16 giugno 2020

Piano Colao e soldi dall'Europa

Il piano Colao mi ricorda il salmone che risale la corrente: un grande sforzo per deporre le uova (poche diventeranno salmoni adulti) e morire, ovvero un insuccesso annunciato.

Perchè si tratta di un insuccesso annunciato? La risposta è nella storia del ponte Morandi. Crollato a metà agosto 2018, quando tra qualche settimana verrà inaugurato il nuovo ponte molti lo indicheranno come un buon esempio del modo di usare i soldi che potrebbero arrivare nei prossimi anni dall'Unione Europea. Ci diranno che tutto è filato liscio, non ci sono stati ricorsi al TAR a frenare l'opera, le voci dissenzienti sono rimaste inascoltate di fronte all'urgenza dei lavori.

Si dimenticherà però che sul ponte, che già diversi anni fa la Confindustria ligure indicava come a rischio crollo, come su tante possibili opere pubbliche, è sempre mancato un accordo tra le forze politiche e che solo l'urgenza ha impedito che chi dissentiva desse battaglia contro l'opera.

Chiedere a Colao, un manager che ha guidato un colosso delle telecomunicazioni come Vodafone, di fare un piano per il futuro dell'Italia senza un accordo degli italiani su cosa fare, è come chiedere a uno chef di suggerire il menù a un gruppo di persone con gusti culinari diversissimi tra loro: ognuno dirà di no a quello che non gradisce e alla fine la cena salta.

I soldi che l'Europa dovrebbe darci per affrontare la crisi rischiano quindi di non essere spesi o di fare una brutta fine. Da una parte ci sono partiti, cioè italiani, che vorrebbero venissero usati a fondo perduto cioè regalati agli italiani senza condizioni. Dall'altro ci sono altri partiti e l'Europa che vorrebbero spenderli per cambiare l'Italia, ma non sono d'accordo sul come. E questo ha reso inutile il piano Colao.

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