Il 2019 non è solo l'anno dei 500 anni dalla morte di Leonardo e dei 50 anni dalla strage di Piazza Fontana. E' anche l'anno del primo asilo nido, nato in Emilia Romagna grazie a un paio di consiglieri comunali, un democristiano sindacalista CISL, Tonino Rubbi e una comunista e sindacalista CGIL, Adriana Lodi, oggi 86 enne.
I due (Adriana Lodi è stata anche assessore) vanno in Danimarca per un convegno sugli anziani e decidono di proseguire a proprie spese per la Stoccolma, dove ammirarono gli asili svedesi, costruiti a misura di bambino.
Quindi cercarono di replicare il modello a Bologna, dando vita al primo asilo nido, con orari lunghi ma flessibili, con mobili disegnati da architetti che interagivano con esperti dell'infanzia, con corsi appositi per formare il personale.
Dove hanno preso i soldi? penserete voi. Il comune di Bologna decise di rinviare a data da destinarsi la ristrutturazione di alcuni edifici di proprietà. Meglio dare ai bambini asili nuovi, adatti a un progetto educativo ben definito.
Due anni più tardi lo Stato vara una legge che istituisce gli "asili comunali con il concorso dello Stato". Un titolo che da solo spiega perchè solo in alcune parti d'Italia ci sono tanti asili e di qualità.
Adriana Lodi continuò le sue battaglie in Parlamento, rinfacciando a un ministro, che considerava non produttivo l'investimento in asili, gli acquisti di aerei da guerra.
Il ricordo del primo asilo nido italiano, innovativo per progetto educativo, architettura, arredamenti, e così via, suggerisce qualche piccola riflessione.
Il comune di Bologna ha saputo risolvere un problema, l'offerta di servizi alle famiglie, imparando da chi ne sapeva di più, gli svedesi.
Ha fatto delle scelte innovative, e ha saputo trovare i soldi rinunciando a qualcosa.
Non s'è infine preteso, con la Legge sugli asili, che fosse lo Stato a decidere di istituire gli asili. Doveva essere responsabilità degli enti locali, che meglio conoscono i bisogni delle persone.
Non basta una legge e soldi per risolvere i problemi. Serve un impegno quotidiano e magari non solo ordinario di chi crede di poterli risolvere, cambiando l'esistente.
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