06 ottobre 2018

L'anno che verrà - Il reddito di cittadinanza

Primo articolo di una serie che spero (per ragioni di tempo, la fattura elettronica incombe...) di riuscire a pubblicare prima della fine dell'anno sulle misure contenute nella finanziaria per il prossimo anno. In questi articoli cercherò di esaminare i provvedimenti facendo ogni sforzo per rimanere il più possibile obiettivo.

Primo articolo sul reddito di cittadinanza.

Trattando il reddito di cittadinanza non si può fare a meno di partire dalla filosofia del provvedimento, che, nelle intenzioni degli estensori sarebbe di combattere la povertà. Innanzitutto bisogna premettere che c'è già in Italia un provvedimento in questo senso: il REI (Reddito di inclusione), come spiegato qui sul sito dell'INPS. Si tratta di un provvedimento assolutamente minimale per poveri assoluti (quindi ben al di sotto della soglia di povertà relativa) per i quali sono previsti relativamente pochi fondi (circa 2 miliardi di Euro, comunque). Quindi una scelta logica sarebbe stata di potenziare il REI ampliandone gradualmente beneficiari e fondi. Il REI viene gestito non dai centri dell'impiego, ma dai servizi sociali dei comuni.

Il reddito di cittadinanza, invece, sarà gestito dai centri dell'impiego, ragguagliando il reddito dei richiedenti a 780 €/mese e in contropartita bisognerà eseguire lavori socialmente utili per i comuni di residenza e accettare le offerte di lavoro "congrue" e non troppo distanti dall'abitazione. Inoltre verrà erogato su bancomat e potrà essere speso solo per determinati beni, anche se attualmente non si sa né chi né come saranno fatti i controlli ex post.

Quindi il reddito di cittadinanza non si propone di essere semplicemente un sussidio, ma presuppone il reinserimento nel tessuto lavorativo del soggetto richiedente. E' interessante notare che, pure essendoci nella storia del nostro paese cassa integrazione per disoccupati (prima, poi sostituita dalla NASPI, ora pare resuscitata...) mai si è pensato a un tale sussidio universale e forse sarebbe bene chiedersi "perché?".

Iniziamo l'analisi.

In Italia la disoccupazione e la povertà non sono uniformemente distribuite, così come l'occupazione. Innanzitutto non è detto che tutti cerchino lavoro: se non lavoro e non lo sto cercando, non sono disoccupato, ma semplicemente "inoccupato", ecco una mappa tratta da "Repubblica"
. Poi, è interessante anche quella della disoccupazione:
e infine quest'altra interessante mappa sul lavoro "nero":
.

Dalla sovrapposizione di queste mappe si evince chiaramente che quello della disoccupazione in Italia non è un problema generalizzato, ma un problema enorme del mezzogiorno: si va dall'estremo di alcune province del nord in piena occupazione (anche oltre la piena occupazione) a province del sud con disoccupazione vicina al 30%, altissimo numero di inoccupati e altissima incidenza del lavoro nero.

La prima considerazione ovvia è che il reddito di cittadinanza è una misura essenzialmente per il sud d'Italia, dove sono evidenti i seguenti rischi:

1. Cosa impedirà a chi ora lavora "in nero" di percepire anche il sussidio? I richiedenti saranno concentrati nel sud d'Italia quindi come controllare? Quanti controllori serviranno? Ricordiamoci che le "manette" minacciate sono difficilmente attuabili: si pensa davvero di riuscire a fare centinaia di migliaia di controlli e mandare in galera (per 6 anni... ohibò... nemmeno per omicidio colposo...) migliaia e migliaia di persone?

2. I richiedenti dovrebbero ricevere 3 offerte dai centri dell'impiego compatibili con le proprie abilità, da ciò si desume che i centri dell'impiego agiranno su base provinciale (o regionale). Ma come potranno arrivare 3 offerte da regioni dove attualmente si arriva oltre il 20% di disoccupazione e non ci sono aziende che assumono (tecnicamente manca la domanda di lavoro). Se già ci fosse un unico centro per l'impiego nazionale allora forse le cose andrebbero un po' meglio, ma comunque si dovrebbe mettere un conto un consistente flusso di migrazione da sud verso nord.

3. Come riformare i centri per l'impiego perché offrano formazione e offerte di lavoro? E' evidente che il problema sarà massimo al sud, dove però non ci sono imprese che assumono. I centri per l'impiego rischiano di diventare dei centri per il sussidio.

4. Chi si prenderà la responsabilità di revocare il sussidio se il beneficiario non risulterà "degno" (magari ha comprato un pacchetto di sigarette: un acquisto "immorale") o un domani se non ci dovessero essere più risorse per finanziarlo? Che forza politica potrà eliminarlo una volta che una vasta platea di soggetti ci farà conto per campare?

5. Che lavori "socialmente utili" dovranno svolgere i beneficiari? Dalle intenzioni dovrebbero essere i comuni a organizzarli. Ma se i beneficiari fossero migliaia e migliaia, cosa gli si farà fare? E chi controllerà, organizzerà e verificherà tutto ciò? Magari serviranno altri dipendenti comunali per organizzare i lavori socialmente utili. Inoltre le aziende che svolgevano quei lavori, che fine faranno? Magari saranno costrette a chiudere e a licenziare i dipendenti e che fine faranno questi disoccupati? Ah, dimenticavo, chiederanno il reddito di cittadinanza... facile, no?

6. Cosa impedirà di tramutare tutti gli inoccupati in disoccupati, cioè di tramutare la quieta casalinga (ci perdonino per l'esempio...) in un'assatanata disoccupata richiedente il reddito di cittadinanza?

Ci sono esempi in giro per il mondo? Beh, ne riporto uno qui (dal sussidiario.net):

2 commenti:

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