29 dicembre 2014

Questione di valori

A volte ho la sensazione che le scelte economiche dipendano molto dai valori di chi decide.

Prendete per esempio la questione della sanità negli USA: l'idea che la sanità sia un servizio che solo alcuni possono permettersi tira in ballo valori profondi. Sapere che il proprio vicino o collega potrebbe avere enormi problemi di salute e economici a causa di una malattia improvvisa o che noi stessi potremmo trovarci nelle stesse condizioni è un'idea che altrove nel mondo sarebbe insopportabile.

Negli USA invece l'idea è sopportata. Che ciascuno debba pensare a se stesso e peggio per chi non ce la fa, è la norma, molti condividono i valori americani, molto diversi da quelli degli europei.

Anche da noi gli esempi non mancano. A ottobre la pioggia ha causato molti danni a Genova e in Liguria, colpendo soprattutto case e negozi. Un mese più tardi s'è disputata Italia-Albania, amichevole tra nazionali di calcio, gicoata a Genova per dare una mano agli alluvionati.

C'è voluto un mese e diverse lettere e telefonate per indurre la Federcalcio che ha organizzato la partita a decidere di dare una parte dei soldi agli alluvionati. Il regolamento della Federcalcio prevedeva di poter usare i soldi soltanto per ripristinare gli impianti sportivi danneggiati dall'alluvione.

Niente soldi alle persone, alle attività produttive, a chi ha perso la casa o l'auto (ma poi hanno cambiato idea). Com'è possibile?

Questione di valori: evidentemente la Federcalcio si considera un mondo a parte, indifferente a quel che succede ai comuni mortali, se non fanno parte del mondo del calcio. Lavorano solo per se stessi e nessuno si ribella.

Non è strano, se ci pensiamo: l'Italia è piena di persone, associazioni, partiti ecc che pensano che i propri valori, i propri interessi, i propri progetti siano prevalenti e separati da quel che succede nel resto d'Italia.

Ed è per questo che spesso le scelte di un paese sono irrazionali e producono effetti poco piacevoli.

24 dicembre 2014

Premio IgNobel all'ISTAT

Il premio Nobel per l'economia si assegna agli studiosi che, attraverso le loro teorie, hanno spiegato come funziona l'economia.

C'è il rovescio della medaglia: il premio IgNobel, assegnato a Harvard con cerimonie scherzose a chi ha pubblicato ricerche divertenti e inutili, a chi ha fatto scelte ridicole.

Nel 2014 il vincitore è l'istituto italiano che si occupa di statistiche, l'ISTAT "per aver preso orgogliosamente l’iniziativa di adempiere al mandato dell’Unione Europea di aumentare l'entità ufficiale della propria economia nazionale, includendo nel calcolo del PIL i guadagni ottenuti da prostituzione, commercio illegale di droghe, contrabbando e tutte le altre operazioni finanziarie illecite che avvengono tra persone volontarie".

19 dicembre 2014

Fine del TARP, con guadagno

Vi ricordate il TARP? Era il 2008, Lehman Brothers era appena fallita e la fiducia nel sistema bancario-finanziario era crollato come i prestiti. L'amministrazione Bush, che aveva molto da farsi perdonare, decise di prestare oltre 700 miliardi di dollari alle imprese americane più importanti che rischiavano di non avere credito, con gravi conseguenze economiche.

Le cronache raccontano che il ministro del Tesoro e il governatore della banca centrale di New York misero attorno a un tavolo gli amministratori delle principali banche e assicurazioni americane, imponendo loro di accettare i prestiti. In caso contrario avrebbero rischiato di non ricevere aiuti, in caso di necessità.

Con il TARP gli USA riuscirono a ridurre l'impatto negativo del fallimento di Lehman Brothers, evitando il fallimento di altri colossi bancari e assicurativi.

Ora il TARP sta giungendo al termine. Molte imprese hanno restituito in fretta i prestiti per evitare le conseguenze negative delle regole imposte a chi ha ricevuto i soldi, altri hanno ricevuto i soldi in cambio di azioni, che ora il governo americano sta finendo di vendere.

E ci guadagna! Finora il bilancio è positivo per oltre 15 miliardi di dollari, come spiega la CNN.

Somma che non tiene conto dei vantaggi indiretti, vale a dire delle mancate perdite per imprese, occupazione e fisco derivanti dal mancato contagio delle imprese finanziate dal TARP. Non è tantissimo, equivale allo 0,1% del PIL americano, ma è più che sufficiente per dire che ne è valsa la pena: lo Stato che salva le imprese non fa il male dell'economia.

18 dicembre 2014

Innovazione?

Guardando un pezzettino di Announo, ho notato una giovane partecipante, chiaramente con idee politiche di centrodestra, che si dà molto da fare per sostenere le sue idee. Vado a cercare notizie e trovo che si definisce (vedi qui) esperta di marketing, che collabora con l'Istituto Bruno Leoni, fa parte del Tea Party italiano e elenca le sue esperienze lavorative.

C'è un solo link che rimanda a un video su Youtube che illustra la "realtà concreta" del "più giovane imprenditore italiano", che si è regalato l'azienda appena dopo aver compiuto 18 anni, con 20 giovani, "una squadra vincente" e via discorrendo. In quest'altro articolo il giovane imprenditore, che nel frattempo da Genova s'è spostato a Torino, parla di soldi che molti sarebbero disposti a investire. Promette assunzioni e un'ampliamento internazionale dell'azienda. Ma non perde l'occasione per fare qualche affermazione "politica" sul tema del lavoro.

Come si chiama l'azienda del Bill Gates italiano (come viene definito nel video)? Innit.

L'avete mai sentita nominare? Io no. Su internet non esiste neanche un sito. Come può un'azienda innovativa gestita da giovani non avere un sito internet?

Semplice: l'azienda del Bill Gates nostrano non esiste più, come racconta questo articolo del Secolo XIX che lancia il sospetto che qualcuno sia fuggito con i soldi, mentre il giovvane imprenditore italiano ammette che l'azienda non ha mai fatto utili.

Ma forse ha fatto bene a qualche giovane esperta di marketing che in tv e su internet ci spiega la sua filosofia liberista.



17 dicembre 2014

Il crollo del petrolio..e di altri

Da diversi giorni le borse europee registrano forti ribassi (e qualche rialzo) in un contesto decisamente instabile. Colpa del prezzo del petrolio, sceso repentinamente, che mette in allarme i mercati.

I calo del petrolio ha vari effetti, molti (ma non tutti) negativi.

L'aspetto positivo è sul prezzo dell'energia, che diminusce. Avere benzina o gasolio a buon mercato è una buona cosa per i consumatori europei e americani, che possono spendere di più per viaggiare o per comprare altri beni e servizi, e per le aziende automobilistiche e le compagnie aeree.

Molti di più gli aspetti negativi.

Il crollo del prezzo del petrolio mette in crisi diversi Stati, le cui entrate dipendono in buona misura dalla produzione di petrolio. Se si riducono le entrate, aumenta il rischio di fallimento di paesi come Russia o Venezuela, con diverse conseguenze: i titoli stato emessi dai paesi in crisi diventano molto rischiosi, chi li possiede se ne libera e chi li sottoscrive chiede tassi più alti.

La crisi dei titoli di stato e anche delle azioni di paesi come la Russia rischia di colpire l'occidente sul piano finanziario, perché banche e fondi possiedono titoli russi e hanno prestato soldi a imprese e governi che oggi rischiano di diventare insolventi e attraverso un calo della domanda di beni occidentali da parte dei paesi produttori di petrolio, che importano beni di consumo, soprattutto di lusso per soddisfare la domanda delle ricche elite, e beni strumentali.

Il calo del petrolio deprime gli investimenti delle società petrolifere, ma anche delle società che investono nelle energie alternative, il cui prezzo sale rispetto al prezzo delle fonti energetiche provenienti dal petrolio.

Il calo degli investimenti delle aziende dell'energia viene percepito in modo molto negativo dai mercati perchè deprime economie deboli, che con un calo degli investimenti rischiano di diventare ancora più deboli o di cadere in recessione.

Le vicende petrolifere peggiorano gli scenari politici, aumentando il rischio di futuri conflitti tra paesi che oggi si fanno la guerra a colpi di prezzi del petrolio.

Infine c'è una conseguenza all'apparenza positiva: il calo dei prezzi provocato dal calo del petrolio. Se vivessimo in economie a rischio inflativo, un calo del prezzo del petrolio sarebbe accolto con entusiasmo dai mercati, perchè vorrebbe dire far scendere l'inflazione. Ma oggi l'Europa soffre per il rischio deflazione. Un calo dei prezzi non è visto di buon occhio.

15 dicembre 2014

Weidmann

Parole imcredibili quelli di Jens Weidmann, il presidente della BCE, ovvero il rappresentante della Germania in seno alla banca centrlae europea.

Il conservatore Weidmann spiega che è sbagliato comprare titoli di stato perchè ciò stimolerebbe l'indebitamento degli stati.

Tesi difficile da condividere e non solo perchè il debito aumenta, sì, ma nei limiti stabiliti (il famoso vincolo del rapporto deficit/PIL impone un limite all'indebitamento annuo e quindi alla crescita del debito pubblico).

Ci sono anche altre ragioni. Acquistare titoli del debito significa far scendere i tassi e quindi la spesa (pubblica) per interessi. E il debito, è bene ricordarlo, è sostenibile fino a quando alle aste si presenta qualcuno a comprare i titoli di stato emessi.

Se i tassi di interessi fossero alti la spesa pubblica sarebbe alta e i dubbi di sostenibilità del debito spingerebbero molti potenziali acquirenti dei titoli pubblici a disertare le aste, anche solo per prudenza, per evitare di sottoscrivere titoli troppo rischiosi (rischio e rendimento di solito sono legati).

La tesi di Weidmann sono poco condivisibili anche da un punto di vista teorico, come spiega questo articolo.

Il presidente della BCE ha in mente un irrealistico modello concorrenziale nel quale quando cambia qualcosa per effetto di una decisione politica, si innescano una serie di reazioni che tenderebbero a annullare o a ridurre fortemente l'effetto positivo sull'economia. Ragion per cui sarebbe inutile o magari anche controproducente cercare di influenzare un'economia che funziona bene solo quando è libera da decisioni politiche.

L'economia in realtà non funziona così e gli acquisti di titoli pubblici, come spiega l'autore dell'articolo, possono influenzare positivamente l'economia, checchè ne pensino i conservatori tedeschi.


12 dicembre 2014

Giallo FCA

Qualche settimana fa Marchionnne, illustrando i dati del gruppo Fiat-Chrysler, spiega che nel 2015 Ferrari sarà quotata alla borsa di New York. In un attimo il prezzo delle azioni di FCA (Fiat-Chrysler) schizza impazzito verso l'alto chiudendo la seduta di borsa con un incremento record. Contemporaneamente si annunciano altre operazioni che riguardano il titolo, tra cui l'emissione di obbligazioni che nel 2016 verrà pagato in azioni del gruppo e l'emissione di azioni nel mercato americano.

Da quel momento inizia un piccolo rally in borsa per il titolo FCA, che sale in poche settimane da poco più di 7 euro a oltre 11.

Nei giorni scorsi FCA spiega che le azioni verranno emesse a 8,80 euro e il titolo FCA dagli oltre 11 euro inizia a scendere verso quota 8,80.

Ma prima che si diffonda la notizia del prezzo di emissione qualcuno inserisce un ordine di vendita di un gran numero di azioni FCA.

La Consob indaga, ma pare certo che al di là di eventuali comportamenti scorretti, il mercato azionario è dominato  dagli speculatori che fanno salire e scendere i valori con estrema facilità e realizzando enormi profitti.

10 dicembre 2014

Perle di Benetazzo

Qualche giorno fa il blog di Grillo ha ospitato un articolo di Eugenio Benetazzo, presunto esperto di economia, che come al solito ha descritto un'Italia al limite del fallimento e un futuro molto negativo.

Benetazzo s'è fatto una fama proprio predicando disastri. Ma i disastri si realizzano?

Ecco qualche perla, trovata cercando tra i suoi interventi.

- Nel 2011 prevede un'imposta patrimoniale tra il 3 e il 5% per ridurre il debito pubblico di 400-500 miliardi:urge una manovra consistente volta al risanamento dei conti pubblici non per 30/40 miliardi di Euro come abbiamo avuto modo di sentire dall'esecutivo in questi ultimi periodi, ma notevolmente più consistente, 400/500 miliardi di Euro  - Il debito pubblico americano sarebbe pari al 300% del PIL, come scrive qui, il triplo del vero.
- Dal 2008 poi Benetazzo sostiene almeno dal 2008 l'idea che si debba creare una seconda moneta nell'area euro e magari anche una terza. Siamo nel 2014 e l'idea resta senza seguito. 
La disastrosa economia statunitense provocherebbe la fuga dal dollaro: Banche centrali, fondi, società di investimento e grandi speculatori stanno scappando in silenzio da questa valuta, considerandola ormai molto insicura ed instabile.  Con la conseguenza a dire di Benetazzo che !in molti cominciano a profetizzare che non rivedremo mai più il rapporto euro/dollaro sotto 1.20"e quindi sconsiglia di comprare titoli in dollari: "si consiglia perciò di posizionarsi su strumenti, azioni e fondi quotati in dollari americani."  Inutile dire che noostante la crisi il dollaro resta forte. Le affermazioni di Benetazzo (trader indipendente, si definisce) dimostrano ingenuità perchè da sempre il dollaro è una moneta comprata quando l'economia va male. Un catastrofista come lui avrebbe dovuto consigliare il dollaro, invece del contrario.  Catastrofismo che lo porta a dire che il petrolio salirà (vedi qui) perchè s'è già raggiunto il picco di produzione. Altra tesi sfortunata e contraddittoria per un catastrofista, perchè se l'economia va male, la domanda scende e con essa il prezzo del petrolio.  Insomma un disastro o quasi, tesi bizzarre di un personaggio a cui Grillo s'è affidato per spaventarci un pò, con la tesi che presto arriverà la troika. Tesi credibile solo per chi non s'è ancora reso conto che lo spread non è a 500 ma a 140.   



07 dicembre 2014

Con gli immigrati si guadagna ...

La settimana scorsa Roma è stata sconvolta dallo scandalo della mafia autoctona, criminali guidati da un neofascista che manipolava appalti e distribuiva tangenti.

Uno degli arrestati è stato intercettato mentre spiegava che gestendo gli immigrati guadagnava più che col traffico di droga. Com'è possibile?

Un'idea ce l'avrei e provo a spiegarla.

Immaginate di dover fare un viaggio in auto. Il viaggio ha un costo: benzina, autostrada, oltre a i costi generali delle auto come assicurazione, bollo, manutenzione. Ipotizziamo che il costo sia 30 euro.

Se aggiungete una persona in auto, spenderete qualcosa in più (consumerete un pò di più). Diciamo 32 euro. 2 euro è il costo di una persona in più in auto. Ora immaginate di dare un prezzo al viaggio in auto, un pò come succede con blablacar: per un viaggio di 150 km vi chiederanno 10 euro, anche se il costo per trasportare una persona in più in auto è di 2 euro. Chi offre il passaggio, fa pagare all'ospite parte dei costi che sosterrebbe in ogni caso, facendo il viaggio.

Se il conducente trasporta 4 persone e ognuna costa 2 euro, i costi totali salgono a 38 euro (30 per il viaggio, 2 per ciascuna persona in più). Se ciascuno paga 10 euro, il proprietario dell'auto viaggerà gratis, anzi si mette in tasca 2 euro. Se potesse portare altre persone, lo farebbe perchè gli conviene.

Ora cosa succede con gli immigrati? Lo stato si convenziona con un soggetto esterno che gestisce il centro di accoglienza e paga una retta giornaliera per ogni persona ospitata.

Buona parte dei costi sono indipendenti dal numero delle persone ospitate (30 euro nel caso dell'auto), altri invece variano col numero degli ospiti (2 a testa nel caso dell'auto).

Ma lo stato invece di pagare 30 euro più 2 per ogni ospite in più (più magari qualcosa per dare un profitto a chi gestisce il servizio) paga 10 euro a persona. Chi gestisce il servizio ha interesse a aumentare gli ospiti della struttura perchè ogni ospite in più garantisce un margine elevato (spende 2 euro e ne incassa 10).

C'è qualcosa che non va nel modo di pagare chi gestisce i centri di accoglienza. Un metodo sbagliato che stimola le truffe e attira i furbetti (e i delinquenti). 


06 dicembre 2014

Napoli calcio

Sono usciti i dati di bilancio del Napoli calcio nella stagione 2013-14, una stagione interessante perchè il Napoli ha rivoluzionato la squadra, cedendo per una settantina di milioni un giocatore importante come Cavani e l'ha sostituito con alcuni altri giocatori pagati complessivamente la stessa cifra.

La vendita di Cavani ha fatto impennare i ricavi, saliti a 237 milioni di euro dai 151 dell'anno precedente. Ma di questi 237 milioni quasi 70 sono plusvalenze, cioè guadagni derivanti dalla vendita di Cavani e di un altro calciatore. Una somma molto rilevante, ma una tantum.

I diritti televisivi della serie A ammontano invece a 64 milioni, circa 2/3 di quanto incassa la Juventus. I biglietti venduti per le partite allo stadio contribuiscono al bilancio per oltre21 milioni, circa la metà della Juventus.

Ma la vera differenza con la squadra più popolare d'Italia è negli sponsor: Acqua Lete, il principale sponsor, versa al Napoli 6 milioni, circa un terzo di quanto versa Jeep alla Juventus mentre Macron, lo sponsor delle magliette, paga meno di 2 milioni. La Juventus dalla prossima stagione otterrà quasi 30 milioni dai tedeschi di Adidas.

C'è poi il capitolo costi: il Napoli ha sostituito Cavani con Higuain e poi ha comprato i vari Callejon, Albiol, Mertens e ciò ha fatto impennare sia il monte stipendi, passato da 64,6 a 83,6 milioni (aumento di quasi il 30%) sia gli ammortamenti, passati da 35 a 59,3 milioni, a livelli di squadre con incassi molto più elevati (la Juventus registra ammortamenti di circa 60-61 milioni).

Un aumento dei costi di oltre il 40% che potrebbe creare problemi in futuro, visto che le entrate sono aumentate soprattutto grazie a voci una tantum. Senza la partecipazione alla Champions League e senza plusvalenze da cessione di calciatori, il Napoli rischia di chiudere la stagione in corso con una perdita. La prima dopo 7 anni di utili, impiegati per lo più per alimentare riserve da usare per coprire perdite future.

04 dicembre 2014

Referendum in Svizzera

Lo scorso week end si sono tenuti in Svizzera tre referendum, fortunatamente bocciati dalla popolazione.

Il primo referendum riguardava l'immigrazione: si voleva limitare il numero di stranieri che possono lavorare in Svizzera. La ragione del referendum, o meglio la scusa, è ecologica: le risorse in Svizzera sono limitate e per questo occorre limitare gli stranieri che lavorano nel paese.

Il secondo referendum era sul regime fiscale privilegiato, che riguarda circa 5500 stranieri, che portano in Svizzera, dove trasferiscono la residenza, parte del loro ingente patrimonio e possono accordarsi per un'imposta forfettaria, calcolata non sul reddito ma sul tenore di vita. In pratica si calcola ciò che presumibilmente una famiglia consuma e si calcola di conseguenza l'imposta.

In questo modo la Svizzera importa capitali che aiutano non poco l'economia e incassa -a spese di altri stati- un'imposta bassa in percentuale ma molto utile a riempire le casse statali, con indubbi vantaggi per gli svizzeri, che grazie a tale entrata, pagano meno imposte.

Perchè gli svizzeri avrebbero dovuto rinunciare a tali vantaggi?

Infine c'era un assurdo referendum sull'oro della banca centrale: si proponeva di riportare in Svizzera tutto l'oro della banca centrale e di vietare in futuro la vendita di tale oro, aumentando le riserve auree della banca centrale.

Un'operazione costosa e priva di vantaggi: costosa perchè è costoso comprare altro oro, mentre la vendita avvenuta in passato ha regalato risorse usate dagli svizzeri per ridurre il debito pubblico, e priva di vantaggi perchè le riserve di una banca centrale sono composte da dollari, euro, yen e altre monete.

Il legame tra la moneta e l'oro è quasi inesistente da decenni. Gli svizzeri lo sanno e hanno bocciato anche questo referendum.


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