16 gennaio 2017

Trump e i lavoratori

Venerdì termina il secondo mandato di Barack Obama, che lascia al suo successore un'America in salute, molto migliore di quella ereditata da George W.Bush: il paese cresce, i conti pubblici sono in ordine e  la disoccupazione è in calo dal 2010. come testimonia il grafico che segue.


Se l'America s'è ripresa e ha continuato a creare posti di lavoro, è anche vero che i redditi degli americani sono cresciuti poco o nulla. S'è aggiunto lavoro mal pagato e questo spiega la cavalcata vincente di Trump, spinto da una forte retorica anti-sistema che ha avuto successo soprattutto nell'America tradizionale, quella degli operai che risentono della concorrenza straniera.

Riusciranno gli operai americani a star meglio durante la presidenza Trump?

Se Trump riuscirà a portare avanti i suoi progetti, riportando in patria qualche produzione, qualche beneficio ci sarà. Il basso tasso di disoccupazione aiuterà a ottenere contratti migliori.

Questa pare la sola ragione per credere in un miglioramento, mentre altri elementi fanno pensare il contrario, a cominciare dal fatto che la maggioranza parlamentare è e resta in mano ai repubblicani, da sempre ostili a fissare salari minimi o vincoli alla libertà delle parti di fissare i salari.

Poi ci sono le scelte di Trump: al ministero del lavoro collocherà un dirigente proveniente da una catena di fast food, mentre altri posti di peso nell'amministrazione spetteranno a uomini provenienti dal mondo dell'alta finanza ovvero persone pronte a pagare male il lavoro pur di massimizzare i profitti, come fa Trump in molte delle sue imprese.

Infine c'è l'Obamacare, che i repubblicani vogliono abolire e sostituire, col rischio per i lavoratori di trovarsi a sopportare spese più alte per assicurarsi.


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