Il jobs act non abolisce l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, ma prevede che per i nuovi assunti non si applichi. Non impedisce neanche che impresa e lavoratori si accordino per rispettare l'articolo 18 per i nuovi assunti.
C'è però chi non gradisce. E' il caso di Unimpresa del Lazio, che ha sospeso Trelleborg, multinazionale svedese che produce pneumatici, colpevole di aver fatto un accordo con i sindacati che stabilisce che anche per i neoassunti si applicheranno le stesse tutele previste per i lavoratori che continuano a godere dell'articolo 18.
A detta del presidente di Unimpresa la scelta di Trelleborg viola i principi di solidarietà previsti dal patto associativo.
Vien voglia di chiedersi: quale solidarietà? Derogare alla legge non è vietato, come invece vorrebbe Unimpresa che auspica un intervento del governo per vietare i patti tra imprese e sindacati.
Quindi la richiesta di Unimpresa non ha senso dal punto di vista giuridico, ma neanche dal punto di vista economico. Vorrebbe vietare a un'impresa di offrire migliori condizioni ai lavoratori. Ma cosa direbbe se si imponesse ai lavoratori di offrire ad esempio una maggiore flessibilità degli orari in cambio di uno stipendio più elevato oppure di un maggior numero di assunti?
Certamente Unimpresa si opporrebbe al vincolo che limitasse la libertà delle parti. Però vorrebbe costringere Trelleborg a non esercitare la sua libertà di contrattazione.
E' una visione preoccupante, che nasconde una mentalità perdente, quella secondo cui la concorrenza è una bella cosa purchè non ci riguardi.
Invece come esiste una concorrenza tra imprese che operano nello stesso mercato, così esiste una concorrenza tra le impresa per avere i lavoratori migliori. Concorrenza che può essere utile non solo ai lavoratori ma anche alle imprese.
Unimpresa invece preferisce porre vincoli insensati, forse perchè tra i propri iscritti ha imprese poco competitive che cercano di migliorarsioffrendo meno ai lavoratori invece che puntando a essere più competitive.
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