarre capitali come pochi altri nel mondo, secondo solo a Stati Uniti e Gran Bretagna tra i paesi industrializzati. Attrae capitali anche grazie a un regime fiscale favorevole, che tra l'altro spinge molte imprese italiane a spostare la capogruppo tra i mulini a vento per tagliare le imposte pagate sul reddito d'impresa.

Curioso, no? L'Eurogruppo guidato da un olandese costringe Cipro a imporre una imposta elevata sui conti correnti per affrontare un'anomalia presente in Olanda come in altri paesi che raccolgono e gestiscono capitali da tutto il mondo.

28 marzo 2013

I container di Cipro

Dopo molti giorni le banche cipriote riaprono. In molti stanno andando a prelevare denaro, altri ancora pensano di ritirare i loro risparmi nel timore possano essere introdotte nuove imposte.

Il rischio in questi casi è che la corsa agli sportelli si trasformi in un abbraccio mortale per le banche. Se i capitali vengono ritirati dai correntisti e restano senza contanti, le banche possono dichiarare bancarotta.

Così di fronte alla prospettiva di correntisti intenzionati a ritirare la maggior quantità possibile di contanti, sono arrivati a Cipro cinque container pieni di banconote, opportunamente scortati.

26 marzo 2013

Futuro a 5 stelle!


Se è questo il futuro a 5 stelle che ci aspetta, allora siamo proprio senza speranza!
In questo articolo sul sito del blog di Beppe Grillo la capogruppo alla camera del movimento a 5 stelle dimostra di non capire un tubo di come funzionano i pagamenti e gli anticipi fatture. Cercherò io di colmare ora questo inquietante vuoto istituzionale!

Quando un'impresa lavora per un ente pubblico dopo l'incarico e la determina di pagamento dell'ente, emette la fattura.
Questa fattura, oltre ad essere in sospensione IVA (cioè l'IVA va versata quando si incassa la fattura), può essere scontata (anticipata) in banca, perché gli enti pagano in ritardo, ma in genere pagano, a 60 o 90 o anche 120 giorni. O anche di più in certi casi. Ecco come funziona.

L'impresa va in banca e chiede un castelletto salvo buon fine (si, si chiama proprio così) per poter anticipare le fatture verso gli enti pubblici. La banca gli concede il castelletto e gli concede di anticipargli i soldi che l'ente pagherà tra qualche mese subito, all'anticipo fatture.

L'entità del castelletto varia a seconda dell'impresa e può avere qualunque importo, così come la percentuale anticipata, che varia, al netto dell'IVA, dal 60 al 100%.

Facciamo un esempio: l'impresa chiede un castelletto di 100.000 € e l'anticipo è del 100% al netto dell'IVA.

Poniamo che oggi emetto una fattura per servizi alla regione per 60.000 €. Questa fattura sarà pagata tra 90 giorni.

Porto in banca la fattura, la banca controlla che sia tutto vero e poi mi accredita 60.000 € sul conto corrente ordinario, facendo 2 scritture:

+ 60.000 sul c/c ordinario
- 60.000 sul c/c anticipi

Ora, sul c/c ordinario l'accredito è oggi, quindi è la banca che mi ha accreditato i suoi soldi oggi. Sul conto anticipi vado a - 60.000 e su questo scoperto pago interessi passivi e un po' di commissioni. I tassi passivi non sono così onerosi in genere come sui c/c ordinari, perché lo scoperto è a tempo. Quindi io ho oggi 60.000 € che posso usare per pagare stipendi, fornitori, e altro.

Finché la regione non paga i 60.000 io potrò presentare allo sconto solo altri 40.000 € perché il massimo scontabile è 100.000.

Passati i 90 giorni, fortunatamente, l'ente paga sul c/c ordinario. Quindi saranno accreditati li + 60.000

Quindi sarà registrata la scrittura inversa:

- 60.000 sul c/c ordinario
+ 60.000 sul c/c anticipi

in pratica il conto anticipi torna a zero.

In sostanza la banca ha ripreso i soldi che mi aveva anticipato all'inizio e nulla è cambiato.

I rischi a cui Grilli mette in guardia implicitamente (anche se non lo dice chiaramente e qui nell'articolo si prendono fischi per fiaschi): sono che le banche, una volta incassati i soldi degli anticipi, riducano gli importi dei castelletti o i fidi alle imprese in difficoltà. Cioè invece che 100.000 mi riducano a 40.000 il castelletto, come nell'esempio.
Ma questo non ha nulla a che vedere con il fatto che si paghino i fornitori e le imprese, perché in ogni caso si tratta di un'iniezione di liquidità nel sistema. Se un'impresa non ha difficoltà, si incamererà i soldi del pagamento e basta.

Infine è ovvio che tale manovra produrrà un aggravio del rapporto deficit/PIL, ma attenzione, qui il problema è come spendere i soldi: in questo caso si aiutano le imprese e indirettamente i lavoratori dipendenti che avranno meno rischi di essere licenziati. Altrimenti lo stesso risultato si potrebbe ottenere ad esempio rinnovando i contratti del pubblico impiego, o tagliando le tasse o in qualunque altro modo si possa immaginare!

p.s. qui potete leggere la notizia "vera"

24 marzo 2013

Dimezzare gli stipendi dei parlamentari?

Uno dei temi cari del Movimento 5 Stelle riguarda i costi della politica.

Dopo l'elezione alle presidenze delle Camere Pietro Grasso e Laura Boldrini hanno annunciato l'intenzione di tagliarsi l'indennità del 30%. Non basta, ha reagito Grillo, tagliate tutti gli stipendi del 50%.

Quanto si risparmierebbe?

Osservando i dati del bilancio della Camera, le indennità di 630 deputati costano 82 milioni di euro. Un dimezzamento di questa spesa comporterebbe un risparmio di poco più di 40 milioni, meno del 4% del bilancio della Camera.

Quindi tra Camera e Senato il risparmio è presumibilmente pari a 60 milioni l'anno, che aumenteranno tra qualche decennio, quando gli attuali parlamentari andranno in pensione con le nuove regole.

60 milioni, un bel risparmio? Sì se si pensa che forse è meglio che i politici non guadagnino troppo, no se si considera che l'incertezza politica è costata, solo il primo giorno, 22 milioni, come avevo raccontato un mese fa (vedi qui).

Incertezza che Grillo, in nome della lotta ai privilegi dei parlamentari, contribuisce a alimentare: per risparmiare qualche decina di milioni se ne spendono molti di più sotto forma di interessi sul debito pubblico.



Miliardi o noccioline? (parte 2)

Continuiamo l'analisi delle proposte grilline (la prima parte la trovate qui).

11 miliardi dalla ricetta elettronica? sono certamente molti, circa 1/10 della spesa sanitaria totale. Difficile credere che basti togliere le ricette di carta per raggiungere tale risultato.

Questo articolo suggerisce che l'abolizione della ricetta cartacea comporterebbe risparmi per 2 miliardi, a cui si aggiungerebbero risparmi quantomai ipotetici tra 3 e 5 miliardi derivanti dalla raccolta e l'impiego dei dati che deriverebbe dalla ricetta elettronica.

Ci sono poi altri risparmi difficili da definire: 10 miliardi riducendo le pensioni (ma sarà lecito tagliare le pensioni sopra i 5000 euro?), 6 dal taglio delle auto blu, 5 tagliando il personale militare, 4,3 con l'adozione dei costi standard, 2 con tagli alla politica e 1,5 eliminando equitalia.

Difficile valutare se sono somme che si potrebbero realmente risparmiare, anche se non è irrealistico dire che alcuni risparmi paiono esagerati (per es. i 6 miliardi per le auto blu), altri non sono facili da praticare (eliminare Equitalia vuol dire anche che il fisco incasserà meno soldi sia perchè sarà più difficile scovare chi non paga, sia perchè alcuni ne approfitteranno per evadere le imposte), altri ancora si potranno ottenere nell'arco di molti anni (come i tagli al personale militare).

Dunque possiamo concludere che con molta buona volontà si potrebbero risparmiare diciamo 15-20 miliardi di euro l'anno più 30-40 una tantum.


15-20 miliardi di risparmio sono poca cosa rispetto alla maggior spesa e alle minori imposte che i grillini vorrebbero regalare ai loro elettori. Servirebbero 100 miliardi l'anno per reddito di cittadinanza (60 miliardi) ed eliminare IRAP (35 miliardi) e IMU (4 sulla prima casa).

Infine l'elenco prevede una serie di spese una tantum per circa 180 miliardi tra eliminazione del debito verso i fornitori dello stato e investimenti in scuola, sanità, servizi pubblici in genere.

Insomma se proprio va bene, solo il 20-25% delle maggiori spese e delle minori imposte hanno una reale copertura, se davvero sarà possibile realizzare i risparmi previsti.

21 marzo 2013

Il dossier Giarda



















Ho iniziato a leggere il copioso dossier Giarda sulla revisione della spesa, pubblicato nel marzo 2013, di quasi 300 pagine, in cui si esamina, capitolo per capitolo, la spesa pubblica, radiografando i vari capitoli in relazione al territorio e alla spesa.

Per chi fosse molto interessato, lo può trovare qui.


Il testo è diviso in capitoli, e precisamente le spese per:

- Arma dei Carabinieri
- Polizia di Stato
- Vigili del fuoco
- Prefetture
- Capitanerie di porto
- Province
- Trasferimenti agli enti locali

Il testo è ovviamente molto e lungo e complesso tecnicamente per commentarlo tutto in questa sede, ma vorrei puntare l'attenzione su alcuni punti:

1. Nel dettaglio dei capitoli non sono esplicitate le spese per la difesa, ma queste sono poi messe nel totale della spesa aggredibile, a differenza delle spese del ministero dell'interno. La spesa per la difesa è passata dal 6,8% del PIL del 1990 al 7,1% del PIL nel 2009 (pagina 16).

2. Il totale della spesa pubblica è pari a 793 miliardi di Euro (dati ISTAT), ma non tutta è aggredibile nel breve periodo. Ovviamente qualunque spesa è azzerabile nel medio-lungo periodo, ma non nel breve. Non sono considerate aggredibili le spese per pensioni (237 miliardi), per la partecipazione all'UE (16 Mld.), gli interessi passivi, ovviamente (70 Mld.), e tutta un'altra serie di spese come da tabella a pagina 28, che portano la spesa aggredibile a 293 miliardi di Euro. Di questa spesa è ragionevolmente aggredibile solo un 25-30% (70-90 Mld. Euro) in quanto la spesa è ripartita per 122 Mld. in retribuzioni lorde, 135 Mld in consumi intermedi (spese), e il resto sono sostanzialmente contributi a famiglie, imprese e a istituzioni sociali.

3. Enti locali: per i comuni la spesa procapite (cioè il costo del comune per abitante) è massima per i comuni molto piccoli e decresce fino al minimo per i comuni di circa 10.000 abitanti, per poi crescere di nuovo moderatamente. Questo significa che i più efficienti sono i comuni medi, quelli intorno ai 9-10.000 abitanti e che sicuramente varrebbe la pena aggregare. Per quello che riguarda province e regioni esistono molte disparità sia in rapporto agli abitanti che all'estensione, ma anche qui vincono le economie di scala delle province e regioni più grandi e popolate.

4. Le spese per le province. Quanto si risparmierebbe, dunque, abolendole? Secondo Giarda (pagina 199) passando da 86 a 51 province circa 370 milioni di Euro (erano le originali 86 della spending review), in pratica i costi dei risparmi politici e delle duplicazioni dei centri di spesa.

5. Chi paga le manovre? In pratica tutte le manovre correttive 2008-2011 (Tremonti), quindi escluso il salva Italia, chi le sta pagando? Le stanno pagando in precentuali analoghe alla spesa Stato centrale ed enti locali, quindi siccome lo stato centrale spende la metà degli enti locali (121 Mld. contro 211 Mld), allo stato centrale è stato tagliato la metà degli enti locali.

6. Fino a quando pagheremo? Escluso il salva Italia, e grazie a Tremonti, fino al 2014, fino a che i risparmi cumulati (pagina 24) e le maggiori entrate arriveranno a 111 miliardi di Euro: 61 miliardi di tagli e 50 miliardi di entrate!

20 marzo 2013

Grillo, Auriti e il signoraggio

Beppe Grillo è tornato a parlare di signoraggio come del male più grande dell'economia... guardate al minuto 52


18 marzo 2013

Pasticcio cipriota

Come si è arrivati alla tassa sui conti correnti a Cipro, che sta spaventando le borse?

Cipro, che ha un PIL pari a 17 miliardi di euro e un debito pubblico vicino al 100% del PIL, mentre le banche hanno raccolto 68 miliardi, quattro volte il PIL.

Soldi provenienti spesso da traffici poco chiari: Cipro è infatti uno dei tanti paesi di piccole dimensioni che chiudono (almeno) un occhio sui capitali stranieri che cercano riservatezza e imposte basse.

Queste caratteristiche hanno trasformato le banche di Cipro in un punto di riferimento per molti imprenditori russi, greci e inglesi. Le banche cipriote hanno raccolto moltissimi soldi, e molti li hanno impiegati acquistando titoli greci.

Sappiamo com'è andata... chi ha acquistato titoli greci ha subito forti perdite. Cipro deve ricapitalizzare le banche, che per non fallire hanno bisogno di 17 miliardi.

In altri paesi, come in Germania, lo Stato ha ricapitalizzato le banche, facendo salire il debito pubblico.

Poteva succedere a Cipro? No, hanno deciso il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea. Il debito pubblico cipriota non può salire troppo, si rischierebbe una replica del disastro greco.

Così qualcuno ha pensato di mettere una tassa sui conti correnti: 6,7% fino a 100.000 euro, 9,9% oltre i 100.000 euro. I ciprioti saranno rimborsati almeno in parte con azioni delle banche salvate.

In questo modo il salvataggio comporta l'impiego di 10 miliardi invece dei 17 previsti. 7 miliardi gravano sui correntisti delle banche che in buona parte sono stranieri e soprattutto russi.

Ci sono però dei problemi. C'è chi non hanno gradito, come i russi, il cui leader Putin ha protestato dopo aver capito che il salvataggio avviene in buona parte a spese degli interessi russi nell'isola. E c'è chi è contrario all'idea di un'imposta forzosa sui conti correnti, che potrebbe rappresentare un pericoloso precedente.

Se in futuro altre economie si troveranno a chiedere aiuti, UE e FMI potrebbero chiedere alle autorità politiche di procedere con una tassa sui conti correnti per raccogliere parte dei soldi necessari al salvataggio.

Ma, se succedesse, chi si fiderebbe dei paesi in difficoltà? Se si spargesse la voce che le banche italiane o spagnole hanno bisogno di aiuti, i capitali fuggirebbero all'estero, aggravando la situazione delle banche.

L'imposta sui conti correnti rischia perciò di essere pericolosa per Cipro e per l'Europa.

Per Cipro perchè se i capitali stranieri lasceranno le banche cipriote, è assai probabile che il salvataggio di questi giorni non sia sufficiente. Serviranno altri miliardi. I russi hanno circa 25 miliardi di euro nelle banche cipriote.

Se dovessero ritirarli, servirà un altro piano di salvataggio delle banche dell'isola e sarà chiaro che UE e FMI hanno, come nel caso della Grecia, fatto scelte suicide: per risparmiare qualche miliardo di aiuti, finiranno per sborsarne molti di più.

Per l'Europa perchè potrebbe rappresentare un precedente e una minaccia, con conseguenze potenzialmente molto negative.








16 marzo 2013

La solidità delle banche italiane

La banca delle Marche, una delle prime 30 banche a livello nazionale, come si legge dal proprio sito, ha chiuso il proprio bilancio in perdita per 518 milioni di euro.

E - udite udite - ha effettuato rettifiche per 811 milioni di euro. Di cosa si tratta?

Si tratta in pratica dei crediti presenti nel bilancio che sono stati svalutati. Facciamo un passo indietro, al 2007, durante i mesi dell'impennata delle quotazioni immobiliari.

In quel periodo Banca Marche si è esposta fortemente sul settore edilizio e immobiliare nelle Marche, finanziando sia molte imprese nell'acquisto di capannoni, sia alcune grosse imprese immobiliari e cave di inerti. Oggi, tutto il settore è in profonda crisi, le Marche specialmente la provincia di Ancona, macinano record su record nei fallimenti (43 già nel 2013, 132 nel 2012), le zone industriali di Jesi e di Ancona traboccano di capannoni vuoti e imprese immobiliari sull'orlo del fallimento.

Banca Marche ha ceduto tempo fa ingenti quantità di crediti in sofferenza (qui e qui), per "ripulire" il bilancio da crediti di difficile riscossione, ma evidentemente l'operazione non è stata sufficiente, fino a che, partite le minacce dalla banca d'Italia, complici alcune operazioni poco trasparenti dei vertici, sono saltati e rimpiazzate tutte le cariche di vertice: il direttore generale e 3 vice direttori.

A questo punto si sono rese evidenti le perdite latenti, cioè i crediti inesigibili in bilancio, e sono state contabilizzate come perdite effettive, costringendo ora la banca ad una nuova difficile ricapitalizzazione, licenziamenti, e con probabile cessione della proprietà a qualche banca più grande.

Ma la resa dei conti nella banca delle marche è solo all'inizio!

Ma questa vicenda è, a mio parere, paradigmatica della situazione bancaria italiana, che lungi dall'avere le banche più solide del mondo, come si è spesso sentito dire (volete un altro fulgido esempio made in Marche?) le nostre banche sono piene di perdite nascoste, senza magari arrivare agli eccessi di MPS.

E prima o poi i conti si fanno sempre!

14 marzo 2013

Renta Minima de Insercion Social


Uno dei temi su cui Movimento 5 Stelle insiste molto e che gli ha portato anche vari consensi è quello del cosiddetto reddito di cittadinanza.
La Wikipedia Italiana a riguardo compie un'ottima distinzione tra "reddito di cittadinanza" (praticamente mai realmente applicato, per motivi abbastanza comprensibili...), e "reddito minimo garantito" (esistente in numerosi Paesi occidentali).
La differenza fondamentale tra i due è che il reddito minimo garantito pur essendo universale è vincolato alla ricerca di un lavoro ("compromiso de actividad" nel gergo universitario spagnolo), il reddito di cittadinanza, no.
Per evitare forme d'assistenzialismo contro-producente che disincentivino i cittadini a lavorare, di solito gli Stati europei, le cui finanze pubbliche gli permettono questo tipo di prestazioni, hanno da sempre optato per il reddito minimo garantito, proposto ultimamente anche fra gli 8 punti programmatici su cui Bersani in Italia tenta d'ottenere la fiducia del Parlamento.

In Italia il Movimento 5 Stelle finora ne ha sempre parlato usando il termine di reddito di cittadinanza,  (forse perchè meno tecnico e più sociale quindi più accattivante per la gente).
In realtà però Grillo, a sentire almeno da questo comizio sembra parlare più del reddito minimo d'inserimento o reddito minimo garantito che dir si voglia, (proponendolo addirittura di ben 1000 euro al mese! Fantapolitica vera e propria!), confondendo i termini tecnici, o forse riferendosi ad una specie di via di mezzo fra i due tipi di sussidio (visto che varie offerte di lavoro si potrebbero comunque rifiutare senza perdere diritto alla prestazione da quanto ho capito dalle urla di Grillo).
Inoltre stando ai requisiti di cui parla Grillo, avrebbero diritto alla prestazione più o meno tutti visto che non c'è neanche alcun riferimento al reddito familiare quindi perfino una casalinga moglie di un miliardario potrebbe richiederlo facilmente, insomma sono molti di più potenzialmente i beneficiari dei 4/5 milioni delle liste di disoccupazione, moltissimi di più, in certi casi sarebbe uno spreco di soldi pubblici incredibile.

Si dice spesso che questa prestazione sia presente in tutta Europa eccetto che in italia e che l'Unione Europea abbia spesso richiesto a tutti gli Stati membri d'adottare forme universali di previdenza sociale per i disoccupati.
E forse è vero, infatti questo tipo d'ammortizzatore sociale esiste anche in Spagna sebbene le sue finanze non versino in condizioni migliori di quelle italiane, (ovviamente non di certo 1000 euro al mese! E purtroppo non così tanto universale).
Si tratta della renta minima de insercion, (detta comunemente anche "salario social"), anche se può cambiare nome a seconda del luogo, che solitamente presenta caratteristiche proprie in ogni Comunidad Autonoma, (regione).
Infatti lo Stato spagnolo ha implantato obbligatoriamente per legge questo sussidio, e dettato certi estremi, ma poi  ne ha lasciato completamente la regolamentazione nelle mani delle regioni, creando forti disuguaglianze in termini di prestazioni a seconda delle finanze disponibili di ogni regione e dell'attenzione prestata dal governo regionale su tale problema.
In Navarra ad esempio la durata è di 6 mesi iniziali, prorrrogabili fino a 12...A Madrid o a Valenzia, almeno a priori, non ci sono limiti di durata del sussidio, in Andalusia la cifra del sussidio è maggiore rispetto alla media, i requisiti d'accesso sono meno selettivi rispetto ad altre regioni, ma la durata della prestazione non supera i 6 mesi...
Insomma, la scarsità di fondi statali provoca anche un problema di omogeneità oltre che di copertura economica.

Prenderemo come esempio, Madrid (dove vivo io), che rientra genericamente nella media delle regioni spagnole riguardo a questo tipo di prestazione economica:

Requisiti:
-Un anno di residenza regolare nella Comunidad de Madrid
-Rientrare tra i 25 ed 65 anni d'età (eccetto i casi speciali di disabili a proprio carico eccetera)
-Far parte di un'unità di convivenza  da almeno 6 mesi
-Dimostrare d'essere attivi nella ricerca del lavoro (compromiso de actividad)
-Non percepire reddito sufficiente per far fronte alle necessità basiche della vita.

Prestazione (mensile):
370 euro di base
+111 euro per seconda persona a carico
+74 euro dalla terza persona a carico in poi

Certi problemi riguardano ad esempio i tempi:
per essere sicuri dei requisiti (soprattutto sul reddito visto che ad esempio c'è chi può lavorare a nero, che dopo una misura presa da Zapatero viene multato se scoperto ricevere sussidi statali), ci possono volere circa 7-8 mesi di gestione.
Per lo meno è qualcosa...Certamente più che in Italia..Anche se mi viene da ridere quando sento dire che dappertutto in Europa eccetto che nel Belpaese ti danno 1000 euro mensili appena finisci di studiare finchè non trovi il lavoro che ti piace...la realtà è ben diversa...

Sinceramente però anche si arrivasse a qualcosa di simile alla Spagna, magari con maggior omogeneità sarebbe già un discreto passo in avanti.
Però questa è la realtà in un Paese mediterraneo simile all'Italia, inutile in questo momento prendere esempi irraggiungibili di Francia, Belgio, Austria, o addirittura Svezia o Norvegia...A mio modesto parere già riuscire a fare qualcosa di simile alla Spagna non sarebbe affatto poco vista la situazione in cui versano le finanze pubbliche.

13 marzo 2013

Piemonte a rischio fallimento?

Quattro mesi fa avevo scritto (vedi questo post) della strana scelta della Regione Piemonte di dare contributi ai comuni piemontesi come compensazione per i tagli del governo.

La distribuzione dei soldi era alquanto strana e poco equa, con comuni piccoli (a guida leghista) che ricevevano somme rilevanti e altri comuni ben più grandi a cui erano destinate somme modeste, tenuto conto del numero degli abitanti.

Complessivamente la Regione destinava ai comuni 200 milioni di euro.  La stessa somma che oggi Cota, presidente della Regione, dichiara mancare al bilancio regionale (vedi qui).

La Regione, minaccia Cota, potrebbe avere problemi di liquidità a partire da giugno e per questo chiede al governo un contributo di fondi fas per 300 milioni.

Insomma il governo taglia i soldi ai comuni, la Regione aiuta i comuni, soprattutto quelli guidati da una maggioranza di centro-destra, destinando loro 200 milioni e poi, visto che mancano all'appello 200 milioni, chiede al governo di intervenire. In caso contrario saranno costretti a aumentare le imposte regionali e da giugno molti pagamenti saranno a rischio.

Un bel pasticcio che pare aver sortito un unico effetto: permettere a un bel pò di comuni guidati dal centro-destra di tener basse le aliquote IMU. Interessi di parte coi soldi di tutti?

Miliardi o noccioline? (parte 1)

Secondo alcuni neoeletti del Movimento 5 Stelle la crisi si potrebbe superare con una serie di risparmi di spesa e di introiti, utili a finanziare anche diverse riduzioni d'imposta, indispensabili a loro volta per rilanciare i consumi. Ci sarebbero 324 miliardi disponibili, 285 dei quali potrebbero essere spesi.

Cerchiamo di analizzare le diverse voci.

95 miliardi dalle slot machine. E' quasi una leggenda metropolitana. Un uso spregiudicato e forse illegale della slot machine ha portato il fisco a chiedere le somme non versate più interessi, multe e tutto ciò che prevede la legge. Ma certamente i gestori delle macchinette non hanno 95 miliardi a disposizione e fanno il possibile per pagare il minimo e il più tardi possibile. E' presumibile che dei 95 miliardi indicati dai grillini ne entreranno, con un pò di fortuna, 2-3 pagabili magari a rate.

80 miliardi dalla lotta all'evasione. Sarebbe bello incassare così tanto dalla lotta all'evasione. La realtà è un'altra, come aveva scritto William (vedi qui).

30 miliardi potrebbero arrivare da un accordo con la Svizzera. Vero. Ma i soldi non arriverebbero prima del 2015 e sarebbero una tantum.

26 dall'eliminazione della Torino-Lione. Le cifre sono davvero quelle? Forse no, ma si tratterebbe di un risparmio di 1-2 miliardi l'anno per molti anni.

20 miliardi arriverebbero dalla rinegoziazione del debito pubblico. Può darsi, anche se l'esperienza di Pizzarotti a Parma insegna che tra il dire e il fare c'è di mezzo... la realtà. Pizzarotti non ha rinegoziato il debito.

19 miliardi dalla rinuncia all'acquisto degli aerei F35. Anche in questo caso la somma va distribuita in un periodo piuttosto lungo. Il risparmio è forse di 2 miliardi l'anno

15 miliardi arriverebbero dalla fine dei privilegi per la Chiesa. Il sito http://www.icostidellachiesa.it/ indica in poco più di 6 miliardi il costo della Chiesa, che si potrà anche ridurre ma certo non eliminare.

Dunque siamo di fronte a evidenti esagerazioni: le voci analizzate finora porterebbero vantaggi limitati. Circa 30-35 miliardi di entrate una tantum e forse 5-7 di risparmi annui.

(1 - continua)







11 marzo 2013

Grillonomics?

 A Grillo piacerebbe spazzare via tutti i politici e formare un governo a 5 stelle.

Ci sono due problemi: non ha la maggioranza e i suoi eletti non sembrano preparatissimi. Forse per questo motivo Grillo spiega nei suoi comizi che le sue idee economiche avrebbero il sostegno di qualche importante economista straniero.

Ma è vero?

Joseph Stiglitz, premio Nobel nel 2001, ha partecipato ad alcuni incontri con Grillo, scritto qualche prefazione e rilasciato qualche intervista (vedi qui).

Secondo Grillo sarebbe l'autore del "piano economico" del Movimento 5 Stelle. Secondo un collaboratore di Stiglitz, Eamon Kircher-Allen, intervistato dall'agenzia AGI, invece "Stiglitz non sta fornendo nessuna consulenza economica a Beppe Grillo".

La moglie di Stiglitz, contattata via email, sostiene che neppure sanno cosa sia il Movimento 5 Stelle.

Paul Krugman invece sa invece cos'è e cosa propone il partito di Grillo, dichiarando: "anche se l'incubo del ritorno di Berlusconi non si è materializzato, lo stesso Berlusconi, Grillo o i due insieme potrebbero destabilizzare non solo l'Italia, ma l'intera Europa. Il M5S? Ha una piattaforma economica incoerente".

Infine Jean-Paul Fitoussi, economista francese che secondo qualche giornale lavorerebbe per Grillo. Lui però la pensa diversamente e all'ANSA dichiara: "Apprendo con sorpresa dai giornali che starei lavorando sul programma di Beppe Grillo. Non conosco Beppe Grillo, non l'ho mai incontrato e non sono ne' saro' il suo consigliere".

Insomma se il Movimento 5 Stelle ha un programma economico, è tutta farina del loro sacco e poco o nulla si deve ai nomi famosi citati ogni tanto dal leader.
 

10 marzo 2013

(de) Crescita felice

Martedì scorso Ballarò ha ospitato Maurizio Pallante, esperto di risparmio energetico da sempre legato al Movimento 5 Stelle e a Grillo che nel 2004 ha firmato la prefazione del suo libro Un futuro senza luce?.

Nel corso della trasmissione Pallante ha spiegato che la decrescita felice non riguarda il PIL ma il consumo di fonti energetiche non rinnovabili.

In Germania, ha detto Pallante, costruiscono case che consumato poca energia mentre noi sprechiamo l'energia.

Se adottassimo gli standard tedeschi, investendo per sostituire le finestre, isolare le pareti, cambiare le candaie e così via, il riscaldamento e il raffreddamento in estate costerebbero meno e in pochi anni potremmo ripagare l'investimento e godere di costi più bassi di gestione di case e uffici.

Se questa è la decrescita felice, ben venga. A dire il vero sembra più una crescita felice. Diminuirà, forse, il consumo di petrolio, metano e simili ma aumenteranno PIL e occupazione e con i soldi risparmiati gli italiani potranno, una volta ammortizzato l'investimento, far crescere i consumi.

Crescita che creerà reddito (PIL) e occupazione e forse farà salire anche i consumi delle risorse scarse che la (de)crescita felice vuol far diminuire.

09 marzo 2013

Champions League

Il campionato di calcio sè entrato nella fase più delicata, quella in cui si deciderà chi vince, chi scende in serie B e chi si qualifica nelle coppe europee.

Quanto vale una Champions League?

Ce lo dice la semestrale della Juventus.

Nei primi sei mesi d'esercizio, da luglio a dicembre, la Juventus ha fatturato 64 milioni di euro in più, passando da 85 a 149 milioni di euro.

Sull'aumento dei ricavi influiscono tante voci. L'aumento del prezzo degli abbonamenti (se n'era parlato qui) ha prodotto, insieme a  un aumento del 11% del numero di abbonati, l'incremento del 30% dei ricavi da gara (da 14 a 19,6 milioni di euro).

Ma sono soprattutto i diritti tv a far salire le entrate: 54,9 milioni di euro in più nel primo semestre, di cui 42,8 provenienti dalla partecipazione alla Champions League.

Non sono aumentati in modo significativo gli introiti pubblicitari.

Dunque la prima fase della Champions League vale circa 45 milioni di euro, a cui si aggiungeranno incassi allo stadio e introiti televisivi per le gare successive.

07 marzo 2013

La magia dell'IRAP


L'IRAP è un'imposta magica. Magica nel senso che riesce nella singolare impresa di riunire in sé il più alto numero di contraddizioni possibili per un'imposta: serve per finanziare la sanità regionale, ma è pagata dalle imprese, era indeducibile dal reddito e di fatto penalizza il lavoro.

Vediamo come

L'IRAP è stata introdotta per due ragioni: sostituire una vasta serie di mini tasse in applicazione del federalismo fiscale: l'IRAP non è un'imposta statale, è un'imposta regionale, il cui gettito è vincolato: almeno il 90% deve finanziare la sanità regionale. Questo non vuol dire, naturalmente, che da sola l'IRAP finanzi tutta la sanità regionale, nel 2011 il gettito IRAP ha coperto appena il 30% della spesa sanitaria totale.

Va detta un'altra cosa: non conta la sede legale per il versamento, ma che lo stabilimento produttivo sia insediato in quella regione per la competenza di pagamento. Se ho 10 stabilimenti in 10 regioni diverse, pagherò l'IRAP a 10 regioni, naturalmente in proporzione.

La prima incongruenza è che pur essendo un'imposta vincolata (alla sanità), è pagata dalle imprese e ciò è estremamente illogico. La sanità è fruita dalle persone fisiche, quindi da queste dovrebbe essere pagata. Si arriva quindi al paradosso che se una regione ha pochi stabilimenti produttivi ed è densamente popolata le entrate per finanziare la sanità regionale saranno oltremodo basse. Viceversa in presenza di numerose attività produttive le entrate saranno molto alte (vedi la Lombardia).

L'IRAP ha una base di calcolo originale, per le società di capitali si parte dal reddito e si aggiunge il costo del lavoro e gli interessi passivi, le operazioni straordinarie (sopravvenienze e plus/minusvalenze) non contano nel calcolo. Facciamo un esempio numerico.

Poniamo che il mio reddito sia 10.000. Se ho 50.000 € di costo del lavoro e 15.000 € di oneri bancari, la base di calcolo sarà di 75.000 € (vanno poi dedotti una serie di fattori, ma per ora per semplicità li trascuro). Questo importo è l'imponibile IRAP a cui va applicata l'aliquota, che varia di regione in regione, diciamo il 4,20%.

Quindi 75.000 x 4,20% = 3.150 €

Fino al 2011 l'IRAP era indeducibile e questo ha creato una serie di problemi contabili. Ampliamo l'esempio per una società di capitali. La nostra società ha utile ante imposte di 5.000 €. Dall'utile devo calcolare le imposte di competenza, l'IRES. Ma per calcolare l'IRES devo prima calcolare il reddito, infatti dall'utile devo aggiungere i costi indeducibili, gli ammortamenti indeducibili, gli interessi indeducibili e così via. Poniamo che il reddito sia 8.000 €.
Quindi calcolo l'IRES al 27% su 8.000 = 2.160 e devo contabilizzarlo in bilancio per arrivare all'utile post imposte.

L'IRAP la ho già calcolata, quindi:

5.000 - 2.160 - 3.150 = - 310 €

Cielo! Ho chiuso in perdita!

Ora l'esempio che ho fatto è piccolo, ma bisogna considerare che il costo del personale è indeducibile e, a differenza degli oneri bancari, spesso è molto ingente. Un'impresa con 50 dipendenti può avere un costo del personale che sfiora i 2 milioni di Euro all'anno e un costo IRAP di oltre 80.000 €. Quindi è molto facile che in periodi di basso fatturato la contabilizzazione dell'IRAP porti l'impresa civilisticamente in perdita.
Lo stesso è molto più difficile che accada con l'IRES, in quanto è proporzionale e a meno di casi molto particolari è difficile che da solo provochi perdite.

Ancora, l'IRAP è un'imposta regionale, ma è riscossa dallo stato e tutto il contenzioso e il controllo dei dichiarativi è gestito dallo stato e non dalle regioni (non sarebbero in grado).

Infine l'IRAP è un'imposta che non piace a nessuno ma che è molto difficile eliminare, nonostante Grillo dica il contrario. A mio parere è molto più plausibile la trasformazione in un'addizionale IRES che lo stato versa alle regioni, dove sono quest'ultime a manovrare l'aliquota. Ne gioverebbe alla semplificazione e alla semplicità e si potrebbe fare addirittura a gettito invariato!

Davvero un'imposta magica!

06 marzo 2013

Un particolare fascismo

Si assiste in questi giorni alla rincorsa giornalistica per avere una sulle possibili intenzioni politiche da parte del Movimento 5 Stelle.
Si è più volte ricordato quali sono i limiti di un tipo di approccio come quello propugnato da Grillo con il suo blog, così come le sue proposte. Uno su tutti: l'appeal che esercitano teorie complottiste e poco fondate sui "grillini".

Ieri la rivista Internazionale ha riportato la traduzione di un articolo di El Pais intitolato La tercera Repùblica italiana. Il blog di Beppe Grillo ha ripreso in maniera entusiastica la dichiarazione del giornalista spagnolo omettendo però l'attacco del paragrafo dove si allude ad una congruenza tra l'ascesa del fascismo e il laboratorio politico del Movimento 5 Stelle. La vicenda è riassunta brevemente dal blog Nonleggerlo.

Per il momento sembra non vi sia nel programma di Grillo una politica economica realmente definita (non si parla di lavoro, di sviluppo, di debito pubblico), ma si fanno solo alcuni riferimenti alle teorie di Pallante.
Le dichiarazioni degli esponenti, a partire da alcune discutibili affermazioni sul fascismo, fino alla lotta verso cospirazioni suggerite da documentari, non sono slegate dal modo di ragionare e dall'impostazione generale dell'intero Movimentoe: come ha evidenziato attentamente Wired, si sostengono posizioni prive di riscontri logici e scientifici, e mentre alcune proposte possono essere innocue, altre corrono il rischio di essere prese sul serio.

Hugo Chavez

E' morto Hugo Chavez, discusso presidente del Venezuela, contestato da chi lo accusava di essere poco democratico, ma amato dalle folle in patria, detestato dalle oligarchie e dagli "interessi forti" venezuelani e non solo.

E' giusto ricordarlo perché ha saputo distribuire la ricchezza, dando qualcosa in più ai più poveri, in un continente dove in troppe volte le elite politiche e economiche non si sono fatti scrupoli a fare i propri interessi a scapito di quelli di milioni di altri cittadini, ricorrendo al colpo di stato quando i loro interessi erano in pericolo.

Chavez non c'è più ma restano le democrazie sudamericane, dove prevalgono i presidenti che provano a contrastare democraticamente le elite. Non resta che sperare che dopo di lui arrivino i Correa e le Dilma Roussef a segnare il passaggio a un nuovo modo di far politica.

03 marzo 2013

Rinegoziare il debito? L'esempio di Parma

Beppe Grillo spiega che l'Italia deve rinegoziare il debito. Lo dicevano anche a Parma. Ma com'è andata a finire?

Leggete questo articolo tratto da lavoce.info (autore Paolo Scarpa), che fa un bilancio dell'esperienza di quasi un anno di governo a 5 stelle a Parma.

da lavoce.info  autore Paolo Scarpa

Federico Pizzarotti è stato eletto sindaco di Parma al ballottaggio contro il candidato del centrosinistra del 21 maggio 2012 con oltre il 60 per cento dei voti, dopo che al primo turno il Movimento 5 Stelle avevano ottenuto il 19 per cento. Il centrosinistra sulla carta era ampiamente favorito, a causa dello sfacelo provocato dalla giunta precedente di centrodestra, con arresti, scandali e un forte indebitamento del comune.

La vittoria di Pizzarotti è ascrivibile a due cause principali: un bisogno diffuso di discontinuità rispetto alle amministrazioni precedenti di centrodestra e l’errore del centrosinistra nella scelta del candidato. Non insignificante anche il fatto che Pizzarotti fosse giovane, del tutto nuovo alla politica, mentre il suo avversario era il navigato presidente della provincia, politico di professione, sostenuto anche da una parte significativa del mondo industriale.

L’amministrazione Pizzarotti ha iniziato il proprio mandato puntando su un profilo di rigore, unito all’ostentazione di modelli comunicativi sobri. L’idea di città e di amministrazione è vagamente ispirata ai principi della decrescita felice; nella realtà l’amministrazione 5 Stelle ha attuato finora una politica piuttosto avara di proposte innovative o strategiche, concentrandosi soprattutto nella gestione ordinaria.
Sul piano della capacità di governo, Pizzarotti nei primi mesi ha evidenziato una generale impreparazione (per altro prevedibile) sulle questioni amministrative, a cui ha cercato di fare fronte con collaborazioni esterne, estranee a passate esperienze amministrative.

L’annuncio di un rapporto stabile di consulenza con personaggi come Loretta Napoleoni, Maurizio Pallante, Pierluigi Paoletti non ha avuto seguito, mentre la lentezza e alcuni incidenti di percorso nella scelta degli assessori hanno condotto alla formazione della giunta in forte ritardo rispetto ai tempi previsti.
Sul piano politico i 5 Stelle hanno subito escluso ogni alleanza con le altre forze rappresentate in consiglio comunale, preferendo l’autosufficienza e un sostanziale isolamento. La maggioranza 5 Stelle appare solida e coesa, forte di un principio di appartenenza e di fedeltà al Movimento.

La partecipazione democratica dei cittadini, uno dei cavalli di battaglia elettorale del Movimento, si è finora espressa solo tramite alcune assemblee di quartiere, gestite da psicologi-facilitatori, prevalentemente vicini al pensiero del Movimento. Sui temi forti, la giunta sembra invece evitare il confronto diretto con la popolazione: nell’assemblea di presentazione del bilancio, il pubblico non ha avuto diritto di parola. Scarsa anche la ricerca di confronto partecipato con le categorie e con fasce specifiche di popolazione, mentre è intenso invece l’uso del web come strumento di comunicazione politica da parte del sindaco e della giunta.

DAL PROGAMMA AI FATTI
Nei primi mesi la giunta ha rivolto l’attenzione in primo luogo alle misure per fronteggiare il debito del comune e delle aziende partecipate: 840 milioni, di cui circa 200 del comune e 640 delle partecipate.

Non è stata tentata una politica di contrattazione complessiva con le banche, né di rivalsa sui responsabili del debito. Le misure adottate sono costituite da un aumento ai livelli massimi della tassazione locale, addizionale Irpef e Imu, (che hanno fruttato maggiori entrate per 56 milioni contro una diminuzione delle risorse da Stato, Regione, fondazioni per circa 29 milioni), da un aumento massiccio di rette e tariffe e da tagli ai servizi, alle manutenzioni, agli investimenti. Tutto ciò comporta un aggravio sui cittadini, in termini di maggiori tasse e di minori servizi.

Su alcune tariffe la giunta ha tentato di addolcire il carico sulle fasce più deboli con una tariffazione progressiva in base al reddito. Tuttavia, le misure appaiono solo di facciata. Le rette, al centro di proteste da parte delle famiglie, sono aumentate del 20 per cento per i nidi (fino a 650 euro/mese) e del 100 per cento per le materne (sino a 280 euro/mese). Sono bloccate ai minimi solo per i redditi con Isee famigliare inferiore ai 20mila euro l’anno, oltre questa cifra scattano gli aumenti progressivi sino all’importo massimo applicabile già per nuclei con un Isee di 32mila euro.

In campagna elettorale, Pizzarotti aveva promesso che avrebbe rivoluzionato il sistema distorto delle partecipate su cui grava la maggiore parte del debito, costruito dalla passata amministrazione per aggirare la legge di stabilità e i vincoli di controllo. Di fatto, però, è stato mantenuto il sistema preesistente. E il castello delle partecipate rischia ora di saltare: per il 26 marzo è attesa la decisione del tribunale sul fallimento di una delle più importanti, Spip, che appartiene a sua volta alla Holding Stt (a totale controllo pubblico), con un concreto rischio di effetto domino su tutto il sistema e sulla credibilità del comune verso le banche. Pur nella situazione di incertezza attuale, la giunta ha deciso ora di trasferire a una partecipata già fortemente indebitata (Parma-infrastrutture) tutto il pacchetto delle competenze dei lavori pubblici, che potrebbe configurarsi come un’anticamera per la liquidazione anche di quel settore.

Una parte significativa del debito del comune è dovuta alla gestione opaca delle passate amministrazioni e il programma del Movimento 5 Stelle prevedeva un impegno nell’individuazione delle responsabilità, per il momento però Pizzarotti sembra evitare una politica di verità sul passato (salvo l’apertura di una commissione d’inchiesta limitata all’affare “public money”), delegando la questione solo alle indagini della magistratura. Questo rende sostanzialmente impossibile ogni tentativo, anche solo simbolico, di recupero di risorse pubbliche distratte a favore di interessi privati.

Altro tema centrale della campagna elettorale è stata la vicenda del termovalorizzatore. Il Movimento 5 Stelle si era impegnato a bloccarne la costruzione, ma il comune non ha emanato alcun provvedimento e la sua realizzazione procede, in attuazione di un piano provinciale del 2005. Secondo quanto annunciato da Iren, entrerà in funzione ad aprile.
Intanto, cresce il degrado complessivo dei luoghi pubblici, per carenza di cura e manutenzione. Piazzale della Pilotta (prospiciente il palazzo farnesiano) di Mario Botta ne è l’esempio principale. E anche altri piccoli segnali contribuiscono a un quadro complessivo di fatiscenza: le fontane della città sono state spente, eliminate le risorse per cancellare i graffiti dai muri.

Risulta in aumento la cosiddetta microcriminalità, mentre i piccoli esercizi commerciali del centro storico vivono una crisi profonda: oltre 120 attività hanno chiuso i battenti nel corso degli ultimi mesi. Non sono previste politiche specifiche sulla sicurezza, né misure a difesa del commercio, mentre i negozianti lamentano di essere ulteriormente penalizzati da nuove norme restrittive.

La giunta Pizzarotti finora non ha dato corso anche ad altri “punti forti” proposti dal Movimento in campagna elettorale. Per esempio, al centro del programma c’era il “consumo zero di suolo”. Tuttavia, la giunta ha già approvato numerosi piani attuativi di espansione edilizia ereditati dalla precedente amministrazione, e non sono state avviate forme di pianificazione urbanistica alternativa.

Gli sforamenti dei limiti massimi di concentrazione per polveri sottili (Pm10) dovuti a traffico automobilistico restano stabilmente al di sopra della norma. Il problema è stato finora affrontato solo con misure palliative dimostratesi inefficaci (alcuni blocchi del traffico), mentre non sono state poste allo studio politiche strutturali sulla mobilità.
Per la prima volta nella sua storia, poi, Parma rinuncia a una stagione concertistica e la lirica è di fatto esangue. Nonostante l’incarico di amministratore del Teatro Regio affidato a Carlo Fontana, non vi sono prospettive chiare, e forse neppure i soldi stanziati dal Governo per il bicentenario verdiano riusciranno a dare ossigeno a un teatro indebitato che produce pochi spettacoli e di livello inferiore alla sua tradizione.

EVOLUZIONE DEL CONSENSO
Le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio hanno visto un consistente successo del Movimento 5 Stelle anche a Parma, dove ha ricevuto il 28 per cento dei voti. È il segnale che il consenso del Movimento è in crescita, anche se non è automatico collegarlo alla specifica azione della giunta locale. Verso la quale anzi si registrano numerosi segnali di insofferenza e di disagio, in modo particolare per l’inerzia decisionale e di proposta di fronte alla crisi strutturale della città, oltreché sulle questioni specifiche che segnano una distanza tra quanto indicato in campagna elettorale e gli atti finora realizzati.

01 marzo 2013

GB: ci sono riusciti!

I paesi che hanno adottato politiche di austerità - ha scritto Paul Krugman nel suo ultimo libro - lo hanno fatto perché costretti.

Tutti, eccetto uno. Il governo britannico di David Cameron ha scelto spontaneamente la politica di austerità, "nel timore di perdere la fiducia" e di andare incontro a "tassi di interesse più elevati, più fallimenti, un forte incremento della disoccupazione, e potenzialmente anche ..la fine della ripresa" come ha dichiarato il cancelliere dello scacchiere Osborne.

Un programma di tagli alla spesa, dunque, nonostante altrove (USA, Giappone) i tassi fossero bassi in presenza di deficit elevati. E fiducia di imprese e consumatori in calo, nonostante le misure prese proprio per evitare che essa diminuisse.

Venerdì scorso il calo della fiiducia e delle prospettive di crescita è stato sancito da Moody's. L'agenzia di rating americana ha declassato la Gran Bretagna. Il rating del debito pubblico britannico non è più AAA.

L'austerità doveva salvaguardare la fiducia e invece ha prodotto l'effetto opposto.

Link Interni

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...