Il PIL probabilmente crescerà nel 2023 grazie all'aumento ereditato dal 2022 ma ogni previsione è peggiore delle precedenti, mentre nel secondo trimestre s'è registrato un calo, compatibile con la produzione industriale, salita solo a maggio e giugno e in calo negli altri mesi dell'anno.
Qualche notizia positiva è arrivata dal turismo a giugno e luglio mentre a agosto, mese tradizionalmente dedicato alle ferie degli italiani, s'è registrato un calo del turismo soprattutto degli italiani, che contenevano le spese di fronte a prezzi in salita di ombrelloni e lettini.
Calano anche il credito alle imprese e le vendite immobiliari, per colpa dei tassi che invece continuano a salire, colpa dell'inflazione che sale meno ma è ancora lontana dall'obiettivo del 2%. L'aumento dei tassi si riflette sui conti pubblici, peggiori del previsto, che mettono a disposizione del governo pochi soldi da spendere per cercare di migliorare la situazione, mentre all'orizzonte si profila qualche grana importante, come quella dell'ex Ilva che chiede invano molti soldi per la riconversione dell'attività produttiva.
Giorgetti è preoccupato per il debito pubblico. Sa che collocarlo significa spendere più dell'anno scorso. E fa bene a spaventarsi anche per la liquidità in calo.
Di chi è la colpa?
Solo in piccola parte della guerra e dell'inflazione provocata dal rincaro delle materie prime. Oggi il prezzo di gas e luce è sceso di almeno il 75% rispetto ai picchi toccati nel 2022. Passata la tempesta tutto sarebbe potuto tornare (quasi) come prima ma sarebbe servita un'iniezione di fiducia e stimoli fiscali per innescare una brusca frenata dell'inflazione.
Il governo ha invece deciso di tagliare imposte e contributi pagati dalle imprese finanziando la spesa con le accise sui carburanti, incurante degli effetti sull'inflazione. Se un'impresa paga meno contributi non è detto ceh trasferisca il risparmio sui prezzi, specie se alcuni dei costi continuano a aumentare e se il fatturato non aumenta per effetto di condizioni economiche in peggioramento. Userà invece il risparmio dei contributi per migliorare i propri conti che stanno peggiorando.
Inoltre perchè i consumatori dovrebbero spendere di più se vedono i prezzi (i carburanti, soprattutto) in aumento? Continueranno a essere prudenti spendendo il necessario.
La domanda quindi diminuisce, anche per effetto della fine del reddito di cittadinanza e del superbonus edilizio, e questo causa un peggioramento dell'economia. Non compreso dal governo, che invece stimola la produzione di beni e servizi e non fa niente per aumentare le certezze economiche degli italiani.
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