L'esternazione di Moretti delle ferrovie dello stato ha sollevato un vespaio di polemiche, ma andrebbe analizzata con attenzione perché posa il dito su una piaga aperta e oltremodo dolorante.
Da una parte è vero che uno stipendio di 850.000 € è nella norma per l'amministratore delegato di un'azienda che fattura 10 miliardi di Euro, amministratore che, ricordiamo il caso di Livorno, risponde praticamente di tutto ciò che succede sui treni.
Dall'altra parte è parimenti vero che non stiamo parlando di aziende private, ma pubbliche e quindi non solo al manager non è chiesto alcun risultato in termini di utile, ma di solito è lo stato stesso a contribuire al settore. E' anche vero che molti manager di società pubbliche operano in ambiti molto particolari, dove la concorrenza è nulla o impossibile, come la cassa depositi e prestiti o la Consap o la zecca dello stato. Tutti gli amministratori e i dirigenti hanno stipendi altissimi a fronte di basse responsabilità e nessuna aspettativa di produrre utili o gestire in maniera assennata.
E' vero che probabilmente a fronte di una forte diminuzione dei compensi alcuni manager deciderebbero di andarsene, ma forse non tutti, considerato che in Francia o negli Stati Uniti gli stipendi sono mediamente molto più bassi.
Mettere un tetto e legare magari la retribuzione ai risultati sarebbe una buona idea, se solo la politica e le parti sociali non ci mettessero bocca: voi gestireste una società dove non potete in pratica licenziare?
Forse la soluzione sarebbe quella di uscire dalla gestione di società pubbliche, piccole o grandi, e concentrarsi solo su quelle poche aziende strategiche per lo stato e per la sicurezza nazionale, senza che politica o sindacati interferiscano più di tanto.
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