13 giugno 2012

Calcio metafora dell'Europa?

Tempo di Europei e di campagna acquisti, nel mondo del calcio, ma anche di problemi infiniti. Il calcio offre in piccolo un'immagine dell'Europa. Vediamo perché.

La Germania è il paese dei compiti a casa, delle imprese virtuose, forti sui mercati e con bilanci soliti. Volkswagen ad esempio punta a diventare il primo produttore mondiale di auto e una sua squadra, il Bayern di Monaco vince senza debiti, bilanci in rosso e puntando sul proprio vivaio. I dirigenti del calcio tedesco bacchettano gli altri club europei spreconi, sperando che quanto prima decidano di mettere in sesto i conti e giochino alla pari, spendendo solo i soldi incassati da sponsor, tv e allo stadio.

Ma quest'anno il Bayern è uscito sconfitto dalla finale di Champions, battuto dal Chelsea, simbolo di una città, Londra, che attira capitali ed è restia alle regole sulla finanza. I soldi del russo Abramovich sono il silmbolo del capitalismo selvaggio ex sovietico, degli oligarchi che hanno saccheggiato le risorse russe e le hanno portato i soldi lontano dalle insicurezze moscovite, alla ricerca di occasioni di investimento più attraenti e magari esentasse.

Bayern e Chelsea in semifinale hanno superato le squadre spagnole, un tempo simbolo della Spagna arrembante, in gioiosa crescita e oggi travolta dai debiti. Senza un azionista di riferimento, Real e Barça sono guidate da presidenti che si impegnano periodicamente in dure campagne elettorali promettendo ai soci campioni del calibro di Ronaldo, pagati facendo debiti.

Le banche finanziavano le squadre di calcio, stimolate dai politici che controllavano di fatto le casse di risparmio, nella speranza di ricevere i voti dei tifosi. Una mix esplosivo che ha portato le squadre della Liga a accumulare 5 miliardi di debiti, quasi il triplo del fatturato. In Spagna la festa è finita, nel calcio come nell'economia.

E infine c'è l'Italia, come al solito alle prese con la corruzione diffusa e l'individualismo. Presidenti che sono padri-padroni delle loro squadre, incapaci, con qualche eccezione, di programmare il lavoro e tenere i bilanci sotto controllo, alla ricerca di facile consenso quando hanno i soldi e possono comprare qualunque giocatore, costantemente alla ricerca di soluzioni facili, ovvero del calciatore che da solo risolve la partita, come del politico che promette un futuro felice senza sacrifici.


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