30 gennaio 2010

La lezione di Favara



A Favara, comune di 33.000 abitanti in provincia di Agrigento, pochi giorni fa un fatiscente edificio è crollato uccidendo due ragazzine. Una famiglia povera, poverissima, costretta a vivere in un palazzo del centro storico. Mal ridotto ma di poco prezzo.

La Stampa il 28 gennaio ha raccontato che il comune agrigentino ha però speso 5 milioni di euro per ristrutturare la propria sede, il palazzo baronale del paese, che ha speso 35.000 euro per arredare l'ufficio del sindaco e sta per comprare un notebook per ognuno dei 30 consiglieri comunali, mentre 99.000 euro se ne sono andati per organizzare cocktail, 13 mila per gli addobbi natalizi.

I contributi a chi non ha un reddito è stato azzerato, non si riparano i tetti e le caldaie delle scuole, l'assistenza agli anziani è stata sospesa, chi lavora nelle comunità di accoglienza per bambini in difficoltà deve ricevere ancora i soldi del 2008 e si stanno erogando i buoni-casa del 2007. Motivo? Non ci sono i soldi.

Sprechi assurdi e pessima amministrazione, ma non solo. C'è forse qualcosa di più profondo, che forse spiega il dramma di Favara e perchè difficilmente qualcosa cambierà: una forte tolleranza delle disuguaglianze che rende indifferente chi gode di una posizione di privilegio alle sofferenze altrui e pensa a sè, ai propri privilegi, piccoli o grandi che siano.

Ogni volta che un'alluvione o un altro disastro annunciato -come l'ha chiamato l'arcivescovo di Agrigento, che per protesta s'è rifiutato di celebrare i funerali- uccide qualcuno ci si chiede: quando finiranno i morti?

La risposta purtroppo è tragica: mai, se si tollerano forti disuguaglianze sociali, culturali e soprattutto economiche.

Per questo motivo, una volta finiti il lutto e le polemiche, tutto ricomincia come prima e arriveranno altri morti, persone cui la vita e il contesto sociale e culturale ha offerto solo una casa pericolante o sotto una montagna assassina.

Citazioni divertenti - 3

L'unica funzione delle previsioni economiche è di far sembrare rispettabile l'astrologia

J.K. Galbraith

29 gennaio 2010

Bamboccioni? chiamiamoli PRE PRE


Renato Brunetta è davvero un tipo divertente. Per anni in tv ci ha raccontato che è quasi una fortuna essere precari e che anche lui lo è stato. Elencava i lavori svolti prima di trovare una sistemazione come professore universitario prestato alla politica (e chissà che politica e carriera non si siano collegate...).

Ignorava forse che un conto è essere precari a 20 anni e un altro a 50. Ma che vogliamo farci? Cosa pretendere da uno arrivato a 30 anni senza saper rifare il proprio letto? (1)

Di certo non ignora il pessimo esempio di Tommaso Padoa Schioppa che ha definito bamboccioni i ragazzi che vivono troppo a lungo in famiglia. Un autogol clamoroso, in un paese dove la precarietà cresce, le imprese cercando di spendere sempre meno e rendono precario il lavoro e affittare un monolocale a Roma o Milano costa forse più di quando guadagna un precario?

Padoa Schioppa fece un pessimo servizio al suo governo e alla sua maggioranza e tutti l'hanno capito. Brunetta no. E così Calderoli o Tremonti l'hanno bacchettato dicendo che parla a titolo personale e spiegando che le affermazioni di Brunetta non rappresentano le idee del governo.

In definitiva i liberisti nostrani, di centro-destra o di centro-sinistra, hanno preso i co.co.co. e li hanno trasformati in PRE.PRE.: precari presi in giro.


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(1) http://www.corriere.it/politica/10_gennaio_17/brunetta-bamboccioni_3bee5814-0353-11df-a5a7-00144f02aabe.shtml

28 gennaio 2010

Fiat, Termini e la cassa integrazione



Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese chiuderà tra meno di 2 anni. Effetto della crisi?

Solo in parte.

Fiat non produce motori a sud della Campania e lo stesso vale per la carrozzeria e quasi tutti i componenti. Fatta eccezione per i sedili, prodotti a Termini Imerese, la Lancia Ypsilon è assemblata in Sicilia con pezzi prodotti altrove. Occorre spostare con i camion i componenti fino in Sicilia, per poi spedire le Ypsilon, assemblate a Termini Imerese, nel resto d'Italia e d'Europa.

Mancano, in altri termini, fornitori vicini alla fabbrica siciliana ed è questo causa maggiori costi, 1000 euro ad auto. Una situazione insostenibile che ha fatto dire a Marchionne che costerebbe meno pagare i lavoratori per non fare nulla piuttosto che pagarli per costruire auto.

Ma la politica è in fibrillazione perché annunciare una chiusura prima delle elezioni non conviene. Meglio rinviare, com'è successo con Alitalia, che ha abbandonato Malpensa, dopo le elezioni e nonostante le proteste della Lega.

Nel frattempo la domanda di auto diminuisce. Nel 2009 le vendite sono salite di quasi il 3%, grazie agli incentivi. Prima che scadessero, gli italiani sono corsi a comprare l'auto nuova e a rottamare la vecchia. A gennaio 2010 la domanda è inferiore di almeno il 40% rispetto ai livelli del gennaio 2009.

In Europa hanno rinnovato gli incentivi. Da noi no. Il governo sta prendendo tempo per cercare di spendere il meno possibile.

E così Fiat decide due settimane di chiusura di tutti gli stabilimenti, tra febbraio e marzo.

La ripresa tanto annunciata, se davvero c'è, è modesta. O almeno così la pensano in Fiat, con i dati delle prenotazioni in mano, decidendo, con un gesto clamoroso, di passare la patata bollente nelle mani del governo. Tocca ora a Tremonti, Scajola, Sacconi e colleghi decidere cosa fare, mentre appare chiaro che ci sono due grossi problemi, il futuro di Termini Imerese e la domanda in calo, che non si risolveranno certo da soli.

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Interessante articolo http://www.repubblica.it/economia/2010/01/28/news/fiat_marchionne-2101585/


24 gennaio 2010

Le illusioni di risparmi facili e meno tasse

Ieri Tremonti ha spiegato che non si possono ridurre le imposte perché occorrerebbe agire sulle spese, cominciando a tagliare la sanità.

Tagli invece invocati da un economista, Mario Baldassarri, che presiede la commissione Finanze al Senato (1), autore dello slogan "meno tasse per tutti" (2).

Baldassarri ha proposto nei mesi scorsi tagli di 37 miliardi di euro, oltre il 2% del PIL, da ridistribuire sotto forma di minori imposte. Le sue idee sono confluite in un progetto alternativo di finanziaria, ignorato da Tremonti e criticato anche da Bersani perché è difficile che un governo che non riesce a impedire la crescita della spesa (3) possa realizzare risparmi così consistenti. Inoltre ha affermato che se Tremonti non vuole intervenire per tagliare le imposte si pone fuori dal partito.

Tremonti, inastidito, ieri ha spiegato spiega che tagliare la spesa, a cominciare da sanità e pensioni, sarebbe un atto di macelleria sociale, grave in un periodo di grandi difficoltà e incerte economiche.

Dunque tagli consistenti a spesa e imposte, come chiedono Baldassarri e altri del PDL, sono illusioni, almeno fino a quando al governo ci sarà Tremonti.

Ma non sono le sole illusioni offerte dal centro-destra. Un'altra riguarda la possibilità di ottenere benefici dal taglio di enti inutili e della selva di leggi in cui dovrebbe districarsi il cittadino italiano.

A Calderoli è stato assegnato il compito di tagliare e semplificare la jungla di leggi e in effetti ha tagliato migliaia di leggi. Leggi "esauste", cioè leggi che non producono più alcun effetto, stabilendo per esempio le caratteristiche fisiche delle monete o dei soldati di leva. Leggi ormai prive d'effetti, e quindi definite esauste, che servono solo a gonfiare le statistiche e a far dire a qualcuno che in Italia ci sono troppe leggi.

Calderoli ha poi messo mano agli enti "inutili", anche per risparmiare soldi, ma il gigante ha partorito il topolino, come racconta Sergio Rizzo sul Corriere (4): è un'illusione che si possano eliminare enti e leggi e che per questa via la spesa pubblica possa diminuire.

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(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Baldassarri_(economista)
(2) http://it.advfn.com/notizie/Fisco-Baldassarri-Tremonti-tagli-o-fuori-da-Pdl-Libero_41119015.html
(3) http://www.repubblica.it/politica/2009/07/26/news/chi_ha_visto_i_35_miliardi_sperperati_dal_tesoro_-1822393/
(4) http://www.corriere.it/politica/10_gennaio_10/calderoli_ministro_complicazione_04e598e2-fdbc-11de-b65b-00144f02aabe.shtml

21 gennaio 2010

Cavour e la TAV


Sono iniziati i sondaggi per la costruzione dell'alta velocità tra Torino e Lione e, immancabili, sono arrivate le proteste di chi, in val di Susa, non vuole si costruisca la ferrovia.

Tra le ragioni di chi si oppone alla TAV ci sono motivazioni economiche ed ecologiche. L'eurotunnel sotto la Manica è stato un disastro per gli investitori. La costruzione di un tunnel di decine di km sotto le Alpi causa poi inquinamento e forse danni irreparabili alla montagna.

Considerazioni corrette, che lasciano intendere che le linee ferroviarie esistenti siano cosa diversa.

La prima rete ferroviaria di una certa consistenza risale a prima dell'unità d'Italia. Cavour volle collegare Torino con la Francia (Frejus), la Svizzera (Sempione), Milano e Genova. Voleva trasportare più velocemente le truppe e soprattutto collegare il Piemonte con i porti liguri e con il resto d'Europa.

Il reddito derivante dalla vendita dei biglietti non era sempre redditizia. La storia delle ferrovie, ben raccontata da Stefano Maggi in Le ferrovie, il Mulino, insegna che in Italia solo le linee principali sono risultate redditizie. Le altre no, sono sempre state in perdita. Lo conferma anche il comportamento delle ferrovie, che non investono nel trasporto locale perché non conviene.

Dunque se si fossero costruite solo ferrobie redditizie, oggi sarebbero pochi i chilometri di ferrovia in funzione e milioni di pendolari non potrebbero usare il treno. Un monito per chi si oppone a nuove tratte invocando la salvaguardia dell'ambiente.

Infine proiettiamoci nel futuro.

Una rete ferroviaria moderna si costruisce in molti anni e resta in esercizio per molti decenni. Le scelte di oggi in altri termini influiranno anche sulla vita dei cittadini del ventiduesimo secolo.

Nel frattempo il petrolio sarà più scarso e forse molto costoso: abbiamo imparato nell'estate del 2008 che il prezzo del petrolio può raddoppiare in poche settimane. Cosa succederebbe dunque se il prezzo del petrolio nei prossimi 10 anni triplicasse come è successo negli ultimi 10 e non avessimo nel frattempo costruito nuove ferrovie? Se solo allora decidessimo di costruire nuove linee ferroviarie, subiremmo il prezzo elevato del petrolio per molti anni, con pesanti ricadute per la produzione e l'occupazione.

Poi l'energia elettrica, comunque la si produca, continuerà a muovere i treni, mentre non è detto che muova auto, camion o aerei che magari, tra 100 anni, potrebbero addirittura non esistere più.

Dunque la TAV impone scelte immediate e coraggiose, se non vogliamo che i nostri nipoti, tra un secolo, siano costretti a viaggiare sulle stesse rotaie messe a disposizione da Cavour e se vogliamo salvaguardare l'ambiente nel lungo periodo.





16 gennaio 2010

Il vero volto di disoccupati e cassintegrati


Il primo bollettino economico del 2010 della Banca d'Italia evidenzia le difficoltà della ripresa, specie per l'occupazione. In Italia c'è un abbondante numero di cassintegrati e di persone che rinunciano a cercare un lavoro, fa notare Bankitalia. Se si considera chi rinuncia a cercare un lavoro i dati sulla disoccupazione diventano molto più gravi di quanto registrato dalle statistiche: più del 10% invece dell'8% circa misurato dall'ISTAT.

Dato che ha sollevato l'ira del ministro Sacconi (1), che ha subito fatto notare che i cassintegrati non sono tecnicamente disoccupati.

Come stanno davvero le cose?

Il fenomeno dello scoraggiamento è noto e ben spiegato dagli economisti: quando è difficile trovare lavoro, alcuni rinunciano a cercarlo e per questo non sono classificati come disoccupati.

Poi basta cambiare la definizione di disoccupazione per eliminare dalle statistiche un pò di disoccupati: al disoccupato si chiede se in un certo periodo precedente l'intervista ha cercato lavoro. Se risponde di no, non rientra tra le persone che hanno o cercano un lavoro e quindi tra i disoccupati.

Ora basta modificare il periodo di riferimento e altri criteri usati per definire chi è disoccupato per vedere il numero dei disoccupati crescere o diminuire, senza che un solo posto si sia guadagnato o perso.

Gli economisti sanno bene che così si spiegano gran parte delle differenze di disoccupazione tra Europa e USA, spesso attribuite a una diversa capacità delle economie di creare posti di lavoro.

Bankitalia considera disoccupati i cassintegrati, che pure hanno, ancora per un pò, un contratto di lavoro e un reddito, sia pure modesto. E questo perchè senza una ripresa vera e sostenuta, e in presenza di imprese che si rioganizzano profondamente, prima o poi la cassa integrazione finirà e costoro diventeranno disoccupati. Meglio dunque segnalare il problema, specie se si vuole sollecitare il governo a intervenire per tempo.

Considerarli già oggi disoccupati vuol dire dunque guardare alla sostanza del problema e non alla forma, come fa il burocratico ministro Sacconi.

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(1) la sua biografia si può trovare su wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Maurizio_Sacconi

15 gennaio 2010

Le strane statistiche del Sole 24 Ore


Ogni anno il Sole 24 Ore pubblica una statistica sulla qualità della vita, mettendo insieme una serie di dati diversi. I giornali riportano di solito le variazioni tra un anno e il successivo: fa notizia l’arretramento o l’avanzamento di una provincia.

Ma è anche interessante capire come vengono elaborate le statistiche.


Il Sole prende una serie di dati suddivisi in 6 categorie e assegna un punteggio. 1000 punti alla provincia più virtuosa, poi punteggi inferiori alle altre: se nella provincia migliore si vendono 100 libri ogni 100.000 abitanti e in un'altra solo 70, quest'ultima riceve 700 punti contro i 1000 della provincia migliore.

I vari punteggi poi confluiscono in una classifica nazionale.

Leggendo i dati si scoprono cose curiose, che suggeriscono i limiti delle statistiche usate

Prendiamo ad esempio l’ordine pubblico. Crotone è una delle province migliori: la migliore ad esempio per numero di appartamenti svaligiati, la 15^ per rapine, la 5^ per microcriminalità. Eppure se si considerano i giovani fuorilegge, scende all’86° posto su 107 province.

Insomma tanti giovani fuorilegge in un contesto (all'apparenza) buono: com'è possibile? Quali reati commettono i giovani criminali crotonesi? (e perchè si considerano solo i giovani?).

I veri reati commessi sfuggono, evidentemente, alle statistiche usate dal Sole. E d'altronde sappiamo che gli spacciatori denunciati o arrestati sono solo una piccola parte del totale, e che molti reati (come le estorsioni) spesso sono non denunciati.

Ma i dati contraddittori non si fermano qui. Le pensioni più alte si registrano al nord. Si misura il valore medio degli assegni, senza considerare il costo della vita. Così Caltanisetta, 81^ per importo delle pensioni e ultima per inflazione, risulta la migliore per costo degli appartamenti al metro quadro. Quale credibilità ha una statistica in cui una provincia è, nella stessa categoria di dati, prima per un dato e ultima per un altro?

Ma c’è anche da dubitare che nella vita reale vivere nella provincia con il maggior tasso di criminalità (Genova) peggiori la qualità della vita tanto quanto vivere in una provincia dove si legge poco (Caltanisetta). Eppure nei due casi le due province ricevono lo stesso punteggio.

Insomma le statistiche del Sole hanno parecchi limiti, e possiamo considerarli utili come indicazione di massima. Se invece si vuole usarli per trarre qualche indicazione utile andrebbero valutati uno per uno e soprattutto analizzati in profondità, mentre l’elaborazione di una statistica unica ha l’effetto di mescolare cose diverse con effetti a volte sconcertanti.

13 gennaio 2010

BOT a interessi zero e utili record della FED

I rendimenti dei BOT sono scesi a livelli molto bassi, sotto lo 0,8% annuo (1). E' un bene?

Per lo stato certamente sì, perchè il debito cresce rapidamente e meno si paga di interessi meglio è. Un pò meno per il risparmiatore che guadagna poco o nulla investendo in BOT. Forse addirittura ci rimette, se le spese bancarie superano i modesti rendimenti.

E per l'economia (in senso lato)? I tassi bassi aiutano imprese e consumatori, sempre che ottengano credito, ma sono un pessimo segnale di una situazione di crisi e incertezza: significano che l'economia è ferma, non cresce, mentre la liquidità è per qualcuno abbondante. Solo che invece di finire investita in qualche impresa o di essere impiegata per finanziare i consumatori, resta nelle banche e si impiega in BOT per qualche tempo, in attesa che i tempi cambino. Rendono poco, ma è meglio di nulla e offrono sicurezza.

Nel frattempo la FED fa il pieno di utili (2) e versa 46 miliardi di dollari nelle casse del Tesoro americano. E' l'altra faccia della stessa medaglia: le banche centrali hanno rifinanziato l'economia, i tassi sono scesi e di conseguenza il valore e la quantità dei titoli pubblici in loro possesso è aumentato (il valore di un BOT quotato aumenta se i tassi diminuiscono e viceversa diminuisce all'aumentare dei tassi), permettendo alla banca centrale USA di incassare redditi elevati come non mai.

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(1) http://www.bancaditalia.it/banca_centrale/operazioni/titoli/tassi/bot_ann/2010/RENDIMENTI_BOT_annuali10.pdf
(2) http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?del=20100112&fonte=TLB&codnews=706

12 gennaio 2010

Le banche e i Tremonti-bond: un'ipotesi alternativa

Nel 2008 il governo italiano ha messo a disposizione delle banche i cosiddetti Tremonti-bond, fondi destinati a ridare liquidità alle banche in crisi. Con qualche eccezione, le banche italiane a cominciare dalle più grandi hanno rifiutato. Perchè?

Primo, i soldi offerti alle banche erano piuttosto cari. Tremonti voleva che lo Stato guadagnasse dal prestito, facendo pagare tassi di interesse più elevati di quelli pagati dallo Stato. Naturale dunque che le banche cercassero soldi altrove.

Secondo, forse le banche italiane non si fidano molto di Tremonti, che nel 2002 con un decreto poi dichiarato (in parte) incostituzionale, voleva modificare l'azionariato delle fondazioni bancarie, che di molte banche sono i principali azionisti.

Terzo, e veniamo all'ipotesi alternativa, le banche italiane e soprattutto i fondi comuni di investimento italiane hanno deluso i risparmiatori alla ricerca di rendimenti più elevati di quelli offerti dai BOT, come ha spiegato il prof. Scienza (1). Rendimenti bassi e capitali in fuga dai fondi.

Paradossalmente ciò può aver aiutato le banche italiane: quando la crisi ha interessato le banche, chi offriva rendimenti più alti della media e più rischiosi ha fatto i conti con la fuga dei capitali attratti dagli alti rendimenti ed è stato costretto a ricorrere agli aiuti pubblici.

Nel caso delle banche italiane, quando è scoppiata la crisi, i capitali alla ricerca di rendimenti più elevati non c'erano già più. La fuga dei capitali è stata perciò limitata e per questa ragione, a mio avviso, le banche non hanno fatto ricorso ai capitali messi a disposizione, a caro prezzo, da Tremonti.

Una volta tanto, forse, chi fa peggio ha motivo d'essere contento.

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(1) http://investitoreaccorto.investireoggi.it/la-debacle-dei-fondi-comuni-italiani.html

09 gennaio 2010

L'assalto della destra al fisco

Berlusconi sogna un fisco con due sole aliquote dell'imposta sui redditi (1). Una sola no, ma solo perché non si può: la Costituzione infatti prevede la progressività dell'imposta. Dopo aver eliminato la parte residua dell'ICI, che gravava solo su chi ha case di grandi dimensioni e prima ancora una serie di altre imposte che gravavano solo sulla parte più ricca della popolazione, la destra ci riprova con l'imposta sui redditi.

La progressività dell'imposta serve non solo a rimpinguare le casse statali, ma anche a attenuare le differenze tra gli individui i cui effetti negativi sono bene illustrati dal libro La misura dell'anima di cui s'è parlato (2), a evitare che si lascino in eredità patrimoni troppo grossi... insomma a garantire quell'uguaglianza dei punti di partenza invocata anche da un liberista come Einaudi, che garantisce maggiore mobilità sociale, maggiori opportunità per tutti, un ruolo maggiore del merito rispetto allo status.

Tutte cose che la destra magari invoca ma poi dimentica, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, preferendo scelte che aumentano le differenze sociali ed economiche e soprattutto fanno l'interesse, anche immediato, dei più ricchi, come ricorda in un ottimo articolo Tito Boeri (3).

La scelta di Berlusconi rappresenta un'ulteriore svolta a destra del suo governo: invece di tassare di più i privilegiati, quantomeno per rimettere in sesto i conti pubblici, si concede un ulteriore aiuto ai ricchi.

Proprio come successo nel corso della presidenza Bush, con effetti disastrosi sui conti pubblici, e prima ancora con Reagan.

Ma non c'è da stupirsi: Berlusconi aveva spiegato (4) il proprio fastidio per l'idea che la politica possa conderare il figlio del professionista uguale al figlio dell'operaio. Per lui sono e devono restare diversi, salvo quando pagano le tasse. In questo caso meglio se sono uguali e se pagano percentuali simili... così chi guadagna di più si tiene in tasca una maggiore quantità di soldi. E' la destra, rassegnamoci.

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(1) http://www.repubblica.it/politica/2010/01/09/news/ritorno-berlusconi-1885954/
(2) http://econoliberal.blogspot.com/2009/12/libri-la-misura-dellanima.html
(3) http://www.repubblica.it/2009/12/sezioni/economia/crisi-45/tassa-privilegio/tassa-privilegio.html
(4) http://econoliberal.blogspot.com/2009/11/cosa-vuole-la-destra.html

08 gennaio 2010

Perchè le banche hanno rifiutato i Tremonti-bond? Un'ipotesi alternativa

Nel 2008 il governo italiano ha messo a disposizione delle banche i cosiddetti Tremonti-bond, fondi destinati a ridare liquidità alle banche in crisi. Con qualche eccezione, le banche italiane a cominciare dalle più grandi hanno rifiutato. Perchè?

Una prima ragione è che i soldi a disposizione delle banche erano piuttosto cari. Tremonti voleva che lo Stato guadagnasse dal prestito, facendo pagare tassi di interesse elevati mentre lo Stato paga interessi sui BOT sempre più bassi. Naturale che in queste circostanze le banche cercassero soldi altrove.

Una seconda ragione è che forse le banche italiane non si fidano molto di Tremonti, almeno da quando, nel 2002, il decreto Tremonti, poi in parte dichiarato incostituzionale, ha cercato di modificare i rapporti di potere e l'azionariato intervenendo sulle fondazioni bancarie, che di molte banche sono i principali azionisti. Meglio non trovarsi il fiato sul collo -hanno forse pensato le banche- di chi, in passato, ha cercato di rompere gli equilibri di potere nel proprio azionariato.

Una terza ragione è le banche italiane e soprattutto i fondi comuni di investimento italiane hanno deluso i risparmiatori alla ricerca di rendimenti più elevati di quelli offerti dai BOT, come ha spiegato il prof. Scienza (1). Rendimenti bassi e capitali in fuga dai fondi.

Paradossalmente questo pessimo rendimento è forse stato un bene per le banche italiane. Chi ha promesso rendimenti più alti della media, come le banche islandesi, ha attratto capitali, poi fuggiti di fronte alle prime avvisaglie di crisi. Fuga che ha causato il crollo delle banche.

Al momento dello scoppio della crisi, invece, i risparmiatori alla ricerca di rendimenti più elevati avevano già abbandonato le banche o, meglio, i fondi comuni italiani. Per questa ragione non c'è stata la fuga, verificatasi altrove, dei capitali dai fondi e dalle banche, e anche per questa ragione le banche non hanno fatto ricorso ai capitali messi a disposizione, a caro prezzo, da Tremonti.

Una volta tanto, forse, chi fa peggio ha motivo d'essere contento.

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(1) http://investitoreaccorto.investireoggi.it/la-debacle-dei-fondi-comuni-italiani.html

Tassi di interesse: quale futuro?

La crisi è stata affrontata iniettando nel sistema economico una grande quantità di liquidità. Le banche centrali hanno prestato alle banche i soldi che i loro clienti hanno spostato altrove, e per farlo hanno ridotto drasticamente i tassi di interesse. La banca centrale americana ha quasi azzerato nel 2009 i tassi di interesse (1).

I bassi tassi di interesse servono alle imprese e ai cittadini indebitati, servono ai governi che hanno reagito alla crisi aumentando i deficit (quello italiano ha superato il 5% del PIL) e, nel caso degli USA, servono anche a far scendere il deficit commerciale: i tassi più bassi rendono meno attraente prestare soldi agli americani, e ciò fa scendere il dollaro e fa aumentare le esportazioni americane e diminuire le importazioni.

Ma i tassi bassi sono utili anche al resto del mondo, specie ai paesi con economie deboli, come i paesi sudamericani o quelli dell'est europeo, che rischiano, se i tassi USA aumentassero, pesanti conseguenze.

Se è più conveniente investire nei titoli di stato americani, i capitali si spostano verso gli USA e ne risentirebbero le economie e le monete deboli. I capitali abbandonerebbero in altri termini gli investimenti in titoli di stato dell'Ungheria o dell'Argentina, ad esempio, e questi paesi dovrebbero fare i conti con tassi di interesse più alti e monete che si svalutano.

E' significativo il caso della Grecia: troppo debito e troppo deficit fanno crescere i timori di insolvenza. I tassi pagati sui titoli di stato diventano sempre più onerosi e il governo deve varare misure drastiche (spesso dannose per l'economia, salvo che nell'immediato) per riequilibrare i conti pubblici. E, per fortuna, in Grecia c'è l'euro: in caso contrario la dracma si sarebbe svalutata rendendo ancora più difficile la situazione greca, con effetti anche su altre monete e economie deboli.

Meglio dunque se i tassi restano bassi. Probabilmente è quel che succederà, se gli USA non vogliono far scoppiare altre crisi di cui risentirebbero anche le proprie imprese e le proprie banche.

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(1) http://www.federalreserve.gov/Releases/H15/data/Annual/H15_FF_O.txt

05 gennaio 2010

Pericolo inflazione? Un aggiornamento

Nelle scorse settimane avevo scritto cosa pensavo in tema di inflazione (vedi qui). A mio parere nulla fa pensare che l'inflazione sia destinata ad aumentare nell'immediato futuro. Un blog serio e molto seguito, ricco di dati e grafici (vedi qui) conferma le mie intuizioni: il pericolo, se c'è, è quello opposto, di prezzi in calo.

Il grafico mostra le variazioni in percentuale della moneta nelle sue varie forme. La linea grigia si impenna dal 2008 in poi. Si tratta di M1 e questo significa che le banche centrali hanno emesso più moneta. Le altre due linee che indicano anche i conti correnti e le attività considerate liquide come i BOT, tenute presso le banche dai privati, invece diminuiscono.

Significa che le banche prestano di meno e che i capitali stanno andando altrove. Meno soldi, meno domanda e quindi nessun rischio di inflazione, come s'è detto qualche tempo fa.

03 gennaio 2010

La crisi, i saldi e le prospettive del 2009

Il Giornale (1) riporta la notizia di code davanti ai negozi dove si offre abbigliamento in saldo e suggerisce che la crisi esiste solo in tv. I consumi riprenderebbero vigore, sia pure sotto forma di saldi.

Dunque è tutto finito, la crisi superata e la ripresa certa?

A parte l'esagerata e storica (2) fiducia di Berlusconi diffusa dai giornali a lui vicini, la situazione è un pò più complessa, come indica ad esempio la relazione di Marchionne a sindacati e governo dello scorso 22 dicembre (3).

Marchionne ha illustrato la situazione del gruppo Fiat che produce beni destinati al consumatore finale, come le auto, e beni strumentali, come le macchine movimento terra o i veicoli industriali. E lo scenario è di una crisi che non è stata uguale per tutti. Alcuni settori, come le macchine per l'edilizia, sono letteralmente crollati, altri hanno subito forti cali di domanda, mentre il settore auto si è salvato grazie agli stimoli alla domanda concessi dal governo. Ma anche qui la crisi ha colpito Fiat in modo differente: la produzione di Alfa a Pomigliano d'Arco è crollata mentre ha tenuto la produzione delle auto più economiche, che hanno beneficiato degli incentivi alla rottamazione.

In termini più semplici mentre i consumi (le automobili) hanno in qualche modo tenuto di fronte alla crisi, registrando diminuzioni contenute, gli investimenti sono crollati.

Non deve perciò stupire che ci siano le code fuori dai negozi.

Trilussa prendeva in giro la statistica dicendo che se una persona mangia due polli e un'altra resta a pancia vuota, la statistica dice che in media hanno mangiato un pollo.

Il Giornale ignora chi ha perso il posto e difficilmente fa la cosa per comprare qualcosa nei negozi di marca e fa la media dei polli.

Le differenze economiche, accentuate dalla crisi, sono aumentate, ma questo per i conservatori non è un problema, ma anzi un bene. Se poi si ignorano i meno fortunati, è più facile convincersi che le cose vanno bene.

E per il futuro? Sarà forse per un eccesso di prudenza, ma Marchionne sembra suggerire che il 2010 non sarà tutto rose e fiori come Berlusconi e i suoi uomini sembrano suggerire. Sono anzi previsti possibili cali della domanda nei settori più colpiti dalla crisi, ristrutturazioni di imprese che creeranno nuovi disoccupati, investimenti che daranno i loro frutti nei prossimi anni. Le prospettive per il 2010 non sono, almeno secondo l'amministratore delegato di Fiat, molto positive, ma il governo, presente all'incontro, pare non essersene accorto.

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(1) http://www.ilgiornale.it/interni/saldi_paese_che_piange_la_crisi_sta_ore_fila_per_fare_shopping/03-01-2010/articolo-id=410863-page=0-comments=1

(2) nel 1992 mentre la situazione dell'economia andava peggiorando, Berlusconi spargeva un interessato ottimismo di fronte a un'economia in difficoltà: vedasi http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/10/04/berlusconi-ottimista-ecco-il-perot-dell.html

(3) http://www.virtualcar.it/public/media0a/SMincontroIstituzioniSindacati_dicembre2009.pdf

Link Interni

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