04 febbraio 2015

Reverse charge per la grande distribuzione

La grande distribuzione cioè i supermercati sono in subbuglio perchè la legge di stabilità approvata a fine 2014 impone il sistema reverse charge al pagamento dell'IVA.

Con il sistema tradizionale un'azienda compra un bene a 100 euro più IVA (per fare le cose semplici supponiamo che l'iva sia del 20%), vale a dire versa 120 euro al fornitore e, dopo aver trasformato il bene, lo rivende supponiamo a 150 euro più IVA del 20%, cioè a 180 euro.

Ha preso un bene che costava 100 e l'ha rivenduto a 150. Ha quindi aggiunto valore per 50, su cui paga un'IVA del 20%. Il 20% di 50 è 10 euro, da pagare allo stato.

Detto in altro modo ha incassato 150 euro per il bene più 30 di IVA dopo aver speso 100 euro per il bene più 20 euro di IVA. I 30 euro sulla vendita sono un debito verso lo stato, mentre i 20 euro sugli acquisti sono un credito verso lo stato. Il saldo è 10 euro dovuti allo stato.

Quando noi andiamo al supermercato e acquistiamo qualcosa, paghiamo l'IVA, ma il supermercato versa allo stato solo la parte relativa all'incremento di valore generato dal supermercato. Se paghiamo un pacco di biscotti 2 euro più IVA e il supermercato l'ha pagato 1,20 più IVA, il supermercato versa allo stato soltanto l'IVA sul valore che ha creato, cioè su 80 centesimi.

Un'altra parte dell'IVA è pagata dal produttore di biscotti, che compra farina, uova, latte ecc. e li usa per produrre i biscotti. Un'altra parte ancora è pagata dalle aziende che forniscono il produttore di biscotti, un'altra ancora dai loro fornitori e così via.

Questo spezzettamento dell'IVA, pagata dalle varie aziende della catena produttiva, aiuta l'evasione dell'imposta e complica il lavoro dello Stato che dve controllare le dichiarazioni: più sono i soggetti da controllare, maggiore è il rischio che qualche passaggio sfugga e che qualcuno faccia il furbo.

Il principio del reverse charge cambia il sistema: il supermercato incassa l'IVA e lo versa, senza detrarre l'IVA sugli acquisti.

Con quali conseguenze?

Il supermercato incassa l'IVA dal cliente e poche settimane dopo deve versarla allo Stato, mentre con il regime tradizionale ne versa una parte allo Stato e una al fornitore. A quest'ultimo presumibilmente le fatture vengono pagate più tardi del debito verso lo Stato.

Quindi i supermercati finiscono, col reverse charge, per pagare prima una parte dell'IVA incassata, perdendo liquidità.

Il fornitore del supermercato invece si trova a ricevere le fatture con IVA dai propri fornitori, maturando quindi un credito verso lo Stato. Ma quando vende il prodotto finito al supermercato, la fattura è senza IVA. Quindi si troverà a avere ampi crediti verso lo Stato che recupererà dopo molto tempo.

Quindi a meno che lo Stato permetta ai fornitori della grande distribuzione di compensare il credito delle imprese con altri debiti, come ad esempio il debito previdenziale, i fornitori si troveranno a fare i conti con cospicui crediti e con la necessità di trovare altre fonti di finanziamento.

Ma anche i fornitori dei fornitori potranno subire le conseguenze del reverse charge: i loro clienti potrebbero ritardare il più possibile i pagamenti o chiedere sconti ai fornitori per rifarsi delle perdite nei rapporti con il fisco.

Insomma il reverse charge se semplifica la vita dello Stato che può ridurrre l'evasione, la complica a molte imprese.

Grazie William per la collaborazione.


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