10 giugno 2018

Grillo e la Ruhr

Uno delle questioni che il governo dovrà affrontare nelle prossime settimane è il futuro dell'ILVA, su cui interviene (a titolo personale, secondo il ministro Di Maio) Beppe Grillo.

L'ILVA ha diversi stabilimenti e 14 mila dipendenti. 11 mila sono a Taranto che trasforma il carbone in acciaio poi trasformato da altri stabilimenti tra cui quello di Genova, dove invece i dipendenti sono meno di 2000.

Grillo non fa proposte precise, ma racconta del caso della Ruhr, dove un gigantesco intervento pubblico ha portato alla chiusura di miniere e di aziende che usavano il carbone e inquinavano acqua, terreni e fiumi. Il risanamento ha portato alla creazione di parchi musei, luoghi di divertimento che oggi Grillo indica come un possibile futuro, insieme a centri di ricerca per studiare "l'energia del futuro", forse dimenticando che Taranto produce altro.

E' possibile chiudere l'ILVA a Taranto con un progetto simile a quello della Ruhr in Germania?

A mio avviso no.

Una prima ragione è che nel caso della Ruhr parliamo di una zona di centinaia di km quadrati, una vera e propria regione industriale, a Taranto (e a Genova) di uno stabilimento, per quanto grande. Il contesto è diversissimo. La Ruhr è nel cuore ricco dell'Europa, nella benestante Germania e a due passi da Francia, Belgio, Olanda. In quel contesto, servito da 1400 km di autostrade, una volta riconvertiti i siti industriali, ripuliti fiumi e terreni, non è difficile trovare visitatori per i musei, per i parchi e investitori per fabbriche ristrutturate e messe a disposizione delle imprese a pochi km da città come Dortmund o Dusselforf.

Taranto invece è stata scelta come sede di una grande acciaieria perché città povera in una regione periferica. Si puntava a creare sviluppo e occupazione in una parte di Italia da cui le persone fuggivano dalla disoccupazione per andare a cercare fortuna nelle grandi. Creare a Taranto attività per il tempo libero, centri di ricerca o fabbriche rischia di essere un flop nella misura in cui si spera di fare arrivare visitatori e investimenti da regioni più ricche o dall'estero, oppure di creare più posti di quelli persi. Inoltre non sarebbe nè semplice nè immediata la riconversione dei lavoratori.

A Genova poi l'altoforno è stato spento più di 10 anni fa nell'ambito di un accordo tra l'ILVA e la Regione Liguria, dopo decenni di morti per inquinamento nel quartiere di Cornigliano. Buona parte delle aree lasciate libere sono state riutilizzate, in una città dove una trasformazione come quella della Ruhr c'è già stata: a partire dalla fine degli anni '80 buona parte dei magazzini inutilizzati del porto antico sono diventati musei, ristoranti, residenze private, sedi di facoltà universitarie.


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