Anche quest'anno la preparazione del bilancio dello Stato per il 2018 crea qualche preoccupazione per l'IVA. Il governo annuncia che non aumenterà, ma i giornali spiegano che l'aumento è solo rinviato al 2019.
Cosa succede veramente?
In realtà è tutto abbastanza semplice. Proviamo a spiegarlo.
Qualche anno fa di fronte a conti pubblici traballanti, un governo (se non sbaglio il governo Berlusconi con Tremonti ministro dell'economia) rassicurò i partner europei introducendo le cosiddette clausole di salvaguardia. Lo Stato si impegna di fatto a alzare alcune aliquote (relative all'IVA ma anche alle accise sui carburanti) nel caso di necessità. E' un pò come se lo Stato dicesse: se i conti non tornano, mi impegno a far pagare più soldi ai cittadini italiani.
In realtà però lo Stato non scrive una norma del tipo "se succede che ...allora..." ma stabilisce che a partire da una certa data le aliquote aumenteranno. Poi controlla i conti e se sono a posto, ovvero se il deficit è nei limiti previsti, decide che gli aumenti previsti non ci saranno. E lo fa in modo semplice: cambiando la data del previsto aumento delle aliquote. In questo modo le clausole di salvaguardia restano attive, come l'obbligo di vigilare sui conti pubblici e gli impegni verso l'Europa.
Qualche giornalista alla ricerca dello scoop o male informato può così annunciare che l'IVA aumenterà dal 2019, che la paura di una stangata di imposte è solo rinviata. Un allarme insensato: se si tengono sotto controllo le spese e l'economia cresce e con essa le entrate fiscali, l'aumento dell'IVA è destinato a restare sulla carta.
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