La notizia della settimana, in campo bancario, è la possibile acquisizione di Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza da parte della maggiore banca italiana e la contemporanea creazione di una bad bank. Cerchiamo di capire cosa succede.
Da tempo le due banche venete sono alle prese con ingenti crediti in sofferenza, destinati a generare enormi perdite che ormai nessun azionista indende coprire con nuovi aumenti di capitale.
La crisi conclamata delle due banche inoltre ha spinto i correntisti, specie quelli che rischiano di subire gli effetti del bail-in, a spostare i soldi presso banche più sicure, che si trovano così ad avere crediti nei confronti degli istituti sofferenti, non potendo questi pagare (se no non sarebbero in crisi).
Ora se una banca perde costantemente capitali a favore di altre e la sua crisi si aggrava, a qualcuno vien voglia di invocare il fallimento, che nella forma del bail in colpisce anche obbligazionisti e correntisti. Per le banche creditrici della banca fallita, il fallimento
significa subire forti perdite, perchè incasserebbero solo una piccola
parte dei loro crediti.
La prima conseguenza è che le banche avrebbero meno soldi da prestare alla clientela, con effetti molto negativi per l'economia. La seconda e peggiore conseguenza è che le banche si rifiuterebbero di lavorare con una banca "sospetta" di un possibile futuro fallimento. In pratica respingerebbero assegni, bonifici e tutte le operazioni compiute dai clienti della banca a rischio e per le quali si creerebbe un credito che potrebbe non essere saldato.
La soluzione della crisi delle banche venete passa quindi dalla vendita delle due banche a Intesa San Paolo, la sola banca disponibile a comprare la rete di vendita, mentre gli ingenti crediti e le relative garanzie resteranno in una bad bank, le cui perdite (le garanzie presumibilmente valgono meno dei crediti concessi) saranno coperte dallo Stato, il solo a poter fornire garanzie all'intero sistema bancario.
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