Dalla pagina Facebook di Keynes 2.0 (vedi qui)
Il Prof. Augusto Graziani
ci ha lasciati il 5 gennaio.
Maestro di una intera generazione di economisti italiani è stato
profondo conoscitore e divulgatore delle opere keynesiane. Ci mancherà
il suo spirito critico e la capacità di affrontare l'economia con una originale analisi periodale, non distante da alcune intuizioni di JMK.
AUGUSTO GRAZIANI
Nasce a Napoli da una famiglia ebraica originaria di Modena, figlio del
giurista Alessandro Graziani e nipote dell'economista Augusto Graziani
(1865-1944), entrambi docenti a Napoli.
Consegue la laurea in
economia e commercio presso l'università "Federico II" di Napoli
proseguendo successivamente i suoi studi prima alla London School of
Economics e poi all'Università Harvard in Massachusetts, USA.
Nel
1962 diviene professore di economia politica presso l'università di
Catania. Nel 1965 è professore di politica economica presso l'università
di Napoli. Dal 1989 è professore ordinario di economia politica presso
la facoltà di economia e commercio dell'Università "la Sapienza" di
Roma..
Durante la XI legislatura (1992-1994) è senatore della Repubblica nel gruppo del Partito Democratico della Sinistra.
Fu membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, della Società nazionale
degli economisti, dell’Accademia delle scienze di Torino, del consiglio
direttivo della Fondazione Antonio Gramsci e dell’advisory board dello
European Journal of the History of Economics Thought.
Muore a Napoli il 5 gennaio 2014, dopo una lunga malattia.
Il pensiero economico di Graziani
Augusto Graziani è noto per avere elaborato la Teoria del circuito
monetario, di cui è considerato uno dei fondatori e il principale
esponente italiano.
Il metodo di indagine di Graziani si ispira
all'analisi degli antagonismi tra le classi sociali che era tipica degli
economisti classici e di Marx, e che anche Keynes utilizzò nel Trattato
della moneta e in altre opere.[10] Secondo Graziani, infatti, l'accesso
privilegiato alla moneta sotto forma di credito diviene fondamentale
per la distribuzione del reddito tra le classi.
Gli imprenditori
determinano i beni resi disponibili ai lavoratori e, onde perseguire
l'obiettivo di incrementare la ricchezza del cittadino attraverso lo
sviluppo economico, fattori cruciali sono per Graziani la disponibilità
di credito bancario per le imprese, che può limitare la produzione e
l'investimento, e il relativo tasso di interesse, che costituisce una
sottrazione al profitto lordo.
Graziani ritiene altresì giustificato
il consiglio, solo apparentemente paradossale, dato da John Maynard
Keynes durante la grande depressione secondo il quale sia meglio scavare
buche per farle riempire di nuovo piuttosto che lasciare lavoratori
disoccupati.
Non di meno, quando le carenze dell'apparato produttivo
sono profonde e i bisogni collettivi oltremodo insoddisfatti, secondo
Graziani sarebbe grave non vagliare accuratamente ogni spesa e sarebbe
uno spreco non dar vita a una composizione della produzione socialmente
utile e produttiva.
Per Graziani, se si vuole assicurare ai
cittadini la disponibilità reale di specifici beni e servizi, è
insufficiente che il governo operi per il tramite di sussidi e
detassazioni, né è sufficiente che esso semplicemente aumenti la domanda
che rivolge alle imprese. Esso deve piuttosto provvedere in termini
reali a quei beni e servizi, e deve farlo direttamente in natura.
Ne
consegue che, nel pensiero economico di Graziani, è costantemente
manifesta una preferenza a favore di una politica industriale attiva da
parte dello stato.
Per quanto non si possa parlare di una "scuola di
pensiero", sono numerosi gli economisti italiani che hanno tratto
ispirazione dai contributi di Graziani nel campo della teoria e della
politica economica: tra di essi, Riccardo Bellofiore, Emiliano
Brancaccio, Marcello Messori, Riccardo Realfonzo.
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