Nei giorni scorsi è morto Lee Iacocca, novantaquattrenne italoamericano ex amministratore delegato di Chrysler. Figlio di immigrati, Iacocca è un ottimo studente, e dopo aver studiato ingegneria viene assunto dalla Ford. Ma non vuole fare l'ingegnere, preferisce vendere auto. Ha successo e scala uno per uno tutti i gradini della gerarchia in Ford fino a diventare vicepresidente. A quel punto iniziano i guai, perchè il presidente, nipote del fondatore teme di essere messo da parte e inizia a essergli ostile, fino a spingerlo a andarsene.
Così Iacocca approda in Chrysler, la terza casa automobilistica americana che naviga in cattive acque dopo le due crisi petrolifere degli anni 70. L'impennata del prezzo della benzina e la crisi hanno spinto gli americani a abbandonare le grandi auto "made in USA" e a preferire le piccole giapponesi che fino a poco tempo prima nessuno voleva.
Iacocca riesce nell'impresa di salvare Chrysler. Impresa che racconta in un ottimo libro, la sua autobiografia. Libro che merita di essere letto ancora oggi, o forse soprattutto oggi, perchè Iacocca affronta i luoghi comuni del pensiero conservatore americano e li smonta con il punto di vista di chi a certe idee sull'intervento pubblico in economia ha creduto davvero salvo capirne in prima persona i limiti pratici.
Non solo un grande manager, ma anche un uomo che ha saputo mettere in dubbio le proprie convinzioni di repubblicano dopo aver capito che certe idee alla prova dei fatti sono un vero fallimento.
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